(1) Questa mattina il mio adorabile Gesù non ci veniva; onde dopo molto aspettare è venuto e carezzandomi mi ha detto:
(2) “Figlia mia, sai tu la mia mira qual è su di te? E lo stato che voglio da te?”
(3) E soffermandosi un poco ha soggiunto: “La mira che ho su di te non è di cose prodigiose, e di tante cose che potrei operare su di te per mostrare l’opera mia, ma la mia mira è di assorbirti nella mia Volontà e di farne una sola, e di lasciare di te un esemplare perfetto di uniformità del tuo con il mio Volere. Ma ciò è lo stato più sublime, è il prodigio più grande, è il miracolo dei miracoli che di te intendo fare.
(4) Figlia mia, per giungere perfettamente a fare uno il nostro Volere, l’anima deve rendersi invisibile, deve imitare Me, che mentre riempio il mondo col tenerlo assorbito in Me e col non restare assorbito in esso, mi rendo invisibile, che da nessuno mi lascio vedere. Ciò significa che non c’è nessuna materia in Me, ma tutto è purissimo Spirito, e se nella mia umanità assunta presi la materia, fu per rassomigliarmi in tutto all’uomo e dargli un esemplare perfettissimo di come spiritualizzare questa stessa materia. Onde l’anima deve tutto spiritualizzare e giungere a rendersi invisibile per poter formare facilmente una la sua volontà con la mia Volontà, perché ciò che è invisibile può essere assorbito in un’altro oggetto. Di due oggetti, che si vuol formare uno solo, è necessario che uno ne perda la propria forma, altrimenti mai si giungerebbe a formare un solo essere.
(5) Quale fortuna sarebbe la tua se distruggendo te stessa, fino a renderti invisibile, potessi ricevere una forma tutta divina! Anzi, tu col restare assorbita in Me ed Io in te, formando un solo essere, verresti a ritenere in te la fonte divina, e siccome la mia Volontà contiene ogni bene che ciò può mai essere, verresti a ritenere tutti i beni, tutti i doni, tutte le grazie e non avresti a cercarli altrove ma in te stessa. E se le virtù non hanno confini, stando nella mia Volontà, secondo che la creatura può giungere troverà il loro termine, perché la mia Volontà fa giungere ad acquistare le virtù più eroiche e più sublimi che la creatura non può sorpassare.
(6) E’ tanta l’altezza della perfezione dell’anima disfatta nel mio Volere, che giunge ad operare come Dio, e questo non è meraviglia, perché siccome non vive più la sua volontà in essa, ma la Volontà di Dio medesimo, cessa ogni stupore se vivendo con questa Volontà possiede la potenza, la sapienza, la santità e tutte le altre virtù che contiene lo stesso Dio. Basta dirti, per fare che tu t’innamori e cooperi quanto puoi da parte tua per giungere a tanto, che l’anima che giunge a vivere del solo mio Volere è regina di tutte le regine ed il suo trono è tant’alto, che giunge fino al trono dell’Eterno, ed entra nei segreti dell’Augustissima Triade e partecipa all’amore reciproco del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Oh! come tutti gli angeli e santi la onorano, gli uomini l’ammirano e i demoni la temono, scorgendo in lei l’Essere Divino!”
(7) “Ah! Signore, quando mi farete giungere a questo, perché da me niente posso!” Or, chi può dire ciò che il Signore infondeva in me con luce intellettuale su questa uniformità di voleri? E’ tanta l’altezza dei concetti, che la mia lingua non bene dirozzata, non ha parole come esprimerli. Appena ho potuto dire questo poco, sebbene spropositando, di ciò che il Signore con luce vivissima mi fece comprendere.
