(1) Continuando il mio solito stato, sentivo un’estrema afflizione per la privazione del benedetto Gesù e quasi stanca e sfinita di forze. Or quando appena si è fatto vedere nel mio interno, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, è un continuo reprimere che l’anima deve fare a sé stessa, perché l’anima è come una spugna, se reprime sé stessa s’impregna di Dio, e impregnandosi di Dio, sente la vita di Dio in sé stessa, e quindi l’amore alla virtù, tendenze sante, si sente espugnata sé stessa e trasformata in Dio, e se non reprime sé stessa, resta impregnata di sé stessa, e quindi sente tutti gli effetti che contiene la corrotta natura, tutti i vizi escono a far capolino, la superbia, l’invidia, la disubbidienza, l’impurità, ecc. ecc”.
(1) Sentendomi molto sofferente d’anima e di corpo, che io stessa non so come vivo, quando appena il benedetto Gesù l’ho visto nel mio interno che si riposava e dormiva tranquillamente, io lo chiamavo, lo tiravo e Lui non mi dava retta. Onde dopo molto stentare mi ha detto:
(2) “Diletta mia, non voler turbare il mio riposo. No mi dici tu di voler soffrire invece mia, e di voler soffrire nella tua umanità tutto ciò che io doveva soffrire nella mia Umanità se fosse vivente, intendendo di ristorare le mie membra sofferenti con le tue sofferenze, soffrendo tu per lasciarmi libero? Onde mentre tu soffri, Io mi riposo”.
(3) E mentre ciò diceva, s’addormentava più profondamente, ed è scomparso. Questo che mi ha detto, sono le mie continue intenzioni nelle mie sofferenze.
(1) Me la passo sempre in continue privazioni, al più si fa vedere alla sfuggita, o nel mio interno che si riposa e dorme, senza dirmi una parola, e se faccio per lamentarmi, or se ne esce col dirmi:
(2) “A torto ti lamenti, è a Me che vuoi? Ebbene mi tieni nell’intimo del tuo interno, che vuoi di più? Oppure, se mi tieni tutto in te perché t’affliggi? E perché non ti parlo, col solo vedermi già c’intendiamo”. Oppure, se ne esce con un bacio, con un’abbraccio, con una carezza; e se vede che non m’acquieto, mi rimprovera severamente col dirmi:
(3) “Mi dispiace solo il tuo dispiacere, e se non t’acquieti, ti farò dispiacere davvero col nascondermi del tutto”.
(4) Chi può dire l’amarezza dell’anima mia? Mi sento stupidita e non so manifestare quello che sento; e poi in certi stati d’animo è meglio tacere e passare innanzi. Onde questa mattina, quando appena l’ho visto, mi sono sentita trasportare fuori di me; e non so dire bene se fosse paradiso, stavano molti santi, tutti incendiati d’amore, e la meraviglia era che tutti amavano, ma l’amore d’uno era distinto dall’amore dell’altro; io però, trovandomi con questi, cercavo di distinguermi e sorpassarli tutti nell’amore, volendo essere la prima di tutti ad amarlo, non soffrendo il mio cuore, troppo superbo, che gli altri mi uguagliassero, perché mi pareva di vedere che chi più ama è più vicina a Gesù, ed è più amata da Lui. Oh! l’anima darebbe a tutti gli eccessi, non curerebbe né vita, né morte, né pensa se le conviene o no, insomma farebbe anche degli spropositi per ottenere questo intento, d’essere a Lui più vicina e d’essere amata un tantino di più dal suo sommo ed unico Bene. Ma con mio sommo cordoglio, dopo breve tempo, una forza irresistibile mi ha ricondotto in me stessa.
