MaM
Messaggio del 18 marzo 2022:Cari figli! Con amore materno vi invito a guardare a mio Figlio con piena forza, fede e fiducia. Apritegli il vostro cuore e non abbiate paura. Perché mio Figlio è la Luce del mondo e in Lui c'è pace e speranza. Per questo vi invito, ancora, ancora e ancora a pregare per quei miei figli che non hanno incontrato l'amore di mio Figlio; affinché mio Figlio possa illuminare i loro cuori con la sua luce di amore e di speranza, e voi, figli miei, che Lui vi rafforzi e vi dia pace e speranza. Io sono con voi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Messaggi di altre apparizioni

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

3-60 Aprile 16, 1900 Le tre firme del passaporto della beatitudine nella terra.

(1) Dopo aver passato giorni amari, di privazione e di rimproveri del benedetto Gesù per le mie ingratitudini e resistenze al suo Volere ed alle sue grazie, questa mattina nel venire mi ha detto:

(2) “Figlia mia, il passaporto per entrare nella beatitudine che l’anima può possedere su questa terra, dev’essere firmato con tre firme, e queste sono la rassegnazione, l’umiltà e l’ubbidienza.

(3) La rassegnazione perfetta al mio Volere è cera che liquefa i nostri voleri e ne forma uno solo, è zucchero e miele, ma una piccola resistenza al mio Volere, la cera si disunisce, lo zucchero si rende amaro ed il miele si converte in veleno. Or, non basta essere rassegnata, ma l’anima dev’essere convinta che il maggior bene per sé ed il maggior modo di glorificarmi è il far sempre la mia Volontà. Ecco la necessità della firma dell’umiltà, perché l’umiltà produce questa conoscenza. Ma chi nobilita queste due virtù? Chi le fortifica, chi le rende perseveranti, chi le incatena insieme in modo da non potersi separare, chi l’incorona? L’ubbidienza. Ah! si, l’ubbidienza, distruggendo affatto il proprio volere e tutto ciò che è materiale, spiritualizza tutto e come corona vi si pone d’intorno, onde la rassegnazione e l’umiltà senza l’ubbidienza saranno soggette ad instabilità, ma con l’ubbidienza saranno fisse e stabili, ed ecco la stretta necessità della firma dell’ubbidienza, per fare che questo passaporto possa correre per passare al regno della beatitudine spirituale che l’anima può godere di qua. Senza di queste tre firme, il passaporto non avrà valore e l’anima sarà sempre respinta dal regno della beatitudine e sarà costretta a stare nel regno dell’inquietudine, dei timori e dei pericoli, e per sua disgrazia avrà per dio il proprio io, e quest’io sarà corteggiato dalla superbia e dalla ribellione”.

(4) Dopo ciò mi ha trasportato fuori di me stessa, dentro di un giardino, che pareva che fosse il giardino della Chiesa, in cui vedevo che fuorviavano da cinque a sei persone, sacerdoti e secolari, che unendosi coi nemici della Chiesa muovevano una rivoluzione. Che pena faceva vedere Gesù benedetto piangere il triste stato di queste persone! Poi ho guardato nell’aria e vedevo una nube d’acqua, ripiena di pezzi di ghiaccio grossi che cadevano sopra la terra. Oh! quanto strazio facevano sopra i raccolti e sopra l’umanità! Ma però spero che voglia placarsi. Onde, più afflitta di prima sono ritornata in me stessa.

3-61 Aprile 20, 1900 La croce ci dà i lineamenti e la rassomiglianza di Gesù.

(1) Continua il mio adorabile Gesù a venire, quando appena e ad ombra, ed anche nel venire non dice niente. Questa mattina, dopo avermi rinnovato i dolori della croce per ben due volte, guardandomi con tenerezza mentre stavo soffrendo lo spasimo delle trafitture dei chiodi, mi ha detto:

(2) “La croce è uno specchio dove l’anima rimira la Divinità, e rimirandosi ne ritrae i lineamenti, la rassomiglianza più consimile a Dio. La Croce non solo si deve amare, desiderare, ma farsene un onore, una gloria, della stessa croce, e questo è operare da Dio e diventare come Dio per partecipazione, perché solo Io mi gloriai della croce e me ne feci un onore del patire, e l’amai tanto, che in tutta la mia vita non volli stare un momento senza la croce”.

