(1) Continua il mio benigno Gesù a venire. Dopo aver fatto la Comunione mi ha rinnovato le pene della crocifissione ed io sono lasciata tanto intirizzita che mi sentivo un bisogno d’un sollievo, ma non ardivo chiederlo. Dopo poco è ritornato da bambino e tutta mi baciava, e dalle sue labbra scorreva un latte ed io ho bevuto a larghi sorsi quel latte dolcissimo dalle sue purissime labbra. Ora, mentre ciò facevo mi ha detto:
(2) “Io sono il fiore dell’eden celeste, ed è tanto il profumo che vi spando, che al mio olezzo vi resta attirato tutto l’empireo, e siccome Io sono il lume che manda luce a tutti, tanto, da tenerli inabissati, tutti i miei santi attingono da Me le loro piccole lucerne, onde non vi è luce nel Cielo che non sia stata attinta da questo lume”.
(3) Ah, si! non c’è neppure odore di virtù senza Gesù, e non c’è luce, ancorché si andasse nel più alto dei cieli senza Gesù!
(1) Questa mattina il mio amabile Gesù ha incominciato a fare i suoi soliti indugi. Sia sempre benedetto, che comincia sempre da capo. Davvero che ci vuole una pazienza di santo a sopportarlo, e bisogna aver che fare con Gesù per vedere che pazienza ci vuole. Chi non lo prova non può crederlo, ed è quasi impossibile non avere qualche piccolo cruccio con Lui. Onde, dopo aver pazientato ad aspettarlo e riaspettarlo, finalmente è venuto e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, il dono della purità non è dono naturale, ma è grazia conseguita, e questa si ottiene col rendersi simpatico, e l’anima si rende tale con la mortificazione e coi patimenti. Oh! come si rende simpatica l’anima mortificata e sofferente! Oh! come è speciosa! Ed io vi prendo tale simpatia da impazzire per essa e tutto ciò che vuole le dono. Tu, quando sei priva di Me soffri la mia privazione, che è la pena più dolorosa per te, per amor mio, ed Io vi prenderò più simpatia di prima e ti concederò nuovi doni”.
(1) Questa mattina dopo aver perduto quasi la speranza che il benedetto Gesù venisse, tutto all’improvviso è venuto e mi ha rinnovato le pene della crocifissione e mi ha detto:
(2) “Il tempo è giunto, la fine s’appressa, ma l’ora è incerta”.
(3) Ed io, senza badare al significato delle parole che diceva, sono rimasta in dubbio se devo attribuirlo, o alla completa crocifissione oppure ai castighi e gli ho detto: “Signore, quanto temo che il mio stato non fosse Volontà di Dio!”
(4) E Lui: “Il segno più certo per conoscere se è Volontà mia uno stato è quando uno si sente la forza a sostenere quello stato”.
(5) Ed io: “Se fosse tua Volontà non succederebbe questo cambiamento, che Voi non ci venite come prima”.
(6) E Lui: “Quando una persona si rende famigliare in una famiglia, non si usano tanto quelle cerimonie, quei riguardi che si usavano prima, quando si rendeva estranea. Così fo Io. Ma con ciò, non è segno che non è volontà di quella famiglia che non la vogliano tenere con loro, né che non l’amino meglio di prima. Perciò stati quieta, lascia fare a Me, non volerti crivellare il cervello né funestare la pace del cuore; a tempo opportuno conoscerai il mio operato”.
(1) Questa mattina mi trovavo tutta timore, credevo che tutto era fantasia, ossia demonio, che voleva illudermi. Onde tutto ciò che vedevo disprezzavo e mi dispiacevo: Vedevo il confessore che metteva l’intenzione che Gesù mi rinnovasse i dolori della crocifissione, ed io cercavo di resistere. Il benedetto Gesù in principio mi tollerava, ma siccome il confessore replicava l’intenzione, allora Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, davvero che questa volta mancheremo a l’ubbidienza. Non sai tu che l’ubbidienza deve suggellare l’anima e che l’ubbidienza deve rendere l’anima come molle cera, in modo che il confessore può dare quella forma che vuole?”
(3) Cosi, non curando le mie resistenze, mi ha partecipato i dolori della crocifissione, ed io, non potendo più resistere a tutto ciò, ché non volevo per il timore che non fosse Gesù, ho dovuto soccombere sotto il peso dei dolori. Sia sempre benedetto e tutto sia per glorificarlo in tutto e sempre.
