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Messaggio del 10 novembre 1983:La vostra preghiera deve essere una melodia continua.

Messaggi di altre apparizioni

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo) - Messaggi anno:1919

12-105 Maggio 24, 1919 L’anima nella quale dimora Gesù, sente ciò che il mondo Gli manda: durezza, tenebre, peccati, ecc.

(1) Mi sentivo molto oppressa ed afflitta per la privazione del mio dolce Gesù e gli dicevo con tutto il cuore: “Vieni mia vita, senza di Te mi sento morente, ma non per morire, ma solo per sempre morire. Vieni, non ne posso più, non ne posso più”. Il mio dolce Gesù si è mosso nel mio interno, e lo sentivo che mi baciava forte il cuore, e poi svelandosi mi ha detto:

(2) “Figlia mia, sentivo un irresistibile bisogno di sfogarmi con te in amore”. Ed io, subito: “Gesù, quanto mi fai soffrire, la tua privazione mi uccide, tutte le altre pene mi sarebbero nulla, anzi sorrisi e baci tuoi, ma la tua privazione è morte senza pietà, ah Gesù! Gesù! come sei cambiato”. E Lui interrompendo il mio dire mi ha detto:

(3) “Figlia del mio amore, non vuoi persuaderti che guardo il mondo attraverso di te e sei costretta, siccome dimoro in te, a sentire ciò che mi manda il mondo: durezza, tenebre, peccati, furore della mia giustizia, ecc. Sicché invece di pensare alla mia privazione, devi pensare a difendermi dai mali che mi mandano le creature ed a spezzare il furore della mia giustizia, così Io resterò difeso in te, e le creature meno colpite”.

12-106 Giugno 4, 1919 Gesù doveva soffrire l’ingiustizia, l’odio, le burle perché la Redenzione fosse completa, e come la Divinità era incapace di dargli queste pene, ecco perché l’ultimo dei suoi giorni mortali soffri la Passione da parte delle creature.

(1) Stavo pensando alla Passione del mio sempre amabile Gesù, specie quando si trovò sotto la tempesta dei flagelli, e pensavo tra me: “Quando Gesù potette soffrire di più, nelle pene che la Divinità gli aveva fatto soffrire in tutto il corso della sua Vita, oppure nell’ultimo giorno da parte dei giudei?” Ed il mio dolce Gesù, con una luce che mi mandava all’intelletto mi ha detto:

(2) “Figlia mia, le pene che mi diede la Divinità superano di gran lunga le pene che mi diedero le creature, sì nella potenza come nell’intensità e molteplicità e lunghezza di tempo; ma però non ci fu ingiustizia né odio, ma sommo amore, accordo d’ambi le parte di tutte e Tre le Divine Persone, impegno che Io avevo preso su di Me di salvare le anime a costo di subire tante morti per quante creature uscivano fuori alla luce della Creazione, e che il Padre con sommo amore mi aveva accordato. Nella Divinità non esiste né può esistere né l’ingiustizia né l’odio, quindi incapace di farmi soffrire queste pene, ma l’uomo col peccato aveva commesso somma ingiustizia, odio, ecc., ed Io per glorificare il Padre completamente, dovevo soffrire l’ingiustizia, l’odio, le burle, ecc., ecco ché l’ultimo dei miei giorni mortali soffrii la Passione da parte delle creature, dove furono tante le ingiustizie, gli odi, le burle, le vendette, le umiliazioni che usarono contro di Me, che la mia povera Umanità la resero l’obbrobrio di tutti, tanto da non sembrare che fosse uomo; mi sfigurarono tanto che loro stessi avevano orrore a guardarmi; ero l’abiezione ed il rifiuto di tutti, sicché potrei chiamarle due Passioni distinte. Le creature non mi potevano dare tante morti né tante pene per quante creature e peccati si dovevano fare da esse, erano incapaci, e perciò la Divinità ne prese l’impegno, ma con sommo amore e d’accordo d’ambi le parti. D’altronde la Divinità era incapace d’ingiustizia, ecc.; sottentrarono le creature, e completai in tutto l’opera della Redenzione. Quanto mi costano le anime, ed è per ciò che l’amo tanto”.