(1) Dopo avere molto stentato, il mio benedetto Gesù alla sfuggita è venuto e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, tutta la vita divina si può dire che riceve vita dall’amore: L’amore la fa generare, l’amore la fa produrre, l’amore la fa creare, l’amore la fa conservare e dà continua vita a tutte le sue operazioni, sicché se non avesse amore, non opererebbe o non avrebbe vita. Or, le creature non sono altro che scintille uscite dal gran fuoco d’amore, Iddio, e la loro vita riceve vita ed attitudine d’operare da questo scintilla, sicché anche la vita umana riceve vita dall’amore; però non tutti se ne servono per amare ed operare il bello, il buono, il tutto, ma trasformano questa scintilla: Chi in amare sé stesso, chi le creature, chi le ricchezze, e chi finanche le bestie, con sommo dispiacere del loro Creatore, che avendo spiccate queste scintille dal suo gran fuoco, agogna di riceverle tutte in Sé un’altra volta, più ingrandite, come altrettante immagini della sua Vita Divina; pochi sono quelli che corrispondono all’imitazione del loro Creatore. Perciò diletta mia amami, e fa che anche il tuo respiro sia un continuo atto d’amore per Me, per far che di questa scintilla si possa formare un piccolo incendio, e così dare sfogo all’amore del tuo Creatore”.
(1) Sentendomi molto sofferente d’anima e di corpo, ed avendo passato la notte con febbre ardente, mi sentivo bruciare e consumare, e tutta sfinita di forze mi sentivo morire, con l’aggiunta che non ci veniva, veramente non ne potevo più. Onde, dopo molto, mi sono sentita uscire fuori di me stessa, e vedevo Nostro Signore dentro d’una luce grandissima, e me stessa tutta inchiodata, anche le più piccole particelle delle mie membra, sicché non erano le sole mani e piedi come altre volte, ma ognuno delle mie ossa teneva il suo chiodo conficcato dentro. Oh! quanti dolori acerbi io sentivo, ad ogni minimo moto mi sentivo lacerare da quei chiodi e venivo meno, e ad ora ad ora mi sentivo morire, ma però rassegnata ed inabissata nel Divino Volere, il quale Divino Volere mi pareva che fosse chiave che aprissi i tesori divini ed attingessi la forza a sostenermi in quello stato di sofferenze, fino a rendermi contenta e felice; però io bruciavo e questi chiodi pareva che producevano fuoco, ed io vi ero tutta immersa. Il benedetto Gesù mi guardava e pareva che se ne compiaceva, e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, tutto deve ridursi ad un punto solo, cioè: Diventare tutto una fiamma, e questa fiamma trafilata, premuta, battuta, ne esce una luce purissima, non come luce di fuoco, ma di sole, tutta simile alla luce che mi circonda, e l’anima diventata luce non può stare lontana dalla luce divina, anzi la mia luce l’assorbe in sé stessa e la trasporta in Cielo. Perciò coraggio, è la completa crocifissione d’anima e corpo; non vedi che la tua luce è già per spiccarsi dalla fiamma, e la mia luce l’attende per assorbirla?”
(3) Mentre ciò diceva, io mi sono guardata, e vedevo dentro di me una fiamma grande e da questa usciva una piccola fiammella di luce che stava per spiccarsi e prendere il volo; chi può dire il mio contento, il pensiero di morire, il pensiero di sempre stare col mio unico e sommo bene, con la mia vita, col mio centro, mi sento imparadisare anticipatamente.
(1) Continuando il mio stato di sofferenze sempre più, il benedetto Gesù è venuto per un poco e mi faceva vedere una veste tutta abbellita, ed intera senza cucitura ed apertura, che stava sospesa sopra la mia persona. Mentre ciò vedevo mi ha detto:
(2) “Diletta mia, questa veste è simile alla mia veste, comunicata a te per averti partecipato le pene della mia Passione, e per averti eletto per vittima; questa veste copre, protegge il mondo, ed essendo sana, nessuno sfugge della sua protezione, ma il mondo coi suoi abusi, non merita più che questa veste li coprisse, e così farli sentire tutto il peso dell’ira divina. Ed io sto per tirarla a Me, per poter sfogare la mia giustizia da molto tempo contenuta da questa veste”.
(3) In questo mentre, pareva che la luce vista nei giorni scorsi vi stava dentro di questa veste, e l’una e l’altra il Signore l’attendeva per assorbirle in Sé stesso.
