(1) Siccome questa mattina il benedetto Gesù non ci veniva, nel mio interno mi sentivo suscitare qualche ombra di turbazione sul perché non ci veniva; onde nel venire mi ha detto:
(2) “Figlia mia, contenersi in Dio e non uscire dai confini della pace è tutto lo stesso. Sicché se tu avverti un poco di turbazione è segno che fai un poco di uscita da dentro Dio, perché contenersi in Lui e non aver perfetta pace è impossibile, molto più che i confini della pace sono interminabili, anzi tutto ciò che a Dio appartiene è tutto pace”.
(3) Dopo ha soggiunto: “Non sai tu che le privazioni all’anima servono come l’inverno alle piante, che mettono più profonde le radici, le fortifica e le fa rinverdire e fiorire al maggio?”
(4) Dopo ciò, mi ha trasportata fuori di me stessa, ed avendogli raccomandato vari bisogni, mi è scomparso, ed io mi sono trovata in me stessa, con un desiderio di tenermi sempre dentro di Dio, acciocché mi potessi trovare nei confini della pace.
(1) Seguitando a non venire, ho cercato d’applicarmi a considerare il mistero della flagellazione. Mentre ciò facevo, quando appena ho visto il benedetto Gesù tutto piagato e grondante sangue mi ha detto:
(2) “Figlia mia, il cielo con tutto il creato, t’addita l’amor di Dio; il mio corpo piagato t’addita l’amor del prossimo, tanto che la mia umanità unita alla mia Divinità, di due nature ne feci una sola e li resi inseparabili, perché non solo soddisfeci alla divina giustizia, ma operai la salvezza degli uomini. E per fare che tutti assumessero quest’obbligo d’amare Dio ed il prossimo, non solo ne feci uno solo, ma giunsi a farne un precetto divino. Sicché le mie piaghe ed il mio sangue sono tante lingue che insegnano ad ognuno il modo d’amarsi e l’obbligo che tutti hanno di badare alla salvezza altrui”.
(3) Dopo, prendendo un aspetto più afflitto, ha soggiunto:
(4) “Che tiranno spietato è per Me l’amore, che non solo impiegai tutto il corso della mia vita mortale in continui sacrifici, fino a morire svenato sopra d’una croce, ma mi lasciai vittima perenne nel sacramento dell’Eucaristia. E questo non solo, ma tutte le mie membra predilette le tengo vittime viventi in continue sofferenze, impiegate per la salvezza degli uomini, come fra tanti ho eletto te, per tenerti sacrificata per amor mio e per gli uomini. Ah si! il mio cuore non trova requie né riposo se non trova l’uomo, e l’uomo, l’uomo, come mi corrisponde? Con ingratitudini enormissime!”
(5) Detto ciò è scomparso.
(1) Questa mattina, trovandomi fuori di me stessa e non trovando il mio sommo Bene, ho dovuto girare e rigirare in cerca di Lui; quando mi sono stancata fino a sentirmi venire meno, me lo sono sentito da dietro le spalle, che mi sorreggeva. Onde ho disteso la mano e l’ho tirato innanzi dicendogli: “Diletto mio, sai che non posso stare senza di te, eppure mi fai tanto aspettare, fino a farmi venire meno. Dimmi almeno, qual è la causa? Dove ti ho offeso che mi sottoponi a strazi sì crudeli, a martiri sì dolorosi, qual è la tua privazione?” E Gesù, interrompendo il mio dire, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, figlia mia, non accrescere più strazio al mio cuore esacerbato al sommo, trovandosi in continua lotta per le violenze che continuamente tutti mi fanno: Violenza mi fanno le iniquità degli uomini, che attirando su di loro la giustizia mi sforzano a castigarli, e la giustizia cozzandosi in continua lotta con l’amore che ho verso degli uomini, mi strazia il cuore, in modo sì doloroso da farmi morire continuamente! Violenza mi fai tu, che venendo Io e conoscendo tu i castighi che sto facendo, non te ne stai quieta, no, ma mi sforzi, mi fai violenza e non vuoi che castighi, e conoscendo Io che tu non puoi fare diversamente alla mia presenza, per non esporre il mio cuore ad una lotta più fiera, mi astengo dal venire. Perciò, non volermi violentare a farmi venire per ora; lasciami sfogare il mio furore e non voler accrescere le mie pene col tuo parlare. Al resto, non voglio che ci pensi perché l’umiltà più perfetta, più sublime, è quella di perdere ogni ragione e di non discorrere sul perché e come, ma di disfarsi nel proprio nulla, e mentre sta ciò facendo, senza avvedersi, si trova dispersa in Dio, e con ciò produce nell’anima l’unione più intima, l’amore più perfetto verso il sommo Bene. Ma però con sommo vantaggio dell’anima, perché perdendo la propria ragione, acquista la ragione divina, e perdendo ogni discorso sul conto proprio, cioè, se freddo o caldo, se favorevoli o avverse le cose che le succedono, s’interesserà e acquisterà un linguaggio tutto celeste e divino.
