(1) Continuando il mio solito stato, cercavo, e con ansia, il mio sempre amabile Gesù, e Lui tutto bontà è venuto e mi ha detto:
(2) “Figlia diletta del mio Volere, vuoi venire nella mia Volontà a sostituire in modo divino a tanti atti non fatti dagli altri nostri fratelli? A tanti altri fatti umanamente, e ad altri atti santi, sì, ma umani e non in ordine divino? Io tutto ho fatto nell’ordine divino, ma non sono contento ancora, voglio che la creatura entri nella mia Volontà ed in modo divino venga a baciare i miei atti, sostituendosi a tutto come feci Io; perciò vieni, vieni, lo sospiro, lo desidero tanto, che mi metto come in festa quando veggo che la creatura entra in questo ambiente divino, e moltiplicandosi insieme con Me si moltiplica in tutti, ed ama, ripara, sostituisce a tutti e per ciascuno in modo divino. Le cose umane non le riconosco più in lei, ma tutte cose mie, il mio amore sorge e si moltiplica, le riparazioni si moltiplicano all’infinito, le sostituzioni sono divine; che gioia! che festa! gli stessi santi si uniscono con Me e fanno festa, e aspettano con ardore che una loro sorella sostituisca ai stessi atti loro santi nell’ordine umano, ma non nell’ordine divino; mi pregano che subito faccia entrare in questo ambiente divino la creatura, e che tutti i loro atti siano sostituiti solo col Voler Divino e con l’impronta dell’Eterno. L’ho fatto Io per tutti, ora voglio che lo faccia tu per tutti”.
(3) Ed io: “Mio Gesù, il tuo parlare mi confonde, e so che Tu solo basti per tutto; e poi, tutto è roba tua”.
(4) E Gesù: “Certo che Io solo basto per tutti; e non sono Io il padrone di eleggere una creatura, ed insieme con Me darle l’ufficio e farla bastare per tutti? E poi, che importa a te che sia roba mia? Forse ciò che è mio non posso darlo a te? Questo è tutto il mio contento, darti tutto, e se tu non mi corrispondi e non lo accetti mi rendi scontento, e tutta quella catena di grazie che ti ho fatto per farti giungere a questo punto di chiamarti a questo ufficio, me la rendi defraudata”.
(5) Io sono entrata in Gesù, e facevo ciò che faceva Gesù. Oh! come vedevo con chiarezza ciò che Gesù mi aveva detto, con Lui restavo moltiplicata in tutti, anche nei santi. Ma ritornando in me stessa qualche dubbio si suscitava in me, e Gesù ha soggiunto:
(6) “Un atto solo di mia Volontà, ed anche un istante, è pieno di vita creatrice, e chi questa vita contiene, in quell’istante può dar vita a tutto, conservare tutto, sicché, da questo solo atto della mia Volontà, il sole riceve la vita della luce, la terra la conservazione, le creature la vita; perché dubiti tu dunque? E poi, ho la mia corte in Cielo, e ne voglio un’altra corte sulla terra. Indovini tu chi formerà questa Corte?”
(7) Ed io: “Le anime che vivranno nel tuo Volere”.
(8) E Lui: “Brava; sono proprio loro, che senza l’ombra dell’interesse e della santità personale, ma tutta divina, vivranno a bene dei loro fratelli, e faranno un solo eco col Cielo”.
