(1) Vi passo giorni amarissimi, con continue privazioni, al più ad ombra ed a lampo, e quasi con continue minacce di mandare castighi. Oh! Dio, che parapiglia, pare il mondo sconvolto, tutti sono in attitudine di far rivoluzione, di uccidersi; il Signore pare che ritira la sua Grazia e gli uomini divengono tante belve feroci, del resto è meglio tacere di queste cose, perché il parlarne amareggia troppo la povera anima, bastantemente satolla di amarezze. Onde, questa mattina quando appena è venuto il benedetto Gesù, e mi ha detto:
(2) “Tutte le opere di Dio sono perfette, e la loro perfezione si conosce dall’essere tonde o al più quadre, tanto che nessuna pietra viene messa nella Gerusalemme Celeste, che non sia tonda o quadra”.
(3) Io non capivo niente di ciò; solo che facevo per guardare nella volta dei cieli e vedevo le stelle, il sole, la luna, ed anche la stessa forma della terra, tutti tondi; ma del resto non capivo il significato di ciò, ed il Signore ha soggiunto:
(4) “La rotondità è uguale in tutte le parti, sicché l’anima per essere perfetta, dev’essere uguale in tutti gli stati, in tutti gli accidenti, siano prosperi o avversi, dolci o amari. L’uguaglianza deve circondarla in tutto, da formarla a modo di un oggetto rotondo; altrimenti se non è uguale in tutte le cose, non potrà entrare bella e liscia dalla parte della Gerusalemme Celeste, e non potrà ornare a modo di stella la patria dei beati, sicché quanto più l’anima è uguale in tutto, tanto più si avvicina alla perfezione divina”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, il benedetto Gesù non ci veniva, ed io ero straziata dal dolore della sua privazione, non solo, ma dal pensiero che non fosse più Volontà di Dio lo stato di vittima; mi pare d’essere divenuta nauseante al cospetto divino, degna solo di essere aborrita. Onde, mentre ciò pensavo, quando appena è venuto mi ha detto:
(2) “Figlia mia, chi elegge il proprio io, anche per un momento, reprime la Grazia, si fa padrone di sé stesso e rende schiavo Iddio”.
(3) Poi ha soggiunto: “La Volontà di Dio fa prendere il possesso divino, ma l’obbedienza è la chiave per aprire la porta ed entrare in questo possesso”.
(4) Detto ciò è scomparso.
(1) Continuando il mio solito stato di privazione, e quindi con poche sofferenze stavo dicendo tra me: “Non solo di Gesù sono priva, ma anche il bene delle sofferenze mi viene tolto. Oh! Dio, dovunque volete mettere ferro e fuoco e toccarmi le cose a me più care, e che formavano la mia stessa vita: Gesù e la croce. Se a Gesù sono abominevole per le mie ingratitudini, ha ragione che non viene, e tu, oh! croce, che ti ho fatto che così barbaramente mi hai lasciato? Ahi! forse non ti ho fatto buon viso quando sei venuta? Non ti trattavo come mia fedele compagna? Ahi! ricordo che ti amavo tanto, che non sapevo stare senza di te, e qualche volta ti preferivo allo stesso Gesù; io non sapevo che cosa mi avevi fatto che non sapevo stare senza di te, eppure mi hai lasciato? E’ vero che molti beni mi hai fatto, tu eri la via, la porta, la stanza, il segreto, la luce in cui trovavo Gesù, perciò ti amavo tanto, ed ora è tutto finito per me”. Mentre ciò pensavo, quando appena il benedetto Gesù è venuto, mi ha detto:
(2) “Figlia, la croce è parte della vita, e solo non l’ama chi non ama la propria vita, perché solo con la croce innestai la Divinità all’umanità perduta. E’ solo la croce che continua la Redenzione nel mondo, innestando chiunque la riceve nella Divinità; e chi non l’ama significa che non sa niente né di virtù, né di perfezione, né di amor di Dio, né di vera vita, succede come ad un ricco, che perdute le ricchezze, gli si presenta un mezzo come acquistarle di nuovo e forse di più; quanto non ama questo mezzo? E non mette forse la propria vita in questo mezzo per ritrovare la vita nelle ricchezze? Così è la croce, l’uomo era divenuto poverissimo, e la croce è il mezzo non solo per salvarlo dalla miseria, ma per arricchirlo di tutti i beni; perciò la croce è la ricchezza dell’anima”.
(3) Ed è scomparso, ed io sono rimasta più amareggiata, pensando alla perdita che avevo fatto.
(1) Dopo aver passato giorni di privazione e di lacrime, finalmente questa mattina è venuto Gesù e mi ha detto:
(2) “Ah! figlia mia, tu non sai niente di quello che deve succedere da qui ad un anno. Oh! quante cose succederanno. Vedi un poco”.
