16-39 Gennaio 4, 1924 Con le parole di Gesù nell’orto: “Non mea voluntas, sed Tua Fiat”, contrattò col suo Celeste Padre che la Volontà Divina prendesse il suo primo posto d’onore nella creatura.
(1) Stavo pensando alle parole di Gesù nell’orto quando disse: “Padre, se è possibile, passi da Me questo calice, ma però non mea voluntas, sed Tua Fiat”. Ed il mio dolce Gesù, movendosi nel mio interno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, credi tu che fu il calice della mia Passione per cui dicevo al Padre: “Padre, se è possibile passi da Me questo calice? ” No, non affatto, era il calice della volontà umana che conteneva tale amarezza e pienezza di vizi, che la mia volontà umana unita alla Divina provò tale ribrezzo, terrore e
... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
(1) Stavo pensando alle parole di Gesù nell’orto quando disse: “Padre, se è possibile, passi da Me questo calice, ma però non mea voluntas, sed Tua Fiat”. Ed il mio dolce Gesù, movendosi nel mio interno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, credi tu che fu il calice della mia Passione per cui dicevo al Padre: “Padre, se è possibile passi da Me questo calice? ” No, non affatto, era il calice della volontà umana che conteneva tale amarezza e pienezza di vizi, che la mia volontà umana unita alla Divina provò tale ribrezzo, terrore e spavento, che gridai: “Padre, se è possibile passi da Me questo calice”. Com’è brutta la volontà umana senza della Volontà Divina, che quasi come dentro di un calice si rinchiuse dentro di ciascuna creatura; non c’è male nelle generazioni, di cui essa non sia l’origine, il seme, la fonte, ed Io vedendomi coperto di tutti questi mali che ha prodotto l’umana volontà, innanzi alla santità della mia mi sentivo morire, e sarei morto difatti se la Divinità non mi avesse sostenuto. Ma sai tu perché soggiunsi, e per ben tre volte: “Non mea voluntas, sed Tua Fiat? ” Io sentivo sopra di Me tutte le volontà delle creature unite insieme, tutti i loro mali, e a nome di tutti gridai al Padre: “Non più la volontà umana sia fatta sulla terra, ma la Divina; la volontà umana sia sbandita e la Tua vi regni”. Sicché fin d’allora, e lo volli fare sin dal principio della mia Passione, perché era la cosa che più m’interessava e la più importante, di chiamare sulla terra il Fiat Voluntas tua come in Cielo così in terra. Io ero a nome di tutti che dicevo: “Non mea voluntas, sed Tua Fiat”. Fin d’allora Io costituivo l’epoca del Fiat Voluntas tua sulla terra; e col dirlo per ben tre volte, nella prima la impetravo, nella seconda la facevo scendere, nella terza la costituivo regnante e dominatrice. E come dicevo: “Non mea voluntas, sed Tua Fiat”, Io intendevo di svuotare le creature della loro volontà e riempirle della Divina.
(3) Prima di morire, perché non mi restavano che ore, Io volli contrattare col mio Celeste Padre il mio primo scopo per cui venni sulla terra, che la Volontà Divina prendesse il suo primo posto d’onore nella creatura. Era stato questo il primo atto dell’uomo, cioè sottrarsi dalla Volontà Suprema, e quindi la nostra prima offesa, tutti gli altri mali di lui entrano nell’ordine secondario, ed Io dovetti prima realizzare lo scopo del Fiat Voluntas tua come in Cielo così in terra, e poi formare con le mie pene la Redenzione, perché la stessa Redenzione entra nell’ordine secondario; è sempre la mia Volontà che tiene il primato in tutte le cose, e sebbene dei frutti della Redenzione si videro gli effetti, ma fu in virtù di questo contratto che Io feci col mio Divino Padre, che il suo Fiat doveva venir a regnare sulla terra, realizzando il vero scopo della creazione dell’uomo ed il mio primo scopo per cui venni sulla terra, che potette ricevere i frutti della Redenzione; altrimenti avrebbe mancato l’ordine alla mia sapienza; se il principio del male fu la sua volontà, Io questa dovevo ordinare e ristabilire, riunire Volontà Divina e umana, e sebbene si videro prima i frutti della Redenzione, questo dice nulla; la mia Volontà è qual Re, che sebbene è il primo fra tutti, arriva l’ultimo, precedendolo per suo onore e decoro i suoi popoli, eserciti, ministri, principi e tutta la corte regale. Sicché prima erano necessari i frutti della mia Redenzione per far trovare la corte regale, i popoli, gli eserciti, i ministri, all’altezza della Maestà della mia Volontà.
(4) Ma sai tu chi fu la prima a gridare insieme con Me: “Non mea voluntas, sed Tua Fiat”? Fu la mia piccola neonata nella mia Volontà, la mia piccola figlia, che ebbe tale ribrezzo, tale spavento della sua volontà, che tremante si strinse a Me e gridò insieme con Me: “Padre, se è possibile passi da me questo calice della mia volontà”, e piangendo soggiungesti insieme con Me: “Non mea voluntas, sed Tua Fiat”. Ah! sì, fosti tu insieme con Me in quel primo contratto col mio Celeste Padre, perché ci voleva una creatura almeno che doveva rendere valido questo contratto, altrimenti, a chi donarlo? A chi affidarlo? E per rendere più sicura la custodia del contratto, ti feci dono di tutti i frutti della mia Passione, schierandoli intorno a te come un esercito formidabile, che mentre tiene il suo regale corteggio alla mia Volontà, fa guerra accanita alla tua volontà, perciò, coraggio nello stato in cui ti trovi, smetti il pensiero che Io possa lasciarti, andrebbe a scapito del mio Volere, essendo che tengo il contratto della mia Volontà deposto in te. Onde stati in pace, è la mia Volontà che ti prova, che vuole non solo purgarti ma distruggere anche l’ombra della tua volontà, onde con tutta pace segui il volo nel mio Volere, non ti dar pensiero di nulla, il tuo Gesù farà in modo che tutto ciò che potrà succedere dentro e fuori di te, farà risaltare maggiormente la mia Volontà, e allargherà in te i confini della mia nella tua volontà umana; sono Io che manterrò la battuta nel tuo interno, affinché diriga tutto in te secondo il mio Volere. Io non mi occupai d’altro che della sola Volontà del Padre mio, e siccome tutte le cose stanno in Essa, perciò mi occupai di tutto; e se una preghiera insegnai, non fu altra che la Volontà Divina si faccia come in Cielo così in terra, ma era la preghiera che racchiudeva tutto. Sicché Io non mi aggiravo che intorno alla Volontà Suprema, le mie parole, le mie pene, le mie opere, i miei palpiti erano pregni di Volontà Celeste. Così voglio che faccia tu, devi tanto girare intorno ad Essa, da farti bruciare dall’alito eterno del fuoco della mia Volontà, in modo da perdere qualunque altra conoscenza, e di null’altro sapere che solo e sempre il mio Volere”.
