MaM
Messaggio del 8 agosto 1982:Meditate ogni giorno sulla vita di Gesù e sulla mia vita pregando il rosario.

Messaggi di altre apparizioni

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo) - Messaggi anno:1923

15-3 Gennaio 16, 1923 Secondo scompiglio generale.

(1) Mi sentivo molto afflitta per la privazione del mio dolce Gesù e pensavo tra me: Perché non viene? Chi sa dove l’ho offeso che da me si nasconde?” E mentre ciò pensavo, e chi sa quant’altre cose, che non è qui necessario il dirle, il mio adorabile Gesù si è mosso nel mio interno, e stringendomi forte al suo cuore santissimo, con voce tenera e compassionevole mi ha detto:

(2) “Figlia mia, dopo tanto tempo che vengo da te, avresti dovuto capirla da te stessa la causa del mio nascondimento, ma non fuori di te nascosto, ma in te stessa”.

(3) Poi, sospirando forte ha soggiunto: “Ahi! è il secondo scompiglio generale che le nazioni stanno preparando, ed Io mi starò appiattato in te e come alla vedetta per vedere che fanno, Io ho fatto di tutto per distoglierli: gli ho dato luce, grazia, ho chiamato te in modo speciale nei mesi scorsi a farti soffrire di più, per fare che la mia Giustizia, trovando un argine in te ed una soddisfazione di più nelle tue pene, potesse far scendere più liberamente la luce, la grazia nelle loro menti per distoglierle da questo secondo scompiglio, ma tutto è stato invano; e quanta più unione facevano, tanto più fomentavano le discordie, gli odi, le ingiustizie, da costringere gli oppressi a prendere le armi per difendersi; ed Io, quando si tratta di difendere gli oppressi e la giustizia, anche naturale, debbo concorrere; molto più che le nazioni apparentemente vincitrici, vinsero sulle basi delle più perfida ingiustizia. Avrebbero dovuto capirlo loro stesse ed essere più miti verso degli oppressi; invece sono più inesorabili, volendone non solo l’umiliazione, ma anche la distruzione. Che perfidia! Che perfidia più che diabolica! Non sono ancora sazi di sangue, quanti poveri popoli periranno; mi duole, ma la terra vuol essere purgata; altre città saranno distrutte; anch’Io mieterò molti vite coi flagelli che manderò dal Cielo, e mentre ciò avverrà Io mi starò in te come appiattato e alla vedetta”.

(4) E mi pareva che più si nascondeva in me. Io mi sentivo immersa in un mare d’amarezza da questo parlare di Gesù, onde dopo mi son sentita circondata da persone che pregavano, e la mia Mamma Celeste, che stendendo la sua mano nel mio interno, prendeva un braccio di Gesù e lo tirava fuori, e gli diceva:

(5) “Figlio mio, vieni in mezzo ai popoli, non vedi in che mare di burrasche stanno per gettarsi che le costerà un mare di sangue?”

(6) Ma per quanto lo tirava, Gesù non ha voluto uscire, e voltandosi a me:

(7) “Pregalo assai, che le cose siano più miti”.

(8) Onde io mi son messa a pregarlo, e Lui ora metteva il suo orecchio nel mio e mi faceva sentire i movimenti dei popoli, i rumori delle armi, ora mi faceva vedere varie razze di popoli uniti insieme, chi preparati a muovere guerre, e chi si stava preparando, perciò, stringendomi forte il mio Gesù gli ho detto: “Placatevi amor mio, placatevi, non vedete quanta confusione di popoli, quanti scompigli? Se questo è nei preparativi, che sarà nell’atto?”

(9) E Gesù: “Ah! figlia mia, sono loro stessi che ciò vogliono, la perfidia dell’uomo vuol giungere agli eccessi, ed uno vuol tirare l’altro nell’abisso, ma l’unione di diverse razze servirà dopo alla gloria mia”.