(3) Chi può dire ciò che comprendevo della croce, da questo parlare del benedetto Gesù? Ma mi sento muta ad esprimerlo con le parole. Ah! Signore, vi prego a tenermi sempre confitta in croce, affinché avendo sempre innanzi questo specchio divino, possa tergere tutte le mie macchie ed abbellirmi sempre più a vostra somiglianza.

3-62 Aprile 21, 1900 Più che il sacramento, la croce suggella Iddio nell’anima.

(1) Trovandomi nello stesso mio stato, anzi, con un poco di timore per una cosa che non è necessario qui dirla, il mio dolce Gesù nel venire mi ha detto:

(2) E sono i vasi sacri, ed è necessario di tanto in tanto spolverarli; i vostri corpi sono tanti vasi sacri, in cui vi faccio la mia dimora, perciò è necessario che vi faccia di tanto in tanto delle spolveratine, cioè, che li visiti con qualche tribolazione, per fare che Io vi stia con più decoro. Perciò stati calma”.

(3) Dopo ciò, avendo fatto la comunione ed avendomi rinnovato i dolori della crocifissione, ha soggiunto:

(4) “Figlia mia, quanto è preziosa la croce! Vedi un po’: Il sacramento del mio corpo nel darsi all’anima, la unisce con Me, la tramuta fino a diventare una stessa cosa con Me, ma col consumarsi delle specie si disunisce l’unione realmente contratta; ma la croce no, vi prende Iddio e l’unisce con l’anima per sempre, e con maggiore sicurezza lei si pone come suggello. Dunque, la croce suggella Iddio nell’anima, in modo che non c’è mai separazione tra Dio e l’anima crocifissa”.

3-63 Aprile 23, 1900 La rassegnazione è olio che unge.

(1) Questa mattina, trovandomi fuori di me stessa, vedevo il mio dolce Gesù che soffriva molto, ed io l’ho pregato che mi facesse parte delle sue pene e Lui mi ha detto:

(2) “Anche tu soffri; piuttosto Io mi metto nel tuo posto, e tu fammi l’uffizio d’infermiera”.

(3) Così pareva che Gesù si mettesse nel mio letto, ed io accanto a Lui incominciavo a rivederle la testa, e ad una ad una l’ho tolto le spine che stavano conficcate. Poi sono andata al suo corpo ed ho visitato tutte le sue piaghe, le asciugavo il sangue, le baciavo, ma non avevo come ungerle per mitigare lo spasimo, quando ho visto che da me usciva un olio, ed io lo prendevo ed ungevo le piaghe di Gesù, ma con certo timore ché non capivo che cosa significasse quell’olio che usciva da me. Ma Gesù benedetto mi ha fatto capire che la rassegnazione al Divino Volere è olio, che mentre unge e mitiga le nostre pene, nel medesimo tempo è olio che unge e mitiga lo spasimo delle piaghe di Gesù. Onde, dopo essere stata per un buon pezzo di tempo a far questo uffizio al mio caro Gesù, è scomparso ed io sono ritornata in me stessa.

3-64 Aprile 24, 1900 L’Eucaristia ed il patire.

(1) Questa mattina, avendo fatto la comunione, mi pareva che il confessore metteva l’intenzione di farmi soffrire la crocifissione, ed all’istante ho visto l’angelo custode che mi distendeva sulla croce per farmela soffrire. Dopo ciò ho visto il mio dolce Gesù che tutta mi compativa e mi ha detto:

(2) “Il tuo refrigerio sono Io, il mio refrigerio è il tuo patire”.

(3) E mostrava un contento indicibile del mio patire e del confessore, ché con la ubbidienza che mi aveva dato di soffrire gli aveva procurato quel sollievo, poi ha soggiunto:

(4) Siccome il sacramento dell’Eucaristia è frutto della croce, perciò mi sento più disposto a concederti il patire quando ricevi il mio corpo, perché vedendo te patire, mi pare che non misticamente, ma realmente continuo in te la mia passione a pro delle anime, e questo è per Me un grande sollievo, ché raccolgo il vero frutto della mia croce e dell’Eucaristia”.

(5) Dopo ciò ha detto: “Finora è stata l’ubbidienza che ti ha fatto soffrire, vuoi tu che mi diverto Io un poco col rinnovarti di nuovo la crocifissione di propria mia mano?”

(6) Ed io sebbene mi sentivo molto sofferente, ed ancor freschi i dolori della croce rinnovatemi, ho detto: “Signore, sono nelle vostre mani, fa di me ciò che vuoi”.

