(1) Questa mattina il benedetto Gesù, quando appena l’ombra si è fatto vedere e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, fino a tanto che l’anima sta in continua attitudine d’operare il bene, la grazia è con essa e dà vita a tutto il suo operare. Se poi sta nell’indifferenza di fare il bene, oppure in atto di operare il male, la grazia si ritira, perché non è partita la sua, e non potendo averne parte né somministrarle la sua stessa vita, con rincrescimento si parte, dispiacendosi sommamente; perciò, vuoi che la grazia stia sempre teco, che la mia stessa vita formi la tua? Stati in continuo atto di fare il bene e così avrai in te sviluppato tutto il mio Essere, e non avrai tanto a dolerti se qualche volta non avrai la mia presenza, perché non mi vedrai ma mi toccherai in tutto il tuo operato, e ciò vi scemerà in parte il dolore della mia privazione”.
(1) Continuando il mio solito stato, quando appena è venuto il benedetto Gesù e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, tutta la scienza divina si contiene nel retto operare, perché nel retto si contiene tutto il bello ed il buono che trovare si possa, si trova l’ordine, l’utilità, la bellezza, la maestria. Un lavoro per tanto è buono per quanto è ordinato buono, ma se i fili si vedono storti, e storti menati, non se ne capisce niente, non si vede altro che una cosa disordinata che non sarà né utile né buona, perciò Io dalle cose più grandi, fino alle più piccole che ho fatto, si vedono tutte ordinate, e tutte servono ad uno scopo utile, perché la fonte da dove sono uscite, è stato il mio retto operare.
(3) Ora la creatura, per tanto sarà buona, tanta scienza divina conterrà in sé, tante cose buone usciranno da essa, per quanto sarà retta, basta un filo storto nel suo operare per disordinare sé stessa e le opere che le escono, ed offuscare la scienza divina che contiene. Chi esce dal retto esce dal giusto, dal santo, dal bello, dall’utile, ed esce dai limiti in cui Iddio l’ha messo, ed uscendo da questo sarà come una pianta, cui non avrà molto terreno di sotto, che ora i raggi d’un sole cocente, ed or le brine e i venti le seccheranno gli influssi della scienza divina. Tale è lo storto operare, brine, venti e raggi di sol cocente, ove mancandole molto terreno di scienza divina, non farà altro che seccare nel suo disordine”.
(1) Continuando il mio solito stato, pieno di amarezze e di privazioni, per poco questa mattina è venuto il benedetto Gesù, ed io mi lamentavo con Lui del mio stato, ed invece di rispondermi si stringeva più con me. Dopo poi, senza rispondere a ciò che io dicevo, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, l’anima veramente amante non si contenta d’amarmi con l’ansietà, coi desideri, con gli slanci, ma allora è contenta quando giunge a farne suo cibo e quotidiano nutrimento, allora l’amore si fa sodo, serio, va sperdendo tutte quelle leggerezze d’amore, a cui la creatura è soggetta. E siccome ne fa suo cibo, è diffuso in tutte le membra, e stando diffuso in tutto, ha la forza di sostenere le vampe dell’amore che la consumano e le danno vita, e contenendo l’amore in sé stesso, possedendolo, non sente più quei vivi desideri, quelle ansietà, ma sente solo d’amare più l’amore che possiede. Questo è l’amore dei beati in Cielo, questo è lo stesso mio amore; i beati bruciano, ma senza ansietà, senza strepito, con sodezza, con serietà ammirabile. Questo è il segno se l’anima giunge a nutrirsi d’amore, quanto più perde le fattezze dell’amore umano; ché se si vedono solo desideri, ansietà, slanci, è segno che l’amore non è suo cibo, è qualche particella di sé che ha dedicato all’amore, onde non essendo tutta, non ha forza di contenerlo, e fa quegli slanci d’amore umano, essendo queste tale molto volubili, senza stabilità nelle cose loro; invece le prime sono stabili, come quei monti che mai si smuovono”.