(3) Oltre di ciò, l’umiltà produce nell’anima una veste di sicurezza, onde, involta in questa veste di sicurezza, l’anima se ne sta nella calma più profonda, tutta abbellendosi per piacere al suo diletto ed amato Gesù”.
(4) Chi può dire quanto sono lasciata sorpresa da questo suo parlare? Non ho avuto una parola per rispondergli. Onde dopo poco mi è scomparso ed io mi sono trovata in me stessa, quieta, si, ma al sommo afflitta, prima per le afflizioni e le lotte in cui si trovava il mio caro Gesù, e poi per timore che ancora non ci venisse. Chi potrà resistere? Come farò a sopportare me stessa per la sua assenza? Ah! Signore, datemi la forza per sopportare sì duro martirio, tanto insopportabile alla mia povera anima! Del resto, dite quel che volete, che da me non lascerò nessun mezzo, tenterò tutte le vie, userò tutti gli stratagemmi come tirarvi a venire.
(1) Dopo aver passato qualche giorno di privazione, al più qualche ombra ed a lampo, ma però tutte le mie potenze me le sentivo tutte addormentate, in modo che io stessa non capii ciò che succedeva nel mio interno. In questo assonnamento una sola pena si destava nel mio interno, ed era che mi pareva di essermi accaduto come a colui che mentre dorme perde la vista, ovvero viene spogliato di tutte le sue ricchezze, onde il misero non può né dolersi, né difendersi, né usare qualche mezzo per liberarsi dai suoi infortuni. Poveretto, in che stato compassionevole si trova! Ma qual è la causa? Il sonno, perché se fosse desto, certo che si saprebbe ben difendere dalle sue sventure. Tale è il mio misero stato; non mi viene dato neppure di mandare un gemito, un sospiro, di versare una lacrima, perché ho perduto di vista colui che è tutto il mio amore, tutto il mio bene e che forma tutto il mio contento. Pare che per non farmi dolere della sua privazione, mi ha assonnato e mi ha lasciato. Ah! Signore, destatemi Voi, acciocché possa vedere le mie miserie e conoscere almeno di che sono priva.
(2) Ora, mentre mi trovavo in questo stato, da dentro il mio interno ho inteso il benedetto Gesù, che si lamentava continuamente. Quei lamenti hanno ferito il mio udito ed un po’ destandomi ho detto: “Mio solo ed unico bene, dai vostri lamenti avverto lo stato troppo sofferente in cui vi trovate. Ciò avviene che volete soffrire da solo e non volete farmi parte delle vostre pene, anzi, per non avermi in vostra compagnia mi avete assonnato e mi avete lasciato senza farmi capire più nulla. Capisco il tutto donde ciò viene, che per essere più libero nel castigare, ma deh! abbiate compassione di me, che senza di Voi sono cieca, e di Voi, che è sempre buono in tutte le circostanze avere uno che vi faccia compagnia, che vi sollevi e che in qualche modo spezzi il tuo furore. Perché per ora state saldo e mandate flagelli, ma quando vedrete le vostre immagini perire per la miseria, manderete più lamenti che ora e forse mi direte: “Ah! se tu ti avessi più impegnato a placarmi, se avessi preso su di te le pene delle creature, non vedrei tanto straziate le mie stesse membra!” Non è vero mio pazientissimo Gesù? Deh! sollevatevi un poco e lasciatemi soffrire in vece vostra!”
