MaM
Messaggio del 22 febbraio 1986: Figli cari, sappiate che potrete accogliere l’amore divino solo se capirete che nelle croci Dio vi offre le sue grazie e il suo amore. Dio mette a vostra disposizione le sue grazie. Potete riceverne quante ne volete, dipende da voi. Perciò pregate, pregate, pregate!

Messaggi di altre apparizioni

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

3-70 Maggio 17, 1900 Potenza delle anime vittime.

(1) Continua lo stesso stato di privazione e di abbandono. Onde, trovandomi fuori di me stessa vedevo un’inondazione d’acqua mista con grandine, che pareva che varie città ne restavano inondate con notabile danno. Mentre ciò vedevo, mi trovavo in grande costernazione perché volevo impedire quell’inondazione, ma siccome mi trovavo sola, molto più che non avevo meco Gesù, quindi le mie povere braccia me le sentivo deboli per poter ciò fare. Onde, con mia sorpresa ho veduto venire (mi pareva che fosse dall’America) una vergine, e lei da un punto ed io dall’altro, siamo riuscite ad impedire in gran parte il flagello che ci minacciava. Dopo ciò, essendoci riunite insieme, scorgevo quella vergine con le insegne della passione e coronata con corona di spine, come pure mi trovavo io, ed una persona che mi pareva che fosse angelo, che diceva:

(2) “Oh! potenza delle anime vittime! Ciò che non è dato a noi, angeli, di fare, con le loro sofferenze, possono far loro. Oh! se gli uomini sapessero il bene che viene da loro, perché stanno per il bene pubblico e particolare, non farebbero altro che implorare da Dio che moltiplicasse queste anime sulla terra”.

(3) Dopo ciò, avendoci detto che ci raccomandassimo a vicenda al Signore, ci siamo separate.

3-71 Maggio 18, 1900 Riempire l’interno di Dio.

(1) Trovandomi ancor priva dell’adorabile mio Gesù, al più qualche ombra, oh! quanto mi costa amaro, quante lacrime mi conviene versare! Questa mattina, dopo aver molto aspettato e ricercato, l’ho trovato nel mio stesso letto, tutto afflitto, con la corona di spine che gli trafiggeva la testa; gliel’ho tolta pian piano e l’ho messa sulla mia. Oh! quanto mi vedevo cattiva innanzi alla sua presenza! Non avevo forza di dire una sola parola. Gesù, avendo di me compassione, mi ha detto:

(2) “Fatti cuore, non temere, cerca di riempire il tuo interno di Me e di impinguarlo di tutte le virtù, fino a traboccarne fuori, e quando giungerai a farne il trabocco, allora ti porterò nel Cielo e finiranno tutte le tue privazioni”.

(3) Dopo ciò, ha soggiunto prendendo un’aria afflitta: “Figlia mia, prega, ché stanno preparati tre distinti giorni, uno lontano dall’altro, di tempeste, grandine, fulmini, inondazioni, che faranno gran danno agli uomini ed alle piante”.

(4) Detto ciò è scomparso, lasciandomi un po’ più sollevata nello stato in cui mi trovo, ma con un pensiero: Chi sa quando farò questo trabocco fuori? E se non lo faccio mai, mi converrà forse starmene sempre lontana da Lui?

3-72 Maggio 20, 1900 Tutte le cose dal nulla hanno principio. Necessità del riposo e del silenzio interno.

(1) Trovandomi fuori di me stessa, mi pareva che fosse di notte e vedevo tutto l’universo, tutto l’ordine della natura, il cielo stellato, il silenzio notturno, insomma, mi pareva che tutto avesse un significato. Mentre ciò vedevo, mi pareva che vedessi Nostro Signore, che prendendo la parola su ciò che vedevo ha detto:

(2) “Tutta la natura invita ad un riposo, ma qual è il vero riposo? E’ il riposo interno ed il silenzio di tutto ciò che non è Dio. Vedi, le stelle scintillanti di luce temperata, non abbagliante come il sole; il sonno ed il silenzio di tutta la natura, degli uomini e fin degli animali, che tutti cercano un luogo, una tana dove starsene in silenzio e riposarsi della stanchezza della vita. Se ciò è necessario per il corpo, molto più per l’anima è necessario di riposarsi nel suo proprio centro che è Dio. Ma per potersi riposare in Dio è necessario il silenzio interno, come al corpo è necessario il silenzio esteriore per potersi placidamente addormentare. Ma, qual è questo silenzio interiore? E’ di far zittire le proprie passioni col tenerle apposto, d’imporre silenzio ai desideri, alle inclinazioni, agli affetti, insomma, a tutto ciò che non chiama Dio. Or, qual è il mezzo per giungere a ciò? L’unico mezzo ed assolutamente necessario, è di disfare il proprio essere e ridursi al nulla, come era prima che fosse creata, e quando avrà ridotto al nulla il suo essere, riprenderlo in Dio.

