(1) Trovandomi nel mio solito stato, parecchie volte ho visto il mio adorabile Gesù, ma sempre in silenzio; io mi sentivo tutta confusa e non ardivo d’interrogarlo, ma pareva che voleva dirmi qualche cosa che feriva il suo sacro cuore. Finalmente, l’ultima volta ch’è venuto mi ha detto:
(2) “Figlia mia, la vera carità deve essere disinteressata da parte di chi la fa, e da parte di chi la riceve; e se c’è l’interesse, quel fango produce un fumo che accieca la mente, che impedisce di ricevere l’influsso e gli effetti della carità divina. Ecco perciò in tante opere, anche sante che si fanno, tante cure caritatevoli che si eseguiscono, si sente come un vuoto e non ricevono il frutto della carità che fanno”.
(1) Questa mattina, il mio adorabile Gesù dopo avermi fatto molto stentare, tutto all’improvviso è venuto spandendo raggi di luce, ed io sono stato investita da quella luce, e non so come mi sono trovata dentro di Gesù Cristo. Chi può dire quante cose comprendevo dentro di quella Umanità Santissima? Solo so dire che la Divinità dirigeva in tutto l’Umanità; e siccome la Divinità in un medesimo istante può fare tanti atti quanti ciascuno di noi può farne in tutto il periodo della vita, e quanti atti vuol farne, ora, essendo che nell’Umanità di Gesù Cristo operava la Divinità, comprendevo con chiarezza che Gesù benedetto in tutto il corso della vita rifaceva per tutti in generale, e per ciascuno distintamente tutto ciò che ognuno è obbligato di fare verso Dio, in modo che adorava Iddio per ciascuno in particolare, ringraziava, riparava, glorificava per ciascuno, lodava, soffriva, pregava per ciascuno, onde comprendevo che tutto ciò che ciascuno deve fare, è stato già fatto prima nel cuore di Gesù Cristo.
(1) Trovandomi sommamente afflitta per la perdita del mio sommo bene, il mio povero cuore è lacerato continuamente e subisce una morte continua. Ora venendo il confessore stava dicendogli il mio povero stato, e Lui ha incominciato a chiamarlo ed a mettere intenzione, ma che, la mia mente lasciava sospesa, per qualche istante vedeva come un lampo e sfuggiva e ritornava in me stessa senza vederlo. Oh! Dio, che pena, ma sono pene che neppure si sanno esprimere. Onde, dopo d’aver molto stentato, finalmente è venuto, ed io querelandomi con Lui, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, se non sapessi la causa della mia assenza, avresti forse qualche ragione di lamentarti della mia assenza; ma sapendo che non vengo perché voglio castigare il mondo, a torto ti lamenti”.
(3) Ed io: “Che c’entra il mondo con me”.
(4) E Lui: “Sì c’entra, perché nel venire tu mi dice: Signore, voglio soddisfarvi io per loro, voglio soffrire per loro, ed Io essendo giustissimo non posso ricevere dall’uno e dall’altro la soddisfazione d’un debito, e volendo prendere da te la soddisfazione, il mondo non farebbe altro che imbaldanzire sempre più. Mentre in questi tempi di ribellione sono tanti necessari i castighi, e se ciò non facessi, si faranno tante dense le tenebre, che tutti resterebbero accecati”.
(5) Mentre ciò diceva, mi sono trovata fuori di me stessa e vedevo la terra tutta piena di tenebre, appena qualche strascico di luce; che ne sarà del povero mondo, dà molto da pensare alle cose tristissime che succederanno.
(1) Questa mattina, trovandomi nel solito mio stato, mi sono sentita venire un male naturale, tanto forte, da sentirmi morire. Onde temendo che potessi passare dal tempo all’eternità, e molto più temevo ché il benedetto Gesù appena viene, ed al più ad ombra, ché se ci veniva secondo il solito, io non temeva punto, quindi per fare che mi potessi trovare in buon punto, pregavo il Signore che mi cedesse l’esercizio della sua santa mente per soddisfare ai mali che ho potuto fare coi miei pensieri, i suoi occhi, la sua bocca, le sue mani, i piedi, il cuore, e tutto il suo sacratissimo corpo per soddisfare a tutti i mali che ho potuto commettere, ed a tutto il bene che doveva fare e non ho fatto. Mentre ciò facevo, il benedetto Gesù è venuto tutto vestito a festa, in atto di ricevermi tra le sue braccia e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, tutto ciò che meritai, cedetti a tutte le creature, in modo speciale e sovrabbondante a chi è vittima per amor mio; ecco che tutto ciò che vuoi ti cedo non solo a te, ma a chi vuoi tu”.