16-40 Gennaio 14, 1924 Nella flagellazione, Gesù volle essere spogliato per dare di nuovo alla creatura le veste regale della Divina Volontà.
(1) Stavo accompagnando il mistero della flagellazione, compatendo il mio dolce Gesù quando si vide così confuso in mezzo a nemici, spogliato delle sue vesti, sotto una tempesta di colpi, ed il mio amabile Gesù, uscendo dal mio interno nello stato in cui si trovava quando fu flagellato mi ha detto:
(2) “Figlia mia, vuoi tu sapere la causa perché fui spogliato quando fui flagellato? In ogni mistero della mia Passione, prima mi occupavo di rinsaldare la rottura tra la volontà umana e la Divina, e poi alle offese che produsse questa rottura. Onde, l’uomo quando
... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
(1) Stavo accompagnando il mistero della flagellazione, compatendo il mio dolce Gesù quando si vide così confuso in mezzo a nemici, spogliato delle sue vesti, sotto una tempesta di colpi, ed il mio amabile Gesù, uscendo dal mio interno nello stato in cui si trovava quando fu flagellato mi ha detto:
(2) “Figlia mia, vuoi tu sapere la causa perché fui spogliato quando fui flagellato? In ogni mistero della mia Passione, prima mi occupavo di rinsaldare la rottura tra la volontà umana e la Divina, e poi alle offese che produsse questa rottura. Onde, l’uomo quando nell’eden spezzò i vincoli dell’unione tra la Volontà Suprema e la sua, si spogliò delle vesti regali della mia Volontà e si vestì dei miseri cenci della sua, debole, incostante, impotente a far nulla di bene. La mia Volontà gli era un dolce incanto in cui lo teneva assorbito in una luce purissima, che non gli faceva conoscere altro che il suo Dio, da cui era uscito, il quale non gli dava altro che felicità senza numero, ed era tanto assorbito dal tanto dare che gli faceva il suo Dio, che non si dava nessun pensiero di sé stesso. Oh! come era felice l’uomo, e come la Divinità si dilettava nel dare a lui tante particelle del suo Essere per quanto la creatura ne può ricevere, per farlo simile a Sé. Onde, non appena spezzò l’unione della nostra Volontà con la sua, perdette la veste regale, perdette l’incanto, la luce, la felicità; guardò sé stesso senza la luce della mia Volontà, e guardandosi senza l’incanto che lo teneva assorbito, si conobbe, ebbe vergogna, ebbe paura di Dio, tanto che la stessa natura sentì i suoi tristi effetti, sentì il freddo e la nudità, e sentì il vivo bisogno di coprirsi, e come la nostra Volontà lo teneva al porto di felicità immense, così la sua lo mise al porto delle miserie. La nostra Volontà era tutto per l’uomo, ed in Essa trovava tutto; era giusto che essendo uscito da Noi e vivendo come un nostro tenero figlio nel nostro Volere, vivesse del nostro, e questo Volere doveva sostituirsi a tutto ciò che a lui occorreva; quindi, come volle vivere del suo volere, ebbe bisogno di tutto, perché il volere umano non tiene potere di potersi sostituire a tutti i bisogni, né tiene in sé la fonte del bene, perciò fu costretto a procurarsi con stento le cose necessarie alla vita. Vedi dunque che significa non stare unito con la mia Volontà? Oh! se tutti la conoscessero, come avrebbero un solo sospiro: che il mio Volere venga a regnare sulla terra. Sicché se Adamo non si fosse sottratto dalla Volontà Divina, anche la sua natura non avrebbe avuto bisogno di vesti, non avrebbe sentito la vergogna della sua nudità, né sarebbe stato soggetto a soffrire il freddo, il caldo, la fame, la debolezza, ma queste cose naturali erano quasi nulla, erano piuttosto simboli del gran bene che aveva perduto la sua anima.
(3) Onde figlia mia, prima d’essere legato alla colonna per essere flagellato, volli essere spogliato per soffrire e riparare la nudità dell’uomo quando si spogliò della veste regale della mia Volontà; sentii in Me tale confusione e pena nel vedermi così denudato in mezzo a nemici che si facevano beffe di Me, che piansi per la nudità dell’uomo e offrii al mio Celeste Padre la mia nudità, per fare che l’uomo fosse rivestito di nuovo della veste regale della mia Volontà, e per sborso, affinché ciò non mi fosse negato, offrii il mio sangue, le mie carni strappate a brani, mi feci spogliare non solo delle vesti, ma anche della mia pelle, per poter pagare il prezzo e soddisfare al delitto di questa nudità dell’uomo; versai tanto sangue in questo mistero che in nessun altro ne versai tanto, tanto che bastava a coprirlo come d’una seconda veste, e veste di sangue per coprirlo di nuovo, così riscaldarlo, lavarlo, per disporlo a ricevere la veste regale della mia Volontà”.
(4) Io nel sentir ciò, sorpresa ho detto: “Mio amato Gesù, come mai può essere possibile che l’uomo col sottrarsi dalla tua Volontà, ebbe bisogno di vestirsi, ebbe vergogna, paura? Eppure Tu facesti sempre la Volontà del Celeste Padre, eri una sola cosa con Lui; la tua Mamma non conobbe mai il suo volere, eppure aveste bisogno di vesti, di cibo, e sentiste il freddo ed il caldo”.
