MaM
Messaggio del 28 novembre 1985:Cari figli, desidero ringraziare tutti, particolarmente i giovani, per ciò che avete fatto per me. Vi prego, cari figli, di accostarvi sempre con cosciente partecipazione alla preghiera. In essa scoprirete la grandezza di Dio. Grazie per aver risposto alla mia chiamata!

Messaggi di altre apparizioni

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo) - Messaggi anno:1910

9-27 Febbraio 24, 1910 Luisa non può manifestarsi al confessore.

(1) Questa mattina, nella comunione, mi lamentavo con Gesù che non so più manifestare il mio stato a chi devo; mi sento, sì, molte volte riempita di Lui, mi pare che lo tocco ovunque, ed anche toccando me stessa tocco Gesù, ma non so dirne parola, non vorrei che perdermi in Gesù, nella profondità del più stretto silenzio, e se sono costretta, oppure aizzata a dire, oh! Dio, che sforzo che devo mettere, e mi sento come una bambina che sente un sonno forte, e la vogliono destare per forza, e di conseguenza prende dei picci. Onde dicevo a Gesù: “Di tutto mi hai privato, dei tuoi patimenti, dei tuoi favori, di farmi sentire la tua voce armoniosa, dolce e soave, non più mi riconosco come mi sono fatta; se mi fai capire qualche cosa è tanto dentro, che non trova la via per uscire fuori. Dimmi mia vita, come devo comportarmi?” E Gesù:

(2) “Figlia mia, se tieni Me, tieni tutto, e già ti basta. Se ti senti riempita di Me, è segno che ti tengo nella casa della mia Divinità. Se un ricco ammettesse nella sua casa un povero, è segno che darà al povero tutto ciò che gli sarà necessario, ad onta che non gli parli sempre, che non lo carezzi, altrimenti sarebbe disonore del ricco. E non sono Io più del ricco? Dunque quietati, e cerca di manifestare all’ubbidienza quello che puoi; il resto, lascia tutto alla mia cura”.

9-28 Febbraio 26, 1910 Prima di morire, l’anima deve far morire tutto nel Divino Volere e nel amore.

(1) Continua il mio solito stato di privazione, e forse anche peggio. Oh! Dio, che scesa che ho fatto, mai me lo potevo immaginare di dover giungere a tale termine, ma spero almeno di non uscire mai, mai dal cerchio del suo Santissimo Volere; questo è tutto per me. Vorrei piangere il mio lacrimevole stato, e qualche volta lo faccio, ma Gesù mi rimprovera dicendomi:

(2) “Vuoi tu essere sempre bambina? Si vede che ho che fare con una bambina, non posso fidarmi di te, speravo di trovare in te l’eroismo del sacrificio per Me, ed invece trovo le lacrime d’una bambina che non vuole sacrificio”.

(3) E quindi, se piango si mostra più duro e fa qualcuna delle sue bravure, a non venire affatto per quel giorno. Onde debbo farmi forza a distornarmi il pianto e dico a Gesù: “Tu dici che per amor mi privi di Te, ed io per amor tuo accetto la tua privazione, per amor tuo non piango”. E se giungo a farlo si mostra un po’ più indulgente, altrimenti mi penitenza più forte di morire continuamente eppure vivere con la sua privazione. Onde avendo passato una giornata simile, per quanto ho fatto non ho potuto frenare le lacrime. Gesù me l’ha fatto pagare come io meritavo, ed a notte avanzata, avendone compassione, appena come se si avesse aperto una finestra di luce nella mia mente, si è fatto vedere e mi ha detto:

(4) “Non lo vuoi comprendere, che prima di morire devi morire a tutto, al patire, ai desideri, ai fervori, a tutto, e tutto deve morire nel mio Volere e nel mio amore. Ciò che s’eterna nel Cielo è la mia Volontà e l’amore, tutte le altre virtù finiscono: Pazienza, ubbidienza, patire, desideri; solo la Volontà mia e l’amore non finiscono mai, perciò nella mia Volontà e nell’amore devi tutto anticipatamente far morire. Tutti i miei santi, ed Io stesso non volli risparmiarmi d’essere abbandonato dal Padre, per morire in tutto nel Volere e nell’amore del Padre. Oh! quanto avrei voluto più patire! Oh! quanto desideravo di più fare per le anime! ma tutto questo morì nella Volontà ed amore del Padre, e così hanno fatto le anime che veramente mi hanno amato, e tu non lo vuoi comprendere”.

