(1) Avendo venuto M., mi ha detto che in queste venute di Nostro Signore io non meritavo niente, e che solo meritavo quando praticavo le virtù; ed insieme che pregassi per certi suoi bisogni. Onde nel corso del giorno sono restata impensierita di ciò che avevo sentito, e per sbrigarmi dicevo tra me:
(2) “Adorabile mio bene, Tu sai che non ci ho badato mai ai meriti, ma solo ad amarti, mi pare che mi vogliono fare serva nella tua casa se badassi ad acquisti; no, non serva voglio essere, ma figlia, anzi Tu il mio amato ed io la tua”.
(3) Ma con tutto ciò il pensiero ritornava spesso spesso. Ora, trovandomi nel solito mio stato, il mio benedetto Gesù è venuto e mi ha detto:
(4) “Figlia mia, M. non ti ha detto la verità, perché quando vado ad un’anima, non ci vado mai inutilmente, ma sempre le porto qualche utile, ora le parlo delle virtù, ora la correggo, ora le comunico la mia bellezza, in modo che tutte le altre cose le compariscono brutte, e tante altre cose, ed ancorché non dicessi niente, è certo che l’amore si svolge di più nell’anima, e quanto più mi ama, più Io vengo a riamarla, ed i meriti dell’amore sono tanto grandi, nobili e divini, che paragonati agli altri meriti, si potrebbe dire: quelli piombo, e questi oro puro. E poi è venuto lui, e certo che non è venuto come statua, ha cercato di dire qualche parola, di farti qualche utile, eppure come creatura, ed Io, poi, che sono Creatore, farò delle cose inutili?”
(5) In questo mi sono ricordata dei bisogni che mi ha detto M., e pregavo Nostro Signore che lo esaudisse. In questo mentre mi pareva di vederlo con una veste colore argentino, e dalla testa scendeva un velo nero che gli copriva parte degli occhi, e questo velo pareva che si comunicava ad un’altra persona che gli stava di dietro. Io non capivo niente di ciò, ed il benedetto Gesù mi ha detto:
(6) “La veste colore argentino che gli vedi è la sua purità nell’operare, ed il velo nero è che vi mescola dell’umano, e questo umano che vi mescola è come velo, che coprendogli la luce della verità che gli risplende nella mente, lo fa agire qualche volta con timore, oppure per contentare qualche altro, e non secondo la verità che la mia Grazia gli fa risplendere nella sua mente”.
(7) Ed io: “Signore, esauditelo in quello che mi ha detto, che è cosa che riguarda tanto la Gloria vostra”.
(8) E Lui: “Il temporeggiare, ad un’anima irrisoluta, dà tempo e luogo ai nemici di muovere battaglia, mentre non dando tempo e mostrandosi risoluto ed irremovibile si chiudono le porte ai nemici, e si ha il bene di non esporsi neppure alla zuffa, quindi, se vuol giungere presto a fine, questi sono i mezzi, ed Io sarò con lui e vi riuscirà vittorioso; e dopo, quegli stessi che gli sono più contrari, gli saranno più favorevoli e lo ammireranno di più, vedendolo di aver disfatto le loro vedute umane”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, quando appena è venuto il benedetto Gesù e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, per conoscere se l’anima sta in Grazia mia, il segno è che, comunicandosi la mia Grazia, l’anima si trova pronta ad eseguire ciò che la Grazia vuole, in modo che la Grazia che ci stava prima nell’interno e quella che si comunica dopo, si danno la mano a vicenda ed unita con la volontà dell’anima si mettono in attitudine di operare. Se poi non si trova pronta, c’è molto da dubitare. La Grazia è simbolo della corrente elettrica, che accende solo quelle cose dove vi sono stati fatti i preparativi per ricevere la corrente elettrica, ma dove questi preparativi non ci sono, oppure si è spezzato qualche filo o consumato, ad onta che c’è la corrente, la luce non può comunicarsi.
(3) Ed è scomparso.
