(1) La mia povera mente me la sentivo immersa nelle pene del mio amabile Gesù, e siccome mi era stato detto che sembrava impossibile che Gesù potesse soffrire tante morti e tante pene per ciascuno come sta detto di sopra, il mio Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, il mio Volere contiene il potere di tutto, bastava che solo il volesse, che ciò potesse succedere; e se ciò non fosse, allora il mio Volere, nel potere, doveva contenere un limite, mentre in tutte le cose mie sono senza limiti ed infinito, ed è perciò che tutto ciò che voglio, faccio. Ah! quanto poco sono compreso dalle creature, perciò non amato. Onde, vieni tu nella mia Umanità, e ti farò veder e toccare con mano ciò che ti ho detto”.
(3) In questo mentre mi son trovata in Gesù, cui l’era inseparabile la Divinità ed il Volere Eterno; e questo Volere, sol che lo voleva, creava le morti ripetute, le pene senza numero, i colpi senza flagelli, le punture acutissime senza spine, con una facilità, come quando con un solo Fiat creava miliardi di stelle, non ci vollero tanti Fiat per quante stelle creava, ma bastò uno solo; ma con ciò non uscì alla luce una sola stella e le altre rimasero nella mente divina, oppure nell’intenzione, ma tutte in realtà uscirono, e ciascuna ebbe la luce propria per ornare la nostra atmosfera; così pareva nel cielo dell’Umanità santissima di Nostro Signore, che il Divin Volere col suo Fiat creatore, creava la vita e la morte per quante volte voleva. Onde, trovandomi in Gesù, mi son trovata a quel punto quando Gesù soffriva la flagellazione dalle mani divine solo che il Voler Eterno l’ha voluto, senza colpi, senza sferze, le carni dell’Umanità di Gesù cadevano a brandelli, si formavano i solchi profondi, ma in modo sì straziante nelle parti più intime. Era tanta l’ubbidienza di Gesù a quel Voler Divino, che da per sé stessa si scioglieva, ma in modo sì doloroso, che la flagellazione che gli davano i Giudei, si può dire che fu l’immagine, o l’ombra di quella che subiva da parte del Voler Eterno, e poi, solo che il Voler Divino voleva, quell’Umanità si componeva; così succedeva quando subiva le morti per ciascun’anima, e tutto il resto. Io ho preso parte a queste pene di Gesù, ed oh! come comprendevo al vivo che il Voler Divino può farci morire quante volte vuole e poi ridarci la vita. Oh! Dio, sono cose inenarrabili, eccessi d’amore, misteri profondi, quasi inconcepibili a mente creata; io mi sentivo incapace di ritornare alla vita, all’uso dei sensi, al moto dopo quelle pene sofferte ed il mio benedetto Gesù mi ha detto:
(4) “Figlia del mio Volere, il mio Volere ti ha dato le pene ed il mio Volere ti ridona la vita, il moto e tutto. Ti chiamerò spesso nella mia Divinità a prendere parte alle tante morti e pene che in realtà soffrii per ciascun’anima, non come pensano alcuni, che fu solo nella mia Volontà o che solo intendevo di dar vita a ciascuno. Falso! falso! non conoscono il prodigio, l’amore ed il potere del mio Volere; tu che ne hai conosciuto in qualche modo la realtà delle tante morti subite per tutti, non metterne dubbio, ma amami e siimi riconoscenti per tutti, e starai pronta quando il mio Volere ti chiami”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, mi son trovata fuori di me stessa e vedevo tutto l’ordine delle cose create, ed il mio dolce Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, vedi che armonia, che ordine in tutte le cose create e come tutte uscirono a vita dal Fiat eterno, sicché tutto mi costò un Fiat. La più piccola stella come il fulgido e splendido sole, la più piccola pianta come il grande albero, il piccolo insetto come l’animale più grande pare che dicono tra loro: “Siamo nobili creature, la nostra origine è il Voler Eterno, tutti abbiamo l’impronta del Fiat Supremo, è vero che siamo distinti e dissimili tra noi, abbiamo diversità di uffici, di calore, di luce, ma ciò dice nulla, uno è il nostro valore: Il Fiat di un Dio. Unica la vita e la nostra conservazione: Il Fiat della Maestà Eterna”. Oh! come il creato parla eloquentemente della potenza del mio Volere e insegna che dalla cosa più grande alla più piccola, uno è il valore ché hanno vita dal Voler Divino, difatti, una stella direbbe al Sole: “E’ vero che tu hai molta luce e calore, il tuo ufficio è grande, i beni immensi; quasi la terra da te dipende, tanto che io faccio nulla al tuo confronto, ma tale ti fece il Fiat d’un Dio, sicché il nostro valore è uguale, la gloria che diamo al nostro Creatore è tutta simile”.