(1) Passando giorni amarissimi, stavo lamentandomi con Nostro Signore dicendogli: “Come crudelmente mi hai lasciato! mi dicevi di avermi eletto come tua figlia piccola, di dovermi tenere sempre nelle tue braccia, e adesso? Mi hai gettato per terra, ed invece di piccola figlia veggo che mi hai cambiato in piccola martire, ma per quanto piccolo il martirio, altrettanto crudele e duro, amaro ed intenso”. Mentre ciò dicevo, si è mosso nel mio interno e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, tu ti sbagli, non è mia Volontà di renderti piccola martire, ma grande martire se ti do la forza di sostenere con pazienza e rassegnazione la mia privazione, che è la cosa più dolorosa, più amara che trovare si possa, e in terra ed in Cielo non c’è altra pena che la eguale, che la rassomigli. Non è questo eroismo di pazienza ed ultimo grado d’amore, dove tutti gli altri amori rimangono dietro, restano quasi annullati, e non c’è chi ad esso possa paragonarsi e stargli di fronte? Non è questo, dunque, grande martirio? Tu dici di essere piccola martire, perché ti senti di non soffrire tanto, non è che non soffra, è il martirio della mia privazione che ti assorbe le altre pene, facendole anche scomparire, perché pensando che sei priva di Me, né curi né badi alle altre tue sofferenze, e non badando giungi a non sentire il peso; perciò dici che non soffri. Poi, non ti ho gettato per terra, anzi ti tengo più che mai stretta fra le mie braccia. Anzi, ti dico che se a Paolo diedi la mia Grazia efficace al principio della sua conversione, a te la do quasi di continuo, ed il segno è questo: Che segui nel tuo interno tutto ciò che facevi quando Io ero con te quasi di continuo, facendo ciò che ora pare che tu fai da sola. Quel sentirti tutta immersa e legata con Me, pensare sempre a Me ad onta che non mi vedi, non è cosa tua né grazia ordinaria, ma speciale ed efficace. E se assai ti do, è segno che ti amo assai e assai voglio essere amato da te”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, stavo desiderando il bambinello Gesù, e dopo molti stenti si è fatto vedere nel mio interno da piccolo bambino, e mi diceva:
(2) “Figlia mia, il miglior modo per farmi nascere nel proprio cuore è vuotarsi di tutto, perché trovando il vuoto posso mettervi tutti i miei beni, ed allora posso rimanervi per sempre, se c’è luogo per potervi trasportare tutto ciò che mi appartiene, tutto il mio in essa. Una persona che andasse ad abitare in casa di un’altra persona, allora si potrebbe chiamare contenta, quando in quella casa trovasse vuoto per poter mettere tutte le cose sue, altrimenti si renderebbe infelice. Così sono Io.
(3) La seconda cosa per farmi nascere e accrescere la mia felicità è che tutto ciò che l’anima contiene, sia interno che esterno, tutto dev’essere fatto per Me, tutto deve servire per onorarmi, per seguire i miei ordini. Se anche una sola cosa, un pensiero, una parola, non è per Me, Io mi sento infelice, e dovendo far da padrone, mi rendono schiavo; posso Io tollerare tutto questo?
(4) La terza è amore eroico, amore ingrandito, amore di sacrificio, questi tre amori faranno crescere in modo meraviglioso la mia felicità, perché si esibii l’anima ad opere superiori alle sue forze, facendole con la sola mia forza l’ingrandiranno col fare che non solo essa, ma anche gli altri mi amassero; e giungerà a sopportare qualunque cosa, anche la stessa morte, per poter trionfare in tutto e potermi dire: “Non ho più niente, tutto è solo l’amore per Te”. Questo modo non solo mi farà nascere, ma mi farà crescere e mi formerà un bel paradiso nel proprio cuore”.
(5) Mentre ciò diceva, io lo guardavo, e da piccolo, in un istante si è fatto grande, in modo che ne restavo tutta riempita di Lui; e tutto è scomparso.
(1) Stavo meditando quando la Mamma Regina dava il latte al bambino Gesù. Dicevo tra me: “Che poteva passare tra la Mamma Santissima ed il piccino Gesù in quest’atto?” In questo mentre me lo sentii muovere nel mio interno, e mi sentii dire:
(2) “Figlia mia, quando succhiavo il latte dal petto della mia dolcissima Madre, unito al latte vi succhiavo l’amore del suo cuore, ed era più amore che succhiavo che latte; ed Io come in quei succhi sentivo dirmi: “T’amo, t’amo, o Figlio”. Io ripetevo a Lei: “T’amo, t’amo, o Mamma”. E non ero solo in questo; al mio ti amo, il Padre e lo Spirito Santo e la Creazione tutta, gli angeli, i santi, le stelle, il sole, le gocce d’acqua, le piante, i fiori, i granelli di sabbia, tutti gli elementi correvano appresso al mio t’amo e ripetevano: “T’amiamo, t’amiamo o Madre del nostro Dio nell’amore del nostro Creatore”.
