(1) Questa mattina trovandomi fuori di me stessa, mi sono trovata con Gesù Bambino fra le braccia, e mentre mi deliziavo nel guardarlo, senza sapere come, dallo stesso Bambino è uscito un secondo e dopo brevi istanti un terzo Bambino, tutte e due simili al primo, sebbene distinti fra loro. Stupita nel guardare ciò ho detto: “Oh, come si tocca con mano il mistero sacrosanto della Santissima Trinità, che mentre siete uno, siete anche tre”. Mi pare che tutte e tre mi dicessero, ma mentre usciva la parola formava una sol voce:
(2) “La nostra natura è formata d’amore purissimo e semplicissimo, comunicativo, e la natura del vero Amore ha questo di proprio, di produrre da sé immagini tutti a sé simile nella potenza, nella bontà e nella bellezza, ed in tutto ciò che esso contiene, solo per dare un risalto più sublime alla nostra onnipotenza, ne mette il marchio della distinzione, in modo che questa nostra natura, liquefacendosi in amore, e siccome è semplice, senza alcuna materia che potrebbe impedire l’unione, ne forma tre, e ritornando a liquefarsi ne forma un solo. Ed è tanto vero che la natura del vero Amore ha questo di produrre immagini tutti a sé simile, o di assumere l’immagine di chi si ama, che la Seconda Persona nel redimere l’uman genere, assunse la natura e l’immagine dell’uomo e comunicò all’uomo la Divinità”.
(3) Mentre ciò dicevano, io distinguevo benissimo il mio diletto Gesù, riconoscendo in Lui l’immagine dell’umana natura e solo per Lui avevo fiducia di starmene alla loro presenza, altrimenti chi avrebbe ardito? Ah! sì, mi pareva che l’umanità assunta da Gesù, aveva aperto il commercio alla creatura, come farla salire fino al trono della Divinità per essere ammessa alla loro conversazione ed ottenere rescritti di grazie. Oh! che momenti felici ho gustato, quante cose comprendevo; ma per scrivere qualche cosa avrei bisogno di descriverli quando l’anima mia si trova col mio caro Gesù, che mi pare sprigionata dal corpo, ma nel trovarmi di nuovo imprigionata, le tenebre della prigionia, la lontananza del mio mistico Sole, la pena di non vederlo, mi rendono inabile a descriverle e mi fanno vivere morendo, ma sono costretta a vivere allacciata, carcerata in questo misero corpo. Ah! Signore, abbiate compassione d’una misera peccatrice che vive inferma e imprigionata, rompete presto il muro di questo carcere per volarmene a voi e non più ritornarvi.
(1) Dopo aver passato lunghi giorni di silenzio tra me ed il benedetto Gesù, vi sentivo un vuoto nel mio interno; questa mattina nel venire mi ha detto:
(2) “Diletta mia, che cosa vuoi dirmi che tanto brami di parlare con Me?”
(3) Ed io, tutta vergognandomi, ho detto: “Mio dolce Gesù, voglio dirvi che bramo ardentemente di volere voi ed il vostro Santo Volere, e se ciò mi concedete mi renderete appieno contenta e felice”. E Lui ha soggiunto:
(4) “Tu in una parola hai afferrato tutto chiedendomi ciò che di più grande è in Cielo ed in terra; ed Io, in questo Santo Volere bramo e voglio maggiormente conformarti, e per fare che ti riuscissi più dolce e gustoso il mio Volere, mettiti nel circolo della mia Volontà, e mirane i diversi pregi; fermandoti or nella santità del mio Volere, or nella bontà, or nell’umiltà, or nella bellezza ed or nel pacifico soggiorno che produce il mio Volere, ed in queste soffermazioni, che farai, acquisterai sempre più nuove ed inaudite notizie del mio Santo Volere, e ne resterai tanto legata ed innamorata, che non uscirai mai più, e questo ti porterà un sommo vantaggio, che stando tu nella mia Volontà, non avrai bisogno di combattere con le tue passioni e di stare sempre all’arma con esse, che mentre pare che muoiono, rinascono di nuovo più forti e vive, ma senza combattere, senza strepito, dolcemente se ne muoiono, perché innanzi alla Santità della mia Volontà le passioni non ardiscono di presentarsi, e perdono da per sé stesse la vita, e se l’anima sente i movimenti delle sue passione è segno che non fa dimora continua nei confini del mio Volere; vi fa delle uscite, delle scappatine nel suo proprio volere ed è costretta a sentirne la puzza della corrotta natura. Mentre poi, se starai fissa nella mia Volontà, starai sbrigata del tutto e la tua sola occupazione sarà l’amarmi, ed essere da Me riamata”.
(5) Dopo ciò, guardando il benedetto Gesù, teneva la corona di spine, l’ho tolta pian piano, e l’ho messo sulla mia testa, e Lui me l’ha conficcato, e mi è scomparso, ed io mi sono trovata in me stessa, con un desiderio ardente di starmene nella sua Santissima Volontà.