(3) Poi ha soggiunto con un accento più afflitto: “Non fu così nel creare l’uomo. E’ vero che la sua origine è il mio Fiat, ma non mi bastò, preso da eccesso d’amore lo alitai, volendo infondergli la mia stessa Vita, lo dotai di ragione, lo feci libero e lo costituii re di tutto il creato; ma l’uomo ingrato, come mi ha corrisposto? Tra tutto il creato, solo lui si è reso il dolore del mio cuore, la nota discordante, e poi, che dirti del mio lavorio nella santificazione delle anime? Non un solo Fiat, non uno il mio alito, ma metto a loro disposizione la mia stessa Vita, il mio amore, la mia sapienza; ma quante ripulse, quante sconfitte riceve il mio amore, ah! figlia mia, compatisci al mio duro dolore e vieni nel mio Volere a sostituirmi l’amore di tutta l’umana famiglia, per raddolcirmi il mio cuore trafitto”.
(1) Continuando il mio solito stato, il mio dolce Gesù è venuto tutto stanco, in atto di chiedermi aiuto, e poggiando il suo cuore sul mio, mi faceva sentire le sue pene; ogni pena che sentivo era capace di darmi morte, ma Gesù, sostenendomi mi dava la forza a non morire. Poi, guardandomi mi ha detto:
(2) “Figlia mia, pazienza, in certi giorni mi sono più che mai necessarie le tue pene, per fare che il mondo non facesse tutto una fiamma, perciò voglio farti più patire”.
(3) E con una lancia che ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
(1) Stavo fondendomi nel Voler Santo del mio sempre amabile Gesù, ed insieme col mio Gesù la mia intelligenza si perdeva nell’opera della Creazione, adorando e ringraziando per tutto e per tutti la Maestà Suprema, ed il mio Gesù, tutto affabilità mi ha detto:
(2) “Figlia mia, nel creare il cielo, prima creai le stelle come astri minori e poi creai il sole, astro maggiore, dotandolo di tale luce da eclissare tutte le stelle, come nascondendole in sé, costituendolo re delle stelle e di tutta la natura. E’ mio solito fare prima le cose minori, come ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
(1) Continuando il mio solito stato, mi sentivo tutta afflitta, ed il mio sempre amabile Gesù nel venire mi ha stretto, e cingendomi col suo braccio il collo, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, che hai? La tua afflizione pesa sul mio cuore e mi trafigge più che le stesse mie pene; povera figlia, tu hai compatito tante volte Me, e preso su di te le mie pene; ora voglio compatire te e prendere Io la tua pena”.
(3) E mi stringeva tutta al suo cuore, e tirandomi fuori di me stessa ha soggiunto:
(4) “Sollevati figlia mia, vieni nella mia Divinità per poter meglio comprendere e vedere ciò che faceva la mia Umanità a pro delle creature”.