(3) Un altro giorno stavo pensando tra me: “Il mio amato Gesù me ne ha detto tanto, ed io, sono stata attenta a fare ciò che mi ha insegnato? Oh! come scarseggio nel contentarlo, come mi sento inabilitata a tutto, sicché i tanti suoi insegnamenti saranno a mia condanna”. Ed il mio dolce Gesù, movendosi nel mio interno mi ha detto:

(4) “Figlia mia, perché ti affliggi? Gli insegnamenti del tuo Gesù mai serviranno a condannarti, ancorché facessi una sol volta ciò che ti ho insegnato, nel cielo dell’anima tua è sempre una stella che ci metti, perché come Io distesi un cielo sulla natura umana, ed il mio Fiat tempestò di stelle, così ho disteso un cielo nel fondo dell’anima, ed il Fiat del bene che fa, perché ogni bene è frutto del mio Volere, viene e abbellisce di stelle questo cielo, sicché, se fa dieci beni, vi mette dieci stelle; se mille beni, mille stelle. Onde, pensa piuttosto a ripetere quanto più puoi i miei insegnamenti, per tempestare di stelle il cielo dell’anima tua, affinché il cielo della tua anima non sia inferiore al cielo che splende sul vostro orizzonte, ed ogni stella vi porterà l’impronta dell’insegnamento del tuo Gesù. Quanto onore mi farai!”

12-107 Giugno 16, 1919 Non c’è santità senza croce. Nessuna virtù si acquista senza l’unione delle pene.

(1) Stavo pensando nel mio interno: “Dove sono le pene che il mio dolce Gesù mi aveva detto di farmi parte, mentre non soffro quasi nulla?” Ed il mio sempre amabile Gesù mi ha detto:

(2) “Figlia mia, come ti inganni, tu calcoli le pene corporali ed Io calcolo le pene corporali e morali. Quante volte sei stata priva di Me, era una morte che tu sentivi, ed Io mi sentivo riparato per le tante morti che si danno col peccato le anime, e tu prendevi parte alle tante morti che ho sofferto. Quando ti sentivi fredda era un’altra piccola morte che sentivi, e venivi a prendere parte al freddo delle creature, che vorrebbero raffreddare il mio amore, ma il mio amore trionfante del loro freddo, lo assorbe in Me per sentire la morte del loro freddo, e do a loro più ardente amore; così di tutte le altre tue pene, erano i mali opposti delle creature, che come tante piccole morti ti facevano prendere parte alle mie morti. E poi, non sai che la mia giustizia quando è costretta dall’empietà dei popoli a versare nuovi flagelli ti sospende le pene? I mali saranno tanto gravi da far raccapricciare, so che questo è una pena per te, ma anch’Io l’ebbi questa pena, avrei voluto liberare le creature da tutte le pene, sia nel tempo che nell’eternità, ma dalla sapienza del Padre non mi fu accordato, e dovetti rassegnarmi. Vorresti tu forse superare la mia stessa Umanità? Ah! figlia, nessuna specie di santità è senza croce; nessuna virtù si acquista senza l’unione delle pene. Sappi però che ti pagherò ad usura tutte le mie privazioni e le stesse pene che vorresti soffrire e non soffri”.

12-108 Giugno 27, 1919 Il cuore di Gesù: Sorgente di gloria e di grazie.

(1) Continuando il mio solito stato, il mio amabile Gesù mi faceva vedere il suo cuore santissimo dicendomi:

(2) “Figlia mia, quante virtù praticò il mio cuore, tante sorgenti si formarono in esso, e come si formavano, così scaturivano innumerevoli rivoli, che zampillando fin nel Cielo glorificavano degnamente il Padre a nome di tutti, e questi rivoli, dal Cielo ricadevano a bene di tutte le creature. Ora, anche le creature, come praticano le virtù, nei loro cuori si formano le piccole sorgenti che scaturiscono i loro piccoli rivoli, che s’incrociano coi miei, rivoli che zampillando insieme coi miei, glorificano il Padre Celeste e scendono a pro di tutti, e formano una tale armonia tra il Cielo e la terra, che gli stessi angioli ne restano sorpresi all’incantevole vista. Perciò sii attenta a praticare le virtù del mio cuore, per farmi aprire le sorgenti delle mie grazie”.