(1) Continuando a sentirmi male avevo detto al confessore ciò che ho scritto innanzi, tacendo qualche cosa che riguardano a queste stesse cose, parte per la debolezza estrema che vi sentivo, non avendo forza a parlare, e parte per timore che l’ubbidienza mi potesse fare qualche tranello. Oh! Dio Santo, che timore, Dio solo sa come vivo, vivo morendo continuamente, e l’unico mio sollievo sarebbe il morire per ritrovare la mia vita in Dio, eppure l’ubbidienza che la vuol fare da crudo carnefice, e tenermi a morire continuamente e non già a vivere per sempre in Dio. Oh! ubbidienza, quanto tu sei terribile e forte. Onde il confessore mi ha detto che non permetteva, e doveva dire al Signore che l’ubbidienza non voleva. Che pena amarissima! Onde trovandomi nel mio solito stato vedevo Nostro Signore, ed il confessore che lo pregava che non mi facesse morire. Io temendo che gli desse retta, piangevo, ed il Signore ha detto:
(2) “Figlia, stati cheta, non affliggermi col tuo pianto, Io ho tutta la ragione di portarti, perché voglio flagellare il mondo, e per riguardo di te e delle tue sofferenze mi sento come legato. Il confessore ha pure ragione di volerti tenere in terra, perché povero mondo, povero Corato, nello stato in cui si trova, che cosa ne sarà di esso se nessuno lo protegge, ed anche per lui stesso, perché stando tu, Io me ne servo per mezzo tuo, quando direttamente dicendo qualche cosa che gli riguarda, e quando indirettamente di richiamarlo, quando di spingerlo, quando di distornarlo di far cosa che a Me non piacesse; onde chiamandoti a Me, me ne servirò per mezzo delle sofferenze. Però, coraggio, che come stanno le cose, Io mi sento più disposto a contentare te che il confessore, ed Io stesso saprò cambiare la sua volontà”.
(3) Onde mi sono trovata in me stessa, senza dire che l’ubbidienza non voleva; non mi pareva necessario il dirlo, perché vedendo il confessore insieme con Nostro Signore, mi pareva che già sapesse tutto.
(1) Dicendo al confessore ciò che ho detto di sopra, si è già inquietato, ché voleva assolutamente che dovevo oppormi al Signore, che l’ubbidienza non voleva; ché io mi sentivo più male, il pensiero di tante privazioni del benedetto Gesù che mi aveva tanto scottato e riscottato al vivo, mi faceva anelare al Cielo. La mia povera umanità la sentivo al vivo e andava borbottando contro l’ubbidienza. La mia povera anima me la sentivo come sotto d’un torchio e non mi sapevo decidere. In questo mentre è venuto Nostro Signore con un arco di luce fra le sue mani, ed è uscita una falce anche di luce e toccava l’arco che Gesù benedetto teneva fra le sue mani, e l’arco toccato è restato assorbito in Cristo, ed è scomparso senza darmi tempo di dire ciò che voleva l’ubbidienza. Io comprendevo che l’arco era l’anima mia e la falce la morte.
(1) Continuando lo stesso è venuto il confessore, seguitando a darmi l’ubbidienza, ed essendo venuto il bambino Gesù, gli ho detto le mie amarezze sopra l’ubbidienza, e Lui mi carezzava, mi compativa e mi dava tanti baci. In questi baci m’infondeva un alito di vita, e trovandomi in me stessa sentivo come rinvigorita la mia umanità. Dio solo può capire questa mie pene, perché sono pene che non so raccontare. Spero almeno che il Signore voglia dar lume a chi danno queste razza d’ubbidienza. Il Signore mi perdoni, il dolore mi fa dire anche degli spropositi.
(1) Trovandomi nel solito mio stato e continuando un poco di più le mie sofferenze, quando appena è venuto il benedetto Gesù e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, veramente ti voglio portare, perché voglio disimpegnarmi col mondo”.
(3) Pare che voglia tentarmi, però io non gli ho detto niente di portarmi, stando l’ubbidienza in contrario, ed anche perché mi dispiace del mondo. In questo mentre mi mostrava la sua mano, tenendo al dito un bellissimo anello con una gemma bianca, e da questa gemma pendevano tanti anellini d’oro intrecciati, che formavano un bell’ornamento alla mano di Nostro Signore, e Lui lo andava mostrando, tanto gli piaceva, e poi ha soggiunto:
(4) “Questo me l’hai fatto tu in questi giorni scorsi per mezzo delle tue sofferenze, ed Io te ne sto preparando un’altro più bello per te”.