15-4 Gennaio 24, 1923 La Santissima Trinità riflessa nella terra. Gli atti triplici. Come era riserbato d’aprire le porte del Eterno Volere a Luisa.

(1) Tutti questi giorni li ho passato in un mare d’amarezza, perché spesso spesso il benedetto Gesù mi priva della sua amabile presenza, e se si fa vedere, lo veggo nel mio interno immerso in un mare, di cui le onde s’innalzano sopra di Lui in atto di sommergerlo, e Gesù per non restare sommerso e soffocato muove il suo braccio, respinge l’onda, e con occhio pietoso mi guarda, mi chiede aiuto e mi dice:

(2) “Figlia mia, vedi come le colpe sono tante che mi vogliono sommergere! Non vedi le onde che mi mandano, che ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

15-5 Febbraio 3, 1923 I due morenti.

(1) Mi sentivo mancare la vita per la privazione del mio dolce Gesù, e se si muove nel mio interno si fa vedere in quel mare raccapricciante delle colpe delle creature; onde non potendone più mi lamentavo forte, e Lui come scosso dai miei lamenti è uscito come fuori di quel mare, e stringendomi mi ha detto:

(2) “Figlia mia, che hai? Ho sentito i tuoi lamenti, il rantolo della tua agonia ed ho messo tutto da parte per venire a soccorrerti ed a sostenerti. Figlia mia, pazienza, siamo due poveri morenti, Io e tu per il bene dell’umanità, che mentre siamo morenti l’amore ci sostiene per non farci morire, per dare aiuto alla povera umanità che giace come morendo nel mare delle tante colpe”.

(3) E mentre ciò diceva pareva che le onde di quel mare ci sommergevano tutti e due, chi può dire ciò che si soffriva? E siccome in quelle onde si vedevano i preparativi di guerre gli ho detto: “Vita mia, chi sa quanto durerà questo secondo scompiglio, se il primo durò tanto, che sarà del secondo che sembra più largo?”

(4) E Gesù tutto afflitto: “Certo che sarà più largo, ma non durerà poi tanto, perché ci metterò la mia mano, ed i flagelli del Cielo smorzeranno quelli della terra. Perciò preghiamo, e tu non uscire mai dalla mia Volontà”.

15-6 Febbraio 13, 1923 Il bene che porta l’essere fedele ed attento.

(1) Mi sentivo tutta afflitta, ed il mio dolce Gesù facendosi vedere appena mi ha detto:

(2) “Figlia mia, coraggio, siimi fedele ed attenta, ché la fedeltà e l’attenzione producono l’eguaglianza degli umori nell’anima, e vi formano un solo umore e stabiliscono la perfetta pace, e questa la rende dominatrice, in modo che fa ciò che vuole e giunge dove vuole. Specie per chi vive nel mio Volere succede come al sole, non si cambia mai, uno è il suo atto: Sprigionare dalla sua sfera luce e calore; non fa oggi una cosa e domani un’altra; è sempre fedele e costante nel fare la stessa cosa, ma mentre uno è il suo atto, come quest’atto scende e batte la superficie della terra, quanti atti diversi non succedono? Quasi innumerevoli: Se trova il fiore socchiuso, col bacio della sua luce e col calore lo apre, gli dà il colore ed il profumo; se trova il frutto acerbo, lo matura e gli dà la dolcezza; se trova i campi verdi, li biondeggia; se trova l’aria putrida, col bacio della sua luce la purifica; insomma, a tutte le cose dà ciò che l’è necessario per la loro esistenza su questa terra, e per poter produrre l’utile che le cose contengono e da Dio stabilito, sicché il sole con la sua fedeltà e col fare sempre la stessa cosa, è il compimento della Volontà Divina su tutte le cose create. Oh! se il sole non fosse sempre eguale nel mandare la sua luce, quante oscillazioni, quanti disordini ci sarebbero sulla terra? E l’uomo non potrebbe far nessun calcolo, né sui campi, né sulle piante; direbbe: “Se il sole non mi manda la sua luce ed il suo calore, non so quando devo mietere né quando matureranno i frutti”. Così succede per l’anima fedele ed attenta, nella mia Volontà uno è il suo atto, ma gli effetti sono innumerevoli, invece se è incostante e disattenta, né lei né Io possiamo fare nessun calcolo, né fissare il bene che può produrre”.