(3) In questo mentre mi sono trovata fuori di me stessa insieme con Gesù, e vedevo dove luoghi sprofondati e paesi interi sepolti, dove luoghi allagati e scomparso ciò che in quei luoghi esisteva, in altri punti terremoti con danno notevole, gente morta, rivoluzioni in più punti, ed in certi punti tanto violente, che non si poteva mettere piede senza calpestare sangue umano. Ma chi può dire ciò che di tragico si vedeva? Il buon Gesù dopo ciò ha soggiunto:
(4) “Hai visto? Ah! figlia mia, coraggio, pazienza nello stato in cui ti trovi, la giustizia volendo sgravarsi sopra le creature, ti risparmia di sgravarsi su di te, ed il vuoto delle tue sofferenze riempirà il vuoto delle sofferenze loro; diamo un poco di corso alla giustizia, è necessario; le creature imbaldanziscono troppo, che poi finirà tutto ed Io sarò da te come prima”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato mi sono trovata fuori di me stessa, e vedevo il bambino Gesù, che mettendosi sul mio letto mi batteva con le sue mani tutto il corpo, menandomi anche dei calci. Quando mi ha abbattuto ben bene e calpestato, è scomparso. Ritornando in me stessa non capivo il perché di queste battiture, solo ero contenta, ché mi ricordavo che più sotto mi facevo a Gesù per essere più battuta. Onde sentendomi tutta pesta, di nuovo sono stata sorpresa dal benedetto Gesù, che togliendosi la corona di spine, Lui stesso l’ha conficcato nella mia, ma con tale forza che tutte mi penetravano dentro. Poi, mettendosi nel mio interno, quasi in atto di andare più avanti, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, come andiamo? Andiamo, andiamo più su nel castigare il mondo”.
(3) Io mi sono sentita spaventare nel sentire che univo la mia volontà alla sua nell’andare più su nei castighi. E Lui ha soggiunto:
(4) “Quello che Io ti dico non lo devi dimenticare. Ricordati che tempo indietro Io ti facevo vedere i castighi presenti, e quelli che dovevo mandare, e tu, presentandoti innanzi alla mia giustizia, tanto perorasti a pro dell’umano genere, offerendoti tu a soffrire qualunque cosa, che ti fu concesso in elemosina che invece di far per dieci farebbe per cinque per tuo riguardo. Perciò questa mattina ti ho percosso, per poterti dare il tuo intento, che dovendo fare per dieci, faccio per cinque”.
(5) Di nuovo ha soggiunto: “Figlia mia, l’amore è quello che nobilita l’anima e la mette in possesso di tutte le mie ricchezze, perché il vero amore non ammette divisione di sorta, per quanto può essere uno inferiore all’altro. Ciò che è mio è tuo: Questo è il linguaggio di due esseri che si amano davvero, perché il vero amore è trasformazione; dunque, la bellezza dell’uno toglie la bruttezza dell’altro e lo rende bello; se è povero lo rendo ricco; se ignorante lo rendo dotto; se ignobile lo rende nobile; uno è il palpito, uno il respiro, una la volontà in due esseri che si amano, e se qualche altro palpito o respiro volesse entrare in loro, si sentono soffocati, affannati e lacerati, e restano infermi, sicché il vero amore è salute e santità, e vi respira un’aria balsamica, profumata, qual è il respiro e la vita del medesimo amore, ma dove questo amore resta più nobilitato, più consolidato, più confermato e più accresciuto, è nel sacrificio, sicché l’amore è la fiamma, il sacrificio le legne. Dove ci sono più legne, più alte sono le vampe, ed il fuoco è sempre maggiore. Che cosa è il sacrificio? E’ lo sviscerarsi uno nell’amore e nell’essere della persona amata, e quanto più uno si sacrifica, tanto più resta consumato nell’essere amato, perdendo il suo essere e riprendendo tutti i lineamenti e nobiltà dell’Essere Divino. Vedi, anche nel mondo naturale la cosa passa così, sebbene molto imperfetto, chi acquista nome, nobiltà, eroismo, un soldato che si sacrifica, che si espone alle battaglie, mette la vita per amore del re, o un altro che si sta con le mani alla cinta? Certo il primo. Così un servo, chi può sperare di sedere alla mensa del suo padrone, il servo fedele che si sacrifica, vi mette la propria vita, tiene più cura degli interessi del padrone che dei suoi per amor del padrone, o quel servo che ad onta che fa il suo dovere, quando può sfuggire il sacrificio lo sfugge? Certo il primo. E così il figlio col padre, l’amico con l’amico, e di tutto il resto. Quindi l’amore nobilita ed unisce e vi forma una sola cosa; il sacrificio è la legna per ingrandire il fuoco dell’amore; l’ubbidienza vi ordina il tutto”.
(1) Questa mattina, trovandomi nel mio solito stato, me l’ho sentito muovere nel mio interno, che ripeteva:
(2) “Andiamo più su”.
(3) Io nel sentire ciò, mi sono stretta nelle spalle dicendo: “Signore, perché dite andiamo più su? Dite piuttosto andrò più su nei castighi, io ho paura di mettervi la mia volontà”.
