(1) Avendo fatto la comunione, il mio dolce Gesù vi si è fatto vedere tutto affabilità, e siccome mi pareva che il confessore mettesse l’intenzione della crocifissione, la mia natura ne sentiva quasi una ripugnanza a sottomettersi. Il mio dolce Gesù, per rincuorarmi, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, se l’Eucaristia è caparra della futura gloria, la croce è sborso come comperarla. Se l’Eucaristia è seme che impedisce la corruzione, ed è come quelle erbe aromatiche, che ungendosi i cadaveri non ne restano corrotti, e dona l’immortalità all’anima ed al corpo, la croce l’abbellisce ed è tanto potente, che se c’è contrazione di debiti essa se ne fa mallevadrice, e con maggior sicurezza si fa restituire la scrittura del debito contratto, e dopo che ha soddisfatto ogni debito, ne forma all’anima il trono più sfolgorante nella futura gloria. Ah! si, la croce e l’Eucaristia si avvicendano insieme, ed una opera più potentemente dell’altra”.
(3) Poi ha soggiunto: “La croce è il mio letto fiorito, non perché non soffrivo atroci spasimi, ma perché per mezzo della croce partorivo tante anime alla grazia, vedevo spuntare tanti bei fiori che producevano tanti frutti celesti, quindi vedendo tanto bene, tenevo a mia delizia quel letto di dolore e mi dilettavo della croce e del patire. Anche tu, figlia mia, prendi come delizie le pene, e dilettati di starti crocifissa nella mia croce. No, no, non voglio che tema il patire, quasi volessi operare da infingarda, su, coraggio, opera da valorosa ed esponi da te stessa al patire”.
(4) Mentre così diceva, vedevo il mio buon angelo che stava preparato per crocifiggermi, ed io da me stessa ho disteso le braccia, e l’angelo mi crocifiggeva. Oh! come godeva il buon Gesù del mio patire, e quanto ne ero contenta io, ché poteva dar gusto a Gesù un’anima così miserabile! Mi pareva che fosse un grande onore per me il patire per amor suo.