(1) Dopo aver passato parecchi giorni di privazione, al più veniva qualche volta come ombra e sfuggiva. Sentivo tale pena che mi struggevo in lacrime, il benedetto Gesù, avendo compassione del mio dolore, è venuto e tutta mia guardava e riguardava, e poi mi ha detto:
(2) “Figlia mia, non temere, che non ti lascio; ma però quando tu sei senza della mia presenza, non voglio che ti disanimi, ma anzi, da oggi innanzi, quando sei priva di Me, voglio che prenda la mia Volontà ed in quella ti bei, amandomi e glorificandomi nella mia Volontà e tenendo la mia Volontà come se fosse la mia stessa persona. Facendo così, tu mi terrai nelle tue stesse mani. Che cosa forma la beatitudine del Paradiso? Certo, la mia Divinità. Or, che formerà la beatitudine dei miei cari sulla terra? Con certezza la mia Volontà. Questa non ti potrà mai sfuggire. L’avrai sempre in tuo possesso, e se tu starai nel circolo della mia Volontà, ivi proverai le gioie più ineffabili e i piaceri più puri. L’anima, non uscendo mai dal circolo della mia Volontà, si rende nobile, si divinizza e tutte le sue operazioni si ripercuotono nel centro del sole divino come i raggi del sole ripercuotono la superficie della terra, non ne esce neppure uno fuori dal centro che è Dio. L’anima che fa la mia Volontà è la sola nobile regina, che si nutrisce del mio alito, perché il suo cibo e le sue bevande non le prende che dalla mia Volontà, e nutrendosi della mia Volontà tutta santa, nelle sue vene scorrerà un sangue purissimo, il suo alito spirerà un profumo olezzante, che tutto mi ricreerà, perché prodotto dal mio stesso alito. Perciò, non voglio altro da te, che formi la tua beatitudine nel giro della mia Volontà, senza mai uscirne, neppure per un breve istante”.
(3) Mentre ciò dicevo, nel mio interno vi sentivo un’allarme ed un timore, ché il parlare di Gesù indicava che non doveva venire, e che io dovevo quietarmi nella sua Volontà. Oh! Dio, che pena mortale! Che strettezze di cuore! Ma Gesù sempre benigno, ha soggiunto:
(4) “Come posso lasciarti, se tu sei vittima? Allora non ci verrò quando tu cesserai d’essere vittima, ma finché sarai vittima, mi sentirò sempre tirato a venire”.
(5) Così pare che sono restata quieta; ma mi sento come circondata dall’adorabile Volontà di Dio, in modo che non trovo nessuna apertura da dove uscirne. Spero che mi voglia tenere sempre in questo cerchio che mi congiunge tutta in Dio.
(1) Essendomi tutta abbandonata nell’amabile Volontà di Nostro Signore, io mi vedevo tutta circondata dal mio dolce Gesù, da fuori e da dentro. Con l’essermi abbandonata in Lui, mi vedevo come se fosse divenuto il mio essere trasparente e dovunque mi rivolgevo, vedevo il mio sommo Bene. Ma quello che mi faceva meraviglia era che, mentre mi vedevo circondata da dentro e da fuori da Gesù, così io, il mio povero essere, la mia volontà, circondava Gesù come dentro d’un circolo, in modo che Lui non trovava l’apertura per potersene uscire, perché la mia volontà unita alla sua lo teneva incatenato, senza che mi potesse sfuggire. Oh! ammirabile segreto della Volontà del mio Signore, indescrivibile è la tua felicità! Ora, mentre mi trovavo in questo stato, il benedetto Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, nell’anima tutta trasformata nel mio Volere, Io vi trovo un dolce riposo. La sua anima addiviene per Me come quegli oggetti soffice che non danno nessuna molestia a chi vuole riposarsi, anzi, ancorché fossero persone stanche ed addolorate, è tanta la morbidezza ed il piacere che prendono nel riposarsi sopra di questi oggetti, che nel risvegliarsi si trovano forti e sani. Tale è per Me l’anima conformata al mio Volere, ed Io in ricompensa mi faccio legare dalla sua volontà e vi faccio splendere il Sole Divino come nel pieno meriggio”.