(3) Mentre ciò dicevo, Lui continuamente si lamentava, quasi in atto di voler essere compatito e sollevato, ma lo voleva essere strappato quasi per forza questo stesso sollievo, onde dietro le mie importunità, ha disteso nel mio interno le sue mani e piedi inchiodati e mi ha partecipato un poco le sue pene. Dopo ciò, dando un po’ di tregua ai suoi lamenti, mi ha detto:
(4) “Figlia mia, sono i tristi tempi che a ciò mi costringono, perché gli uomini si sono tanto ingagliarditi ed insuperbiti, che ognuno crede di essere dio a sé stesso, e se Io non metto mano ai flagelli, farei un danno alle loro anime, perché la sola croce è l’alimento dell’umiltà. Onde, se ciò non facessi, verrei Io stesso a far mancare il mezzo come farli umiliare ed arrenderli dalla loro strana pazzia, sebbene la maggior parte più mi offendono, ma Io faccio come un padre che spezza a tutti il pane come alimentarsi; che alcuni figli non lo vogliono prendere, anzi se ne servono per gettarlo in faccia al padre, che colpa ne ha il povero padre? Tale sono Io. Perciò, compatiscimi nelle mie afflizioni”.
(5) Detto ciò è scomparso, lasciandomi mezzo desta e mezzo addormentata, non sapendo io stessa né se devo perfettamente destarmi, né se devo un’altra volta assonnarmi.
(1) Continuo a starmi assonnata. Questa mattina per pochi minuti mi sono trovata desta e comprendevo il mio stato miserabile, sentivo l’amarezza della privazione del mio sommo ed unico Bene; appena ho potuto versare due lacrime, dicendogli: “Mio sempre e buon Gesù, come non vieni? Queste non sono cose da farsi, ferire un’anima di te, e poi lasciarla! E per soprappiù, per non farle conoscere quello che fate, la lasciate in preda del sonno. Deh! vieni, non farmi tanto aspettare!” Mentre ciò dicevo ed altri spropositi ancora, in un istante è venuto e mi ha trasportato fuori di me stessa; e siccome volevo dirgli il mio povero stato, Gesù, imponendomi silenzio mi ha detto:
(2) “Figlia mia, quello che voglio da te, è di non più riconoscerti in te stessa, ma di riconoscerti solamente in Me; sicché di te non più ti ricorderai, né avrai più di te riconoscenza, ma ti ricorderai di Me, e disconoscendo te stessa acquisterai la mia sola riconoscenza, ed a misura che oblierai e distruggerai te stessa, così avanzerai nella mia conoscenza e ti riconoscerai solamente in Me, e quando avrai tu ciò fatto, non più penserai più con la tua mente, ma con la mia; non guarderai coi tuoi occhi, non più parlerai con la tua bocca, né palpiterai col tuo cuore, né opererai con le tue mani, né camminerai coi tuoi piedi, ma tutto coi miei, perché per riconoscersi solamente in Dio, l’anima ha bisogno che vada alla sua origine e che ritorni al suo principio, Iddio, cioè, da donde uscì, e che uniformi tutta sé stessa al suo Creatore; e tutto ciò che ritiene di sé stessa e che non è conforme al suo principio, lo deve disfare e ridursi al nulla. In questo sol modo, nuda, disfatta, può ritornare alla sua origine e riconoscersi solo in Dio, ed operare secondo il fine per cui è stata creata. Ecco perciò, che per uniformarsi tutta in Me, l’anima deve rendersi indivisibile con Me”.
(3) Mentre ciò diceva, io vedevo il castigo terribile delle piante disseccate e come più si deve inoltrare. Appena ho potuto dire: “Neh! Signore, come faranno le povere gente?” E Lui, per non darmi retta, come un lampo mi è sfuggito e scomparso. Chi può dire l’amarezza dell’anima mia nel ritrovarmi in me stessa, per non avergli potuto dire neppure una parola per me e per il mio prossimo, e per la tendenza al sonno, ché di nuovo sono rimasta?