15-7 Febbraio 16, 1923 La Croce che le diede la Divina Volontà a Nostro Signore. Gesù per operare la Redenzione perfetta e completa, doveva farla nell’ambito dell’Eternità.

(1) Stavo facendo la mia solita adorazione al crocifisso ed abbandonandomi tutta nel suo amabile Volere, ma mentre ciò facevo ho sentito che il mio amato Gesù si moveva nel mio interno, e mi diceva:

(2) “Figlia mia, su, su, presto, affrettati, fa il tuo corso nel mio Volere, va ripassando tutto ciò che fece la mia Umanità nella Suprema Volontà, affinché ai miei atti ed a quelli della mia Mamma unisca i tuoi. E’ decretato che se una creatura non entra nel Volere Eterno per rendere triplici i nostri atti, questo Supremo Volere non scende sulla terra per fare la sua via nelle umane generazioni, vuole il corteggio dei triplici atti per farsi conoscere; perciò affrettati”.

(3) Gesù ha fatto silenzio, ed io mi son sentita come sbalzata nel Santo Volere Eterno, ma non so dire quello che facevo, so solo dire che trovavo tutti gli atti di Gesù, ed io vi mettevo il mio. Onde dopo ha ripreso il suo dire:

(4) “Figlia mia, quante cose farà conoscere la mia Volontà di ciò che operò la mia Umanità in questa Volontà Divina; la mia Umanità per operare la Redenzione perfetta e completa, doveva farla nell’ambito dell’eternità, ecco la necessità d’una Volontà Eterna. Se la mia volontà umana non avesse con sé una Eterna, tutti i miei atti sarebbero atti determinati e finiti; invece, con questa erano interminabili ed infiniti, perciò le mie pene, la mia croce, dovevano essere interminabili ed infinite, e la Volontà Divina faceva trovare alla mia Umanità tutte queste pene e croci, tanto che Lei mi distendeva su tutta l’umana famiglia, dal primo all’ultimo uomo, ed Io assorbivo tutte le specie di pene in Me, ed ogni creatura formava la mia croce, sicché la mia croce fu tanto lunga quanto è e sarà la lunghezza di tutti i secoli, e larga quanto sono le umane generazioni. Non fu la sola piccola croce del Calvario dove mi crocifissero gli ebrei, questa non era altro che una similitudine della lunga croce in cui mi teneva crocifisso la Suprema Volontà, sicché ogni creatura formava la lunghezza e la larghezza della croce, e come la formavano restavano innestate nella stessa croce, ed il Voler Divino distendendomi su di essa e crocifiggendomi, non solo faceva mia la croce, ma di tutti quelli che formavano detta croce. Ecco perciò avevo bisogno dell’ambito dell’eternità dove dovevo tenere questa croce, lo spazio terrestre non basterebbe per contenerla. Oh! quanto mi ameranno quando conosceranno ciò che fece la mia Umanità nella Divina Volontà, ciò che mi fece soffrire per amor loro. La mia croce non fu di legno, no, furono le anime, erano loro che me le sentivo palpitanti nella croce in cui mi distendeva la Divina Volontà, e nessuna mi faceva sfuggire, a tutte dava il posto, e per dare posto a tutte mi distendeva in modo sì straziante e con pene sì atroci, che le pene della Passione potrei chiamarle piccole e sollievi. Perciò affrettati, affinché il mio Volere faccia conoscere tutto ciò che il Voler Eterno operò nella mia Umanità, questa conoscenza riscuoterà tanto amore, che si piegheranno a farlo regnare in mezzo ad essi”.