(3) Detto ciò è scomparso. Dopo poi, avendo fatto la comunione è ritornato e mi ha trasportato fuori di me stessa. Vedevo molta gente, e Gesù che mi diceva:
(4) “Dille, dille che grande è il male che fanno col mormorare l’uno (del)l’altro, perché attirano la mia indignazione, e questo con giustizia, ché vedo che mentre sono soggetti alle stesse miserie e debolezze, non fanno altro che alzare tribunale uno contro del altro. Se così fanno tra loro, che farò Io che sono santo e puro, con loro? Con quella carità che si esercitano l’uno con l’altro, così mi sento tirato ad usare misericordia con loro”.
(5) Gesù lo diceva a me, ed io lo ripetevo a quelle gente, e dopo ci siamo ritirati.
(1) Questa mattina, avendo fatto la santa comunione, il mio dolce Gesù si faceva vedere crocifisso, ed internamente mi sentivo tirata a specchiarmi in Lui, per potermi rassomigliare a Lui, e Gesù si specchiava in me, per tirarmi alla sua rassomiglianza. Mentre così faceva, io mi sentivo infondere in me i dolori del mio crocifisso Signore, che con tutta bontà mi ha detto:
(2) “Il tuo alimento voglio che sia il patire, non come solo patire, ma come frutto della mia Volontà. Il bacio più sincero che lega più forte la nostra amicizia è l’unione dei nostri voleri, ed il nodo indissolubile che ci stringerà in continui abbracciamenti sarà il continuo patire”.
(3) Mentre ciò diceva, il benedetto Gesù si è schiodato ed ha preso la sua croce e la distendeva nell’interno del mio corpo, ed io vi rimanevo pure tanto distesa che mi sentivo slogare le ossa, di più, una mano, ma non so dire certo di chi era, mi trapassava le mani ed i piedi, e Gesù che stava seduto sulla croce che stava distesa nel mio interno, tutto si compiaceva del mio patire e di colui che mi trapassava le mani, ed ha soggiunto:
(4) “Adesso mi posso riposare tranquillamente, non ho da prendermi neppure il fastidio di crocifiggerti, perché l’ubbidienza vuole operare tutto essa, ed Io liberamente ti lascio nelle mani dell’ubbidienza”.
(5) E sfuggendo da sopra la croce, si è messo sopra il mio cuore per riposarsi. Chi può dire quanto sono lasciata sofferente, stando in quella posizione? Dopo essere stata lungo tempo, Gesù non si brigava di sollevarmi come le altre volte, per farmi ritornare nello stato mio naturale. Quella mano che mi aveva messo sulla croce non la vedevo più, lo dicevo a Gesù, che mi rispondeva:
(6) “Chi ti ha messo sulla croce? Sono stato forse Io? E’ stata l’ubbidienza, e l’ubbidienza ti deve togliere”.
(7) Pare che questa volta aveva voglia di scherzare, ed a somma grazia ho ottenuto che mi liberasse il benedetto Gesù.
(1) Questa mattina, trovandomi fuori di me stessa, ho dovuto girare e rigirare per trovare il benedetto Gesù. Per fortuna sono entrata dentro d’una chiesa e l’ho trovato sopra d’un altare dove si celebrava il divino sacrificio. Subito ho corso e me l’ho abbracciato dicendogli: “Finalmente vi ho trovato! Mi avete fatto tanto girare fino a stancarmi, e Voi stavate qui”. E Lui guardandomi serio, non con la solita sua benignità, mi ha detto:
(2) “Questa mattina mi sento molto amareggiato e mi sento tutta la necessità di mettere mano ai castighi per sgravarmi”.
(3) Io subito: “Caro mio, non è niente, rimedieremo subito, verserete in me le vostre amarezze e così lascerete sgravato, non è vero?”
(4) E Lui, condiscendendo al mio dire, ha versato in me le sue amarezze. Dopo poi, tutta stringendomi a Lui, come se si fosse liberato da un grave peso, ha soggiunto:
(5) “L’anima conformata al mio Volere si sa tanto infiltrare nella mia potenza, che giunge a legarmi tutto ed a suo piacere mi disarma come vuole. Ah! tu, tu, quante volte mi leghi!”
(6) E mentre cosi diceva ha preso il suo solito aspetto dolce e benigno.
(1) Trovandomi un po’ turbata sopra una cosa che non è qui necessario il dirlo, la mia mente voleva andare vagando per assicurarsi sulla mia turbazione e così restarmene in pace, ma il benedetto Gesù volendomi contraddire il mio volere, m’impediva che io potessi vedere ciò che volevo, e siccome io insistevo di voler vedere, mi ha detto:
(2) “Perché vuoi andare vagando? Non sai tu che chi esce dalla mia Volontà esce dalla luce e si confina nelle tenebre?”