(1) Questa mattina, trovandomi sommamente afflitta per la privazione del mio amante Gesù, quando appena l’ho visto e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, quante maschere si smaschereranno in questi tempi di castighi! Perché questi castighi presenti non sono altro che una predisposizione a tutti i castighi che ti manifestai nel corso dell’anno scorso”.
(3) Mentre ciò diceva, io nel mio interno dicevo: “Se il Signore continua a fare nel modo che sta facendo, cioè, che siccome vuol mandare castighi non viene, non mi partecipa le sue pene, mi tratta con modi insoliti, chi potrà resistere? Chi mi darà la forza a starmene in questo stato?” E Gesù, rispondendo al mio pensiero, ha soggiunto in atto di compatimento:
(4) “Ed allora, vuoi tu che sospenda per un poco lo stato di vittima, e poi te lo faccia riprendere?”
(5) Mentre ciò diceva ho provato tale confusione ed amarezza, mi vedevo che il Signore con quella proposta mi cacciasse da Sé, ché non ho saputo dire né sì, né no, oppure per sentire che cosa decide l’ubbidienza. Onde, senza aspettare il mio dire, mi è scomparso, lasciandomi come un chiodo fitto nel cuore, nel pensare che Gesù mi rigettava da Sé. Era tanto il dolore, che non ho fatto altro che versare lacrime amare.
(1) Continuando a starmi amareggiata, il mio adorabile Gesù, avendo di me compassione è venuto e pareva che mi sostenesse tra le sue braccia. Poi, trasportandomi fuori di me stessa, vedevo che vi regnava un profondo silenzio, una mestizia, un lutto da per ogni dove. Era tanta l’impressione che faceva sull’animo nel vedere in quel modo le gente, che si provava una stretta di cuore. Allora il benedetto Gesù, tirandomi come in disparte mi ha detto:
(2) “Figlia mia, allontaniamo per poco ciò che ci affligge e ristoriamoci a vicenda”.
(3) Mentre ciò diceva, ha cominciato a carezzarmi e baciarmi, ma era tanta la confusione mia, che non ardivo di rendergli i baci e le carezze, e Lui ha soggiunto:
(4) “Come! Io ristoro te coi baci e con le carezze, e tu non vuoi ristorare Me col rendermi i tuoi baci e le tue carezze?”
(5) Così mi sono sentita fiducia di rendergli la pariglia; e mentre ciò facevo, mi è scomparso.
(1) Continuo a starmi amareggiata ed afflitta, come una stupidita. Questa mattina non c’era venuto affatto; è venuto il confessore ed ha messo l’intenzione della crocifissione. In primo il benedetto Gesù non concorreva, onde, dopo averlo pregato che si benignasse di farmi ubbidire, quando appena mi si faceva vedere mi ha detto:
(2) “Che vuoi? Perché volermi fare violenza per forza una volta che è necessario castigare i popoli?”
(3) Ed io: “Signore, non sono io, è l’ubbidienza che così vuole”.
(4) E Lui: “Ebbene, quando è l’ubbidienza ti voglio partecipare la mia crocifissione e fra tanto voglio ristorarmi un poco”.
(5) Mentre ciò diceva, mi ha partecipato i dolori della croce, e mentre io soffrivo, Gesù si è messo vicino a me, e pareva che si ristorasse alquanto. Ora, mentre mi trovavo in questa posizione insieme con Lui, mi ha fatto vedere nell’aria, che da una parte veniva una nube nera, nera, che al sol vederla metteva terrore e spavento, e tutti dicevano: “Questa volta moriamo”. Mentre tutti stavano atterriti, si è sollevata da mezzo a me e Gesù una croce risplendente, che facendosi contro a quella procella, l’ha messo in fuga, in gran parte, tanto che pareva che le gente si calmavano. Non so dire certo, mi pare che fosse un uragano accompagnato da fulmine e da grandine tanto forte, da aver forza di portarsi le fabbriche appresso; e la croce che l’ha fugato in gran parte mi pareva che fosse il piccolo mio patire, che Gesù mi ha partecipato. Sia benedetto il Signore, e tutto sia per la sua gloria ed onore.