(5) Io non so dire ciò che ho compreso, in molte cose mi mancano i vocaboli, dico solo quello che mi ha detto il mio dolce Gesù:
(6) “Figlia mia, la mia Umanità fu il solo organo che riordinò l’armonia tra il Creatore e la creatura. Io feci per ciascun’anima tutto ciò che erano obbligate verso il loro Creatore, non escludendo neppure le stesse anime perdute, perché di tutte le cose create dovevo dare al Padre gloria, amore e soddisfazione completa, con questa sola differenza: Che le anime che in qualche modo soddisfanno ai loro doveri verso il Creatore, che quasi nessuna giunge a soddisfarli tutti, alla mia si unisce la loro gloria, e tutto ciò che fanno resta come innestato nella mia; le perdute restano come membra inaridite, che mancando gli umori vitali, non sono atte a ricevere nessuno innesto del bene che ho fatto per loro, ma solo atte di bruciare nel fuoco eterno. Sicché la mia Umanità restituì l’armonia perduta tra creature e Creatore, e la suggellò a prezzo di sangue e di pene inaudite”.
(1) Vivo tra privazioni ed amarezze, solo il Volere del mio Gesù è l’unica mia forza e vita. Onde, per poco il mio dolce Gesù si è fatto vedere nel mio interno, tutto afflitto e pensoso, sostenendosi la fronte con la sua stessa mano. Io nel vederlo così afflitto gli ho detto: “Gesù, che hai così afflitto e pensoso?” E Lui guardandomi mi ha detto:
(2) “Ah! figlia, da dentro il tuo cuore sto divedendo la sorte del mondo, il tuo cuore è il centro del mio trono sulla terra, e dal mio centro guardo il mondo, le loro pazzie, il precipizio che stanno preparando, ed Io come messo da parte, come se nulla fosse per loro, ed Io son costretto non solo a tirare la luce della grazia, ma anche della stessa ragione naturale, per confonderli e farli toccare con mano, chi è l’uomo e che può fare l’uomo, e da dentro il tuo cuore lo guardo e piango e prego per l’uomo ingrato, e voglio te insieme con Me, a piangere e pregare, e soffrire per mio sollievo e compagnia”.
(3) Ed io: “Povero mio Gesù, quanto ti compatisco. Ah! sì, piangerò e pregherò insieme con Te, ma dimmi amor mio, com’è possibile che il mio cuore sia il centro del tuo trono sulla terra, mentre ci sono tante anime buone in cui Tu dimori, mentre io sono tanto cattiva?” E Lui ha soggiunto:
(4) “Anche in Cielo vi ho il centro del mio trono; mentre son vita di ciascun beato, e coll’essere vita di ciascun beato non escludo che vi ho un trono dove risiede come punto di centro, tutta la mia Maestà, la mia onnipotenza, immensità, bellezza e sapienza, ecc., cui ciascun beato non può contenermi, non essendo loro capaci di contenere tutta l’immensità del mio Essere. Così in terra vi ho il mio centro; mentre dimoro negli altri, vi ho il mio punto di centro da dove decido, comando, opero, benefico, castigo, ciò che non faccio nelle altre dimore. E sai perché ho scelto te come luogo di centro? Perché ti ho scelto a far vita nel mio Volere, e chi vive nel mio Volere è capace di contenermi tutto come punto del mio centro, perché lei vive nel centro del mio Essere, ed Io vivo nel centro del suo; ma mentre vivo nel suo centro, vivo come se stessi nel mio proprio centro; mentre chi non vive nel mio Volere, non può abbracciarmi tutto, sicché al più posso dimorare, ma non erigervi il mio trono. Ah! se tutti capissero il gran bene del vivere nel mio Volere, farebbero a gara, ma ahimè! quanti pochi lo capiscono, e vivono più in sé stessi che in Me”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, stavo pensando alle pene del mio adorabile Gesù, specie a quelle che le fece patire la Divinità alla santissima Umanità di Nostro Signore. In questo mentre, mi son sentita