(5) Ora, mentre ciò diceva mostrava tanta tenerezza e tanto amore, che io meravigliata gli ho detto: “Amor mio, perché mostri tanto amore quando parli della tua Volontà, che pare come se da dentro Te vorresti uscire un altro Te stesso per il grande amore che provi, mentre se parli di altro non si vede in Te questo eccesso d’amore”.

(6) E Lui: “Figlia mia, vuoi saperlo? Quando Io parlo della mia Volontà per farla conoscere dalla creatura, Io voglio infonderle la mia Divinità, perciò un altro Me stesso, ed il mio amore esce tutto in campo per far ciò, e l’amo come Me stesso. Ecco perché tu vedi che mentre parlo del mio Volere, il mio amore sembra come se straripasse dai suoi confini per formare la sede della mia Volontà nel cuore della creatura, invece quando parlo di altro, sono le mie virtù che infondo, ed a seconda le virtù che le vado manifestando, ora la amo da Creatore, or da Padre, or da Redentore, or da Maestro, or da Medico, ecc. ; quindi non c’è quell’esuberanza d’amore di quando voglio formare un altro Me stesso”.

15-8 Febbraio 22, 1923 Timore al fingimento. Chi deve salire più in alto di tutti, deve scendere nel più basso.

(1) Mi trovavo molto angustiata col pensiero che il mio stato era una continua finzione; che colpo a cielo sereno è questo per me, mi chiama tutte le procelle, mi mette al disotto di tutti gli scellerati ed anche degli stessi dannati, anima più perversa di me non ha mai avuto esistenza sulla terra, ma quello che più mi addolora è il non poter uscire da questo stato di finzione, che confesserei la mia colpa ed a costo della mia vita non lo farei più, Gesù che è tanto buono, nella sua infinita misericordia perdonerebbe a quest’anima più scellerata di tutte. Onde dopo aver passato una di queste procelle, il mio sempre amabile Gesù si è fatto vedere, ed io gli ho detto:

(2) “Amato mio Gesù, che brutto pensiero è questo, deh! non permettere che esista in me la finzione, mandami la morte piuttosto che offenderti col vizio più brutto qual è la finzione, questo mi terrorizza, mi schiaccia, mi annienta, mi strappa dalle tue dolci braccia e mi mette sotto i piedi di tutti e degli stessi dannati. Mio Gesù, Tu dici che mi ami tanto, e poi permetti questo strappo dell’anima mia da Te, come può resistere il tuo cuore a tanto mio dolore?”

(3) E Gesù: “Figlia mia, coraggio, non ti abbattere, chi deve salire più in alto di tutti, deve scendere nel più basso, al disotto di tutti. Della mia Madre, Regina di tutti, si dice che fu la più umile di tutti, perché doveva essere superiore a tutti, ma per essere più umile di tutti doveva scendere nel più basso, al disotto di tutti, e la mia Celeste Mamma con la cognizione che aveva del suo Dio Creatore, e chi era Lei, creatura, scendeva tanto nel basso, che come Lei scendeva così Noi l’innalzavamo, ma tanto, che non c’è nessuno che l’eguale. Così è di te; la piccola figlia del mio Volere, per darle il primato nella mia Volontà, dovendo elevarla su tutti, la faccio scendere nel più basso, al disotto di tutti, e quanto più scende tanto la innalzo e la faccio prendere posto nel Voler Divino. Oh! come mi rapisce quando chi è sopra a tutti, la veggo al disotto di tutti, Io corro, volo per prenderti nelle mie braccia, e faccio allargare i tuoi confini nella mia Volontà, perciò permetto tutto per tuo bene ed anche per compiere i miei più alti disegni su di te. Però non voglio che ci perda il tempo a ripensarci, quando ti prendo nelle mie braccia, metti subito da banda tutto, e segui il mio Volere”.

15-9 Marzo 12, 1923 Privazione di Gesù. Effetto che essa produce, e come Gesù soffri l’appartamento della Divinità.