12-109 Luglio 11, 1919 I cieli dell’anima.

(1) Passo giorni amarissimi, il mio amabile Gesù poco o nulla si fa vedere, o a lampo e alla sfuggita. Ricordo che una notte si fece vedere stanco e sfinito, e portava come un fascio di anime in braccio, e guardandomi mi ha detto:

(2) “Ah! figlia mia, sarà tale e tanta l’uccisione che faranno, che si salverà solo questo fascio di anime che porto fra le mie braccia; a che pazzia è giunto l’uomo, tu non ti turbare, siimi fedele nella mia assenza e dopo la burrasca ti pagherò ad usura tutte le mie privazioni, moltiplicandoti a doppio le mie visite e le mie grazie”.

(3) E quasi piangendo è scomparso. E’ inutile il dire lo strazio del mio povero cuore.

(4) Un altro giorno, quasi sorvolandomi davanti, mi restò una luce nella mente, che il benedetto Gesù, come ha disteso il cielo sul nostro capo, così ha disteso un cielo nell’anima nostra, anzi, non uno, ma più, sicché cielo è la nostra intelligenza, cielo è il nostro sguardo, cielo è la parola, l’azione, il desiderio, l’affetto, il cuore; a differenza però, che il cielo esterno non si muta, né crescono né decrescono le stelle; ma i cieli del nostro interno sono soggetti a mutamenti, sicché se il cielo della nostra mente pensa santamente, come i pensieri si formano, così si formano le stelle, i soli, le belle comete, ed il nostro angelo, come li vede formati, li prende e li va situando nel cielo della nostra intelligenza, e se il cielo della mente è santo, lo sguardo è santo, la parola, il desiderio, il palpito sono santi. Sicché gli sguardi sono stelle, la parola è luce, il desiderio è cometa che si estende, il palpito è sole, e ognuno dei sensi orna il suo cielo. Invece, se la mente è cattiva, niente di bello si forma, anzi si estendono tali tenebre, da oscurare tutti gli altri cieli. Sicché lo sguardo manda lampi d’impazienza, la parola tuona bestemmie, i desideri gettano saette di passioni brutali, il cuore dal suo seno sprigiona grandine devastatrice su tutto l’operato della creatura; poveri cieli, come sono oscuri, come fanno pietà”.

12-110 Agosto 6, 1919 L’abbandono in Dio. Valore degli atti fatti nel Divin Volere.

(1) Passo i miei giorni amarissimi, il mio povero cuore è come pietrificato dal dolore della privazione di chi forma la mia vita, il mio tutto, e sebbene rassegnata, però non posso fare a meno di lamentarmi col mio dolce Gesù quando quasi di volo, o mi passa davanti o si muove nel mio interno, e ricordo che in questi lamenti una volta mi disse:

(2) “L’abbandono in Me è immagine di due torrenti, che uno si scarica nell’altro con tale impeto, che le acque si confondo insieme, che formando onde di acqua altissime giungono fino a toccare il cielo, da rimanere asciutto il letto di quei torrenti; e lo scroscio di quelle acque, il loro mormorio, è tanto dolce ed armonioso, che il cielo nel vedersi toccato da quelle acque, si sente onorato e risplende di nuova bellezza, ed i santi a coro dicono: “Questo è il dolce suono e l’armonia che rapisce di un’anima che si è abbandonata in Dio; come è bello, come è bello!”