tirare dentro del cuore del mio Gesù, e vi prendevo parte alle pene del suo cuore santissimo che gli faceva soffrire la Divinità nel corso della sua Vita sulla terra. Queste pene sono ben diverse da quelle che il benedetto Gesù soffrì nel corso della sua Passione per mano dei giudei, sono pene che quasi non si possono dire. Io, da quel poco che prendevo parte, so dire che vi sentivo un doloro acuto, acerbo, accompagnato da uno strappo dello stesso cuore, da sentirmi in realtà morire; che poi Gesù quasi con un prodigio del suo amore mi ridava la vita. Onde il mio dolce Gesù, dopo che ho sofferto, mi ha detto:
(2) “Figlia delle mie pene, sappi che le pene che mi diedero i giudei furono ombra a quelle che mi diede la Divinità, e ciò era giusto per ricevere piena soddisfazione. L’uomo, peccando, non solo offende la Maestà Suprema esternamente, ma anche internamente, e deturpa nel suo interno la parte divina che gli fu infusa nel crearlo, sicché il peccato prima si forma nell’interno dell’uomo, e poi esce all’esterno, anzi, molte volte è la parte più minima che esce all’esterno, il molto resta nell’interno. Ora, le creature erano incapaci di penetrare nel mio interno e farmi soddisfare con pene la gloria del Padre, che con tante offese del loro interno gli avevano negato; molto più che queste offese ferivano la parte più nobile della creatura, qual è l’intelletto, la memoria e la volontà, dove vi è suggellata l’immagine divina; chi doveva dunque prendere quest’impegno, se la creatura era incapace? Perciò fu quasi necessario che la Divinità stessa, prendesse questo impegno e mi facesse da carnefice amoroso, e per quanto amoroso più esigente, per ricevere piena soddisfazione per tutti i peccati fatti nell’interno dell’uomo. La Divinità voleva l’opera completa e la piena soddisfazione della creatura, si dell’interno che dell’esterno, sicché nella Passione che mi diedero i giudei, soddisfeci la gloria esterna del Padre, che le creature gli avevano tolto; nella Passione che mi diede la Divinità in tutto il corso della mia Vita, soddisfeci il Padre per tutti i peccati dell’interno dell’uomo, da ciò potrai comprendere che le pene che soffrii per le mani della Divinità, superano di gran lungo le pene che mi diedero le creature, anzi, quasi non possono paragonarsi insieme e sono meno accessibili alla mente umana. Come dall’interno dell’uomo all’esterno c’é gran differenza, molto più c’é differenza tra le pene che m’inflisse la Divinità a quelle delle creature che mi diedero nell’ultimo della mia Vita, le prime erano strappi crudeli, dolori sovrumani, capaci di darmi morte, e ripetute morti nei parti più intime, si dell’anima che del corpo; neppure una fibra mi era risparmiata; nelle seconde erano dolori acerbi, ma non strappi capaci di darmi morte ad ogni pena, ma la Divinità ne teneva il potere ed il Volere. Ah! quanto mi costa l’uomo, ma l’uomo ingrato non si cura di Me e non cerca di comprendere quanto l’ho amato e sofferto per lui, tanto che neppure ha giunto a capire tutto ciò che soffrii nella Passione che mi diedero le creature, e se non capiscono il meno, come possono il più che ho sofferto per loro? Perciò ritardo a rivelare le pene innumerevoli ed inaudite che mi diede la Divinità per causa loro, ma il mio amore vuole sfogo e ricambio d’amore, perciò chiamo te nell’immensità ed altezza del mio Volere, dove tutte queste pene stanno in atto, e tu non solo vi prendi parte, ma a nome di tutta l’umana famiglia le onori e vi dai il ricambio d’amore, ed insieme con Me sostituisci a tutto ciò che le creature sono obbligate, ma con sommo mio dolore e con sommo loro danno, non si danno nessun pensiero”.