(7) Allora Gesù tutto contento ha incominciato a conficcarmi di nuovo i chiodi nelle mani e nei piedi, vi sentivo tale intensità di dolore, che non so io stessa come sono lasciata viva, ma però ne ero contenta che contentavo Gesù. Onde dopo che mi ha ribattuto i chiodi, mettendosi a me vicino ha incominciato a dire:

(8) “Quanto sei bella! Ma quanto più cresce la tua bellezza nel tuo patire! Oh! come mi sei cara! I miei occhi restano feriti nel guardarti, che scorgono in te la mia stessa immagine”.

(9) E diceva tant’altre cose, che sarebbe inutile il dirle, prima perché sono cattiva; secondo ché non vedendomi quale il Signore mi dice, mi sento una confusione ed un rossore nel dire queste cose, onde, spero che il Signore mi farà veramente buona e bella, ed allora scemando il mio rossore potrò descriverle, perciò faccio punto.

3-65 Aprile 25, 1900 La purità nell’operare è luce.

(1) Trovandomi fuori di me stessa e non trovando il mio dolce Gesù, ho dovuto girare molto per andare in cerca di Lui. Alla fine l’ho trovato in braccia alla Regina Mamma che succhiava il latte dalle sue mammelle, per quanto gli dicevo e facevo, pareva che non si brigava di me, anzi neppure mi guardava. Chi può dire la pena del mio povero cuore, nel vedere che Gesù non si curava di me? Onde dopo aver rotto il freno alle lacrime, avendo di me compassione, è venuto fra le mie braccia ed ha versato nella mia bocca un poco di quel latte che aveva succhiato della Mamma Regina.

(2) Dopo ciò ho guardato nel suo petto, e teneva una piccola perla, tanto risplendente che investiva l’umanità santissima di Nostro Signore di luce. Onde, volendo sapere il significato, ho domandato a Gesù che cosa fosse quella perla, che mentre pare così piccola spande tanta luce. E Gesù:

(3) “La purità del tuo patire, che mentre è piccolo, ma siccome soffri per solo amor mio e saresti pronta a soffrire altro se Io te lo concedessi, ecco la causa di tanta luce. Figlia mia, la purità nell’operare è tanto grande, che chi opera per il solo fine di piacere a Me solo, non fa altro che mandare luce in tutto il suo operare. Chi non opera rettamente, anche il bene non fa altro che spandere tenebre”.

(4) Quindi ho visto nel petto di Nostro Signore, e teneva uno specchio tersissimo, e pareva che chi camminava rettamente restava tutto assorbito in quello specchio, chi no, ne restava fuori, senza che potevano ricevere nessuna impronta dell’immagine del benedetto Gesù. Ah! Signore, tenetemi tutta assorbita in questo specchio divino, acciò nessun altra ombra d’intenzione io abbia nel mio operare.

3-66 Maggio 1, 1900 Frutti della croce.

(1) Avendo fatto la comunione, il mio dolce Gesù vi si è fatto vedere tutto affabilità, e siccome mi pareva che il confessore mettesse l’intenzione della crocifissione, la mia natura ne sentiva quasi una ripugnanza a sottomettersi. Il mio dolce Gesù, per rincuorarmi, mi ha detto:

(2) “Figlia mia, se l’Eucaristia è caparra della futura gloria, la croce è sborso come comperarla. Se l’Eucaristia è seme che impedisce la corruzione, ed è come quelle erbe aromatiche, che ungendosi i cadaveri non ne restano corrotti, e dona l’immortalità all’anima ed al corpo, la croce l’abbellisce ed è tanto potente, che se c’è contrazione di debiti essa se ne fa mallevadrice, e con maggior sicurezza si fa restituire la scrittura del debito contratto, e dopo che ha soddisfatto ogni debito, ne forma all’anima il trono più sfolgorante nella futura gloria. Ah! si, la croce e l’Eucaristia si avvicendano insieme, ed una opera più potentemente dell’altra”.

(3) Poi ha soggiunto: “La croce è il mio letto fiorito, non perché non soffrivo atroci spasimi, ma perché per mezzo della croce partorivo tante anime alla grazia, vedevo spuntare tanti bei fiori che producevano tanti frutti celesti, quindi vedendo tanto bene, tenevo a mia delizia quel letto di dolore e mi dilettavo della croce e del patire. Anche tu, figlia mia, prendi come delizie le pene, e dilettati di starti crocifissa nella mia croce. No, no, non voglio che tema il patire, quasi volessi operare da infingarda, su, coraggio, opera da valorosa ed esponi da te stessa al patire”.