9-29 Marzo 8, 1910 La retta intenzione è luce all’anima.

(1) Questa mattina brevemente è venuto il benedetto Gesù e mi ha detto:

(2) “Figlia mia, la retta intenzione è luce all’anima, la converte in luce e le dà il modo d’operare alla divina. L’anima non è altro che una stanza oscura, e la retta intenzione è come sole che entra e la illumina; con questa differenza, che il sole non converte le mure in luce, e il retto operare trasforma tutto in luce”.

9-30 Marzo 12, 1910 La Divina Volontà perfeziona l’amore, lo modifica, lo restringe, lo ingrandisce in ciò che è più santo e perfetto.

(1) Trovandomi nel solito mio stato, appena alla sfuggita è venuto il benedetto Gesù e mi ha detto:

(2) “Figlia mia, la mia Volontà perfeziona l’amore, lo modifica, lo restringe, lo ingrandisce in ciò che è più santo e perfetto. L’amore delle volte vorrebbe scappare, divorare tutto; la mia Volontà padroneggia l’amore e dice: “Piano, non scappare, perché con lo scappare ti puoi far male, e col volere divorare tutto puoi sbagliare”. L’amore per tanto è puro per quanto è uniforme al mio Volere, camminano insieme e si baciano continuamente col bacio di pace. Altre volte, o per stato di animo o perché nelle scappate non è riuscito come esso voleva, vorrebbe restringermi e quasi neghittosamente sedersi; la mia Volontà lo sprona e gli dice: “Cammina, i veri amanti non sono pigri, non stanno oziosi”. Solo che l’amore allora è sicuro quando è rinchiuso nel mio Volere, sicché l’amore fa apprezzare, desiderare, dà in follie, in eccessi; la mia Volontà rattempera, quieta lo stesso amore, e nutrisce di cibo più solido e divino l’anima amante. Sicché nell’amore ci possono essere molte imperfezioni, ed anche nelle cose sante; nella mia Volontà non mai, tutto è perfetto. Specie figlia mia, succede questo nelle anime amanti e che sono state aggraziate delle mie visite, dei miei baci e carezze, che restano in preda dell’amore quando Io le privo di Me, l’amore s’impadroneggia e le rende ansanti, spasimanti, deliranti, folli, inquiete, impazienti, sicché se non fosse per la mia Volontà che le nutrisce, le quieta, le corrobora, l’amore le ucciderebbe, sebbene l’amore non è altro che il figlio primogenito della mia Volontà, ma abbisogna d’essere sempre corretto dal mio Volere; ed Io l’amo tanto quanto amo Me stesso”.

9-31 Marzo 16, 1910 Il cammino stretto della salvezza.

(1) Parlando col confessore, mi aveva detto che è difficile il salvarsi, e Gesù Cristo stesso lo ha detto: “La porta è stretta, dovete sforzarvi per entrarvi”. Onde avendo fatto la comunione, Gesù mi ha detto:

(2) “Povero Me, come mi tengono stretto. Dì al confessore: Dalla loro strettezza giudicano la mia. Non mi tengono per quell’Essere grande, immenso, interminabile, potente, infinito in tutte le mie perfezioni, e che dalle strettezze posso far passare grandi turbe di gente, più che dalle stesse larghezze”.