(1) Continuando il mio solito stato me l’ho passato insieme col mio dolce Gesù, ed ora si faceva vedere bambino, ora crocifisso, e trasformandomi in Lui mi ha detto:
(2) “Figlia mia, entra in Me, nella mia Divinità, e corri nell’eterna mia Volontà, e vi troverai la potenza creatrice come in atto di mettere fuori la macchina di tutto l’universo. In ogni cosa che creavo mettevo una relazione, un canale di grazie, un amore speciale tra la Maestà Suprema e la creatura; ma la creatura non doveva far conto di queste relazioni, di queste grazie, di questo amore, sicché avrebbe sospeso la Creazione non riconosciuta ed apprezzata, ma nel vedere la mia Umanità che tanto bene doveva apprezzare, e che per ogni cosa creata doveva aver avuto le sue relazioni con l’Eterno, riconoscerlo, amarlo, non solo per Sé ma per tutta l’umana famiglia, non guardò al torto degli altri figli, e con sommo contento distese il cielo, tappezzandolo di stelle, sapendo che quelle stelle dovevano essere tante e svariate relazioni, grazie senza numero, fiumi d’amore che dovevano correre tra la mia Umanità e l’Ente Supremo. L’Eterno mirò il cielo e ne restò contento nel vedere le immense armonie, le comunicazioni d’amore che aprì tra il cielo e la terra, perciò passò più inoltre, e con una sola parola creatrice vi creò il sole come relatore continuo del suo Essere Supremo, dotandolo di luce, di calore, mettendolo sospeso tra il cielo e la terra in atto di reggere tutto, di fecondare, riscaldare, illuminare tutto; col suo occhio di luce indagatore pare che dice a tutti: “Io sono il più perfetto predicatore dell’Essere Divino; specchiatevi in me e lo riconoscerete, è luce immensa, è amore interminabile, dà vita a tutto, non ha bisogno di nulla, nessuno lo può toccare; guardatemi bene e lo riconoscerete, io sono la sua ombra, il riverbero della sua Maestà, il relatore continuo”. Oh! quali oceani d’amore, di relazioni si aprirono tra la mia Umanità e la Maestà Suprema, sicché ogni cosa che tu vedi, fino al più piccolo fiorellino del campo, era una relazione di più tra la creatura e il Creatore, perciò era giusto che ne voleva una riconoscenza, un amore di più da parte delle creature. Io sottentrai a tutto, lo riconobbi ed adorai per tutti la potenza creatrice. Ma il mio amore verso tanta bontà non è contento, vorrei che altre creature riconoscessero, amassero ed adorassero questa potenza creatrice, e per quanto a creatura è possibile prendessero parte a queste relazioni che l’Eterno ha sparso in tutto il mondo, e a nome di tutti rendessero omaggio a quest’atto di creazione dell’Eterno; ma sai tu chi può rendere quest’omaggio? Le anime che vivono nel mio Volere, ché come entrano in Esso trovano come in atto tutti gli atti della Maestà Suprema, e trovandosi questa Volontà in tutto ed in tutti, restano moltiplicate in tutto e possono rendere onore, gloria, adorazione, amore per tutti, perciò vieni nel mio Volere, vieni insieme con Me innanzi all’Altezza Divina, a rendere per prima gli omaggi come a Creatore di tutto”.
(3) Io non so dire come sono entrata in questo Divin Volere, ma sempre insieme col mio dolce Gesù, e vedevo questa Suprema Maestà in atto di mettere fuori tutto il creato. Oh! Dio, che amore, ogni cosa creata riceveva l’impronta dell’amore, la chiave di comunicazione, il muto linguaggio di parlare eloquentemente di Dio; ma a chi? Alla creatura ingrata, ma io non so andare avanti nel dire, la mia piccola intelligenza si perdeva nel vedere le tante aperture di comunicazione, l’amore immenso che usciva da esse, la creatura che rendeva come estranei tutti questi beni. Onde insieme con Gesù, come moltiplicandoci in tutti, abbiamo adorato, ringraziato e riconosciuto a nome di tutti la potenza creatrice, e l’Eterno riceveva la gloria della Creazione.