(1) Questa mattina, avendo fatto la comunione, quando appena ho visto il mio adorabile Gesù gli ho detto: “Mio diletto Signore, com’è che mandate tante castighi? Perché questa volta non volete a nessun conto placarvi? Pare che tutti i mezzi sono venuti meno, né il pregare, né il dire: “Signore versate a me le vostre amarezze”. Ahi! non è stato il vostro solito agire in questo modo!” Mentre ciò dicevo, Gesù benedetto, spezzando il mio dire ha risposto:
(2) “Eppure, figlia mia, i castighi che sto mandando sono niente ancora a confronto di quelli che stanno preparati. Perciò non volerti affliggere per questi, perché non sono materia di grande afflizione”.
(3) Mentre ciò diceva, innanzi a me vedevo tante persone infettate da malori contagiosi, che se ne morivano, onde, presa da raccapriccio, gli ho detto: “Neh! Signore, ci vorrebbe anche questa? Che fate? Che fate? Se ciò volete fare, toglietemi da questa terra, che non mi regge l’animo vedere spettacoli così funesti. E poi, chi potrà resistere a continuare in questo stato in cui mi avete messo, che non ci venite, oppure ad’ombra, ma non solo, ma mi lasciate stupidita, assonnata, che non mi fate capire più niente. Eppure mi diceste che mi avresti fatto stare così finché in qualche modo sfoggereste il vostro furore. Ora volete aggiungere furore a furore, pare che non la finirete per ora, quindi, povera me! povera me! Chi mi darà la forza a stare in questo stato? Chi potrà resistere?”
(4) Mentre sfogavo la mia afflizione, Gesù compatendomi mi ha detto:
(5) “Figlia mia, non temere del tuo stato d’assonnamento, questo dice che così come Io sto con le gente, come se dormissi, come se non le sentissi e guardassi, così ho messo te nello stesso stato. Del resto, se ti dispiace, ti lo dissi un’altra volta, vuoi che ti sospenda lo stato di vittima?”
(6) Ed io: “Signore, non vuole l’ubbidienza che accetti la sospensione”.
(7) E Lui: “Ebbene, che vuoi da Me? Stati quieta ed ubbidisci!”
(8) Chi può dire quanto sono restata afflitta? Non solo, ma mi pare di essere restata tanto addormentate le potenze interne, da vivere come se non vivessi. Ah! Signore, abbiate pietà di me, non mi lasciate in abbandono, in un stato sì compassionevole e doloroso!
(1) Continua lo stesso stato e forse anche peggio, e se qualche volta si fa vedere, è ad ombra ed a lampi, è quasi sempre in silenzio. Questa mattina, trovandomi al sommo dell’afflizione e della stupidità per il sonno continuo, quando appena si è fatto vedere mi ha detto:
(2) “Coraggio figlia mia, l’anima veramente mia non solo deve vivere per Dio, ma in Dio. Tu cerca di vivere in Me, ché in Me troverai il ricettacolo di tutte le virtù e passeggiando in mezzo a loro ti alimenterai del loro profumo, tanto da restarne satolla, e tu stessa non farai altro che mandare luce e profumo celeste, perché il vivere in Me è la vera virtù, ed ha virtù di dare all’anima la stessa forma della Divina Persona in cui fa la sua dimora, e di trasformarla nelle stesse virtù divine di cui si nutrisce”.
(3) Dopo ciò, come lampo è scomparso, e l’anima mia, correndo dietro a quel lampo, si è trovata fuori di me stessa, ma era già sfuggito, e non mi è stato dato di ritrovarlo, ed ho sofferto l’amarezza di vedere grandine terribile, che avevano fatto grande strage, fulmini come se avessero prodotto degli incendi ed altre cose che stavano preparate. Visto ciò, mi sono ritrovata in me stessa, più afflitta di prima.