(3) La mia Madre vedeva tutto ciò, ne restava inondata, non trovava neppure un piccolo spazio dove non si sentisse dire che Io l’amavo, il suo amore ne restava indietro e quasi solo, e ripeteva: “T’amo, t’amo”. Ma mai poteva eguagliarmi, perché l’amore della creatura ha i suoi limiti, il suo tempo; l’amore mio è increato, interminabile, eterno. E questo succede ad ogni anima, quando mi dice t’amo anch’Io le ripeto t’amo, e con Me è tutta la Creazione ad amarla nel mio amore. Oh! se le creature comprendessero qual è il bene, l’onore che si procurano, anche col sol dirmi t’amo, basterebbe solo questo, che un Dio al loro fianco replica con l’onorarle: Anche Io ti amo”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, sentivo come se la terra facesse delle oscillazioni e ci volesse mancare di sotto. Io ne sono rimasta impressionata e dicevo tra me: “Signore, Signore, che c’è?” E Lui nel mio interno ha detto:
(2) “Terremoti”.
(3) Ed ha fatto silenzio. Io non gli ho dato quasi retta, e stando quasi in me stessa continuavo le mie solite cose interne, quando al meglio, dopo aver passato un cinque ore dalla parola dettami, ho sentito sensibilmente il terremoto. Onde appena finito di sentirlo, mi sono trovata fuori di me stessa. Quasi confusa vedevo cose strazianti, ma subito mi è stata tolta la vista di ciò, e mi sono trovata dentro di una chiesa; dall’altare è uscito un giovane vestito di bianco, credo che fosse Nostro Signore ma non so dirlo certo, che avvicinandosi a me, con un aspetto imponente mi ha detto:
(4) “Vieni”.
(5) Io mi sono stretta nelle spalle e senza alzarmi, e calcolando in me che in quell’ora stava flagellando e distruggendo ho detto: “Neh! Signore, giusto ora volete portarmi?” Quasi rifiutando l’invito. Allora quel giovane si è gettato nelle mie braccia, e nel mio interno mi sentivo dire:
(6) “Vieni, o figlia, acciò possa finirla col mondo, così lo distruggerò in gran parte, coi terremoti, con le acque e con le guerre”.
(7) Dopo ciò mi sono trovata in me stessa.
(1) Stavo meditando il mistero dell’infanzia e dicevo tra me: “Bambino mio, a quante pene volesti assoggettarti. Non ti bastava il venire grande, hai voluto venire bambino, soffrire le fasce, il silenzio, l’immobilità della tua piccola Umanità, dei piedi, delle mani. A che pro tutto questo?” Mentre ciò dicevo, si è mosso nel mio interno e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, le mie opere sono perfette; volli venire piccolo infante per divinizzare tutti i sacrifici e tutte le piccole azioni che nell’infanzia ci sono; sicché, finché i bambini non giungono a commettere peccati, tutto resta assorbito nella mia infanzia e divinizzato da Me. Quando poi incomincia il peccato, allora incomincia la separazione tra Me e la creatura, separazione per Me dolorosa, e per loro luttuosa”.
(3) Ed io: “Come può essere ciò, se i bambini non hanno ragione e non sono capaci di meritare”.
(4) E Lui: “Questo lo do prima per grazia mia, il merito; secondo perché non è di loro volontà che non vogliono meritare, è perché così porta lo stato d’infanzia da Me disposto. E poi, non solo resta onorato ed anche coglie il frutto un giardiniere che ha piantato una pianta, ad onta che la pianta non ha ragione; l’artefice che fa la sua statua e tante altre cose. Il solo peccato è quello che distrugge tutto e separa la creatura da Me, che poi tutto il resto da Me parte alle creature ed a Me ritorna, anche le azioni più triviali, con l’impronta dell’onore della mia Creazione”.