(3) Figlia mia, tutte le cose dal nulla hanno principio, questa stessa macchina dell’universo che tu rimiri con tanto ordine, se prima di crearla fosse stata ripiena d’altre cose, non avrei potuto mettere la mia mano creatrice per farla con tanta maestria e renderla tanto splendida ed ornata, al più avrei potuto disfare tutto ciò che ci poteva essere, e poi rifarla come a Me piaceva; ma siamo sempre lì, che tutte le mie opere dal nulla hanno principio, e quando c’è mischianza di altre cose, non è decoro della mia maestà scendere ed operare nell’anima, ma quando l’anima si riduce al nulla, e vi sale a Me, e prende il suo essere nel mio, allora Io vi opero da quel Dio che sono, e l’anima vi trova il vero riposo. Eccoti che tutte le virtù, dall’umiltà e dall’annientamento di sé stesso hanno principio”.

(4) Chi può dire quanto comprendevo su ciò che mi diceva il benedetto Gesù? Oh! come felice sarebbe l’anima mia se potessi giungere a disfare il mio povero essere, per poter ricevere dal mio Dio il suo Essere Divino! Oh! come mi nobiliterei, come resterei santificata! Ma quale sciocchezza è la mia, dove mi abbia il cervello, se ancor non lo faccio? Che miseria umana, che invece di cercare il suo vero bene e di prendere il suo volo in alto, si contenta di arrampicarsi per terra e di vivere nel fango e nel marciume!

(5) Dopo ciò il mio diletto Gesù mi trasportò dentro un giardino, dove c’era molta gente che si preparavano ad assistere ad una festa, ma solo quelli che ricevevano una divisa vi potevano assistere, ma pochi erano quelli che ricevevano questa divisa; a me venne una gran voglia di riceverla, e tanto ho fatto che ho ottenuto l’intento. Onde giunta al punto dove si riceveva, una matrona veneranda, primo mi ha vestito di bianco, poi mi ha messo una tracolla celeste, in cui pendeva una medaglia improntata del volto di Gesù, e che mentre era volto era insieme specchio, che rimirandolo si scorgeva le più piccole macchie, che l’anima, col aiuto d’una luce che veniva da dentro di quel volto, facilmente si poteva togliere. Mi pareva che quella medaglia racchiudesse un senso misterioso. Dopo ha preso un manto d’oro finissimo e tutta mi ha coperto. Mi pareva che così vestita potessi gareggiare con le vergini comprensori. Mentre ciò succedeva, Gesù mi ha detto:

(6) “Figlia mia, ritorniamo a vedere ciò che fanno gli uomini, basta che sei vestita, quando sarà la festa allora ti porterò ad assistere”.

(7) Così, dopo aver girato un poco, mi ha trasportato nel mio letto.

3-73 Maggio 21, 1900 Il stato più sublime è il disfare il nostro volere nel Volere di Dio, e vivere della sua Volontà.

(1) Questa mattina il mio adorabile Gesù non ci veniva; onde dopo molto aspettare è venuto e carezzandomi mi ha detto:

(2) “Figlia mia, sai tu la mia mira qual è su di te? E lo stato che voglio da te?”

(3) E soffermandosi un poco ha soggiunto: “La mira che ho su di te non è di cose prodigiose, e di tante cose che potrei operare su di te per mostrare l’opera mia, ma la mia mira è di assorbirti nella mia Volontà e di farne una sola, e di lasciare di te un esemplare perfetto di uniformità del tuo con il mio Volere. Ma ciò è lo stato più sublime, è il prodigio più grande, è il miracolo dei miracoli che di te intendo fare.