(1) Stavo molto afflitta e quasi impensierita sul povero mio stato, e Gesù volendomi distrarre dal pensare a me stessa mi ha detto:
(2) “Figlia mia, che fai? Il pensiero di te stessa ti fa uscire dalla mia Volontà; e non sai tu che quanto dura la mia Volontà in te, tanto dura la Vita Divina, e come cessa il mio Volere, così cessa la Vita Divina e riprendi la tua vita umana? Bel cambio che fai. Così avviene all’ubbidienza, fino a tanto che dura l’ubbidienza, dura la vita di chi ha comandato in chi ubbidisce; come cessa l’ubbidienza, così si riprende la vita propria”.
(3) Poi, come sospirando ha soggiunto: “Ah! tu non sai lo sfascio che farà il mondo, e tutto ciò che è successo finora, si può chiamare gioco a confronto dei castighi che verranno. Non te li faccio vedere tutti per non opprimerti troppo, ed Io vedendo la ostinazione dell’uomo, me ne sto come occultato in te; e tu prega insieme con Me e non voler pensare a te stessa”.
(1) Stavo pensando come può essere che un atto solo, fatto nel Voler Divino, si moltiplichi in tanti da fare bene a tutti. In questo mentre, il mio dolce Gesù si è mosso nel mio interno e con una luce che mi mandava alla mente mi ha detto:
(2) “Figlia mia, un’immagine di ciò la troverai nel sole, uno è il sole, uno il calore, una la luce, eppure questo sole si moltiplica in tutti, dando a ciascuno la sua luce ed il suo calore a seconda le varie circostanze: all’uomo è luce d’ogni occhio, d’ogni azione, d’ogni passo; e se la creatura varia l’azione, la via, la luce la segue, ma uno è il sole. Il sole si moltiplica in tutta la natura, dando a ciascuno i diversi effetti; al suo spuntare abbellisce tutta la natura, e la sua luce moltiplicandosi nella brina notturna, vi forma la rugiada, spandendo su tutte le piante un manto argentino, da dare tale risalto e bellezza a tutta la natura, da far stupire ed incantare lo sguardo umano, tanto, che l’uomo con tutta la sua industria, non ha potere di formare una sola goccia di rugiada; passa più oltre, ai fiori dà il suo colore ed il suo profumo, e non un solo colore, ma a ciascuno il suo colore e profumo distinto; invece ai frutti, col suo calore e luce dà la dolcezza e la maturazione, ed a ciascun frutto diversità di dolcezza, ma uno è il sole, feconda e fa crescere altre piante, sicché tutta la natura riceve vita dal sole, e ciascuno ha distinto effetto che le conviene.
(3) Ora, se ciò fa il sole perché sta in alto e si fa vita di tutta la creazione che vive nel basso, ad onta che il sole è uno, molto più gli atti fatti nella mia Volontà, ché l’anima sale in Me ed opera nell’altezza della mia Volontà, e più che sole si mettono a guardia di tutte le creature per dar loro vita; ad onta che uno è l’atto, come sole vi dardeggia su tutte le creature, ed a chi abbellisce, a chi feconda la grazia, a chi scioglie il freddo, a chi ammollisce il cuore, a chi snebbia le tenebre, a chi purifica e brucia, dando a ciascuna i diversi effetti che ci vogliono, ed a seconda le disposizioni maggiori o minori di ciascuna. E questo succede anche nel sole che splende sul vostro orizzonte, se il terreno è sterile, il sole poco sviluppo dà alle piante; se il seme del fiore non c’è, il sole con tutta la sua luce e calore non lo fa spuntare; se l’uomo non vuole attivarsi nel operare, il sole nulla gli fa guadagnare, sicché il sole produce i beni nella Creazione a seconda la fecondità dei terreni e dell’attitudine dell’uomo. Così questi atti fatti nel mio Volere, ad onta che corrono a bene di tutti, agiscono a seconda le disposizioni di ciascuno, ed a seconda dell’attitudine dell’anima che vive nel mio Volere, sicché un atto in più fatto nel mio Volere, è un sole di più che splende su tutte le creature”.