(1) Trovandomi nel solito mio stato mi sono sentita fuori di me stessa, e dopo aver girato mi sono trovata dentro d’una spelonca, ed ho visto la Regina Mamma che stava nell’atto di dare alla luce il Bambinello Gesù. Che stupendo prodigio! mi pareva che tanto la Madre quanto il Figlio trasmutati in luce purissima, ma in quella luce si scorgeva benissimo la natura umana di Gesù, che conteneva in sé la Divinità, che le serviva come di velo per coprire la Divinità, in modo che squarciando il velo della natura umana era Dio, e coperto con quel velo era uomo, ed ecco il prodigio dei prodigi: Dio ed uomo, uomo e Dio! che senza lasciare il Padre e lo Spirito Santo viene ad abitare con noi e prende carne umana, perché il vero amore non si disunisce giammai. Ora, mi è parso che la Madre ed il Figlio in quel felicissimo istante, sono restati come spiritualizzati, e senza il minimo intoppo Gesù è uscito dal seno Materno, traboccando ambedue in un eccesso d’amore, ossia quei Santissimi corpi trasformati in Luce, senza il minimo impedimento, Gesù Luce è uscito da dentro la luce della Madre, restando sano ed intatto sì l’Uno che l’Altra, ritornando poscia allo stato naturale. Ma chi può dire la bellezza del Bambinello, che in quel momento dal suo nascere trasfondeva anche esternamente i raggi della Divinità? Chi può dire la bellezza della Madre che ne restava tutta assorbita in quei raggi Divini? E san Giuseppe mi pareva che non fosse presente nell’atto del parto, ma che se ne stava ad un’altro cantone della spelonca, tutto assorto in quel profondo mistero, e se non vide cogli occhi del corpo, vide benissimo cogli occhi dell’anima, perché se ne stava rapito in estasi sublime.:
(2) Or nell’atto che il Bambinello uscì alla luce, io avrei voluto volare per prenderlo fra le mie braccia, ma gli angeli m’impedirono, dicendomi che toccava alla Madre l’onore di prenderlo per prima. Onde la Vergine Santissima come scossa è ritornata in sé, e dalle mani d’un angelo ha ricevuto il Figlio nelle braccia, l’ha stretto tanto forte nella foga dell’amore in cui si trovava, che pareva che volesse inviscerarlo di nuovo, poi volendo dare uno sfogo al suo ardente amore, l’ha messo a succhiare alle sue mammelle. In questo mentre io me ne stavo tutta annichilita, aspettando che fossi chiamata, per non ricevere un’altro rimprovero dagli angeli. Onde la Regina mi ha detto
(3) “Vieni, vieni a prendere il tuo diletto e godilo anche tu, sfoga con Lui il tuo amore”. E così dicendo io mi sono avvicinata, e la Mamma e me l’ha dato in braccio. Chi può dire il mio contento, i baci, i stringimenti, le tenerezze? Dopo che mi sono sfogata un poco, l’ho detto: “Diletto mio, voi avete succhiato il latte dalla nostra Mamma, fate a me parte”. E Lui, tutto condiscendendo, dalla sua bocca ha versato parte di quel latte nella mia, e dopo mi ha detto:
(4) “Diletta mia, Io fui concepito unito al dolore, nacqui al dolore, e morii nel dolore, e coi tre chiodi che mi crocifissero, inchiodai le tre potenze: Intelletto, memoria e volontà, di quelle anime che bramano d’amarmi, facendole restare attirati tutte a Me, perché la colpa le aveva rese inferme e disperse dal loro Creatore, senza nessun freno”.
(5) E mentre ciò diceva, ha dato uno sguardo al mondo ed ha cominciato a piangere le sue miserie. Io, vedendolo piangere ho detto: “Amabile Bambino, non funestare una notte sì lieta col vostro pianto a chi vi ama, invece di dare sfogo al pianto, diamo sfogo al canto”. E sì dicendo ho cominciato a cantare, Gesù si ha distratto a sentirmi cantare, ed ha cessato dal piangere, e finendo il mio verso ha cantato il suo, con una voce tanto forte ed armoniosa, che tutte le altre voci scomparivano alla sua voce dolcissima. Dopo ciò, ho pregato il Bambino Gesù per il mio confessore, e per quelli che mi appartengono, ed infine per tutti, e Lui pareva tutto condiscendente. In questo mentre mi è scomparso, ed io sono ritornata in me stessa
(1) Continuando a vedere il santo Bambino, vedevo la Regina Madre da una parte e san Giuseppe dall’altra, che stavano adorando profondamente l’infante divino. Stando tutta intenta in Lui, mi pareva che la continua presenza del Bambinello li teneva assorti in estasi continuo, e se operavano era un prodigio che il Signore operava in loro, altrimenti sarebbero restati immobili senza potere esternamente accudire ai loro doveri. Anch’io vi ho fatto la mia adorazione e mi sono trovata in me stessa.
(1) Questa mattina mi trovavo con un timore sul mio stato, che non fosse il Signore che operasse in me, con l’aggiunto che non si benignava di venire, onde dopo molto aspettare, quando appena l’ho visto, gli ho esposto il mio timore e Lui mi ha detto:
(2) “Figlia mia, prima di tutto, per gettarti in questo stato vi è un concorso della mia potenza, e poi, chi avrebbe dato a te la forza, la pazienza di stare per sì lungo tempo in questo stato, dentro d’un letto? La perseveranza sola è un segno certo che l’opera è mia, perché solo Dio non è soggetto a mutarsi, ma il demonio e la natura umana spesso spesso si mutano, e ciò che oggi amano, domani aborriscono, e ciò che oggi aborriscono, domani amano e trovano le loro soddisfazione”.