(1) Mi sentivo morire di pena per la privazione del mio dolce Gesù, e se viene è come lampo che sfugge; onde non potendone più ed avendo di me compassione, è uscito da dentro il mio interno, ed io appena visto gli ho detto: “Amor mio, che pena, mi sento morire senza di Te, ma morire senza morire, che è la più dura delle morti, io non so come la bontà del tuo cuore può sopportare nel vedermi solo per causa tua in stato di morte continua”.

(2) E Gesù: “Figlia mia, coraggio, non ti abbattere troppo, non sei sola nel soffrire questa pena, ma anch’Io la soffrii, come pure la mia cara Mamma, oh! quanto più dura della tua, quante volte la mia gemente Umanità, sebbene era inseparabile dalla Divinità, pure per dare luogo all’espiazione, alle pene, essendo queste intangibile per Lei, Io rimanevo solo, e la Divinità come appartata da Me. Oh! come la sentivo questa privazione, ma ciò era necessario. Tu devi sapere che quando la Divinità mise fuori l’opera della Creazione, mise anche fuori tutta la gloria, tutti i beni e felicità che ciascuna creatura doveva ricevere, non solo in questa vita ma pure nella patria celeste. Ora, tutta la parte che toccava alle anime perdute rimaneva sospesa, non aveva a chi darsi; ond’Io dovendo completare tutto ed assorbire tutto in Me, mi esibii a soffrire la privazione che gli stessi dannati soffrono nell’inferno. Oh! quanto mi costò questa pena, mi costò pena d’inferno e morte spietata, ma era necessario. Dovendo assorbire tutto in Me, tutto ciò che uscì da Noi nella Creazione, tutta la gloria, tutti i beni e felicità, per farli uscire da Me di nuovo in campo per tutti quelli che volessero fruirne, dovevo assorbire tutte le pene e la stessa privazione della mia Divinità, ora, tutti questi beni assorbiti in Me dell’opera della Creazione tutta, essendo Io il capo da cui ogni bene discende su tutte le generazioni, vo trovando anime che mi somiglino nelle pene, nelle opere, per poter partecipare tanta gloria e felicità che la mia Umanità contiene, e siccome non tutte le anime vogliono fruirne, né tutte sono vuote di loro stesse e delle cose di quaggiù per potermi far conoscere e poi sottrarmi, ed in questi vuoti di loro stesse e della mia conoscenza acquistata formare questa pena della mia privazione, e nella privazione che soffre viene ad assorbire in lei questa gloria della mia Umanità che altri respingono, se Io non fosse stato quasi sempre con te, tu non mi avresti conosciuto né amato, e questo dolore della mia privazione tu non lo sentivi né potevi formarsi in te, in te mancherebbe il seme e l’alimento di questo dolore. Oh! quante anime sono prive di Me, e forse sono anche morte, queste si dolgono se son prive d’un piccolo piacere, d’una bagattella qualsiasi, ma prive di Me non hanno nessun dolore e neppure un pensiero, sicché questo dolore dovrebbe consolarti, perché ti porta il certo segno che son venuto da te e che mi hai conosciuto, e che il tuo Gesù vuol mettere in te la gloria, i beni, la felicità che gli altri respingono”.

15-10 Marzo 18, 1923 Come si prende possesso dei beni che contiene il Divin Volere.

(1) Stavo tutta abbandonandomi nella Santissima Volontà del mio dolce Gesù ad onta che mi sentivo priva di Lui e come trafitta nel cuore, e pensavo tra me: “A che pro l’avermi tanto parlato del suo Eterno Volere se ora mi ha lasciato? Anzi, le sue stesse parole sono trafitture al mio cuore, che me lo lacerano a brani, e sebbene sono rassegnata, bacio quelle stesse trafitture che mi lacerano, la mano che mi trafigge, ma sento al vivo che tutto per me è finito”. Ma mentre ciò pensavo, il mio dolce Gesù si è mosso nel mio interno, e gettandomi le braccia al collo mi ha detto:

(2) “Figlia mia, figlia mia, non temere, nulla è finito tra Me e te, il tuo Gesù è sempre per te il tuo Gesù. La cosa più forte che vincola l’anima è lo sperdere la sua volontà nella mia, come posso lasciarti? E poi, se tanto ti ho parlato del mio Volere, sono tanti vincoli d’unione indissolubile che ho messo tra Me e te; il mio Eterno Volere, parlandoti, vincolava il tuo piccolo volere coi vincoli del mio Eterno Volere per quante parole ti dicevo, oltre di ciò devi sapere che nel creare l’uomo, la nostra prima Suprema Volontà fu che doveva vivere nel nostro Volere, e dovendo vivere in Esso doveva prendere del nostro per vivere a nostre spese, ricontraccambiando la nostra Volontà con tanti atti divini per quanti atti umani faceva nella nostra, e questo per arricchirlo di tutti i beni che la nostra Volontà contiene, ma l’uomo volle vivere nel suo volere, a sue spese, e perciò si esiliò dalla patria sua e perdette tutti questi beni; onde i miei beni rimasero senza eredi, erano immensi e nessuno li possedeva. Onde sottentrò la mia Umanità a prendere possesso di tutti questi beni col vivere in ogni istante in questo Volere Eterno, volle vivere sempre a sue spese, nascere, crescere, patire, operare e morire nell’eterno bacio del Voler Supremo, e come vivevo in Esso così mi veniva dato il possesso dei tanti beni disoccupati che l’uomo ingrato aveva messo in oblio. Ora figlia mia, con l’averti tanto parlato del mio Volere, la mia sapienza infinita, non è stato solo per darti la semplice notizia, no! no!, è stato per farti conoscere il vivere nel mio Volere, i beni che ci sono, e mentre fai la via in Esso ne prendi il possesso. La mia Umanità fece tutto, prese il possesso di tutto, non per Me solo, ma per aprire le porte agli altri miei fratelli. Ho aspettato tanti secoli, son passate tante generazioni; aspetterò ancora, ma l’uomo deve ritornarmi sulle ali del mio Volere donde ne uscì, perciò sii tu la prima ben venuta, e le mie parole ti siano sprone a prenderne il possesso, e catene che ti leghino tanto forte da non farti mai uscire dalla mia Volontà”.

15-11 Marzo 23, 1923 Dolori della Celeste Mamma, e come il Fiat agi in essi.

(1) Stavo pensando ai dolori della mia Mamma Celeste, ed il mio amabile Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:

(2)Figlia mia, il primo Re dei dolori fui Io, ed essendo Io uomo e Dio, dovevo tutto accentrare in Me per avere il primato su tutto, anche sugli stessi dolori. Quelli della mia Mamma non erano altro che i riverberi dei miei, che riflettendo in Lei le partecipavano tutti i dolori miei, che trafiggendola, la riempirono di tale amarezza e pena, da sentirsi morire ad ogni riverbero dei miei dolori, ma l’amore la sosteneva e le ridava la vita, perciò non solo per onore, ma con diritto di giustizia fu la prima Regina dell’immenso mare dei suoi dolori”.

(3) Onde mentre ciò diceva, mi pareva di vedere la mia Mamma di fronte a Gesù, e tutto ciò che conteneva Gesù, i dolori e le trafitture di quel cuore santissimo, riflettevano nel cuore dell’addolorata Regina, ed a quei riflessi si formavano tante spade nel cuore della trafitta Mamma, e queste spade erano suggellate da un Fiat di luce, in cui Ella restava circonfusa in mezzo a tanti Fiat di luce fulgidissima che le davano tanta gloria, che mancano i vocaboli per narrarla, quindi Gesù ha ripreso il suo dire:

(4) “Non furono i dolori che costituirono Regina la mia Mamma e la fecero rifulgere di tanta gloria, ma il mio Fiat onnipotente, cui intrecciava ogni suo atto e dolore e si costituiva vita di ogni suo dolore, sicché il mio Fiat era l’atto primo che formava la spada, dandole l’intensità del dolore che voleva. Il mio Fiat poteva mettere in quel cuore trafitto quanti dolori voleva, aggiungere trafitture a trafitture, pene sopra pene, senza l’ombra della minima resistenza, anzi si sentiva onorata che il mio Fiat si costituiva vita anche d’un suo palpito, ed il mio Fiat le diede gloria completa e la costituì vera e legittima Regina.