(1) Trovandomi molto afflitta per la privazione del mio adorabile Gesù, al più ad ombra ed a lampi, sento proprio che non posso più tirare innanzi se Lui vuole continuare più oltre! Onde, trovandomi nel sommo dell’afflizione, per un poco si è fatto vedere tutto stanco, come se avesse bisogno di un ristoro, e menando le sue braccia al mio collo mi ha detto:
(2) “Diletta mia, portami dei fiori e circondami tutto, ché Mi sento languire d’amore. Figlia mia, l’odoroso profumo dei tuoi fiori mi sarà di ristoro e vi porrà un rimedio ai miei mali, che languisco e vengo meno”.
(3) Ed io subito ho soggiunto: “E Voi, diletto mio Gesù, datemi dei frutti, ché l’ozio ed lo scarso patire aumentano talmente il mio languire, che vengo meno, fino a sentirmi morire. Ed allora non solo dei fiori, ma potrò darvi dei frutti, per poter maggiormente ristorare il vostro languire”. E Gesù ha ripreso il suo dire e mi ha detto:
(4) “Oh! come ci combiniamo bene, non è vero? Pare che il tuo volere è uno col Mio”.
(5) Per un momento pare che sono lasciata sollevata, come se volesse cessare lo stato in cui mi trovavo, ma dopo poco mi sono trovata immersa nello stesso letargo di prima, priva del mio Sommo Bene, abbandonata e sola.
(1) Questa mattina, sentendomi più che mai afflitta per la privazione del mio sommo bene, quando appena mi si è fatto vedere mi ha detto:
(2) “Come un vento impetuoso investe le persone e penetra fin nelle viscere, in modo da scuotere tutta la persona, così il mio amore e la mia grazia impennandosi sulle ali dei venti, investe e penetra nel cuore, nella mente e nelle più intime parti dell’uomo. Con tutto ciò, l’uomo ingrato respinge la mia grazia e Mi offende. Quale non è il mio acerbo dolore!”
(3) Io però me ne stavo tutta confusa e annientata in me stessa e non ardivo di dire una parola. Solo pensavo: “Com’è che non viene? Ed anche a venire non lo veggo chiaro, pare che ho perduto la chiarezza. Chi sa se lo vedrò svelato il suo bel Volto, come prima?” Mentre così pensavo, il mio benigno Gesù ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, perché temi se il tuo stato è in excelsis per l’unione dei nostri voleri?”
(5) E volendomi rincuorare e compatire lo stato mio doloroso mi ha detto:
(6) “Tu sei il mio novello Giobbe. Non ti opprimere soverchio se non mi vedi con chiarezza, te lo dissi fin dall’altro giorno, che non ci vengo secondo il solito ché voglio castigare le gente, e se tu mi vedresti con chiarezza, verresti a comprendere ciò che Io sto facendo, ed il tuo cuore siccome ha ricevuto l’innesto del mio, quindi conosco Io quello che tu verresti a soffrire, come sta soffrendo il mio cuore ché mi veggo costretto a castigare le mie creature. Onde per risparmiarti queste pene non mi faccio vedere con chiarezza”.
(7) Chi può dire le trafitture che ha lasciato al mio povero cuore! Ah! Signore, datemi la forza a sostenere il dolore!
(1) Continuando a stare nello stesso stato, mi sentivo tutta oppressa e avevo tutta la necessità d’un sostegno per poter sopportare la privazione del mio somme Bene. Il benedetto Gesù, avendo di me compassione, per qualche minuti ha mostrato il suo Volto da dentro il mio cuore, ma però non con chiarezza, e facendomi sentire la sua soavissima voce mi ha detto:
(2) “Coraggio figlia mia un altro poco, lasciami finire di castigare che dopo ci verrò come prima”.
(3) Mentre così diceva, nella mia mente dicevo: “Quali sono i castighi che hai incominciato a mandare?” E lui ha soggiunto:
(4) “La pioggia continuata è più che grandine, che sta facendo e vi porterà delle tristi conseguenze sopra le gente”.