(5) E Gesù ha soggiunto: “Eppure figlia mia è proprio così. Se l’uomo sentì vergogna della sua nudità e fu soggetto a tante miserie naturali, fu proprio appunto perché perdette il dolce incanto della mia Volontà, e sebbene il male lo fece l’anima, non il corpo, ma però indirettamente fu come complice della cattiva volontà dell’uomo, la natura restò come profanata dal mal volere dell’uomo, quindi l’una e l’altro dovevano sentire la pena del male fatto. In riguardo a Me, certo che feci sempre la Volontà Suprema, ma Io non venni a trovare l’uomo innocente, l’uomo prima che peccasse, ma venni a trovare l’uomo peccatore e con tutte le sue miserie, e dovetti accomunarmi con loro, prendere su di Me tutti i loro mali e assoggettarmi alle necessità della vita, come se fossi uno di loro. Ma in Me c’era questo prodigio, che se il volessi, di nulla avevo bisogno, né di vesti, né di cibo, né di altro. Ma non volli servirmene per amore dell’uomo, volli in tutto sacrificarmi, anche nelle cose più innocenti create da Me stesso, per attestargli il mio ardente amore, anzi ciò serviva ad impetrare dal mio Divino Padre, che per riguardo mio e della mia volontà tutta sacrificata a Lui, restituisse all’uomo la nobile veste regale della nostra Volontà”.
16-41 Gennaio 20, 1924 Il mare della Divina Volontà, è mare di luce e di fuoco, senza porto e senza lido.
(1) Mi trovavo nel duro stato delle mie solite privazioni dell’amato mio bene, ed io mi sentivo immersa nelle amarezze, priva di Colui che è il solo che fa sorgere il sole, il calore, il sorriso, la felicità nella povera anima mia; senza di Lui è sempre notte, resto intirizzita dal freddo della sua privazione, sono infelice. Quindi mi sentivo oppressa, ed il mio dolce Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, coraggio, non ti lasciar in preda dell’oppressione, se sapessi quanto Io ne soffro nel vederti soffrire, tanto che per non vederti tanto soffrire ti addormento, ma Io me ne sto a te vicino, non ti lascio; e mentre tu dormi Io faccio per te ciò che dovremmo fare insieme se tu vegliassi, perché non è che sei tu che vuoi dormire, sono Io che lo voglio e perciò ti supplisco. Vedi quanto ti amo, se sapessi quanto soffro quando ti veggo svegliare, spasimare perché non hai avvertito che ti stavo vicino, perché ti avevo Io stesso assonnata nello spasimo della mia privazione. E’ vero che soffri, Io soffro, ma è il nodo del mio Volere che anche in questo scorre in te, che stringendoti di più rende più stabile la nostra unione. Perciò coraggio, e poi ricordati che sei la mia piccola barchetta nella mia Volontà, e la Volontà Divina non è mare di acqua che ha i suoi porti ed i suoi lidi, dove fanno le fermate le barche, le navi, i passeggeri, dove si riposano, si danno al bel tempo, e molti passeggeri non ritornano neppure a valicare più il mare. Il mare della mia Volontà è mare di luce e di fuoco, senza porto e senza lido, quindi per la mia piccola barchetta non ci sono fermate, deve sempre valicare, ma con tale velocità, da racchiudere in ogni tuo palpito e atto tutta la interminabile eternità, in modo da congiungerli insieme a quel palpito e atto eterno, il quale è palpito e atto di ciascuno; e tu valicando su tutto, farai in ogni tuo palpito il giro dell’eternità, prenderai tutto e ci porterai tutto ciò che dalla Divinità esce, per dare e per ricevere, ma mentre dà non riceve, e la mia piccola barchetta tiene il compito di valicare nel mare immenso della mia Volontà, per ricambiarci di tutto ciò che esce da Noi, perciò, se ti opprimi perderai l’attenzione del giro, ed il mare del mio Volere, non sentendosi agitato dai veloci giri della mia piccola barchetta, ti brucerà di più e spasimerai di più per la mia privazione; invece se giri sempre, sarai come quel dolce venticello, che mentre porterai refrigerio al nostro fuoco, ti servirà per raddolcire lo spasimo che soffri per la mia privazione”.
16-42 Gennaio 23, 1924 Come Gesù intrecciò col suo Fiat Redimente il Fiat Creante, così vuole che il terzo Fiat resti intrecciato col Fiat Creante e Redimente. L’Umanità di Gesù è più piccola che la sua Volontà Eterna.
(1) Stavo tutta abbandonandomi nel Santo Voler di Dio e pensavo tra me: “Il Fiat formò tutto l’universo, e nel Fiat fece pompa la Divinità del suo amore verso dell’uomo, additandolo in ogni cosa creata, in modo che in ogni cosa creata si vede quel Fiat impresso, che con tanta maestria, potenza ed armonia sprigionò dal seno divino verso la creatura. Il Fiat formò la Redenzione, tanto, che in ogni cosa che fece il Verbo Eterno c’è il Fiat, che facendole corona le dà vita. Sicché il Fiat Creante ed il Fiat Redimente sono intrecciate insieme, e l’uno fa
... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
(1) Stavo tutta abbandonandomi nel Santo Voler di Dio e pensavo tra me: “Il Fiat formò tutto l’universo, e nel Fiat fece pompa la Divinità del suo amore verso dell’uomo, additandolo in ogni cosa creata, in modo che in ogni cosa creata si vede quel Fiat impresso, che con tanta maestria, potenza ed armonia sprigionò dal seno divino verso la creatura. Il Fiat formò la Redenzione, tanto, che in ogni cosa che fece il Verbo Eterno c’è il Fiat, che facendole corona le dà vita. Sicché il Fiat Creante ed il Fiat Redimente sono intrecciate insieme, e l’uno fa l’eco nell’altro e formano uno solo, onde non c’è atto creato in cui il mio dolce Gesù non intrecciò col ricambio del suo Fiat. Ora, il mio adorato Gesù mi ha detto tante volte che ci vuole il terzo Fiat per fare che l’opera della Creazione e Redenzione fossero completate, quindi, come si farà? Chi formerà tanti Fiat per intrecciare il Fiat Creante ed il Fiat Redimente? ” Onde, mentre ciò pensavo, il mio amabile Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, se la Maestà Suprema sprigionò tanto amore in tutte le cose create dal suo Fiat onnipotente verso del uman genere, era giusto che Io, Figlio suo, nel suo stesso Fiat facessi altrettanti atti per ricambiarlo del suo amore, intrecciando il suo col mio, per fare che dalla terra si elevasse un’altro Fiat umano e divino per darsi il bacio, intrecciarsi insieme e sostituirvi il ricambio dell’amore di tutte le creature. Finché Io non venni sulla terra, il Fiat cosparso in tutto il creato era solo; come Io venni non fu più solo, anzi fu il mio primo compito, di formare tant’atti nel Fiat Eterno per quanti ne aveva fatto il Padre mio nella