(4) Gesù è scomparso, ed io sono ritornata in me stessa.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, il benedetto Gesù nel venire mi ha detto:
(2) “Figlia mia, niente hai detto della creazione dell’uomo, del capolavoro della potenza creatrice, dove l’Eterno, non a spruzzi, ma onde, a fiumi gettava il suo amore, la sua bellezza, la sua maestria, e preso da eccesso d’amore metteva Sé stesso come centro dell’uomo; ma Lui ne voleva una degna abitazione, che fa dunque questa Maestà increata? Crea l’uomo a sua immagine e somiglianza, dal fondo del suo amore vi trae un respiro e col suo alito onnipotente vi infonde la vita, dotando l’uomo di tutte le sue qualità, proporzionate a creatura, facendolo un piccolo Dio, sicché tutto ciò che vedi nel creato era un bel nulla a confronto della creazione dell’uomo, oh! quanti cieli, stelle, soli più belli stendeva nell’anima creata, quanta varietà di bellezza, quante armonie, basta dire che mirò l’uomo creato e lo trovò tanto bello da innamorarsi, e geloso di questo suo portento, Lui stesso si fece custode e possessore dell’uomo, e disse: “Tutto ho creato per te, ti do il dominio di tutto, tutto è tuo e tu sarai tutto mio”. Tu non tutto potrai comprendere i mari d’amore, le relazioni intime e dirette, la somiglianza che corre tra Creatore e creatura, ah! figlia del cuor mio, se la creatura conoscesse quanto è bella la sua anima, quante doti divine contiene, e come tra tutte le cose create sorpassa tutto in bellezza, in potenza, in luce, tanto, che si può dire: “E’ un piccolo Dio ed un piccolo mondo che tutto in sé contiene”. Oh! come lei stessa si stimerebbe di più, e non imbratterebbe con la più leggiera colpa una bellezza sì rara, un prodigio così portentoso della potenza creatrice. Ma la creatura, quasi cieca nel conoscere sé stessa, molto più cieca nel conoscere il suo Creatore, si va imbrattando tra mille sozzure, da sfigurare l’opera del Creatore, tanto, che stentatamente si riconosce. Pensa tu stessa qual è il nostro dolore; perciò vieni nel mio Volere, ed insieme con Me vieni a sostituire per i nostri fratelli innanzi al trono dell’Eterno, per tutti gli atti che dovrebbero fare per averli creato come un prodigio d’amore della sua onnipotenza, eppure così ingrati”.
(3) In un istante ci siamo trovati innanzi a questa Maestà Suprema, ed a nome di tutti abbiamo espresso il nostro amore, il ringraziamento, l’adorazione per averci creato con tanto eccesso d’amore e dotato di tante belle qualità.
(1) Continuando il mio solito stato, il benedetto Gesù nel venire quasi sempre mi chiama nel suo Volere a riparare, o a sostituire gli atti delle creature in modo divino. Ora, nel venire mi ha detto:
(2) “Figlia mia, che puzza esala dalla terra, non trovo nessun punto per Me, e dalla puzza sono costretto come a fuggire dalla terra; tu però puoi farmi un po’ d’aria odorifera che faccia per Me, e sai come? Col fare ciò che fai nella mia Volontà, come farai i tuoi atti mi formerai un’aria divina, ed Io verrò a respirarla e troverò un punto della terra per Me, e siccome la mia Volontà circola dovunque, così l’aria che mi farai me la sentirò dappertutto e mi spezzerà l’aria cattiva che la terra mi manda”.