(3) Un altro giorno mi disse: “Di che temi? Abbandonati in Me e resterai circondata da Me come dentro d’un circolo, in modo che se vengono nemici, occasioni, pericoli, avranno che ci fare con Me, non con te, ed Io risponderò per te. Il vero abbandono in Me è riposo per l’anima e per Me lavoro e se l’anima è inquieta, significa che non sta abbandonata in Me; giusta pena a chi vuol vivere a sé è l’inquietudine, facendo a Me un gran torto ed a sé un gran danno”.

(4) Un altro giorno mi lamentavo più forte ancora, ed il mio amabile Gesù, tutto bontà mi disse:

(5) “Figlia mia, chetati, questo tuo stato è il vuoto che si sta formando al secondo preparativo dei nuovi castighi che verranno. Leggi bene in ciò che ti ho fatto scrivere e troverai che non tutti i castighi si son verificati ancora; quante altre città saranno distrutte, le nazioni continueranno a schierarsi, una nemica dell’altra, e dell’Italia? Le sue nazioni amiche si faranno le sue più fiere nemiche, perciò pazienza figlia mia, quando il tutto sarà preparato per richiamare l’uomo, verrò come prima da te, e pregheremo e piangeremo insieme per l’uomo ingrato. Tu però non uscire mai dal mio Volere, che essendo il mio Volere eterno, ciò che si fa nella mia Volontà acquista un valore eterno, immenso, infinito, è come moneta che sorge e che mai esaurisce, i più piccoli atti fatti nel mio Volere restano scritti a caratteri incancellabili: “Siamo atti eterni, perché un Voler eterno ci ha animati, formati e compiuti”. Succede come ad un vaso di creta in cui si mette il liquido oro, e l’artefice da quell’oro liquefatto vi forma gli oggetti d’oro. Forse perché quell’oro è stato liquefatto nel vaso di creta si dice che non è oro? Certo che no; l’oro è sempre oro in qualunque vaso si potesse liquefare. Ora, il vaso di creta è l’anima, la mia Volontà è l’oro, l’atto d’operare della creatura nella mia Volontà, concuoce la mia Volontà con la sua e si liquefanno insieme, e da quel liquido, Io, divino artefice, formo gli atti d’oro eterno, in modo che Io posso dire che sono i miei, e l’anima può dire che sono i suoi”.

12-111 Settembre 3, 1919 Il fondersi in Gesù equilibra le riparazioni.

(1) Stavo lamentandomi col mio dolce Gesù del mio povero stato, e come sono rimasta un essere inutile che non faccio nessun bene; quindi, a che pro la mia vita? Ed il mio amabile Gesù mi ha detto:

(2) “Figlia mia, il pro della tua vita lo so Io, né spetta a te investigarlo, ma sappi però che il solo fonderti in Me tutti i giorni e parecchie volte al giorno, serve a mantenere l’equilibrio di tutte le riparazioni, perché solo chi entra in Me e prende il principio da Me di tutto ciò che fa, può equilibrare le riparazioni di tutti e di tutto, può equilibrare da parte delle creature la gloria del Padre, perché stando in Me un principio eterno, una Volontà eterna, potetti equilibrare tutto: soddisfazione, riparazione e gloria completa del Padre celeste da parte di tutti, sicché, come tu entri in Me vieni a rinnovare l’equilibrio di tutte le riparazioni e della gloria della Maestà Eterna. E ti par poco ciò? Non senti tu stessa che non ne puoi fare a meno, e che Io non ti lascio se prima non ti veggo fonderti in tutte le mie singole parti, per ricevere da te l’equilibrio di tutte le riparazioni sostituendoti a nome di tutta l’umana famiglia? Cerca, per quanto è da te, ripararmi per tutto. Se sapessi quanto bene ne riceve il mondo quando un’anima, senza l’ombra dell’interesse personale ma solo per mio amore, si eleva tra il Cielo e la terra, ed unita con Me equilibra le riparazioni di tutti”.

12-112 Settembre 13, 1919 Si deve morire alla propria vita per vivere della Vita di Gesù.