Creazione, sicché col mio Fiat, il Fiat Creante ebbe la sua dolce ed armoniosa compagnia. Ora, questo Fiat non vuole stare in due, vuole il terzo Fiat, vuole essere in tre, e questo terzo Fiat lo farai tu, perciò molte volte ti ho tirato fuori di te stessa, ti ho messo in quello stesso Fiat Creante e Redimente, affinché facessi il tuo volo ed intrecciando il tuo al nostro, il Fiat Creante ed il Redimente restassero intrecciati dal terzo tuo Fiat. Quanto più opererai nel nostro Fiat, tanto più subito raggiungerai la via del nostro Fiat, e come nel Fiat della Creazione uscirono da Noi tante cose prodigiose e belle, qual’è tutto l’universo; il Fiat della Redenzione si sostituì a tutti gli atti delle creature, prendendo per mano il suo figlio perduto per ricondurlo al seno del suo Celeste Padre; così il terzo Fiat, quando avrà fatto la sua via si vedranno gli effetti: che il mio Volere sia conosciuto ed amato e prenda il suo dominio per avere il suo regno sulla terra. Ogni tuo atto in più che intreccerai col nostro Fiat sarà un bacio umano che farai dare al nostro Fiat, un vincolo maggiore che formerai tra la Volontà Divina e umana, in modo che messosi d’accordo non abbia ritegno di farsi conoscere e prendere il suo regale dominio; il tutto sta nel farsi conoscere, il resto verrà da per sé. Perciò tante volte ti ho raccomandato che nulla omettessi di scrivere di ciò che riguarda la mia Volontà, perché la conoscenza è la via, e la luce serve di trombetta per chiamare gli ascoltanti, a farsi sentire, e quanto più la trombetta suona, cioè, tanto più suona quante più conoscenze tiene da manifestare, tanta più gente accorre. La conoscenza ora si atteggia a cattedra, ora a maestro, ora a padre pietoso e amante eccessivo, insomma, tiene in suo potere tutte le vie per entrare nei cuori per conquiderli e trionfare di tutto. E quante più conoscenze contiene, tante più vie tiene in suo potere”.
(3) Ond’io, quasi confusa di ciò che Gesù mi diceva ho detto: “Dolce amor mio, Tu sai quanto son misera ed in che stato mi trovo, quindi mi sento che per me è impossibile che coi miei atti possa raggiungere la stessa via del Fiat Creante e del Fiat Redimente”.
(4) E Gesù: “Sicché il nostro Fiat non contiene tutto il potere che vuole? Se lo fece nella Creazione e nella Redenzione, come non lo può fare in te? Il tuo volere ci vuole, ed Io imprimerò il mio Fiat nel tuo, come impressi il mio Fiat Divino nel volere della mia Umanità, e così faremo la stessa via. La mia Volontà può tutto, nella mia onniveggenza ti farà presente gli atti della Creazione e Redenzione, e tu con facilità intreccerai coi tuoi atti il terzo Fiat al nostro Fiat, non ne sei contenta? ”.
(5) Ond’io vedendo che il mio adorato Gesù come parlava della sua Volontà mi scompariva e restava come eclissato in una luce immensa, come quando il sole fa scomparire le stelle eclissandole nella sua luce, ho detto: “Gesù, vita mia, non mi parlate della vostra Volontà, perché Tu ti eclissi nella sua luce ed io ti perdo e resto sola e senza di Te. Come può essere che il tuo Volere mi fa perdere la mia vita, il mio tutto? ”.
(6) E Gesù ha soggiunto: “Figlia mia, la mia Umanità è più piccola della mia Volontà Eterna, ha i suoi confini, i suoi limiti, e perciò la mia Volontà interminabile avvicinandosi a te con le sue conoscenze, la mia Umanità restò sperduta nella sua luce e come eclissata, e perciò tu non mi vedi, ma Io resto sempre in te e godo, ché veggo la piccola neonata della mia Volontà eclissata nella stessa luce della mia Umanità, sicché stiamo insieme, ma siccome la nostra vista resta abbagliata dalla luce sfolgorante del Voler Supremo, non ci vediamo”.
16-43 Febbraio 2, 1924 L’abbandono in Dio forma le ali per volare nell’ambito dell’Eternità. Cosa è l’Eternità.
(1) Mi sentivo molto oppressa per la privazione del mio dolce Gesù, e per altre ragioni che non è necessario scriverle su carta; ed il mio amato Gesù, movendosi nel mio interno e stringendomi a Sé per darmi la forza, ché mi sentivo soccombere, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, la mia Volontà è vita e moto di tutto, ma sai tu chi segue il suo moto e prende il volo nel mio Eterno Volere, in modo che gira come Esso gira nell’ambito dell’eternità, e si trova dove Esso si trova e fa ciò che Esso
... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
(1) Mi sentivo molto oppressa per la privazione del mio dolce Gesù, e per altre ragioni che non è necessario scriverle su carta; ed il mio amato Gesù, movendosi nel mio interno e stringendomi a Sé per darmi la forza, ché mi sentivo soccombere, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, la mia Volontà è vita e moto di tutto, ma sai tu chi segue il suo moto e prende il volo nel mio Eterno Volere, in modo che gira come Esso gira nell’ambito dell’eternità, e si trova dove Esso si trova e fa ciò che Esso fa? L’anima del tutto abbandonata nella mia Santa Volontà; l’abbandono sono le ali per volare insieme col mio Volere, come cessa l’abbandono così perde il volo e restano distrutte le ali. Sicché tutti sentono il moto, la vita della mia Volontà, ma vi restano al punto dove stanno, perché non c’è moto che non parta da Me, ma solo chi tiene le ali dell’abbandono in Me, che fa la stessa via della mia Volontà, sorvola su tutto, sí in Cielo che in terra, entra nell’ambito dell’eternità e gira in mezzo alle tre Divine Persone, penetra nei più intimi nascondigli di loro, è a giorno dei loro segreti e delle loro beatitudini. Succede come ad una macchina, dove in mezzo c’è la prima ruota ed intorno tant’altre piccole rotelle, ma fisse; come si muove la prima ruota, tutte ricevono il moto, ma mai giungono a toccare la prima ruota, né nulla sanno di ciò che essa fa e dei beni che contiene; invece un’altra piccola rotella non è fissa, e per mezzo di un meccanismo gira sempre per tutte le rotelle, per trovarsi in ogni moto della prima ruota, per far di nuovo il suo giro; ora, questa rotella girante sa ciò che c’è nella prima ruota e vi prende parte ai beni che essa contiene. Ora, la prima ruota è la mia Volontà; le rotelle fisse sono le anime abbandonate a sé stesse, il che le rende immobilizzate nel bene; la rotella girante è l’anima che vive nella mia Volontà; il meccanismo è l’abbandono tutto in Me, sicché ogni mancanza di abbandono in Me è un giro che perdi nell’ambito dell’Eternità. Se sapessi che significa perdere un giro eterno! ”.