(5) Ora, chi saranno le anime in cui possa riflettere i riverberi dei miei dolori e della mia stessa Vita? Quelle che avranno per vita il mio Fiat, questo Fiat assorbirà in loro i miei riflessi, ed Io sarò largo nel partecipare ciò che il mio Volere opera in Me, perciò nella mia Volontà aspetto le anime, per darle il vero dominio e la gloria completa d’ogni atto e pena che possano soffrire. Fuori della mia Volontà, l’operare ed il patire Io non lo riconosco, potrei dire: “Non ho che darti, qual è la volontà che ti ha animato nel far e soffrire ciò? Da quella fatti ricompensare”. Molte volte il fare il bene, il patire, senza che la mia Volontà entri in mezzo, possono essere misere schiavitù che degenerano in passioni, mentre solo il mio Volere dà il vero dominio, le vere virtù, la vera gloria da trasmutare l’umano in divino”.

15-12 Marzo 27, 1923 Dolori della Vita Sacramentale di Gesù, e le grazie con cui ci prevenisse per riceverlo.

(1) Avendo fatto la comunione, il mio dolce Gesù si è fatto vedere, ed io appena visto mi son gettata ai suoi piedi per baciarli e stringermi tutta a Lui. E Gesù, stendendomi la mano mi ha detto:

(2) “Figlia mia, vieni fra le mie braccia e fin dentro il mio cuore, mi son coperto dei veli eucaristici per non incutere timore, sono sceso nell’abisso più profondo delle umiliazioni in questo sacramento per innalzare la creatura fino a Me, immedesimandola tanto in Me da formare una sol cosa con Me, e col far scorrere il mio sangue sacramentale nelle sue vene costituirmi vita del suo palpito, del suo pensiero e di tutto il suo essere. Il mio amore mi divorava e voleva divorare la creatura nelle mie fiamme, per farla rinascere un altro Me, perciò volli nascondermi sotto questi veli eucaristici, e così nascosto entrare in essa per formare questa trasformazione della creatura in Me; ma per succedere questa trasformazione ci volevano le disposizioni da parte delle creature, ed il mio amore dando in eccesso, come istituiva il sacramento eucaristico, così metteva fuori da dentro la mia Divinità, altre grazie, doni, favori, luce a bene dell’uomo per renderlo degno di potermi ricevere, potrei dire che mise fuori tanto bene da sorpassare i doni della Creazione, volli dargli prima le grazie per ricevermi, e poi darmi per dargli il vero frutto della mia Vita Sacramentale. Ma per prevenire con questi doni le anime, ci vuole un po’ di vuoti di loro stesse, di odio alla colpa, di desiderio di ricevermi, questi doni non scendono nel marciume, nel fango, quindi senza dei miei doni non hanno le vere disposizioni per ricevermi, ed Io scendendo in loro non trovo il vuoto per comunicare la mia Vita, sono come morto per loro, e loro morte per Me; Io brucio e loro non sentono le mie fiamme, sono luce e loro restano più accecate. Ahimè! quanti dolori nella mia Vita Sacramentale, molti per mancanza di disposizioni, non provando nulla di bene nel ricevermi, giungono a nausearmi, e se continuano a ricevermi è per formare il mio continuato calvario e la loro eterna condanna, se non è l’amore che li spinge a ricevermi, è un affronto di più che mi fanno, è una colpa di più che aggiungono sulle anime loro. Perciò prega e ripara per i tanti abusi e sacrilegi che si fanno nel ricevermi sacramentato”.