(1) Passando giorni amarissimi, stavo lamentandomi con Nostro Signore dicendogli: “Come crudelmente mi hai lasciato! mi dicevi di avermi eletto come tua figlia piccola, di dovermi tenere sempre nelle tue braccia, e adesso? Mi hai gettato per terra, ed invece di piccola figlia veggo che mi hai cambiato in piccola martire, ma per quanto piccolo il martirio, altrettanto crudele e duro, amaro ed intenso”. Mentre ciò dicevo, si è mosso nel mio interno e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, tu ti sbagli, non è mia Volontà di renderti piccola martire, ma grande martire se ti do la forza di sostenere con pazienza e rassegnazione la mia privazione, che è la cosa più dolorosa, più amara che trovare si possa, e in terra ed in Cielo non c’è altra pena che la eguale, che la rassomigli. Non è questo eroismo di pazienza ed ultimo grado d’amore, dove tutti gli altri amori rimangono dietro, restano quasi annullati, e non c’è chi ad esso possa paragonarsi e stargli di fronte? Non è questo, dunque, grande martirio? Tu dici di essere piccola martire, perché ti senti di non soffrire tanto, non è che non soffra, è il martirio della mia privazione che ti assorbe le altre pene, facendole anche scomparire, perché pensando che sei priva di Me, né curi né badi alle altre tue sofferenze, e non badando giungi a non sentire il peso; perciò dici che non soffri. Poi, non ti ho gettato per terra, anzi ti tengo più che mai stretta fra le mie braccia. Anzi, ti dico che se a Paolo diedi la mia Grazia efficace al principio della sua conversione, a te la do quasi di continuo, ed il segno è questo: Che segui nel tuo interno tutto ciò che facevi quando Io ero con te quasi di continuo, facendo ciò che ora pare che tu fai da sola. Quel sentirti tutta immersa e legata con Me, pensare sempre a Me ad onta che non mi vedi, non è cosa tua né grazia ordinaria, ma speciale ed efficace. E se assai ti do, è segno che ti amo assai e assai voglio essere amato da te”.