(4) Figlia mia, per giungere perfettamente a fare uno il nostro Volere, l’anima deve rendersi invisibile, deve imitare Me, che mentre riempio il mondo col tenerlo assorbito in Me e col non restare assorbito in esso, mi rendo invisibile, che da nessuno mi lascio vedere. Ciò significa che non c’è nessuna materia in Me, ma tutto è purissimo Spirito, e se nella mia umanità assunta presi la materia, fu per rassomigliarmi in tutto all’uomo e dargli un esemplare perfettissimo di come spiritualizzare questa stessa materia. Onde l’anima deve tutto spiritualizzare e giungere a rendersi invisibile per poter formare facilmente una la sua volontà con la mia Volontà, perché ciò che è invisibile può essere assorbito in un’altro oggetto. Di due oggetti, che si vuol formare uno solo, è necessario che uno ne perda la propria forma, altrimenti mai si giungerebbe a formare un solo essere.

(5) Quale fortuna sarebbe la tua se distruggendo te stessa, fino a renderti invisibile, potessi ricevere una forma tutta divina! Anzi, tu col restare assorbita in Me ed Io in te, formando un solo essere, verresti a ritenere in te la fonte divina, e siccome la mia Volontà contiene ogni bene che ciò può mai essere, verresti a ritenere tutti i beni, tutti i doni, tutte le grazie e non avresti a cercarli altrove ma in te stessa. E se le virtù non hanno confini, stando nella mia Volontà, secondo che la creatura può giungere troverà il loro termine, perché la mia Volontà fa giungere ad acquistare le virtù più eroiche e più sublimi che la creatura non può sorpassare.

(6) E’ tanta l’altezza della perfezione dell’anima disfatta nel mio Volere, che giunge ad operare come Dio, e questo non è meraviglia, perché siccome non vive più la sua volontà in essa, ma la Volontà di Dio medesimo, cessa ogni stupore se vivendo con questa Volontà possiede la potenza, la sapienza, la santità e tutte le altre virtù che contiene lo stesso Dio. Basta dirti, per fare che tu t’innamori e cooperi quanto puoi da parte tua per giungere a tanto, che l’anima che giunge a vivere del solo mio Volere è regina di tutte le regine ed il suo trono è tant’alto, che giunge fino al trono dell’Eterno, ed entra nei segreti dell’Augustissima Triade e partecipa all’amore reciproco del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Oh! come tutti gli angeli e santi la onorano, gli uomini l’ammirano e i demoni la temono, scorgendo in lei l’Essere Divino!”

(7) “Ah! Signore, quando mi farete giungere a questo, perché da me niente posso!” Or, chi può dire ciò che il Signore infondeva in me con luce intellettuale su questa uniformità di voleri? E’ tanta l’altezza dei concetti, che la mia lingua non bene dirozzata, non ha parole come esprimerli. Appena ho potuto dire questo poco, sebbene spropositando, di ciò che il Signore con luce vivissima mi fece comprendere.

3-74 Maggio 26, 1900 Il volere di Luisa è uno con quello di Gesù.

(1) Trovandomi molto afflitta per la privazione del mio adorabile Gesù, al più ad ombra ed a lampi, sento proprio che non posso più tirare innanzi se Lui vuole continuare più oltre! Onde, trovandomi nel sommo dell’afflizione, per un poco si è fatto vedere tutto stanco, come se avesse bisogno di un ristoro, e menando le sue braccia al mio collo mi ha detto:

(2) “Diletta mia, portami dei fiori e circondami tutto, ché Mi sento languire d’amore. Figlia mia, l’odoroso profumo dei tuoi fiori mi sarà di ristoro e vi porrà un rimedio ai miei mali, che languisco e vengo meno”.

(3) Ed io subito ho soggiunto: “E Voi, diletto mio Gesù, datemi dei frutti, ché l’ozio ed lo scarso patire aumentano talmente il mio languire, che vengo meno, fino a sentirmi morire. Ed allora non solo dei fiori, ma potrò darvi dei frutti, per poter maggiormente ristorare il vostro languire”. E Gesù ha ripreso il suo dire e mi ha detto:

(4) “Oh! come ci combiniamo bene, non è vero? Pare che il tuo volere è uno col Mio”.

(5) Per un momento pare che sono lasciata sollevata, come se volesse cessare lo stato in cui mi trovavo, ma dopo poco mi sono trovata immersa nello stesso letargo di prima, priva del mio Sommo Bene, abbandonata e sola.