(3) E mentre ciò diceva, mi pareva di vedere una via stretta stretta, che corrispondeva ad una porticina stretta, ma zeppa, zeppa di popoli, che contendevano tra loro a chi più potesse camminare innanzi ed entrarvi dentro. E Gesù ha soggiunto:

(4) “Vedi figlia mia che turba grande si spinge innanzi, e fanno a gara a chi primo arriva, nella gara si fa molto affare, mentre se la via fosse larga nessuno si darebbe premura, sapendo che c’è spazio per camminare quando a loro piacesse, e dandosi il tempo può venire la morte, e non trovandosi nel cammino della via stretta, si troverebbero nello sbarco della porta larga dell’inferno. Oh! quanto giova questa strettezza. Anche tra voi succede questo, se si fa una festa, una funzione, se si sa che il luogo è stretto, molti si fanno premura e più sono spettatori e godono di quella festa o funzione; ma se si sa che il luogo è largo, nessuno si fa premura e pochi ne sono spettatori, perché sapendo che c’è luogo per tutti si prendono il tempo, e chi arriva alla metà, chi alla fine, e chi trova tutto finito, senza niente godere. Così sarebbe stato se la via che cammina alla salvezza fosse larga, pochi si farebbero premura, e di pochi sarebbe stata la festa del Cielo”.

9-32 Marzo 23, 1910 Il vivere nella Divina Volontà, è più della stessa comunione.

(1) Trovandomi nel solito mio stato, e lamentandomi delle sue privazioni, appena alla sfuggita è venuto e mi ha detto:

(2) “Figlia mia, ti raccomando non uscire da dentro della mia Volontà, perché la mia Volontà contiene tale potenza da essere un nuovo battesimo per l’anima, anzi più dello stesso battesimo, perché nei sacramenti c’è parte della mia Grazia, nella mia Volontà c’è tutta la pienezza; nel battesimo si toglie la macchia del peccato originale, ma rimangono le passioni, le debolezze, nella mia Volontà, distruggendo l’anima il proprio volere, distrugge le passioni, le debolezze e tutto ciò che è umano, e vive delle virtù, della fortezza e di tutte le qualità divine”.

(3) Io nel sentire ciò, dicevo tra me: “Da qui a poco dirà che la sua Volontà è più della stessa comunione”. E Lui ha soggiunto:

(4) “Certo, certo, perché la comunione sacramentale dura pochi minuti; la mia Volontà è comunione perenne, anzi eternale, che s’eterna nel Cielo. La comunione sacramentale è soggetta a qualche intoppo, o per malattia, o per necessità, o per parte di chi la deve amministrare, mentre la comunione della mia Volontà non è soggetta a nessun impiccio, solo che l’anima la vuole e tutto è fatto, nessuno può impedirle un sì gran bene, che forma la felicità della terra e del Cielo, né i demoni, né le creature, né la mia stessa onnipotenza. L’anima è libera, nessuno ha diritto su di lei a questo punto della mia Volontà. Perciò Io la insinuo, voglio tanto che la prendano le mie creature, è la cosa che più m’importa, che più mi sta a cuore; tutte le altre cose non m’interessano, anche le più sante, e quando ottengo che l’anima viva della mia Volontà, me ne vado trionfante, perché racchiude il più gran bene che ci può essere in Cielo e in terra”.

9-33 Aprile 10, 1910 Preparazione e ringraziamento nella comunione.

(1) Scrivo per obbedire, ma mi sento crepare il cuore per lo sforzo che emetto; ma viva l’ubbidienza, viva la Volontà di Dio. Scrivo, ma tremo, e non so io stessa quel che dico; l’ubbidienza vuole che scriva qualche cosa come mi preparo e ringrazio Gesù benedetto nella comunione. Io non so dirne niente, perché il mio dolce Gesù, vedendo la mia incapacità e che non sono buona a niente, fa tutto da Sé: Lui prepara l’anima mia, e Lui stesso mi somministra il ringraziamento, ed io lo seguo. Ora il modo di Gesù è sempre immenso, ed io insieme con Gesù mi sento immensa, e come se sapessi fare qualche cosa; Gesù si ritira, ed io rimango sempre la stupida che sono, l’ignorantella, la cattivella, ed è appunto per questo che Gesù mi vuol bene, perché ignorantella e che niente sono e niente posso, sapendo che a qualunque costo lo voglio ricevere, per non farsi un disonore nel venire in me, ma anzi sommo onore, prepara Lui stesso la mia povera anima, mi dà le sue stesse cose, i suoi meriti, i suoi abbigliamenti, le sue opere, i suoi desideri, insomma tutto Sé stesso; se occorre, anche ciò che hanno fatto i santi, perché tutto è suo; se occorre, ciò che ha fatto la Mamma Santissima; ed anch’io dico a tutti: “Gesù, fatti onore nel venire in me, Mamma Regina mia, santi, angeli tutti, io sono povera povera, tutto ciò che è vostro mettetelo nel mio cuore, non per me, ma per onore di Gesù”. E mi sento che tutto il Cielo concorre a prepararmi. E dopo Gesù discende in me, e mi pare di vederlo tutto compiaciuto vedendosi onorato delle sue stesse cose, e delle volte mi dice:

(2) “Bravo, bravo alla figlia mia, quanto ne sono contento, quanto me ne compiaccio, dovunque guardo in te, trovo cose degne di Me; tutto ciò che è mio è tuo, quante cose belle mi hai fatto trovare”.

(3) Io, sapendo che sono povera povera, che niente ho fatto e niente è mio, me la rido del contento di Gesù, e dico: “Meno male che Gesù pensa in questo modo; basta che sia venuto, e ciò mi basta; fa niente che mi sono servita delle sue stesse robe; i poveri debbono ricevere dai ricchi”. Ora, è vero che rimane in me qualche barlume di qua, un altro di là, del modo che Gesù tiene nella comunione, ma questi barlumi non so riunirli insieme e formarne un preparamento ed un ringraziamento, mi manca la capacità, mi pare che mi preparo in Gesù stesso e lo ringrazio con Gesù stesso.

9-34 Maggio 24, 1910 Chi vive in alto, nel Voler Divino, non è soggetto a mutazioni.

(1) Trovandomi nel solito mio stato, mi sentivo un essere proprio inutile, non sapevo pensare né a peccati, né a freddezze, né a fervore; tutte le cose le guardavo d’uno stesso modo, mi sento indifferente a tutto, di nessuna cosa mi occupo che dal Volere Santo di Dio, ma senza ansietà, anzi nella più perfetta calma. Onde dicevo tra me stessa: “Che stato cattivo è il mio? Avessi almeno il pensiero dei miei peccati, eppure pare che ne sono contenta. Oh! Dio Santo, che disgrazia è la mia”. Mentre ciò dicevo, il benedetto Gesù è venuto e mi ha detto:

(2) “Figlia mia, quelli che vivono nel basso, respirando l’aria che tutti respirano, sono costretti a sentire le diverse mutazioni dei tempi, cioè il freddo, il caldo, la pioggia, la grandine, i venti, la notte, il giorno, ma chi vive in alto, dove l’aria finisce, non è soggetto a sentire queste mutazioni di tempi, dove non c’è altro che perfetto giorno, e non sentendo queste mutazioni, naturalmente non si dà nessun pensiero. Così succede a chi vive nell’alto e della sola aria divina, essendo il mio Essere non soggetto a mutazioni, sempre eguale, sempre pacifico ed in pieno contento, che meraviglia che chi vive in Me, del Voler mio e mia stessa aria, non si dia di nessuna cosa pensiero; sicché tu vorresti vivere nel basso come vive la generalità, cioè fuori di Me, di aria umana, di passioni, ecc.?”

9-35 Giugno 2, 1910 L’anima deve morire a tutto per risorgere più bella.

(1) Sentendomi molto male e come se tutto fosse finito, mi lamentavo con Gesù di questo suo totale abbandono, e Gesù mi ha detto:

(2) “Figlia mia, questi sono i modi divini, morire e risorgere di continuo. Vedi, la stessa natura è soggetta a queste morti e a questi risorgimenti, il fiore nasce e muore, ma per risorgere più bello, mentre se mai morisse invecchierebbe, perderebbe la vivacità del suo colorito, la fragranza del suo odore, ed ecco anche la similitudine del mio Essere, sempre vecchio e sempre nuovo. Il seme è messo sotto terra, come sepolto per farlo morire, e difatti muore, fino a polverizzarsi, e poi risorge più bello, anzi moltiplicato, e così di tutto il resto; e se questo è nell’ordine naturale, molto più nell’ordine spirituale l’anima deve essere soggetta a queste morti ed a questi risorgimenti, ché mentre pare che di tutto ha trionfato e abbonda di fervore, di grazie, di unione con Me, di virtù, pare che in tutto ha acquistato tante nuove vite, Io mi nascondo e pare che tutto le muore intorno; Io do colpo da vero maestro e aiuto a farle tutto morire, e quando mi pare che le sia tutto morto, Io, come sole, esco, mi svelo, e con Me tutto risorge più bello, più vigoroso, più fedele, più riconoscente, più umile, in modo che se vi era qualche cosa d’umano, la morte lo ha distrutto e fa tutto risorgere a nuova vita”.