(3) Io, nel sentire ciò ho detto: “Ma dimmi amor mio, che significa eternità, e che cosa è questo giro eterno? ”.
(4) E Gesù ha soggiunto: “Figlia mia, l’eternità è un circolo immenso, dove non si può conoscere né dove comincia né dove finisce; in questo circolo si trova Dio, senza principio e senza fine, dove possiede felicità, beatitudine, gioie, ricchezze, bellezza, ecc. , infinite. In ogni moto divino, che non cessa mai, mette fuori da questo circolo dell’eternità, nuove felicità, nuove bellezze, nuove beatitudini, ecc. , ma questo nuovo è un atto non mai interrotto, ma uno non è pari all’altro, distinti tra loro, i nostri contenti sono sempre nuovi; sono tale e tante le nostre beatitudini, che mentre ne godiamo una un’altra ci sorprende, e sempre, e mai finiscono, sono eterne, immense al par di Noi, e ciò che è eterno tiene virtù di far sorgere cose sempre nuove; l’antico, le cose ripetute non esistono in ciò che è eterno. Ma sai tu chi in Cielo prende più parte a quel nuovo che mai esaurisce? Chi più avrà praticato il bene in terra, questo bene sarà come il germe che gli porterà la conoscenza delle nostre beatitudini, gioie, bellezze, amore, bontà, ecc. , e a secondo quel bene che l’anima ha praticato in terra, che ha qualche armonia con le nostre svariate beatitudini, così si avvicinerà a Noi e a larghi sorsi si riempie di quella beatitudine di cui ne contiene il germe, fino a traboccarne fuori. Di tutto ciò che contiene il circolo dell’eternità prenderanno parte; invece dei germi acquistati in terra, ne saranno riempiti. Succederà come ad uno che ha imparato la musica, un lavoro, una scienza; suonandosi la musica, molti ascoltano e godono, ma chi capisce, chi sente penetrare nell’intelligenza, scendere nel cuore tutte quelle note di gaudio o di dolore, sentirsi come riempito e vedere in atto le scene che la musica esprime? Chi ha studiato, chi si è affaticato ad impararla, gli altri godono, ma non capiscono, il loro godimento è al suono dell’udito, tutto l’interno ne resta digiuno; così chi ha imparato le scienze, chi gode di più: uno che ha studiato, che ha logorato la sua intelligenza sui libri, su tante cose scientifiche, oppure chi le ha solo guardato? Certo, chi ha studiato può fare dei giusti guadagni, può occupare posti distinti; invece l’altro può godere la sola vista se vede cose che appartengono alle scienze; così di tutte le altre cose. Se questo succede in terra, molto più nel Cielo, dove la giustizia pesa con la bilancia dell’amore ogni piccolo atto buono fatto dalla creatura, e vi mette su quell’atto buono una felicità, una gioia, una bellezza interminabile.
(5) Ora, che sarà dell’anima che avrà vissuto nel mio Volere, dove tutti i suoi atti restano con un germe eterno e divino? Il circolo dell’eternità si riverserà talmente in loro, che tutta la Celeste Gerusalemme ne resterà stupita e faranno nuove feste, e riceveranno nuova gloria”.
16-44 Febbraio 5, 1924 Privazioni. Pene di Gesù, mestizia dell’anima. Effetti dell’allegria. L’anima non può uscire della Divina Volontà, perché la sua volontà sta incatenata con l’immutabilità della Divina.
(1) Mi sentivo amareggiata per la privazione del mio sommo ed unico bene, anzi mi sentivo tutta finita e che non più doveva venire Colui che era tutta la mia vita, tutto il passato un giuoco di fantasia; oh! se fosse in mio potere avrei bruciato tutti gli scritti affinché nessun vestigio potesse rimanere sul conto mio. Anche la natura sentiva i dolorosi effetti, ma è inutile il dire su carta ciò che ha passato, perché anche la carta, crudele non ha una parola di conforto per me, e non mi dà Colui che tanto sospiro, anzi col dirlo
... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
(1) Mi sentivo amareggiata per la privazione del mio sommo ed unico bene, anzi mi sentivo tutta finita e che non più doveva venire Colui che era tutta la mia vita, tutto il passato un giuoco di fantasia; oh! se fosse in mio potere avrei bruciato tutti gli scritti affinché nessun vestigio potesse rimanere sul conto mio. Anche la natura sentiva i dolorosi effetti, ma è inutile il dire su carta ciò che ha passato, perché anche la carta, crudele non ha una parola di conforto per me, e non mi dà Colui che tanto sospiro, anzi col dirlo rincrudisce le mie pene, perciò passo avanti. Onde, mentre mi trovavo in sì duro stato, il mio sempre amabile Gesù mi si faceva vedere con una bacchetta di fuoco in mano dicendomi:
(2) “Figlia mia, dove vuoi che ti batta con questa bacchetta? Voglio percuotere il mondo, perciò sono venuto da te, per vedere quanti colpi vuoi ricevere tu, per dare il resto alle creature, perciò dimmi dove vuoi che ti batta”.
(3) Ed io, amareggiata come stavo ho detto: “Dove vuoi battermi battimi, io non voglio saper nulla, non voglio altro che la tua Volontà”.
(4) E Lui di nuovo: “Voglio da te sapere dove vuoi che ti batta”.
(5) Ed io: “No, no, non lo dico mai, voglio dove vuoi Tu”.
(6) E Gesù ha ritornato di nuovo a domandarmi, e vedendo che io rispondevo sempre: “non voglio altro che la tua Volontà”, ha ripetuto:
(7) “Sicché neppure vuoi dire dove vuoi che ti batta”.