(3) Dopo poco è ritornato di nuovo ed ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, quante tenebre, sono tante che sembra la terra coperta d’un manto nero, tanto che non veggono più, sono rimaste o cieche o non hanno luce per vedere; ed Io non solo voglio l’aria divina per Me, ma anche la luce, perciò i tuoi atti siano continui nel mio Volere, ché non solo farai l’aria per il tuo Gesù, ma anche la luce, sarai il mio riflettore, il mio riverbero, il riflesso del mio amore e della mia stessa luce. Anzi ti dico che come farai i tuoi atti nel mio Volere ereggerai tabernacoli, non solo, come andrai formando i pensieri, i desideri, le parole, le riparazioni, gli atti d’amore, tante ostie si sprigioneranno da te, perché consacrate dalla mia Volontà; oh! che libero sfogo avrà il mio amore, avrò libero campo in tutto, non più inceppo, quanti tabernacoli voglio ne avrò, le ostie saranno innumerevoli, ad ogni istante ci comunicheremo insieme ed anch’Io griderò: “Libertà, libertà, venite tutti nella mia Volontà e godrete la vera libertà”. Fuori della mia Volontà quanti inceppi non trova l’anima, ma nella mia Volontà è libera, Io la lascio libera d’amarmi come vuole, anzi le dico: “Lascia le tue spoglie umane, prendi lo divino, Io non sono avaro e geloso dei miei beni, voglio che prenda tutto, amami immensamente, prendi, prendi tutto il mio amore, fallo tuo il mio potere, la mia bellezza falla tua, quanto più prenda tanto più è contento il tuo Gesù”. La terra mi forma pochi tabernacoli, le ostie sono quasi numerate, e poi i sacrilegi, le irriverenze che mi fanno, oh! com’è offeso ed inceppato il mio amore, invece nella mia Volontà niente inceppo, non c’è l’ombra dell’offesa, e la creatura mi dà amore, riparazioni divine e corrispondenza completa, e mi sostituisce insieme con Me a tutti i mali dell’umana famiglia. Sii attenta e non ti spostare dal punto dove ti chiamo e voglio”.
(1) Continuando il mio solito stato, stavo tutta immersa nel Divin Volere, ed il mio sempre amabile Gesù è venuto e mi ha stretto al suo cuore dicendomi:
(2) “Tu sei la mia figlia primogenita della mia Volontà, come mi sei cara e preziosa agli occhi miei, ti terrò tanto custodita, che se nel creare l’uomo preparai un eden terrestre, per te ho preparato un eden divino; se nell’eden terrestre il connubio fu umano tra i primi progenitori, e diedi loro a godere le più belle delizie della terra e di Me godevano ad intervalli, nell’eden divino il connubio è divino, ti farò godere le più belle delizie celesti, e di Me godrai quanto vuoi, anzi sarò tua vita e divideremo insieme i contenti, le gioie, le dolcezze, e se occorre anche le pene. Nell’eden terrestre ebbe accesso il nemico e fu commesso il primo peccato, nell’eden divino è chiusa l’entrata al demonio, alle passioni, alle debolezze, anzi lui non vuole entrare, sapendo che il mio Volere lo scotterebbe più dello stesso fuoco dell’inferno, e solo a sentirne la sensazione fugge; e darai principio ai primi atti nel modo divino, i quali sono immensi, eterni ed infiniti, che abbracciano tutto e tutti”.
(3) Ed io interrompendo il dire di Gesù ho detto: “Gesù, amor mio, quanto più parli di questo Volere Divino, tanto più mi confondo e temo, e sento tale annientamento che mi sento distruggere, e quindi inabilitata a corrispondere ai tuoi disegni”. E Lui tutto bontà ha soggiunto:
(4) “E’ il mio Volere che ti distrugge l’umano, ed invece di temere dovresti slanciarti nell’immensità della mia Volontà, i miei disegni su di te sono alti, nobili e divini, la stessa opera della Creazione, oh! come resta dietro a questa opera di chiamare te a vivere nel Voler Divino per farvi non vita umana ma vita divina; è uno sbocco più forte del mio amore, è il mio amore trattenuto dalle creature, che non potendo contenerlo lo verso a torrenti verso chi mi ama, e per essere sicuro che il mio amore non venga respinto e malmenato, ti chiamo nel mio Volere, in modo che né tu né ciò che è mio resti senza il suo pieno effetto, ed in piena difesa. Figlia mia, non contristare coi tuoi timori l’opera del tuo Gesù, e segui il volo dove ti chiamo”.