9-36 Luglio 4, 1910 L’agonia dell’orto fu in modo speciale per aiuto ai moribondi, l’agonia della croce fu per aiuto dell’ultimo punto, proprio per l’ultimo respiro.

(1) Continuando il mio solito stato pieno di privazioni e d’amarezza, stavo pensando all’agonia di Nostro Signore, ed il Signore mi disse:

(2) “Figlia mia, volli soffrire in modo speciale l’agonia dell’orto, per dare aiuto a tutti i moribondi a ben morire. Vedi bene come si combina la mia agonia con l’agonia dei cristiani: Tedi, tristezze, angosce, sudore di sangue; sentivo la morte di tutti e di ciascuno, come se realmente morissi per ciascuno in particolare, quindi sentivo in Me i tedi, le tristezze, le angosce di ciascuno, ed a tutti prestavo con le mie, aiuto, conforto, speranza, per fare che come Io sentivo le loro morti in Me, così loro potessero avere grazia di morire tutti in Me, come dentro d’un solo fiato, col mio fiato, e subito beatificarli con la mia Divinità.

(3) Se l’agonia dell’orto fu in modo speciale per i moribondi, l’agonia della croce fu per aiuto dell’ultimo punto, proprio per l’ultimo respiro. Tutte e due sono agonie, ma una diversa dall’altra: L’agonia dell’orto, piena di tristezze, di timori, d’affanni, di spaventi; l’agonia della croce, piena di pace, di calma imperturbabile, e se gridai ho sete, era sete insaziabile che tutti potessero spirare nel mio ultimo respiro; e vedendo che molti uscivano da dentro il mio ultimo respiro, per il dolore gridai sitio, e questo sitio continuo ancora a gridare a tutti ed a ciascuno, come campanello alla porta d’ogni cuore: “Ho sete di te, oh! anima. Deh! non uscire da Me, ma entra in Me e spira con Me”. Sicché sono sei ore della mia Passione che diedi agli uomini per bene morire, le tre dell’orto furono per aiuto dell’agonia, le tre della croce per aiuto all’ultimo anelito della morte. Dopo questo, chi non deve guardare la morte con sorriso? Molto più per chi mi ama, per chi cerca di sacrificarsi sulla mia stessa croce. Vedi com’è bella la morte e come le cose si cambiano? In vita fui disprezzato, gli stessi miracoli non fecero gli effetti della mia morte; fin sulla croce ci furono insulti, ma non appena spirato, la morte ebbe la forza di cambiare le cose, tutti si percotevano il petto, confessandomi per vero Figlio di Dio, gli stessi miei discepoli presero coraggio, ed anche quegli occulti si fecero arditi e domandarono il mio corpo, dandomi onorevole sepoltura; Cielo e terra a piena voce mi confessarono Figlio di Dio. La morte è qualcosa di grande, di sublime; e questo succede anche per i miei stessi figli: In vita disprezzati, conculcati, quelle stesse virtù che come luce dovrebbero guizzare in chi li circondavano, restano mezzo velate; i loro eroismi nel patire, le loro abnegazioni, il loro zelo per le anime, gettano chiarezze e dubbi nei circostanti, ed Io stesso permetto questi veli per conservare con più sicurezza la virtù dei miei cari figli. Ma non appena muoiono, questi veli, non essendo più necessari, Io li ritiro, e i dubbi si fanno certezze, la luce si fa chiara, e questa luce fa apprezzare i loro eroismo, si fanno stima di tutto, ed anche delle cose più piccole, sicché ciò che non si può fare in vita, supplisce la morte. E questo per quello che succede di qua; e per quello che succede di là è proprio sorprendente ed invidiabile a tutti i mortali”.