(1) Continuando il mio solito stato, stavo pensando al peso enorme che il benedetto Gesù sentì nel portare la croce, e dicevo tra me: “Signore, anche la vita è un peso, ma che peso, specie per la lontananza di Te, mio sommo bene. In questo mentre è venuto e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, è vero che la vita è un peso, ma quando questo peso viene portato con Me, ed al fine della vita si trova che questo peso lo può sgravare in Me, troverà questo peso cambiato in tesoro, dove troverà le gemme, le pietre preziose, i brillanti e tutte le ricchezze da renderlo felice in eterno”.
(1) Avendo fatto la comunione, stavo dicendo: “Signore, tenetemi sempre stretta con Te, ché sono troppo piccina, che se non mi tenete stretta, essendo piccina posso smarrirmi”.
(2) E Lui: “Voglio insegnarti il modo come devi stare con Me: Primo, devi entrare dentro di Me e trasformarti in Me, e prendervi ciò che trovi in Me. Secondo, quando ti sei riempita tutta di Me, esci fuori ed opera insieme con Me, come se Io e tu fossimo una cosa sola, in modo che se mi muovo Io, muoviti tu; se penso, pensa tu alla stessa cosa pensata da Me, insomma, qualunque cosa che faccio Io farai tu. Terzo, con questo operato insieme che abbiamo fatto, allontanati per un istante da Me e va in mezzo alle creature, dando a tutti ed a ciascuno tutto ciò che abbiamo operato insieme, cioè dando a ciascuno la mia Vita Divina, ritornando subito in Me per darmi a nome di tutti tutta quella gloria che dovrebbero darmi, pregando, scusandoli, riparando, amando; ah! sì, amami per tutti, saziami d’amore, in Me non ci sono passioni, ma se ci potesse stare passione, quest’unica e sola ci sarebbe l’amore. Ma l’amore in Me è più che passione, anzi è mia Vita, e se le passioni si possono distruggere, la vita no. Vedi a quale necessità mi trovo d’essere amato, perciò amami, amami”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, quando appena è venuto il benedetto Gesù e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, la timidezza reprime la Grazia ed inceppa l’anima. Un’anima timida non sarà mai buona ad operare cose grandi, né per Dio, né per il prossimo, né per sé. Un’anima timida è come se avesse legate le gambe, che non potendo camminare liberamente, ha sempre l’occhio a sé ed allo sforzo che emette nel camminare. La timidezza fa tenere l’occhio sempre in basso, mai in alto; la forza nell’operare non l’attinge da Dio ma da sé stessa, e quindi invece di rafforzarsi, s’indebolisce. La Grazia se semina, le succede come a quel povero agricoltore che, avendo seminato e lavorato il suo campicello, poco o niente raccoglie. Invece, un’anima coraggiosa fa più in un giorno che la timida in un anno”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, stavo pensando perché la croce sola ci fa conoscere se veramente amiamo il Signore, mentre ci sono tante altre cose: Le virtù, la preghiera, i sacramenti, che ci potrebbero far conoscere se amiamo il Signore. Mentre ciò pensavo, il benedetto Gesù è venuto e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, è proprio così, la sola croce è quella che fa conoscere se veramente si ama il Signore, però la croce portata con pazienza e rassegnazione, perché dove c’è pazienza e rassegnazione nelle croci, c’è Vita Divina. Essendo la natura tanto riluttante al patire, quindi se c’è pazienza non può essere cosa naturale ma divina, e l’anima non ama più col solo suo amore il Signore, ma unito con l’amore della Vita Divina, onde che dubbio può avere se ama o no, se giunge ad amarlo col suo stesso amore? Mentre nelle altre cose, ed anche negli stessi sacramenti, ci può essere pure chi ama, chi contenga in sé questa Vita Divina, ma non possono dare la certezza della croce, ci può essere o non ci può essere per mancanza di disposizioni; uno può fare benissimo la confessione, e se vi mancano le disposizioni non può dire certo che ama e che ha ricevuto in sé questa Vita Divina; un altro fa la comunione, si riceve la vita divina, ma può dire certo che le rimane in sé questa vita se teneva le vere disposizioni, perché si vede che certi fanno la comunione, confessioni, ed alle occasioni non si vede in loro la pazienza della Vita Divina, e se manca la pazienza manca l’amore, perché l’amore si conosce al solo sacrificio, ecco i dubbi; mentre la pazienza, la rassegnazione, sono i frutti che solo produce la Grazia e l’amore”.