(8) Onde senza dirmi altro mi batteva; quei colpi erano dolorosi, ma siccome partivano delle mani di Gesù m’infondevano la vita, la forza, la fiducia. Dopo che mi ha percosso, in modo che mi sentivo tutta pesta, mi sono avvinta al suo collo, e avvicinandomi alla sua bocca mi son provata a succhiare, ma mentre ciò facevo veniva nella mia bocca un liquido dolcissimo che tutta mi rinfrancava, ma non era questa la mia volontà, volevo piuttosto le sue amarezze che ne aveva assai nel suo cuore santissimo, e poi gli ho detto:
(9) “Amor mio, che dura sorte è la mia, la tua privazione mi uccide, il timore che potessi uscire dalla tua Volontà mi schiaccia, dimmi, dove ti ho offeso? Perché mi lasci? E ad onta che ora stai con me, non mi sembra che sei venuto per rimanere con me come prima, per stare insieme, ma di passaggio. Ahi! come starò senza di Te, mia vita? Dilo Tu stesso se lo posso, e mentre ciò dicevo ho rotto in pianto. E Gesù stringendomi a Sé mi ha detto:
(10) “Povera figlia mia, povera figlia mia, coraggio, il tuo Gesù non ti lascia, né temere che potessi uscire della mia Volontà, perché la tua volontà sta incatenata con l’immutabilità della mia, al più saranno pensieri, impressioni che sentirai, ma non veri atti, perché stando in te l’immutabilità della mia Volontà, quando la tua starebbe per uscire dalla mia, sentirai la fermezza, la forza della mia immutabilità e vi resterai più incatenata. E poi, ti sei scordata che non solo sto Io nel tuo cuore, ma tutto il mondo, e che da dentro di te dirigo la sorte di tutte le creature? Ciò che tu senti non è altro che come sta il mondo con Me, e le pene che mi danno, stando Io in te, riflettano su di te; ah! figlia mia, quanto ci dà il mondo da soffrire, ma via coraggio, quando veggo che non ne puoi più Io lascio tutto e mi vengo a stare con la figlia mia per rincuorarti e rincuorarmi delle pene che mi danno”.
(11) Detto ciò ha scomparso. Io sono rimasta rafforzata, sì, ma con una mestizia da sentirmi morire, mi sentivo come inzuppata in un bagno d’amarezze e afflizioni, tanto, che non mi sentivo la forza di dire a Gesù: vieni. Onde, mentre facevo le mie solite preghiere, il mio amato Gesù è ritornato dicendomi:
(12) “Figlia mia, dimmi, perché sei così mesta? Vedi, Io vengo da mezzo le creature con le lacrime agli occhi, trafitto nel cuore, tradito da molti e perciò ho detto tra Me: Ma me ne vado dalla figlia mia, dalla mia piccola neonata della mia Volontà, affinché mi rasciughi le lacrime, coi suoi atti che ha fatto nella mia Volontà mi darà l’amore e tutto ciò che gli altri non mi danno, mi riposerò in lei e la rinfrancherò con la mia presenza, e tu invece ti fai trovare così mesta, che devo mettere da parte le mie pene per sollevare le tue. Non sai tu che l’allegria all’anima è come il profumo ai fiori, come il condimento ai cibi, come il colorito alle persone, come la maturazione ai frutti, come il sole alle piante? Sicché con questa mestizia non mi hai fatto trovare un profumo che mi ricrei, né un cibo saporito, né un frutto maturo, sei tutta scolorita che mi fai pietà. Povera figlia, coraggio, stringiti a Me, non temere”.
(13) Io mi sono stretta a Gesù, avrei voluto erompere in pianto, mi sentivo strozzare la voce, ma mi sono fatta forza, ho soffocato il pianto e gli ho detto:
(14) “Gesù, amor mio, le mie pene sono nulla a confronto delle tue, perciò pensiamo alle tue pene se non mi vuoi aggiungere altre amarezze. Lasciami che ti rasciughi le lacrime, e fammi parte delle pene del tuo cuore”.
(15) Onde mi ha partecipato le sue pene, e facendomi vedere i gravi mali che ci sono nel mondo e quelli che verranno, mi ha scomparso.
16-45 Febbraio 8, 1924 Come devono stare e che devono fare i piccoli nella Divina Volontà.
(1) Stavo fondendomi tutta nel Santo Voler Divino, e siccome nel fare ciò, come la più piccola di tutti, mi metto avanti a tutte le generazioni, anche prima che Adamo ed Eva fossero creati, affinché prima che loro peccassero io preparassi prima di loro l’atto di riparazione alla Divina Maestà, perché nel Voler Divino non c’è né passato né futuro, ma tutto presente, ed anche ché essendo piccola potessi avvicinarla per perorar e fare i miei piccoli atti nel suo Volere, per poter coprire tutti gli atti delle creature con la sua Volontà Divina, e così poter vincolare la volontà umana spezzata con la Divina e farne una sola. Ora, mentre stavo per far ciò, era tanto il mio annientamento, la mia miseria e piccolezza estrema, che ho detto tra me: “Invece di mettermi avanti a tutti nella Santissima Volontà, debbo piuttosto mettermi dietro a tutti, anche dietro all’ultimo uomo che verrà, essendo la più abietta e la più misera di tutti, mi conviene l’ultimo posto”. Ora, mentre ciò facevo, il mio diletto Gesù è uscito da dentro il mio interno, e prendendomi per mano mi ha detto:
(2) “Mia piccola figlia, nella mia Volontà i piccoli devono stare avanti a tutti, anzi nel mio seno; chi deve perorare, riparare, unificare la nostra Volontà, non solo con la sua, ma con quella degli altri, deve starci vicino e tanto insieme con Noi, da ricevere tutti i riflessi della Divinità per copiarli in sé stesso; deve avere un pensiero che sia di tutti, una parola, un’opera, un passo, un’amore che sia di tutti e per tutti, ed essendo che la nostra Volontà involge tutti, quel tuo pensiero che sia di tutti nel nostro Volere, quella parola, quell’atto, quell’amore brillino in ogni pensiero, parola e atto di tutte le generazioni, e nella potenza della nostra Volontà si facciano antidoto, difensori, amatori, operatori, ecc. Se tu sapessi con quale amore ti aspetta il nostro Celeste Padre, il gaudio, il contento che sente nel vederti così piccina, portare nel suo grembo la Creazione tutta per dargli il ricambio di tutti; si sente ritornare la gloria, le gioie, i trastulli dello scopo della Creazione, perciò è necessario che tu venga avanti a tutti, e dopo che sarai venuta avanti, darai una voltata nella nostra Volontà e andrai dietro a tutti, te li metterai come in grembo e ce li porterai tutti nel nostro seno, e Noi vedendoli coperti dai tuoi atti fatti nel nostro Volere, li accoglieremo con più amore e ci sentiremo più disposti a vincolare la nostra Volontà con quella delle creature, per fare che ritorni nel suo pieno dominio. Perciò, coraggio, i piccoli si sperdono nella folla, perciò è necessario che venga avanti, per compire la missione del tuo ufficio nella nostra Volontà. I piccoli nella nostra Volontà non hanno pensieri propri, cose proprie, ma tutto in comune col Padre Celeste, perciò come tutti godono del sole, restando tutti inondati dalla sua luce, perch’è creato da Dio per bene di tutti, così tutti fruiscono degli atti fatti dalla piccola figlia nella nostra Volontà, che più che sole dardeggiano su tutti per fare che il Sole del Volere Eterno sorga di nuovo con quello scopo per cui furono create tutte le generazioni. Quindi, non ti sperdere nella folla delle tue miserie e della tua abiezione, dei pensieri propri, ma pensa solo al tuo ufficio di piccola della nostra Volontà e sii attenta a compire la tua missione”.