(5) Detto ciò, è scomparso ed io mi sono trovata fuori de mi stessa, dentro d’un giardino, e da lì dentro si vedeva i raccolti disseccati e le vigne, e dentro di me andavo dicendo: “Povere gente, povere gente, come faranno?” Mentre così dicevo, dentro a quel giardino vi era un ragazzino che piangeva e gridava tanto forte, che assordava Cielo e terra, ma nessuno aveva di lui compassione, sebbene lo sentivano tutti che così piangeva tanto, si brigavano di lui e lo lasciavano abbandonato e solo. Un pensiero mi è balenato: “Chi sa che non fosse Gesù?” Ma non ne sono rimasta certa. Onde, avvicinandomi a Lui, ho detto: “Che hai che piangi, bambino caro? Vuoi venire insieme con me, giacché tutti ti hanno lasciato in preda alle lacrime ed al dolore, che tanto t’opprime che ti fa gridare così forte?” Ma che! Chi poteva quietarlo? Appena con singulti ha risposto che sì, che se ne voleva venire. Onde l’ho preso per mano per condurlo insieme con me e nell’atto stesso di ciò fare mi sono trovata in me stessa.
(1) Trovandomi nello stesso stato, questa mattina, per qualche poco ho visto il mio adorabile Gesù, che se ne stava dentro del mio cuore, che dormiva ed il suo sonno attirava l’anima mia ad assonnarmi insieme con Lui, tanto che mi sentivo tutte le interiori potenze tutte addormentate, senza più agire. Delle volte mi sforzavo di uscire da quel sonno, ma non potevo, quando per poco si è destato il benedetto Gesù e ha mandato tre volte il suo alito dentro di me, e mi pareva che Lui restasse tutto assorbito in me. Dopo mi pareva che Gesù se li attirasse un’altra volta dentro di Sé quei tre aliti che mi aveva mandato, ed io mi sono trovata tutta trasformata in Lui. Chi può dire ciò che succedeva in me da questi soffi divini? Da quell’unione inseparabile tra me e Gesù non ho parole ad esprimerla! Dopo ciò pare che mi sono potuta destare e Gesù, rompendo il silenzio mi ha detto:
(2) “Figlia mia, ho guardato e riguardato, ho cercato e ricercato, scorrendo per tutta la terra, ma in te ho fissato i miei sguardi e ho trovato le mie compiacenze, e ti ho eletta tra mille”.
(3) Poi, volgendosi a certe persone che vedevo, le ha riprese col dir loro:
(4) “La mancanza di stima delle persone altrui, è mancanza di vera umiltà cristiana e di dolcezza, perché uno spirito umile e dolce sa rispettare tutti ed interpreta sempre a bene i fatti altrui”.
(5) Detto ciò è scomparso, senza dirgli neppure una parola. Sia sempre benedetto che così vuole, e tutto sia per sua gloria.
(1) Siccome continuava il mio adorabile Gesù a non farsi vedere con chiarezza, questa mattina, avendo fatto la comunione, il confessore ha messo l’intenzione della crocifissione; mentre mi trovavo in quelle sofferenze, il benedetto Gesù, quasi tirato dalle mie pene, si è mostrato con chiarezza. Oh! Dio, chi può dire le sofferenze che soffriva Gesù e lo stato violento in cui si trovava, che mentre era costretto a mandare i castighi, faceva tale violenza, che non voleva mandarli! Faceva tale compassione nel vederlo in questo stato, che se gli uomini lo potessero vedere, ancorché i loro cuori fossero di diamante, si spezzerebbero per tenerezza come fragile vetro. Onde ho incominciato a pregarlo che si placasse e che si contentasse di farmi soffrire a me e risparmiasse il popolo. Poi ho soggiunto: “Signore, se non volete dare ascolto alle mie preghiere, conosco che lo merito. Se non volete avere compassione dei popoli, ne avete ragione, perché grandi sono le nostre iniquità, ma vi chiedo in grazia che avete compassione di Voi stesso, abbiate pietà della violenza che vi fate nel punire le vostre immagini. Ah! si, ve lo chiedo per amor di Voi stesso, che non mandiate castighi, fino a togliere il pane ai vostri figli e farli perire. Ah, no! non è della natura del vostro cuore operare in questo modo, ecco perciò la violenza che provate, che se avesse potere vi darebbe la morte”.