(1) Continuando il mio solito stato, quando appena è venuto il benedetto Gesù, e pareva che si avvicinava a me e mi faceva sentire i palpiti del suo cuore, ma tanto forte; e nel suo palpito palpitavano tant’altri piccoli palpiti. Lui mi ha detto:
(2) “Figlia mia, in questo stato si trovava il mio cuore nell’atto della mia Passione. Nel mio cuore palpitavano tutte le vite umane, che coi loro peccati stavano tutte in attitudine di darmi la morte, ed il mio cuore, ad onta della loro ingratitudine, preso da violenza d’amore, gli restituiva a tutti la vita, perciò palpitavo sì forte e nel mio palpito racchiudevo tutti i palpiti umani, facendoli risorgere in palpiti di grazia, d’amore e di delizie divine”.
(3) Ed è scomparso. Oltre di ciò, avendo passato una giornata di molte visite, mi sentivo stanca, e nel mio interno mi lamentavo con Nostro Signore dicendo: “Allontanate da me le creature; mi sento molto oppressa, io non so che cosa trovano e vogliono da me, abbiate pietà della violenza che faccio continuamente di trattenermi con Te nel mio interno e con le creature nell’esterno”. In questo mentre è venuta la Regina Mamma, e mi ha detto, alzando la sua destra, additando nel mio interno, in cui pareva che stava l’amabile Gesù:
(4) “Figlia diletta mia, non ti opprimere, le creature corrono dove c’è il tesoro. Siccome in te c’è il tesoro dei patimenti, dove c’è racchiuso il dolce mio Figlio, perciò vengono a te. Tu però, mentre tratti con loro non ti distrarre dal tuo tesoro, facendo amare a ciascuno il tesoro che in te contieni, qual è la croce ed il mio Figlio, così li rimanderai tutti arricchiti”.
(1) Stando nel solito mio stato ed essendo venuto un demonio che faceva cose strane, appena scomparso io non ci ho pensato punto, tanto da dimenticarmi le sue stranezze, occupandomi del sommo ed unico mio bene. Dopo però mi è venuto il pensiero: “Come sono cattiva, insipida, nessuna cosa mi fa impressione”. Ed il benedetto Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, ci sono certe regioni dove le piante non sono soggette a freddi, a brine, a nevi, quindi non sono spogliate da foglie, da fiori e da frutti, e se fanno soste è per breve tempo per dar luogo che, quando si colgono i frutti, prendano il tempo necessario a crescere degli altri, perché il caldo le feconda mirabilmente e non sono soggette a lungaggini, come sono soggette le piante nelle regioni fredde, ché le povere piante per le brine e nevi, sono soggetti per lunghi mesi a dare per breve tempo pochissimi frutti, quasi stancando la pazienza dell’agricoltore che li deve raccogliere. Così sono le anime che sono giunte alla mia unione, il caldo della mia unione dissipa da loro il freddo delle umane inclinazioni, che come freddo le rende sterili e spogliate di foglie e di frutti divini. Le brine delle passioni, le nevi delle turbazioni, arrestano nell’anima i frutti della Grazia. Stando all’ombra della mia unione, niente le fa più impressione, nessuna cosa le entra nel loro interno che disturbi la nostra unione ed il nostro riposo, tutta la loro vita si gira nel mio centro, sicché la loro inclinazione, la loro passione, è per Dio, e se qualche volta si fa un po’ di sosta, non è altro che un mio semplice nascondimento per dar loro una sorpresa di maggiori consolazioni, e quindi poter gustare in loro frutti più squisiti di pazienza e di eroismo, che hanno esercitato nel mio nascondimento. Tutto all’opposto succede alle anime imperfette, pare loro proprio le piante nate nelle regioni fredde, stanno soggette a tutte le impressioni, sicché la loro vita vive più d’impressione che di ragione e di virtù; le inclinazioni, le passioni, le tentazioni, le turbazioni e tutti gli eventi della vita sono tanti freddi, nevi, brine, grandine, che impediscono lo sviluppo della mia unione con loro, e quando pare che hanno fatto una bella fioritura, basta un nuovo successo, una cosa che fa loro impressione, per fare sfiorire questa bella fioritura e farla andare per terra. Sicché sono sempre in principio, e pochissimi frutti cacciano da loro, e quasi stancano la mia pazienza nel coltivarle”.