(1) Stavo tutta impensierita su ciò che il mio dolce Gesù mi va dicendo sul Divin Volere, e dicevo tra me: “Com’è possibile che l’anima possa giungere a tanto, e vivere più in Cielo che in terra?” E Gesù venendo mi ha detto:
(2) “Figlia mia, ciò che è impossibile alla creatura, tutto è possibile per Me, è vero che è il prodigio più grande della mia onnipotenza e del mio amore, ma quando voglio, tutto posso, e ciò che pare difficile, a Me è facilissimo, però voglio il sì della creatura, e come una molle cera prestarsi a ciò che voglio fare di lei. Anzi, tu devi sapere che prima di chiamarla del tutto a vivere nel mio Volere, la chiamo di tanto in tanto, la spoglio di tutto, le faccio subire una specie di giudizio, perché nel mio Volere non ci sono giudizi, le cose restano tutte confermate con Me, il giudizio è fuori della mia Volontà, ma tutto ciò che entra nel mio Volere, chi mai può ardire di fare giudizio? Ed Io mai giudico Me stesso, non solo, ma più volte la faccio morire, anche corporalmente, e poi di nuovo la rimetto alla vita, e l’anima vive come se non vivesse, il suo cuore è in Cielo e il vivere è il suo più grande martirio; quante volte non l’ho fatto per te? Queste sono tutte disposizioni per disporre l’anima a vivere nel mio Volere. E poi, le catene delle mie grazie, delle mie visite ripetute, quante non te ne ho fatto? Era tutto per disporti all’altezza di vivere nel mare immenso della mia Volontà, perciò non voler investigare, ma segui il tuo volo”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, il mio sempre amabile Gesù mi tira sempre nel suo Volere; che abisso interminabile, onde mi ha detto:
(2) “Figlia mia, vedi un po’ come la mia Umanità nuotava nel Divin Volere, alla quale tu dovresti imitare”.
(3) In questo mentre mi è parso innanzi alla mente di vedere un sole, però non così piccolo come quello che splende sul nostro orizzonte, ma tanto grande da sorpassare tutta la superficie della terra; anzi, non si vedeva dove giungevano i suoi confini, ed i raggi che spandeva facendole incantevole armonia, andavano all’in su all’in giù, e penetravano ovunque. In questo centro del sole vedevo l’Umanità di Nostro Signore, del quale sole si nutriva e formava tutta la sua vita, tutto del sole riceveva e tutto le ridava, e come pioggia benefica si spandeva su tutta l’umana famiglia, che vista incantevole. Onde il mio dolce Gesù ha soggiunto:
(4) “Hai visto come ti voglio? Il sole che tu vedi è la mia Volontà, in cui la mia Umanità stava come nel suo proprio centro, tutto dal mio Volere riceveva, nessun altro cibo entrò in Me, neppure l’alimento d’un pensiero, d’una parola o respiro entrò in Me che fosse alimentato di cibo estraneo alla mia Volontà; era giusto che tutto dovevo ridare a Lei. Così voglio te, nel centro del mio Volere, da cui prenderai l’alimento di tutto; guardati bene di prendere altro alimento, scenderesti dalla tua nobiltà e ti degraderesti, come quelle regine che si abbassano a prendere alimenti vili e sporchi, indegni di loro, e come prendi devi subito ridarmi tutto, sicché non farai altro che prendere e darmi, così anche tu formerai un’incantevole armonia tra Me e te”.