(2) E Lui, tutto afflitto mi ha detto: “Figlia mia, è la giustizia che mi fa violenza, e l’amore che ho verso degli uomini mi usa violenza più forte, da mettere il mio cuore in angosce di morte nel punire le creature”.
(3) Ed io: “Perciò Signore, scaricate sopra di me la giustizia, ed il vostro amore non sarà più violentato dalla giustizia e non si troverà in contrasto di castigare le gente, ché davvero, come faranno se Voi fate come mi fate comprendere, di disseccare tutto ciò che serve all’alimento dell’uomo? Deh! vi prego, lasciatemi soffrire a me e risparmiate loro, se non in tutto almeno in parte”.
(4) E Gesù, come se si vedesse costretto dalle mie preghiere, si è avvicinato alla mia bocca ed ha versato dalla sua un poco d’amarezza, densa e stomachevole, che appena trangugiata mi ha prodotto tali e tante specie di pene che mi sentivo morire. Allora il benedetto Gesù, sostenendomi in quelle pene, altrimenti sarei lasciata vittima (eppure non era stato altro che un poco che aveva versato, che sarà del suo cuore adorabile, che tanto ne conteneva?), ha mandato un sospiro come se si avesse sollevato da un peso e mi ha detto:
(5) “Figlia mia, la mia giustizia aveva deciso di distruggere tutto, ma ora, sgravandosi un poco sopra di te, per amor tuo concede un terzo di ciò che serve all’alimento dell’uomo”.
(6) Ed io: “Ah! Signore, è troppo poco, almeno metà!”
(7) E Lui: “No figlia mia, contentati”.
(8) Ed io: “No Signore, almeno se non volete contentarmi per tutti, contentatemi per Corato e per quelli che mi appartengono”.
(9) E Gesù: “Oggi sta preparata una grandine che deve fare gran danno. Tu stai coi dolori della croce; esci fuori di te stessa ed in forma di crocifissa va nell’aria e metti in fuga i demoni da sopra Corato, ché alla forma crocifissa non potranno resistere e andranno altrove”.
(10) Così sono uscita fuori de mi stessa, crocifissa, ed ho visto la grandine e i fulmini che stavano per scoppiare sopra Corato. Chi può dire lo spavento dei demoni, come se la davano a gambe alla vista della mia forma crocifissa, come si morsicavano le dita per rabbia e giungevano a prenderla contro del confessore, che questa mattina mi aveva dato l’ubbidienza di soffrire la crocifissione, giacché con me non se la potevano prendere, anzi, erano costretti a fuggire da me per il segno della redenzione che vi scorgevano. Onde, dopo d’averli messi in fuga, me ne sono ritornata in me stessa, trovandomi con una buona dose di patimenti. Sia tutto per la gloria di Dio.
(1) Siccome mi trovavo in qualche modo sofferente, mi pareva che quelle sofferenze erano una dolce catena che tiravano al mio buono Gesù a farlo venire quasi continuo, e mi pareva che quelle pene chiamavano Gesù a farlo versare in me altre amarezze. Onde, nel venire, or mi sosteneva nelle sue braccia per darmi forza, ed ora versava di nuovo. Io però di tanto in tanto gli dicevo: “Signore, adesso sento in me parte delle vostre pene, vi prego di contentarmi, come vi dissi ieri di darmi almeno la metà di ciò che serve ad alimento dell’uomo”.
(2) E Lui: “Figlia mia, per contentarti ti consegno le chiavi della giustizia e la conoscenza di quanto è necessario assolutamente di punire l’uomo, e con ciò farai quello che ti piace, non ne sei tu contenta?”