3-75 Maggio 27, 1900 L’amore e la grazia penetrano nelle più intime parti dell’uomo.

(1) Questa mattina, sentendomi più che mai afflitta per la privazione del mio sommo bene, quando appena mi si è fatto vedere mi ha detto:

(2) “Come un vento impetuoso investe le persone e penetra fin nelle viscere, in modo da scuotere tutta la persona, così il mio amore e la mia grazia impennandosi sulle ali dei venti, investe e penetra nel cuore, nella mente e nelle più intime parti dell’uomo. Con tutto ciò, l’uomo ingrato respinge la mia grazia e Mi offende. Quale non è il mio acerbo dolore!”

(3) Io però me ne stavo tutta confusa e annientata in me stessa e non ardivo di dire una parola. Solo pensavo: “Com’è che non viene? Ed anche a venire non lo veggo chiaro, pare che ho perduto la chiarezza. Chi sa se lo vedrò svelato il suo bel Volto, come prima?” Mentre così pensavo, il mio benigno Gesù ha soggiunto:

(4) “Figlia mia, perché temi se il tuo stato è in excelsis per l’unione dei nostri voleri?”

(5) E volendomi rincuorare e compatire lo stato mio doloroso mi ha detto:

(6) “Tu sei il mio novello Giobbe. Non ti opprimere soverchio se non mi vedi con chiarezza, te lo dissi fin dall’altro giorno, che non ci vengo secondo il solito ché voglio castigare le gente, e se tu mi vedresti con chiarezza, verresti a comprendere ciò che Io sto facendo, ed il tuo cuore siccome ha ricevuto l’innesto del mio, quindi conosco Io quello che tu verresti a soffrire, come sta soffrendo il mio cuore ché mi veggo costretto a castigare le mie creature. Onde per risparmiarti queste pene non mi faccio vedere con chiarezza”.

(7) Chi può dire le trafitture che ha lasciato al mio povero cuore! Ah! Signore, datemi la forza a sostenere il dolore!

3-76 Maggio 29, 1900 Minaccia di castighi

(1) Continuando a stare nello stesso stato, mi sentivo tutta oppressa e avevo tutta la necessità d’un sostegno per poter sopportare la privazione del mio somme Bene. Il benedetto Gesù, avendo di me compassione, per qualche minuti ha mostrato il suo Volto da dentro il mio cuore, ma però non con chiarezza, e facendomi sentire la sua soavissima voce mi ha detto:

(2) “Coraggio figlia mia un altro poco, lasciami finire di castigare che dopo ci verrò come prima”.

(3) Mentre così diceva, nella mia mente dicevo: “Quali sono i castighi che hai incominciato a mandare?” E lui ha soggiunto:

(4) “La pioggia continuata è più che grandine, che sta facendo e vi porterà delle tristi conseguenze sopra le gente”.

(5) Detto ciò, è scomparso ed io mi sono trovata fuori de mi stessa, dentro d’un giardino, e da lì dentro si vedeva i raccolti disseccati e le vigne, e dentro di me andavo dicendo: “Povere gente, povere gente, come faranno?” Mentre così dicevo, dentro a quel giardino vi era un ragazzino che piangeva e gridava tanto forte, che assordava Cielo e terra, ma nessuno aveva di lui compassione, sebbene lo sentivano tutti che così piangeva tanto, si brigavano di lui e lo lasciavano abbandonato e solo. Un pensiero mi è balenato: “Chi sa che non fosse Gesù?” Ma non ne sono rimasta certa. Onde, avvicinandomi a Lui, ho detto: “Che hai che piangi, bambino caro? Vuoi venire insieme con me, giacché tutti ti hanno lasciato in preda alle lacrime ed al dolore, che tanto t’opprime che ti fa gridare così forte?” Ma che! Chi poteva quietarlo? Appena con singulti ha risposto che sì, che se ne voleva venire. Onde l’ho preso per mano per condurlo insieme con me e nell’atto stesso di ciò fare mi sono trovata in me stessa.

3-77 Giugno 3, 1900 La mancanza di stima delle persone altrui, è mancanza di vera umiltà.