(1) Le mie amarezze crescono e non fo altro che lamentarmi col mio sempre amabile Gesù, dicendogli: “Pietà amor mio, pietà, non vedi come mi son ridotta? Mi sento che non ho più vita, né desideri, né affetti, né amore, tutto il mio interno come morto. Ah! Gesù, dov’è il frutto in me di tanti tuoi insegnamenti?” Mentre ciò dicevo, mi son sentita vicino il mio dolce Gesù, e con catene forti mi legava e rilegava, e mi ha detto:

(2) “Figlia mia, il segno più certo ed il suggello dei miei insegnamenti in te è il non sentire nulla di proprio, e poi, non è proprio questo vivere nel mio Volere sperdersi in Me? Come vai cercando i tuoi desideri, affetti ed altro, se li hai sperduti nel mio Volere? La mia Volontà è immensa, e per trovarli ci vuol troppo, e per vivere di Me conviene non più vivere della vita propria, altrimenti fai vedere che non sei contenta di vivere della mia Vita e tutta sperduta in Me”.

12-113 Settembre 26, 1919 Effetti dello stato di vittima.

(1) Non fo altro che lamentarmi col mio amabile Gesù, ed il benedetto Gesù facendosi sentire mi ha detto:

(2) “Figlia mia, chi è vittima deve stare esposto a ricevere tutti i colpi della Divina Giustizia, e deve provare in sé le pene delle creature ed i rigori che queste pene meritano dalla giustizia divina, oh! come gemeva la mia stritolata Umanità sotto questi rigori; non solo questo, ma dal tuo stato di privazione ed abbandono, puoi vedere come le creature stanno con Me e come la giustizia divina sta per punirle con più terribili flagelli, l’uomo è giunto allo stato di completa pazzia, ed ai pazzi si usano le sferze più dure”.

(3) Ed io: “Ah! mio Gesù, il mio stato è troppo duro; se non avessi l’incanto del tuo Volere che mi tiene come assorbita, io non so che farei”.

(4) E Gesù: “La mia giustizia non può prendere da due la soddisfazione, perciò ti tiene come sospesa da quelle pene di prima, ma siccome quando Io volli che ti mettessi in questo stato, vi fu anche il concorso dell’ubbidienza, ora l’ubbidienza vuol tenerti ancora, ecco perciò continua, ma però questo è sempre una cosa avanti alla giustizia divina, ché la creatura vuol fare la parte sua, tu però, non ti spostare in nulla e dopo vedrai ciò che farà il tuo Gesù per te”.

12-114 Ottobre 8, 1919 Effetti della confidenza.

(1) Continuando il mio solito stato di pene e di privazioni, me la passo con Gesù quasi in silenzio, tutta abbandonata in Lui come una piccola bimba. Onde, il mio dolce Gesù, facendosi vedere nel mio interno mi ha detto:

(2) “Figlia mia, la confidenza in Me è la piccola nube di luce, in cui resta l’anima così coinvolta, da farle scomparire tutti i timori, tutti i dubbi, tutte le debolezze, perché la confidenza in Me non solo le forma questa piccola nube di luce che l’involge tutta, ma la nutre di cibi contrari, che hanno la virtù di dissipare tutti i timori, dubbi e debolezze. Difatti, la confidenza in Me dissipa il timore e nutre l’anima di puro amore, scioglie i dubbi e le dà la certezza, toglie la debolezza e le dà la fortezza, anzi la fa tanto ardita con Me, che si attacca alle mie mammelle e succhia, succhia e si nutre, né altro cibo vuole; e se vede che succhiando non le viene nulla, e ciò lo permetto per eccitarla alla più alta confidenza, lei né si stanca né si stacca dal Mio petto, anzi vi succhia più forte, urta la testa al mio petto, ed Io Me la rido e la faccio fare. Sicché l’anima confidente è il mio sorriso ed il mio divertimento, sicché chi confida in Me mi ama, mi stima, mi crede ricco, potente, immenso; invece, chi sconfida non mi ama davvero, mi disonora, mi crede povero, impotente, piccolo, che affronto alla mia bontà”.