(3) Nel sentire dirmi ciò mi consolai e dicevo nel mio interno: “Se starà a me, non castigherò affatto nessuno”. Ma quanto restai disingannata quando il benedetto Gesù mi diede una chiave, e mi mise in mezzo ad una luce, che guardando da mezzo quella luce scorgevo tutti gli attributi di Dio, come pure quello della giustizia. Oh! come è tutto ordinato in Dio! E se la giustizia punisce, è ordine; e se non punisse, non starebbe in ordine cogli altri attributi. Onde mi vedevo misero verme in mezzo a quella luce, che se volessi impedire il corso alla giustizia, guasterei l’ordine, ed andrei contro degli uomini stessi, perché comprendevo che la stessa giustizia è amore purissimo verso di loro. Onde mi sono trovata tutta confusa e imbarazzata, perciò per sbarazzarmi, ho detto a Nostro Signore: “Con questa luce di cui mi avete circondato, capisco le cose diversamente, e se lascereste fare a me, farei peggio che Voi, perciò non accetto questa conoscenza e vi rinunzio le chiavi della giustizia; quello che accetto e voglio è che facciate soffrire me e che risparmiate le gente; del resto non voglio saperne niente”.
(4) E Gesù, sorridendo al mio dire mi ha detto:
(5) “Come subito vuoi sbarazzarti, non volendo conoscere nessuna ragione e volendomi fare più forte violenza te ne vuoi uscire con due parole: Fasciate soffrire a me e risparmiate loro!”
(6) Ed io: “Signore, non è che non voglio sapere ragione, ma è perché non è uffizio mio, ma vostro. Il mio uffizio è quello d’essere vittima, perciò Voi fate il vostro uffizio ed io faccio il mio, non è vero mio caro Gesù?”
(7) E Lui, mostrando come un’approvazione, mi è scomparso.
(1) Mi pare che il mio adorabile Gesù continua a dimezzare la giustizia col versare un poco su di me ed il resto sopra le gente. Questa mattina specialmente, quando mi sono trovata con Gesù, mi si straziava l’anima nel vedere la tortura del suo dolcissimo cuore nel castigare le creature. Era tanto lo stato sofferente in cui si trovava Gesù, che non faceva altro che mandare continui gemiti, teneva in testa una folta corona di spine, tutta incarnata dentro, che la testa pareva un pezzo di spine. Onde, per sollevarlo un poco gli ho detto: “Dimmi mio Bene, che hai che sei tanto sofferente? Permettimi che vi tolga queste spine che vi tormentano non poco!” Ma Gesù non mi rispondeva, anzi neppure ascoltava ciò che io dicevo. Quindi, mi sono messa a togliere quelle spine, ad una ad una, e dopo la ho messo sulla mia testa. Or, mentre ciò facevo, ho visto che a parte lontane doveva fare un terremoto, che farebbe strage di gente. Dopo Gesù mi è scomparso ed io sono ritornata in me stessa, ma con somma mia afflizione nel pensare allo stato sofferente di Gesù ed alle sciagure della misera umanità.
(1) Questa mattina, nel venire il mio amabile Gesù ho incominciato a dire: “Signore, che fate? Pare che vi inoltrate troppo con la giustizia”. E mentre volevo continuare a dire per scusare le miserie umane, Gesù mi ha imposto silenzio col dirmi:
(2) “Taci, se vuoi che mi trattenga con te vieni a baciarmi ed a salutarmi con le tue solite adorazioni tutte le mie membra sofferenti”.
(3) Così ho incominciato dalla testa, e poi man mano per le altre membra. Oh! quante piaghe profonde conteneva quel corpo sacrosanto, che al solo guardarle metteva raccapriccio. Onde, non appena finito, è scomparso, lasciandomi con scarsissimo patire e con un timore, chi sa come si verserà sopra le gente, ché non si è benignato di versare sopra di me le sue amarezze!