(1) Questa mattina mi sentivo più che mai oppressa dalla privazione del mio sommo ed unico bene, ma insieme placida, senza di quelle ansie che mi facevano girare Cielo e terra, e allora mi fermavo quando lo ritrovavo. E dicevo fra me: “Che cambiamento, mi sento impietrita per il dolore della tua assenza, eppure non piango, mi sento una pace profonda che tutta m’investe, nessun alito in contrario entra in me”. In questo mentre, il benedetto Gesù è venuto e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, non volerti affannare, devi sapere che quando c’è forte tempesta nel mare, dove le acque sono profonde, la tempesta non è che superficialmente; la profondità del mare è nella più perfetta calma, le acque restano tranquille, ed i pesci, quando avvertono la tempesta, per essere più sicuri si vanno a rannidare dove l’acqua è più profonda, sicché tutta la tempesta si scarica dove il mare contiene pochissima acqua, perché, siccome le acque sono poche, la tempesta ha la forza di agitarle da imo a fondo, e di trasportarle anche altrove, ad altri punti del mare. Così succede alle anime quando sono tutte piene di Dio, fino all’orlo, fino a traboccare fuori, le tempeste non hanno la forza di agitarle menomamente, perché contro Dio non c’è forza che vaglia, al più la sentiranno superficialmente. Anzi, avvertendo la tempesta, mette in ordine le virtù e vi si rannida nel più profondo di Dio; sicché esteriormente pare che sia tempesta, ma tutto è falso, allora l’anima gode più pace e si riposa tranquilla nel seno di Dio, come i pesci nel seno del mare.
(3) Tutto il contrario alle anime vuote di Dio, oppure contengono qualche poco di Dio; le tempeste le agitano tutte, sicché se hanno quel poco di Dio lo scemano, né ci vogliono forti tempeste per agitarle, basta un minimo vento per far fuggire da loro le virtù. Anzi, le stesse cose sante, che per le prime formano il loro pascolo prelibato ed a sazietà ne gustano, per le seconde si convertono in tempeste, sono sbattute da tutti i venti, da tutte le parti, mai è bonaccia per loro, perché ragion vuole che dove non c’è tutto Iddio, il retaggio della pace è lontano da loro.
(1) Continuando il mio solito stato, mi trovavo fuori di me stessa e mi pareva di vedere M. ed altri preti, ed avendo uscito un giovane di beltà divina, accostandosi a me mi somministrava un cibo. Io l’ho pregato che di quel cibo che dava a me facesse parte M. ed altri. Così, accostandosi a M. gliene dava una buona parte dicendogli
(2) “Io ti fo’ parte del mio cibo, e tu disfama la mia fame col darmi le anime”, additandogli l’opera che M. vuol fare, ed insieme lo eccitava fortemente nel suo interno, dandogli degli impulsi ed ispirazioni. Poi ha fatto parte ad altri. In questo mentre è uscita una donna veneranda, e quelli che hanno ricevuto il cibo dal giovane si sono fatti dintorno e le hanno domandato qual era lo stato mio; e la donna ha risposto:
(3) “Lo stato di quest’anima è stato di preghiera continua, di sacrificio e di unione con Dio; e mentre è in questo stato sta esposta a tutti gli eventi della Chiesa, del mondo, e della giustizia di Dio, e prega, ripara, disarma ed impedisce, per quanto può, i castighi che la giustizia vuole scaricare sulle creature, sicché le cose stanno tutte sospese”.
(4) Ora, mentre ciò sentivo, dicevo tra me: “Sono tanto cattiva, eppure dicono che questo è il mio stato”. Ma con tutto ciò mi trovavo vicino ad un finestrino alto alto, e di là vedevo tutto ciò che si faceva nella Chiesa e nel mondo, ed i flagelli che stavano per cadere; ma chi può dirli tutti? Passo innanzi per non fare lungaggini. Ed io, oh! come gemevo e pregavo, ed avrei voluto farmi in pezzi per impedire tutto, ma nel meglio è tutto scomparso e mi sono trovata in me stessa.