(1) Trovandomi nello stesso stato, questa mattina, per qualche poco ho visto il mio adorabile Gesù, che se ne stava dentro del mio cuore, che dormiva ed il suo sonno attirava l’anima mia ad assonnarmi insieme con Lui, tanto che mi sentivo tutte le interiori potenze tutte addormentate, senza più agire. Delle volte mi sforzavo di uscire da quel sonno, ma non potevo, quando per poco si è destato il benedetto Gesù e ha mandato tre volte il suo alito dentro di me, e mi pareva che Lui restasse tutto assorbito in me. Dopo mi pareva che Gesù se li attirasse un’altra volta dentro di Sé quei tre aliti che mi aveva mandato, ed io mi sono trovata tutta trasformata in Lui. Chi può dire ciò che succedeva in me da questi soffi divini? Da quell’unione inseparabile tra me e Gesù non ho parole ad esprimerla! Dopo ciò pare che mi sono potuta destare e Gesù, rompendo il silenzio mi ha detto:

(2) “Figlia mia, ho guardato e riguardato, ho cercato e ricercato, scorrendo per tutta la terra, ma in te ho fissato i miei sguardi e ho trovato le mie compiacenze, e ti ho eletta tra mille”.

(3) Poi, volgendosi a certe persone che vedevo, le ha riprese col dir loro:

(4) “La mancanza di stima delle persone altrui, è mancanza di vera umiltà cristiana e di dolcezza, perché uno spirito umile e dolce sa rispettare tutti ed interpreta sempre a bene i fatti altrui”.

(5) Detto ciò è scomparso, senza dirgli neppure una parola. Sia sempre benedetto che così vuole, e tutto sia per sua gloria.

3-78 Giugno 6, 1900 Luisa nella forma di crocifissa, risparmia alcuni castighi sopra Corato.

(1) Siccome continuava il mio adorabile Gesù a non farsi vedere con chiarezza, questa mattina, avendo fatto la comunione, il confessore ha messo l’intenzione della crocifissione; mentre mi trovavo in quelle sofferenze, il benedetto Gesù, quasi tirato dalle mie pene, si è mostrato con chiarezza. Oh! Dio, chi può dire le sofferenze che soffriva Gesù e lo stato violento in cui si trovava, che mentre era costretto a mandare i castighi, faceva tale violenza, che non voleva mandarli! Faceva tale compassione nel vederlo in questo stato, che se gli uomini lo potessero vedere, ancorché i loro cuori fossero di diamante, si spezzerebbero per tenerezza come fragile vetro. Onde ho incominciato a pregarlo che si placasse e che si contentasse di farmi soffrire a me e risparmiasse il popolo. Poi ho soggiunto: “Signore, se non volete dare ascolto alle mie preghiere, conosco che lo merito. Se non volete avere compassione dei popoli, ne avete ragione, perché grandi sono le nostre iniquità, ma vi chiedo in grazia che avete compassione di Voi stesso, abbiate pietà della violenza che vi fate nel punire le vostre immagini. Ah! si, ve lo chiedo per amor di Voi stesso, che non mandiate castighi, fino a togliere il pane ai vostri figli e farli perire. Ah, no! non è della natura del vostro cuore operare in questo modo, ecco perciò la violenza che provate, che se avesse potere vi darebbe la morte”.

(2) E Lui, tutto afflitto mi ha detto: “Figlia mia, è la giustizia che mi fa violenza, e l’amore che ho verso degli uomini mi usa violenza più forte, da mettere il mio cuore in angosce di morte nel punire le creature”.

(3) Ed io: “Perciò Signore, scaricate sopra di me la giustizia, ed il vostro amore non sarà più violentato dalla giustizia e non si troverà in contrasto di castigare le gente, ché davvero, come faranno se Voi fate come mi fate comprendere, di disseccare tutto ciò che serve all’alimento dell’uomo? Deh! vi prego, lasciatemi soffrire a me e risparmiate loro, se non in tutto almeno in parte”.

(4) E Gesù, come se si vedesse costretto dalle mie preghiere, si è avvicinato alla mia bocca ed ha versato dalla sua un poco d’amarezza, densa e stomachevole, che appena trangugiata mi ha prodotto tali e tante specie di pene che mi sentivo morire. Allora il benedetto Gesù, sostenendomi in quelle pene, altrimenti sarei lasciata vittima (eppure non era stato altro che un poco che aveva versato, che sarà del suo cuore adorabile, che tanto ne conteneva?), ha mandato un sospiro come se si avesse sollevato da un peso e mi ha detto:

(5) “Figlia mia, la mia giustizia aveva deciso di distruggere tutto, ma ora, sgravandosi un poco sopra di te, per amor tuo concede un terzo di ciò che serve all’alimento dell’uomo”.