(3) Ed io ricordandomi del confessore gli ho detto: “Signore, se mi portate vi prego di contentare il padre”. E Lui:
(4) “E’ certo che qualche ricompensa ha ricevuto mercé la carità che ti ha fatto; e siccome lui ha cooperato, venendo tu a Me nell’ambiente dell’eternità, altra ricompensa gli darò”.
(5) Il male ingagliardiva sempre più, ma mi sentivo felice trovandomi al porto dell’Eternità. In questo mentre è venuto il confessore e mi ha chiamato all’ubbidienza. Io avrei voluto tacere tutto, ma lui mi ha obbligato di dire tutto, e lui se n’è uscito col solito ritornello di non dover morire per ubbidienza, con tutto ciò il male non cessava.
(1) Continuando a sentirmi male, vi sentivo unita un’inquietudine per questa strana ubbidienza, come se non potessi prendere il volo verso il mio sommo ed unico bene; con l’aggiunta che dovendo il confessore celebrare la santa messa, non voleva darmi la comunione per i continui urti di vomiti che mi molestavano. Ma però Gesù benedetto, siccome il confessore mi ha detto che per ubbidienza mi facessi toccare lo stomaco da Gesù Cristo, appena venuto mi ha toccato lo stomaco, e si sono arrestati i vomiti continui, ma il male non cessava, e Gesù vedendomi così inquieta mi ha detto:
(2) “Figlia mia, che fai? Non sai tu che se la morte ti sorprende trovandoti inquieta ti dovrà toccare il purgatorio? Perché se la mente non si trova unita alla mia, la volontà una con la mia, i desideri non siano gli stessi miei desideri, di necessità ti conviene la purga per trasformarti tutta in Me; perciò statti attenta, pensi solo a starti unita con Me, ed Io penserò al resto”.
(3) Ora mentre ciò diceva, vedevo la Chiesa, il Papa, e parte di essa poggiava sulle mie spalle, ed insieme vedevo il confessore che sforzava Gesù a non portarmi per ora, e il benedetto Signore ha detto:
(4) “I mali sono gravissimi, ed i peccati stanno per giungere ad un punto da non meritare più anime vittime, cioè, chi sostiene e protegge il mondo innanzi a Me; se questo punto tocca la giustizia, certo me la porterò”.
(5) Sicché comprendevo che le cose sono condizionate.
(1) Continuavo a sentirmi male, ed il confessore continuava a star fermo, anzi ad inquietarsi ché non l’ubbidivo in riguardo a non morire, ed a pregare il Signore che mi facesse cessare la sofferenza. D’altra parte mi sentivo stimolata da Gesù benedetto, dai santi, dagli angeli, d’andarmene con loro, che or mi trovavo con Gesù, ed ora insieme coi cittadini celesti. In questo stato, mi sentivo torturata, non sapevo io stessa che fare, ma però me ne stavo quieta, temendo che se mi portava non mi trovassi in punto d’andarmene spedita con Gesù, onde tutta nelle sue mani m’abbandonavo. Ora mentre mi trovavo in questa posizione vedevo il confessore ed altri che pregavano per non farmi morire, e Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, mi sento violentato, non vedi che non vogliono che Io ti porti?”
(3) Ed io: “Anch’io mi sento violentata, davvero che mettere una povera creatura a questa tortura meriterebbero una pena”.
(4) E Gesù: “Qual pena vuoi che le dia?”
(5) Ed io non sapendo che dire innanzi a quella fonte di carità inesauribile ho detto: “Dolce Signore mio, siccome la santità porta con sé il sacrificio, fateli santi; che se non altro, loro avranno l’intento di tenermi con loro ed io avrò l’intento di vederli santi, avendo loro la pazienza di sentire la pena che porta con sé la santità”.
(6) Gesù nel sentirmi si è tutto compiaciuto e mi ha baciato dicendomi:
(7) “Bravo alla mia diletta, hai saputo scegliere l’ottimo, per il loro bene, e per la mia gloria. Sicché per ora si deve cedere, riserbandomi in altra occasione di portarti subito, non dandoli tempo di poterci fare violenza”.