(4) Mentre così diceva, vedevo il mio buon angelo che stava preparato per crocifiggermi, ed io da me stessa ho disteso le braccia, e l’angelo mi crocifiggeva. Oh! come godeva il buon Gesù del mio patire, e quanto ne ero contenta io, ché poteva dar gusto a Gesù un’anima così miserabile! Mi pareva che fosse un grande onore per me il patire per amor suo.

3-67 Maggio 3, 1900 Festa alla croce nel Cielo.

(1) Questa mattina mi sono trovata fuori di me stessa e vedevo tutto il cielo cosparso di croci, chi piccola, chi grande, chi mezzana. Chi più grande, più dava splendore. Era un incanto dolcissimo il vedere tante croci che abbellivano il firmamento, più risplendenti del sole. Dopo ciò, parve che si aprisse il Cielo e si vedeva e sentiva la festa che si faceva dai beati alla croce. Chi più aveva sofferto era più festeggiato in questo giorno. Si distinguevano in modo speciale i martiri, chi aveva sofferto nascosto. Oh! come si stimava la croce e chi più aveva sofferto, in quel beato soggiorno! Mentre ciò vedevo, una voce ha risuonato per tutto l’empireo che diceva:

(2) “Se il Signore non mandasse le croci sopra la terra, sarebbe come quel padre che non ha amore per i propri figli, che invece di volerli vedere onorati e ricchi, li vuol vedere poveri e disonorati”.

(3) Il resto che vidi di questa festa, non ho parole come esprimerlo, me lo sento in me, ma non so uscirlo fuori, perciò faccio silenzio.

3-68 Maggio 9, 1900 Luisa vede il mistero della Santissima Trinità nella forma di tre soli.

(1) Dopo aver passato giorni di privazione, non solo, ma di turbazione ancora, questa mattina, trovandomi più turbata sul misero mio stato, l’adorabile Gesù nel venire mi ha detto:

(2) “Tu, con lo starti inquieta, hai turbato il mio dolce riposo. Ah! si, non mi fai più riposare”.

(3) Chi può dire quanto sono lasciata mortificata nel sentire d’aver tolto il riposo a Gesù Cristo? Con tutto ciò, per qualche ora mi sono quietata, ma dopo mi sono trovata più inquieta di prima, che io stessa non so questa volta dove andrò a finire.

(4) Dopo quelle due parole che ha detto Gesù, mi sono trovata fuori di me stessa, e guardando nella volta dei cieli vi scorgevo tre soli: Uno pareva che si posasse all’oriente, l’altro all’occidente, il terzo a mezzogiorno. Era tanto lo splendore dei raggi che tramandavano, che si univano gli uni con gli altri, in modo che formavano uno solo. Mi pareva di vedere il mistero della Santissima Trinità, e l’uomo formato con le tre potenze ad immagine di Essa. Comprendevo pure che chi stava in quella luce, restava trasformata la volontà nel Padre, l’intelletto nel Figlio, la memoria nello Spirito Santo. Quante cose comprendevo! Ma non so manifestarlo.

3-69 Maggio 13, 1900 Privazione di Gesù.

(1) Continua lo stesso stato e forse anche peggio, sebbene faccio quanto posso a starmi quieta senza turbarmi, perché così vuole l’ubbidienza, ma con tutto ciò non lascio di sentirne il peso dell’abbandono che mi preme e giunge fino a schiacciarmi. Oh! Dio, che stato è codesto? Ditemi almeno dove vi ho offeso? Quale ne è la causa? Ah! Signore, se volete continuare in questo modo, credo che non potrò aver più resistenza!

(2) Onde, quando appena si è fatto vedere, mettendomi una mano sotto il mento in atto di compatirmi, mi ha detto:

(3) “Povera figlia, come ti sei ridotta!”

(4) E facendomi parte delle sue pene, come lampo è scomparso, lasciandomi più afflitta di prima, come se non fosse venuto; anzi, mi sento come se non fosse venuto da tanto tempo, e vi provo tale afflizione, che vivo, ed il mio vivere è un continuo agonizzare. Ah! Signore, porgetemi aiuto e non mi lasciate in abbandono, sebbene lo merito.