(6) Ed io: “Ah! Signore, è troppo poco, almeno metà!”

(7) E Lui: “No figlia mia, contentati”.

(8) Ed io: “No Signore, almeno se non volete contentarmi per tutti, contentatemi per Corato e per quelli che mi appartengono”.

(9) E Gesù: “Oggi sta preparata una grandine che deve fare gran danno. Tu stai coi dolori della croce; esci fuori di te stessa ed in forma di crocifissa va nell’aria e metti in fuga i demoni da sopra Corato, ché alla forma crocifissa non potranno resistere e andranno altrove”.

(10) Così sono uscita fuori de mi stessa, crocifissa, ed ho visto la grandine e i fulmini che stavano per scoppiare sopra Corato. Chi può dire lo spavento dei demoni, come se la davano a gambe alla vista della mia forma crocifissa, come si morsicavano le dita per rabbia e giungevano a prenderla contro del confessore, che questa mattina mi aveva dato l’ubbidienza di soffrire la crocifissione, giacché con me non se la potevano prendere, anzi, erano costretti a fuggire da me per il segno della redenzione che vi scorgevano. Onde, dopo d’averli messi in fuga, me ne sono ritornata in me stessa, trovandomi con una buona dose di patimenti. Sia tutto per la gloria di Dio.

3-79 Giugno 7, 1900 Gesù le consegna le chiavi della giustizia ed una luce per svelarla.

(1) Siccome mi trovavo in qualche modo sofferente, mi pareva che quelle sofferenze erano una dolce catena che tiravano al mio buono Gesù a farlo venire quasi continuo, e mi pareva che quelle pene chiamavano Gesù a farlo versare in me altre amarezze. Onde, nel venire, or mi sosteneva nelle sue braccia per darmi forza, ed ora versava di nuovo. Io però di tanto in tanto gli dicevo: “Signore, adesso sento in me parte delle vostre pene, vi prego di contentarmi, come vi dissi ieri di darmi almeno la metà di ciò che serve ad alimento dell’uomo”.

(2) E Lui: “Figlia mia, per contentarti ti consegno le chiavi della giustizia e la conoscenza di quanto è necessario assolutamente di punire l’uomo, e con ciò farai quello che ti piace, non ne sei tu contenta?”

(3) Nel sentire dirmi ciò mi consolai e dicevo nel mio interno: “Se starà a me, non castigherò affatto nessuno”. Ma quanto restai disingannata quando il benedetto Gesù mi diede una chiave, e mi mise in mezzo ad una luce, che guardando da mezzo quella luce scorgevo tutti gli attributi di Dio, come pure quello della giustizia. Oh! come è tutto ordinato in Dio! E se la giustizia punisce, è ordine; e se non punisse, non starebbe in ordine cogli altri attributi. Onde mi vedevo misero verme in mezzo a quella luce, che se volessi impedire il corso alla giustizia, guasterei l’ordine, ed andrei contro degli uomini stessi, perché comprendevo che la stessa giustizia è amore purissimo verso di loro. Onde mi sono trovata tutta confusa e imbarazzata, perciò per sbarazzarmi, ho detto a Nostro Signore: “Con questa luce di cui mi avete circondato, capisco le cose diversamente, e se lascereste fare a me, farei peggio che Voi, perciò non accetto questa conoscenza e vi rinunzio le chiavi della giustizia; quello che accetto e voglio è che facciate soffrire me e che risparmiate le gente; del resto non voglio saperne niente”.

(4) E Gesù, sorridendo al mio dire mi ha detto:

(5) “Come subito vuoi sbarazzarti, non volendo conoscere nessuna ragione e volendomi fare più forte violenza te ne vuoi uscire con due parole: Fasciate soffrire a me e risparmiate loro!”

(6) Ed io: “Signore, non è che non voglio sapere ragione, ma è perché non è uffizio mio, ma vostro. Il mio uffizio è quello d’essere vittima, perciò Voi fate il vostro uffizio ed io faccio il mio, non è vero mio caro Gesù?”

(7) E Lui, mostrando come un’approvazione, mi è scomparso.