16-46 Febbraio 10, 1924 La dottrina sulla Divina Volontà è la più pura, la più bella, per la quale sarà rinnovata la Chiesa e trasformata la faccia della terra. L’abbandono nella Divina Volontà.
(1) Stavo pensando tra me a tutto ciò che sta scritto in questi giorni passati, e dicevo tra me che non erano cose né necessarie né serie, potevo fare a meno di metterle su carta, ma l’ubbidienza l’ha voluto, ed io ero in dovere di dire il Fiat anche in questo. Ma mentre ciò pensavo, il mio amato Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, eppure era tutto necessario per far conoscere come si vive nel mio Volere, non dicendo tutto, tu faresti mancare una qualità del modo come vivere in Esso, e quindi non potranno avere il pieno effetto del vivere nella mia Volontà, come per esempio sull’abbandono del vivere nel mio Volere, se l’anima non vivesse del tutto abbandonata nella mia Volontà, sarebbe come una persona che vivesse in un sontuoso palazzo, e ora esce ad una finestra, ora ad un balcone, ora scende al portone, sicché la poveretta poco o di passaggio vi passa da qualche stanza, sicché non se ne intende né del regime, né del lavoro che ci vuole, né dei beni che ci sono, né ciò che può prendere e né ciò che può dare; chi sa quanti beni ci sono e lei non se ne intende, perciò non ama come dovrebbe amare, né fa quella stima che merita quel palazzo. Ora, l’anima che vive nella mia Volontà e non è del tutto abbandonata in Essa, le riflessioni proprie, le cure di sé stessa, i timori, le turbazioni, non sono altro che finestre, balconi, portoni che si forma nella mia Volontà, che uscendo spesso spesso è costretta a vedere e sentire le miserie della vita umana, e siccome le miserie sono proprietà sua, e le ricchezze della mia Volontà sono mie, si attacca più alle miserie che alle ricchezze, onde non prenderà amore e né gusterà che significa vivere nel mio Volere; e avendosi formato il portone, un giorno o l’altro se ne andrà per vivere nel misero tugurio della sua volontà. Vedi dunque come è necessario il pieno abbandono in Me per vivere nella mia Volontà; Essa non ha bisogno delle miserie della volontà umana, la vuole a vivere insieme, bella come la usci dal suo seno, senza il misero corredo che si ha formato nell’esilio della vita; altrimenti ci sarebbe disparità che porterebbe dolore alla mia, ed infelicità alla volontà umana. Vedi come è necessario far capire che ci vuole il pieno abbandono per vivere nella mia Volontà, e tu dici che non era necessario scrivere su ciò; ti compatisco, perché tu non vedi ciò che veggo Io, perciò lo prendi alla leggiera. Invece, nella mia onniveggenza veggo che questi scritti saranno per la mia Chiesa come un nuovo sole che sorgerà in mezzo di essa, che attratti dalla sua luce sfolgorante, si applicheranno per trasformarsi in questa luce e uscire spiritualizzati e divinizzati, per cui rinnovandosi la Chiesa, trasformeranno la faccia della terra.
(3) La dottrina sulla mia Volontà è la più pura, la più bella, non soggetta ad ombra di materia o d’interesse, tanto nell’ordine soprannaturale come nell’ordine naturale, perciò sarà a guisa di sole, la più penetrante, la più feconda e la più benvenuta e accolta. E siccome è luce, da per sé stessa si farà capire e si farà via; non sarà soggetta a dubbi, a sospetti di errore, e se qualche parola non si capirà, sarà la troppa luce che eclissando l’intelletto umano, non potranno comprendere tutta la pienezza della verità, ma non troveranno una parola che non sia verità, al più non potranno del tutto comprenderla. Perciò, in vista del bene che veggo, ti spingo a nulla tralasciare di scrivere, un detto, un effetto, una similitudine sulla mia Volontà può essere come una rugiada benefica sulle anime, come è benefica la rugiada sulle piante dopo una giornata di sole ardente, come una pioggia dirotta dopo lunghi mesi di siccità. Tu non puoi capire tutto il bene, la luce, la forza che c’è dentro d’una parola, ma il tuo Gesù lo sa, e sa a chi deve servire ed il bene che deve fare”.
(4) Ora, mentre ciò diceva mi ha fatto vedere nel mezzo della Chiesa un tavolo, e tutti gli scritti sulla Divina Volontà messi sopra; molte persone venerande circondavano quel tavolo e ne uscivano trasformate in luce e divinizzate, e come camminavano comunicavano quella luce a chi incontravano.
(5) E Gesù soggiunse: “Tu lo vedrai dal Cielo il gran bene, quando la Chiesa riceverà questo alimento Celeste, che fortificandola risorgerà nel suo pieno trionfo”.
16-47 Febbraio 16, 1924 Ogni palpito del cuore di Gesù le portava un nuovo dolore, nuove gioie e contenti.