(1) Continuando il mio povero stato, il mio dolce Gesù è venuto appena, e tutta stringendomi al suo cuore santissimo mi ha detto:
(2) “Figlia mia, se la terra non fosse movibile e montuosa, ma fissa e tutta una pianura, godrebbe di più del beneficio del sole, per tutta la terra sarebbe sempre pieno giorno, il calore uguale in tutti i punti, quindi fruttificherebbe di più, ma siccome è movibile e formata di alture e di profondità, non riceve eguale la luce ed il calore del sole, ed ora resta un punto allo scuro, ed ora un altro, altri punti poco ricevono la luce del sole, molti terreni si rendono sterili perché i monti con la loro altezza impediscono che la luce e il calore del sole penetrino nelle loro profondità, e quanti e quanti altri inconvenienti. Ora figlia mia, ti dico che la terra è immagine di chi non vive nel mio Volere, gli atti umani la rendono movibile, le debolezze, le passioni, i difetti, formano le montagne, i luoghi sprofondati dove si formano covili di vizi, sicché la loro mobilità le cagiona oscurità, freddo, e se qualche poco di luce godono, è ad intervalli, perché si fanno contro a questa luce i monti delle loro passioni. Quanta miseria per chi non vive nel mio Volere, invece per chi vive nella mia Volontà, il mio Volere la rende fissa e le spiana tutte le montagne delle passioni, in modo da renderla tutta una pianura, e il sole del mio Volere la dardeggia come vuole e non c’é ripostiglio dove non splenda la sua luce, che meraviglia se l’anima si farà più santa in un giorno che viva nel mio Volere, che cento anni fuori della mia Volontà”.
(1) Mentre mi trovavo nel solito mio stato, mi son trovata fuori di me stessa e vedevo un mio confessore defunto; un pensiero mi è balenato nella mente: “Domanda quella cosa che non hai detto al confessore, se sei obbligata a dirla e quindi a scriverla, oppure no”. Io ho domandato, dicendogli la cosa qual era, e lui mi ha detto:
(2) “Certo che sei obbligata”. Poi ha soggiunto: “Tu una volta mi facesti un bel suffragio, se sapessi il bene che mi facesti, il refrigerio che provai, gli anni che scontai”.
(3) Ed io: “Non ricordo, dimmi quale fu, che te lo ripeto”.
(4) E lui: “T’immergesti nel Voler Divino e prendesti il suo potere, l’immensità del suo amore, il valore immenso delle pene del Figliuolo di Dio e di tutte le qualità divine, venisti su di me e me le versasti, e come tu me le versavi, io ricevevo il bagno dell’amore che contiene il potere divino, il bagno della bellezza, il bagno del sangue di Gesù e di tutte le qualità divine; chi ti può dire il bene che mi facesti? Erano tutti bagni che contenevano un potere ed un’immensità divina; ripetimelo, ripetimelo”.
(5) Mentre ciò diceva mi son ritrovata in me stessa. Ora, per obbedire, con mia somma confusione e ripugnanza dico la cosa che avevo tralasciato di dire e scrivere: Ricordo che un giorno il mio dolce Gesù, parlandomi del suo Santissimo Volere e delle pene che faceva soffrire la Divinità alla sua santissima Umanità nella sua Volontà, mi disse:
(6) “Figlia mia, siccome ti ho scelto per prima a far vita nel mio Volere, voglio che anche tu prenda parte alle pene che riceveva la mia Umanità dalla Divinità nella mia Volontà. Ogniqualvolta entrerai nel mio Volere, troverai le pene che mi diede la Divinità, non quelle che mi diedero le creature, sebbene anche volute dalla Volontà Eterna, ma siccome me le diedero le creature, erano in modo finito. Perciò ti voglio nel mio Volere, dove troverai pene in modo infinito ed innumerevoli, avrai chiodi senza numero, molteplici corone di spine, morti ripetute, pene senza termine, tutte simili alle mie, in modo divino ed immense, che si estenderanno in modo infinito a tutti, passati, presenti e futuri; sarai la prima che non numerate volte, come quelli che parteciparono alle piaghe della mia Umanità, ma tante volte quante me ne fece soffrire la mia Divinità, insieme con Me sarai l’agnellina uccisa dalle mani del Padre mio, per risorgere ed essere uccisa di nuovo, resterai crocifissa con Me dalle mani eterne, per ricevere in te l’impronta delle pene eterne, immense e divine; ci presenteremo insieme al trono dell’Eterno, scritto sulla nostra fronte a caratteri incancellabili: “Vogliamo morte per dar vita ai nostri fratelli, vogliamo pene per liberar loro dalle pene eterne”. Non ne sei tu contenta?”