(4) Dopo poco è venuto il confessore e gli ho detto ciò che io ho detto di sopra, e lui mi ha detto che: “Oggi, per ubbidienza assoluta, quando faccia la meditazione devi pregarlo che ti faccia soffrire la crocifissione e che cessi di mandare i flagelli”. Così, quando ho fatto la meditazione, l’ho pregato secondo l’ubbidienza ricevuta quando appena si faceva vedere, ma senza darmi retta, anzi, or si faceva vedere che volgeva le spalle alle gente, or che dormiva per non essere da me importunato. E che so io, mi sentivo crepare ché non si curava di farmi fare l’ubbidienza, onde ho preso coraggio, e mettendo tutta la fiducia nella santa ubbidienza, l’ho preso per un braccio e smovendolo per risvegliarlo gli ho detto: “Signore, che fate? Questo è l’amore che portate alla vostra virtù tanto prediletta dell’ubbidienza? Questi sono gli elogi che tante volte le avete dato? Questi sono gli onori che le avete prodigato, fino a dire che vi sentite scosso e non potete resistere alla virtù dell’ubbidienza e vi sentite soggiogare dall’anima che si dona a questa virtù, che adesso pare che non vi curate di farmi ubbidire?” Mentre ciò dicevo e altre cose, che andrei troppo per le lunghe se volessi scriverle, il benedetto Gesù si è scosso, e come colpito da vivissimo dolore, ha dato in dirottissimo pianto e singhiozzando ha detto:
(5) “Anch’Io non voglio mandare flagelli, ma è la giustizia che mi costringe quasi per forza, ma tu con questo parlare vuoi pungermi al vivo e toccarmi un tasto troppo per Me delicato e da Me molto amato, tanto che non volli altro onore né altro titolo che quello di ubbidiente. Ed ecco, per farti vedere che non è che non mi curo di farti ubbidire, con tutto ciò che la giustizia mi costringe a non farlo, ti partecipo in parte i dolori della croce”.
(6) Mentre ciò facevo, mi è scomparso, lasciandomi contenta che mi ha fatto ubbidire e con un dispiacere nell’anima, come se avessi stato causa di far piangere il Signore col mio parlare.Ah! Signore, vi prego a perdonarmi.
(1) Trovandomi non poco sofferente, il mio adorabile Gesù nel venire tutta mi compativa e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, che hai che soffri tanto? Lasciami sollevarti un poco”.
(3) E (ma però Gesù era più sofferente di me) così mi dato un bacio, e siccome era crocifisso, mi ha tirato fuori di me stessa ed ha messo le mie mani nelle sue, i miei piedi nei suoi, la mia testa poggiava sulla sua e la sua sopra la mia. Come ero contenta nel trovarmi in questa posizione! Sebbene i chiodi e le spine di Gesù mi davano dolori, erano dolori che mi davano gioia, perché sofferti per l’amato mio Bene, anzi avrei voluto che più crescessero. Anche Gesù pareva contento di me, ché mi teneva in quel modo attirata a Sé. Mi pareva che Gesù ristorava me ed io fossi di ristoro a Lui.
(4) Onde, in questa posizione, siamo usciti fuori, e avendo trovato il confessore, subito ho pregato per i bisogni di lui, ed ho detto al Signore che si benignasse di far sentire quanto è dolce e soave la sua voce al confessore. Gesù per contentarmi si è rivolto a lui ed ha parlato della croce col dire:
(5) “La croce assorbe nell’anima la mia Divinità, la rassomiglia alla mia umanità e ricopia in sé stessa le mie stesse opere”.
(6) Dopo abbiamo continuato a girare un altro poco ed, oh! quante viste dolorose, che trafiggevano l’anima da parte a parte! Le gravi iniquità degli uomini, che neppure si abbassano a fronte della giustizia, anzi si scagliano con maggior furore, quasi che volessero rendere ferite per doppie ferite, e la grande miseria che loro stessi si stanno preparando. Onde, con nostro sommo rammarico ci siamo ritirati; Gesù è scomparso ed io mi sono ritirata in me stessa.