(1) Stavo pensando ai dolori del cuore santissimo di Gesù, oh! come le mie pene scomparivano paragonate alle sue, ed il mio sempre amabile Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, i dolori del mio cuore sono indescrivibili ed inconcepibili ad umana creatura. Tu devi sapere che ogni palpito del mio cuore era un dolore distinto, ogni palpito mi portava un nuovo dolore, distinto uno dall’altro. La vita umana è un continuo palpitare, se cessa il palpito cessa la vita. Immaginati tu ora quali torrenti di dolore mi portava ogni palpito del mio cuore, fino all’ultimo del mio morire, dacché fui concepito fino all’ultimo mio palpito non mi risparmiò di portarmi nuove pene e acerbi dolori; ma devi sapere pure che la mia Divinità, che era inseparabile con Me, vigilando il mio cuore, mentre in ogni palpito faceva entrare un nuovo dolore, così in ogni palpito faceva entrare nuove gioie, nuovi contenti, nuove armonie e arcani celesti. Se fui ricco nel dolore, e mari immensi di pene racchiudeva il mio cuore, fui anche ricco di felicità, di gioie infinite e di dolcezza inarrivabile. Al primo palpito di dolore Io sarei morto se la Divinità, amando questo cuore con amore infinito, non avesse fatto ripercuotere nel mio cuore un palpito in due: dolore e gioia, amarezza e dolcezza, pene e contenti, morte e vita, umiliazione e gloria, abbandoni umani e conforti divini. Oh! se tu potessi vedere nel mio, vedresti tutto accentrato in Me, tutti i dolori possibili ed immaginabili, dai quali sorgono a novella vita le creature, e tutti i contenti e ricchezze divine, che come tanti mari scorrono nel mio cuore ed Io li diffondo a bene di tutta l’umana famiglia. Ma chi prende di più questi tesori immensi del mio cuore? Chi più soffre. Per ogni pena, ogni dolore, c’è una gioia speciale nel mio cuore che fa seguire quella pena o dolore sofferto dalla creatura, il dolore la rende più dignitosa, più amabile, più cara, più simpatica. E siccome il mio cuore si attirò tutte le simpatie divine in virtù dei dolori sofferti, Io, vedendo nella creatura il dolore, speciale caratteristica del mio cuore, vigilando questo dolore, con tutto amore verso su di lei le gioie ed i contenti che contiene il mio cuore; ma con sommo mio dolore, mentre il mio cuore vorrebbe far seguire le mie gioie al dolore che invio alle creature, non trovando in loro l’amore alle pene e la vera rassegnazione come l’ebbe il mio cuore, le mie gioie seguono il dolore, ma vedendo che il dolore non è stato ricevuto con amore ed onore e con somma sottomissione, le mie gioie non hanno trovato la via per entrare in quel cuore addolorato, se ne sono tornate dolenti al mio cuore. Perciò, quando trovo un’anima rassegnata, amante del patire, me la sento come rigenerata nel mio cuore, ed oh! come si alternano i dolori e le gioie, le amarezze e le dolcezze; non risparmio nulla di tutti i beni che posso versare in lei”.
16-48 Febbraio 18, 1924 Tutte le cose create hanno un sol suono: Ti amo, ed un’amore distinto.
(1) Stavo secondo il mio solito fondendomi nel Divino Volere, per trovare tutte le cose create e potervi dare il mio ricambio d’amore per me e per tutti. Ora, mentre ciò facevo pensavo tra me: “Il mio Gesù dice che tutto ha creato per amor mio e per amore di ciascuno, e come ciò può essere se io tante cose create neppure le conosco? Come tanti pesci che guizzano nel mare, tanti uccelli che volano per l’aria, tante piante, tanti fiori, tanta varietà di bellezza che contiene tutto l’universo, chi li conosce? Appena in piccolo numero; quindi, se io neppure lo so, specie io, poi, che sto anni ed anni confinata in un letto, come può dire che tutte le cose create hanno l’impronta, il suggello del suo ti amo per me? ” Ora, mentre ciò pensavo, il mio dolce Gesù si è mosso nel mio interno in atto di tendere le orecchie per ascoltarmi, e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, eppure è vero che tutte le cose create hanno ciascuna un amore distinto verso di te. E’ pur vero che tu non tutte le conosci, ma ciò dice nulla, anzi ti rivela maggiormente l’amor mio e ti dice a chiare note che il mio ti amo per te ti sta vicino e lontano, nascosto e svelato; non faccio come le creature, che quando stanno vicino sono tutto amore, non appena si allontanano si raffreddano e non sanno più amare. Il mio amore è stabile e fisso, e tanto vicino quanto lontano, nascosto e segreto, ha uno stesso suono non mai interrotto: Ti amo. Vedi, tu conosci la luce del sole, è vero; certo tu ne ricevi la sua luce ed il suo calore per quanto ne vuoi, ma altra luce ti sopravanza, tanto da circuire tutta la terra. Se tu volessi più luce, il sole te la darebbe, ed anche tutta. Ora, tutta la luce del sole ti dice il mio ti amo, la vicina e la lontana, anzi, come percorre la terra così porta la sonatine del mio ti amo per te, eppure tu non conosci né le vie che percorre la luce, né le terre che illumina, né le persone che godono il benefico influsso del raggio solare, ma mentre non conosci tutto ciò che fa la luce, tu stai in quella stessa luce, e se non la prendi tutta è perché ti manca la larghezza di poterla assorbire in te; con ciò non puoi dire che tutta la luce del sole non ti dice ti amo, anzi fa più sfoggio d’amore, perché come va invadendo la terra va raccontando a tutti il mio ti amo; come pure tutte le gocce d’acqua, tutte non le puoi bere e rinchiuderle in te; con ciò non puoi dire che non dicono ti amo. Sicché tutte le cose create, conosciute o non conosciute, tutte hanno l’impronta del mio ti amo, perché tutte servono all’armonia dell’universo, al decoro della Creazione, alla maestria della nostra mano creatrice. Io ho fatto come un padre ricco e tenero, amante del suo figlio; dovendo questo uscire dalla casa paterna per prendere stato, il padre prepara un sontuoso palazzo con innumerevoli stanze, dove ognuna contengono un certo che, che può servire a suo figlio. Ora queste stanze, siccome sono molte il figlio non sempre le vede, anzi alcune non le conosce, perché non gli successe nessuna necessità che potevano servirgli, con tutto ciò si può forse negare che in ogni stanza non ci sia stato un amore paterno speciale verso del figlio, avendo la bontà paterna preveduto anche a ciò che al figlio poteva e non poteva essere necessario? Così ho fatto Io, questo figlio è uscito da dentro il mio seno, e nulla volli che gli mancasse, anzi ho creato tante svariate cose, e chi gode d’una cosa e chi di un’altra, ma tutto ha un solo suono: Ti amo”.