(8) Onde Gesù è scomparso, ed io mi sono ritrovata in me stessa, mitigate in gran parte le mie sofferenze, con un nuovo vigore, come se avessi ritornato a nascere. Ma solo Dio sa la pena, lo strazio dell’anima mia, spero almeno che voglia accettare la durezza di questo sacrificio.
(1) Credevo che il benedetto Gesù fosse ritornato secondo il solito, ma qual non è stato il mio disinganno, che dopo aver deciso che per ora non mi portava, ha incominciato a farmi stentare per vederlo, ed al più delle volte ad ombra ed a lampo. Onde, questa mattina sentendomi molto stanca e sfinita di forze per il continuo desiderare ed aspettare, pare che è venuto, e trasportandomi fuori di me stessa mi ha detto:
(2) “Figlia mia, se sei stanca vieni al mio cuore, bevi e ti rinfrancherai”.
(3) Così mi sono avvicinata a quel cuore divino, ed ho bevuto a larghi sorsi un latte misto a sangue dolcissimo. Dopo ciò mi ha detto:
(4) “Le prerogative dell’amore sono tre: Amore costante senza termino, amore forte ed amore riannodato insieme Dio ed il prossimo. Se nell’anima non si scorgono queste prerogative, si può dire che non è della qualità del vero amore”.
(1) Questa mattina, per pochi istanti è venuto il mio adorabile Gesù, tutto sdegnato e mi ha detto:
(2) “Quando l’Italia avrà bevuto fino alla freccia le più fetide sozzure fino ad affogarsi, tanto che si dirà è morta, è morta, allora risorgerà”.
(3) Poi, facendosi più calmo ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, quando Io voglio una cosa dalle mie creature, infondo in loro le disposizione naturali, in modo da cambiare la stessa natura a volere quella cosa che voglio; perciò tu quietati nello stato in cui ti trovi”.
(5) Detto ciò è scomparso, ed io sono lasciata impensierita sopra ciò che mi ha detto.
(1) Questa mattina, trovandomi in un mare d’affanni e di lacrime per l’abbandono totale del mio sommo bene, mentre mi sentivo consumare dal dolore, mi sono sentita alienare la mente, e vedevo Gesù benedetto che sorreggeva la fronte con la sua mano, e come una luce che conteneva dentro tante parole di verità, ed io appena mi ricordo questo, cioè: “Che la nostra umanità sciogliendo il nodo dell’ubbidienza che Iddio aveva fatto tra Lui e la creatura, nodo tale che solo riuniva Dio e l’uomo, si era disperso, e Gesù Cristo prendendo l’umana natura e facendosi nostro capo, venne a riunire l’umanità dispersa, e con la sua ubbidienza ai voleri del Padre venne a riannodare un’altra volta insieme Dio e l’uomo. Ma questa unione indissolubile viene maggiormente rafforzata a misura della nostra ubbidienza ai voleri divini”.
(2) Dopo ciò non ho visto più il mio caro Gesù, ritirandosi insieme con Lui la luce.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, mi sono sentita uscire fuori di me stessa, ed ho trovato un bambino che piangeva, e parecchi uomini, tra i quali uno più serio ha preso una bevanda amarissima e l’ha data a quel bambino che piangeva, il quale nel trangugiarla ha sofferto tanto che pareva che si strozzasse la gola. Io non sapendo chi fosse, per compassione l’ho preso in braccia dicendogli: “Eppure è un uomo serio e ti ha fatto questo, poverino, viene a me che ti voglio rasciugare il pianto”.
(2) E lui mi ha detto: “La vera serietà si trova nella religione, e la vera religione consiste nel guardare il prossimo in Dio e Dio nel prossimo”.
(3) Poi, avvicinandosi all’orecchio, tanto che le sue labbra mi toccavano e la sua voce risuonava nel mio interno ha soggiunto:
(4) “La parola religione per il mondo è parola ridicola, e pare che vale niente; ma innanzi a Me ogni parola che a religione appartiene è una virtù di valore infinito, tanto, che mi servii della parola per propagare la fede in tutto l’universo, e chi in ciò si esercita mi serve di bocca per manifestare alle creature la mia Volontà”.
(5) Mentre ciò diceva, capivo benissimo che fosse Gesù nel sentire la sua voce chiara, che da tanto tempo non sentivo; mi sentivo risorgere da morte a vita, e stavo aspettando ché appena finiva di parlare dovevo dirgli i miei estremi bisogni, ma che, non appena finito di sentire la sua voce è scomparso, ed io sono restata sconsolata ed afflitta.