(7) Ed io: “Gesù! Gesù! mi sento troppo indegna, e credo che fate grande sbaglio nell’eleggere me, poverella, perciò badi bene a ciò che fai”. E Gesù, interrompendo il mio dire ha soggiunto:
(8) “Perché temi? Si, si, ci ho badato per ben trentadue anni di letto in cui ti ho tenuto, ti ho esposto a molte prove ed anche alla morte; ho calcolato tutto; e poi, se mi sbaglio, è uno sbaglio del tuo Gesù, che non può farti mai male, ma bene immenso, ma sappi che avrò l’onore, la gloria della prima anima stigmatizzata nel mio Volere”.
(1) Continuando il mio solito stato, il mio sempre amabile Gesù, facendosi vedere, mi ha tirato nell’immensità del suo Santissimo Volere, in cui faceva vedere come in atto il suo concepimento nel seno della Mamma Celeste. Oh! Dio, che abisso d’amore. Ed il mio dolce Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia del mio Volere, vieni a prendere parte alle prime morti ed alle pene che soffrì la mia piccola Umanità dalla mia Divinità nell’atto del mio concepimento. Come fui concepito, concepii insieme con Me tutte le anime, passate, presenti e future, come mia propria Vita, concepii insieme le pene e le morti che per ciascuna dovevo soffrire. Dovevo incorporare tutto in Me, anime, pene e morte che ciascuna doveva subire, per dire al Padre: “Padre mio, non più guarderai la creatura, ma Me solo, ed in Me troverai tutti, ed Io soddisfarò per tutti. Quante pene vuoi, te le darò; vuoi che subisca ciascuna morte per ognuno, la subirò; tutto accetto purché dia vita a tutti”. Ecco perciò ci voleva un Volere e potere divino, per darmi tante morti e tante pene, ed un potere e Volere Divino a farmi soffrire; e siccome nel mio Volere stanno in atto tutte le anime e tutte le cose, sicché non in modo astrattivo o intenzionale come qualcuno può pensare, ma in realtà, tenevo in Me tutti immedesimati con Me, formavano la mia stessa Vita, in realtà morivo per ciascuno e soffrivo le pene di tutti. E’ vero che ci concorreva un miracolo della mia onnipotenza, il prodigio del mio immenso Volere: senza della mia Volontà la mia Umanità non avrebbe potuto trovare ed abbracciare tutte le anime, né poter morire tante volte. Onde la mia piccola Umanità, come fu concepita, incominciò a soffrire l’alternative delle pene e delle morti, e tutte le anime nuotavano in Me come dentro d’un vastissimo mare, formavano membra delle mie membra, sangue del mio sangue, cuore del mio cuore. Quante volte la mia Mamma, prendendo il primo posto nella mia Umanità, sentiva le mie pene e le mie morti e ne moriva insieme con Me, come mi era dolce trovare nell’amore della mia Mamma l’eco del mio, sono misteri profondi dove l’intelletto umano, non comprendendo bene, pare che si smarrisce, perciò, vieni nel mio Volere e prendi parte alle morti ed alle pene che subii non appena fu compiuto il mio concepimento. Da ciò potrai comprendere meglio quello che ti dico”.
(3) Non so dire come mi son trovata nel seno della mia Regina Mamma, dove vedevo l’Infante Gesù piccolo piccolo; ma sebbene piccino, conteneva tutto; dal suo cuore s’è spiccato un dardo di luce nel mio, e come mi penetrava sentivo darmi morte, e come usciva mi ritornava la vita. Ogni tocco di quel dardo produceva un dolore acutissimo, da sentirmi disfare ed in realtà morire, e poi col suo stesso tocco mi sentivo rivivere, ma io non ho parole giuste ad esprimermi e perciò faccio punto...