(3) E volendomi quasi distrarre da ciò che io volevo, mi ha trasportato fuori di me stessa, e cambiando discorso ha soggiunto:
(4) “Vedi un po’ quanto mi sono ingrati gli uomini. Come la luce del sole riempie tutta la terra, da un punto all’altro, in modo che non vi è terra che non goda il beneficio della sua luce, non vi è persona che può lamentarsi d’essere priva dei suoi benefici influssi, tanto vero che il sole, investendo tutto l’universo, per poter dare luce a tutti, lo prende come in sua mano, solo può lamentarsi di non godere della sua luce chi sfuggendo dalla sua mano va a nascondersi in luoghi tenebrosi; eppure il sole continuando il suo caritatevole uffizio, non lascia da mezzo le sue dita di mandargli qualche spiraglio di luce; così la mia grazia è un’immagine del sole, che dappertutto inonda le gente, poveri e ricchi, ignoranti e dotti, cristiani ed infedeli, nessuno, nessuno può dire di esserne privo, perché la luce della verità e l’influsso della mia grazia riempie la terra, e più del sole nel suo pieno meriggio. Ma qual è la mia pena nel vedere le gente che, traversando questa luce ad occhi chiusi ed affrontando la mia grazia col torrente pestifero della loro iniquità, fuorviano da questa luce e volontariamente vivono in luoghi tenebrosi, in mezzo a nemici crudeli? Essi sono esposti a mille pericoli, perché non avendo luce, non possono conoscere chiaramente se si trovano in mezzo ad amici o nemici e sfuggire dai pericoli che li circondano.
(5) Ah! se il sole avesse ragione, e dagli uomini si potesse fare questo affronto alla sua luce, e che taluni giungendo a tale ingratitudine, che per indispettire e non vedere il suo chiarore, si cavassero gli occhi, e così restano più sicuri di vivere nelle tenebre, ahi! il sole invece di mandare luce, manderebbe lamenti e lacrime di dolore, da mettere sossopra tutta la natura! Eppure, ciò che si avrebbe orrore di rendere alla luce naturale, gli uomini giungono a tale eccesso, di affrontare in tal modo la mia grazia. Ma la mia grazia, sempre benigna con loro, in mezzo alle stesse tenebre ed alla follia della loro cecità, manda sempre barlumi di luce, perché la mia grazia mai lascia nessuno, ma l’uomo volontariamente se ne esce da essa, e la grazia non avendolo in sé, cerca di seguirlo coi barlumi della sua luce”.
(6) Mentre ciò diceva, il dolce Gesù era estremamente afflitto, ed io facevo, per quanto potevo, per consolarlo, pregandolo di versare in me le sue amaritudini, e Lui ha soggiunto:
(7) “Compatisci se ti sono causa di afflizione, perché di tanto in tanto mi sento tutta la necessità di sfogare in parole il mio dolore sulla ingratitudine degli uomini con le anime mie dilette, per muovere i loro cuori a ripararmi in un tanto eccesso, ed a compassione degli stessi uomini”.
(8) Ed io: “Signore, quello che vorrei è che non mi risparmiate di partecipare alle vostre pene”. E volendo io più dire, mi è scomparso e sono ritornata in me stessa.
(1) Questa mattina avendo fatto la santa comunione, vedevo il mio caro Gesù da Bambino, con una lancia in mano, in atto di volermi trapassare il cuore, e siccome avevo detto una cosa al confessore, Gesù, volendomi rimproverare mi ha detto: “Tu vuoi scansare il patire, ed Io voglio che incominci una nuova vita di sofferenze e di ubbidienza”.
(2) E mentre ciò diceva, mi ha trapassato il cuore con la lancia e poi ha soggiunto:
(3) “Come il fuoco arde secondo le legne che vi si mettono, così tiene maggiore attività nel bruciare e consumare gli oggetti che vi si menano dentro, e quanto maggiore il fuoco, altrettanto è maggiore il calore e la luce che contiene, così la sofferenza, e l’ubbidienza, per quanto è maggiore, altrettanto l’anima si rende abile a distruggere ciò che è materiale, e l’ubbidienza, come a molle cera, ne dà la forma che vuole”.