(4) Onde dopo ho cercato di fondermi nel mio Gesù, nel suo Volere, moltiplicando i miei pensieri nei suoi, per riparare e sostituirmi per tutte le intelligenze create, presenti, passate e future; dicevo di cuore al mio Gesù: “Quanto vorrei ridarvi con la mia mente, tutta la gloria, l’onore, la riparazione di tutta l’umana famiglia, anche delle stesse anime perdute, che con la loro intelligenza non ti hanno dato”.
(5) E Lui come compiacendosi mi ha baciato in fronte, dicendomi:
(6) “Ed Io col mio bacio suggello tutti i tuo pensieri coi miei, affinché sempre trovi in te tutte le menti create, ed a nome loro riceva continua gloria, onore e riparazione”.
(1) Continuando il mio solito stato, la mia piccola mente si perdeva nel santo Voler di Dio, e non so come, comprendevo come la creatura non ridà a Dio la gloria che è obbligata a dare, e mi sentivo amareggiata. Ed il mio dolce Gesù, volendomi istruire e consolare, con luce intellettuale mi ha detto:
(2) “Figlia mia, tutte le opere mie sono complete, sicché la gloria che mi deve dare la creatura sarà completa, e non verrà l’ultimo giorno se tutta la Creazione non mi dà l’onore e la gloria da Me stesso voluta e decisa, e ciò che non mi danno gli uni, prendo dagli altri, raddoppio le grazie in questi, che altri mi respinsero, e da questi ricevo doppio amore e gloria; in altri, a seconda le loro disposizioni, giungo a dare grazie che darei a dieci, ad altri a cento, ad altri a mille, ed alle volte do grazie che darei a città, a province, ed anche a regni interi, e questi mi amano e mi danno gloria per dieci, per cento, per mille, ecc., così la mia gloria viene completata da parte della Creazione, e quando veggo che la creatura non può giungere, ad onta della sua buona volontà, la tiro nel mio Volere, dove trova virtù di moltiplicare un’atto solo per quanti ne vuole, e mi dà gloria, onore, amore, che altri non mi danno, perciò sto preparando l’era del vivere nel mio Volere, ché ciò che non hanno fatto nelle generazioni passate e che non faranno, in quest’era della mia Volontà completeranno l’amore, la gloria, l’onore di tutta la Creazione, dando loro grazie sorprendenti ed inaudite. Ecco perciò chiamo te nel mio Volere e ti sussurro all’orecchio: “Gesù, depongo ai tuoi piedi l’adorazione, la sudditanza di tutta l’umana famiglia; depongo nel tuo cuore il ti amo di tutti; sulle tue labbra v’imprimo il mio bacio per suggellare il bacio di tutte le generazioni; con le mie braccia ti stringo, per stringerti con le braccia di tutti, per portarti la gloria di tutte le opere delle creature”. Ed Io sento in te l’adorazione, il ti amo, il bacio, ecc., di tutta l’umana famiglia, e come non dovrei dare a te l’amore, i baci, le grazie che dovrei dare agli altri?
(3) Ora sappi figlia mia, che la creatura, ciò che fa in terra è il capitale che si fa per il Cielo, sicché, se poco ha fatto poco avrà, se molto avrà molto; se una mi ha amato e glorificato per dieci, avrà dieci contenti di più, corrispondenti ad altrettanta gloria e sarà amata da Me dieci volte di più; se un altra per cento e per mille, avrà contenti, amore e gloria per cento e per mille. Così Io darò alla Creazione ciò che ho deciso di dare, e la Creazione mi darà ciò che Io devo ricevere da loro, e la mia gloria sarà completata in tutto”.