(4) E Lui: “Figlia mia, la mia Volontà e la tua sono una, e se dico andiamo più su nei castighi, non dico lo stesso nel bene che faccio alle creature, che passa oh! quanto più ai castighi? Ed ai tanti altri castighi che non mando, non sei tu unita con Me? Onde, chi è unito nel bene, non deve essere unito nelle mortificazioni? Tra Me e te non ci deve essere divisione. Tu non sei altro che quella piccola erbetta che Iddio si è compiaciuto di dotare d’una meravigliosa virtù, e siccome la piccola erbetta che non si conosce la virtù che contiene si calpesta e neppure si guarda, così chi non conosce il dono che ho messo in te e la virtù che contiene la mia erbetta, non solo ti calpesta, ma non comprende quanto Io mi compiaccio di avvalorare le cose più piccole”.
(5) Dopo ciò pareva che poggiasse il suo capo sul mio, ed io ho detto: “Deh! fatemi sentire le tue spine”.
(6) E Lui: “Vuoi che ti batta?”
(7) Ed io: “Sì”. In questo mentre si è trovata in mano a Gesù una verga, armata di palle di fuoco, ed io vedendo il fuoco: “Signore, ho paura del fuoco; battimi solo con la verga”.
(8) E Lui: “Non vuoi essere battuta ed Io me ne vado”.
(9) Ed è scomparso senza darmi tempo di pregarlo che mi battesse come a Lui piacesse. Oh! come sono restata impensierita ed afflitta, ma Lui che è tanto buono mi perdonerà.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, quando appena è venuto il benedetto Gesù, ed io appena visto ho detto: “Dolce mia vita, quanto mi sono fatta cattiva, mi sento ridotta nel nulla, niente mi sento più in me, tutto è vuoto, solo vi sento nel mio interno un incanto, ed in questo incanto aspetto Te, che mi riempissi, ma invano aspetto questo riempimento, anzi mi sento ritornare sempre nel nulla”.
(2) E Gesù: “Ah! figlia mia, e tu ti affliggi ché ti senti ridotta nel nulla? Anzi ti dico, quanto più la creatura si riduce nel nulla, tanto più è riempita del Tutto; e fosse anche un’ombra di sé che lasciasse, quell’ombra impedisce che Io mi potessi dare tutto, tutto all’anima. Ed il tuo ritornare sempre nel nulla significa che vai sperdendo il tuo essere umano per riacquistare il Divino”.
(1) Continuando il mio solito stato, stavo unendomi con Nostro Signore, facendo uno solo il suo pensiero, il palpito, il respiro e tutti i suoi movimenti coi miei, e poi mettevo l’intenzione d’andare da tutte le creature, per dare a tutti tutto questo, e siccome stavo unita a Gesù nell’Orto degli ulivi, davo ancora a tutti ed a ciascuno, ed anche alle anime purganti, le sue gocce di sangue, le sue preghiere, le sue pene e tutto il bene che Lui fece, acciocché tutti i respiri, i movimenti, i palpiti delle creature, restassero riparati, purificati, divinizzati, e la fonte d’ogni bene, quale sono le sue pene, per tutti i loro rimedi. Mentre ciò facevo, il benedetto Gesù nel mio interno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, con queste tue intenzioni mi ferisci continuamente, e siccome le fai spesso, una freccia non aspetta l’altra, e sempre nuovamente resto ferito”.
(3) Ed io ho detto: “Come può essere possibile che resti ferito, e ti nascondi e mi fai tanto penare nell’aspettare la tua venuta? Queste sono le ferite, questo il bene che mi vuoi?”
(4) E Lui: “Anzi ho detto niente a tutto ciò che dovrei dirti, e l’anima stessa non può comprendere mentre è viatrice tutto il bene e l’amore che passa tra le creature e il Creatore, ché il suo operare, il dire, il soffrire, è tutto nella mia vita; ché solo facendo così può disporre a bene di tutti. Ti dico solo che ogni tuo pensiero, palpito e movimento, ogni tuo membro, qualunque tuo osso sofferente, sono tante luci che escono da te, che toccandomi le disciolgo a bene di tutti, ed Io te ne rimando triplicate tante altre luci di grazia, ed in Cielo te le darò di gloria. Basta dirti che è tanta l’unione, la strettezza che passa, che il Creatore è l’organo, la creatura il suono; il Creatore il sole, la creatura i raggi; il Creatore il fiore, la creatura l’odore, può stare forse l’uno senza dell’altro? No, certo. Credi tu che non tengo conto di tutto il tuo lavoro interno e delle tue pene? Come posso dimenticarle se escono da Me stesso, e sono una sola cosa con Me? Aggiungo ancora che ogniqualvolta si fa memoria della mia Passione, essendo un tesoro esposto a bene di tutti, è come si mettesse al banco per moltiplicarlo e distribuirlo a bene di tutti”.