(1) Questa mattina stavo offrendo tutte le azioni dell’Umanità di Nostro Signore, per riparare tante nostre azioni umane fatte, o indifferente senza un fine soprannaturale, oppure peccaminose, per impetrare che tutte le creature facessero le loro azioni con l’intenzione ed unione delle azioni di Gesù benedetto, e per riempire il vuoto della gloria che la creatura gli deve a Dio se ciò facesse. Mentre ciò facevo, il mio adorabile Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, la mia Divinità nella mia Umanità scese nell’abisso più profondo di tutte le umiliazioni umane, tanto che non ci fu nessun atto umano, per quanto basso e piccolo, che Io non divinizzai e santificai. E ciò per restituire all’uomo la raddoppiata sovranità, quella perduta nella Creazione e quella che le acquistai nella Redenzione. Ma l’uomo sempre ingrato e nemico di sé stesso, ama d’essere schiavo, anziché sovrano, mentre poteva con un mezzo così facile, cioè con l’intenzione delle sue azioni alle mie, rendere le sue azioni meritorie del merito divino, ne fa un sciupo e si perde la divisa di re, e la sovranità di sé stesso”.
(3) Detto ciò è scomparso e mi sono trovata in me stessa.
(1) Continuando il mio solito stato, mi sono trovata fuori di me stessa, gettata in terra, dirimpetto al sole, i raggi del quale tutta mi penetravano dentro e fuori facendomi restare come incantata. Dopo molto tempo, avendomi stancata di quella posizione, strisciandomi per terra perché non avevo forza d’alzarmi e camminare; onde, dopo avere molto stentato è venuta una vergine che pigliandomi per mano mi ha condotto dentro d’una stanza sopra d’un lettino, dove stava il bambino Gesù che placidamente dormiva. Io contenta d’averlo trovato mi sono messa a Lui vicina, ma senza risvegliarlo. Dopo qualche tempo, essendosi svegliato, si è messo a passeggiare sul letto, io temendo che scomparisse ho detto: “Carino del mio cuore, Tu sai che sei la mia vita, deh! non mi lasciare”.
(2) E Lui: “Stabiliamo quante volte devo venire”.
(3) Ed io: “Unico mio Bene, che dite? La vita è necessaria sempre, quindi sempre, sempre”. In questo mentre, sono venuti due sacerdoti, ed il bambino si è ritirato in braccia di uno di quelli comandandomi che io parlassi con l’altro; onde, quello voleva conto dei miei scritti, ed uno per uno li stava rivedendo. Onde io, temendo, ho detto a quello: “Chi sa quanti errori ci stanno”.
(4) E quello con una serietà affabile ha detto: “Che, errori contro la legge cristiana?”
(5) Ed io: “No, errori di grammatica”.
(6) E quello: “Questo fa niente”.
(7) Ed io prendendo confidenza ho soggiunto: “Temo che sia tuta illusione”.
(8) E quello, guardandomi in faccia ha ripetuto: “Credi tu che ho bisogno di rivedere i tuoi scritti per conoscere se sei illusa o no? Io con due domande che ti faccio conoscerò se è Dio o il demonio che opera in te. Primo, credi tu che tutte le grazie che Dio ti ha fatto te le sei tu meritato, oppure è stato dono e grazia di Dio?”
(9) Ed io: “Il tutto per grazia di Dio”.
(10) “Secondo, credi tu che in tutte le grazie che il Signore ti ha fatto, la tua buona volontà ha prevenuto la grazia, o la grazia abbia prevenuto te?”
(11) Ed io: “Certo la grazia mi ha prevenuta sempre”.
(12) E quello: “Queste risposte mi fanno conoscere che tu non sei illuda”.
(13) In questo mentre mi sono trovata in me stessa.
(1) Stando molto agitata, e col timore che il benedetto Gesù non mi voleva più in questo stato, mi sentivo una forza interna ad uscire, e tanta era la forza che mi sentivo, che non potendola contenere andavo ripetendo: “Mi sento stanca, non ne posso più”. E nel mio interno sentivo dirmi: “Anch’Io mi sento stanco, non la faccio più, qualche giorno è necessario che resti sospesa del tutto dallo stato di vittima, per farli prendere la decisione delle guerre, e poi ti farò cadere di nuovo, e poi quando si faranno le guerre si penserà che si farà di te”. Io non sapevo che fare, l’ubbidienza non voleva, e combattere con l’ubbidienza è lo stesso che sormontare un monte che riempie la terra e tocca il cielo e non c’è via da poter camminare, quindi insormontabile. Io credo, non so se sia sciocchezza, che è più facile combattere con Dio, che con questa terribile virtù. Onde, agitata come stavo, mi sono trovata fuori di me stessa innanzi ad un crocifisso e dicevo: “Signore, non ne posso più, la mia natura è venuta meno, mi manca la forza necessaria per continuare lo stato di vittima; se vuoi che continui dammi la forza, altrimenti io mi tolgo”. Mentre ciò dicevo quel crocifisso sgorgava una fontana di Sangue verso il Cielo, che ricadendo sopra la terra si convertiva in fuoco. E parecchie vergini dicevano: Per la Francia, l’Italia, l’Austria e l’Inghilterra, e nominavano altre nazioni che io non ho capito bene. Ci sono gravissime guerre preparate, civili e governative. Io nel sentire ciò mi sono tutta spaventata, e mi sono trovata in me stessa, e non sapevo io stessa decidere chi dovevo seguire, o la forza interna che spingeva a levarmi, o la forza dell’ubbidienza che mi spingeva a starmene, perché ambedue forti e potenti sul mio debole e povero cuore. Finora pare che prevale l’ubbidienza, sebbene stentatamente, e non so dove andrò a finire.
(1) Continuando a stentare, quando appena è venuto il benedetto Gesù, ed io mi vedevo nuda, spogliata di tutto; forse anima più misera non se ne trova simile, tanto è estrema la mia miseria. Che cambiamento funesto! Se il Signore non fa un nuovo miracolo della sua onnipotenza per farmi risorgere da questo stato, io certo mi morrò di miseria. Onde, il benedetto Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, coraggio, il principio della beatitudine eterna è il perdere ogni gusto proprio, perché a seconda che l’anima va sperdendo i propri gusti, così i gusti divini vi prendono possesso, e l’anima avendo disfatto e perduto sé stessa, non riconosce più sé stessa, non trova più niente di suo, neppure le cose spirituali; Dio vedendo l’anima che non ha più niente di suo, la riempie di tutto Sé stesso e la ricolma di tutte le felicità divine, ed allora l’anima può dirsi veramente beata, perché finché aveva qualche cosa di proprio, non poteva andare esente d’amarezze e timori, né Dio potrebbe comunicarle la propria felicità. Ogni anima che entra nel porto della beatitudine eterna, non può andare esente da questo punto, doloroso, sì, ma necessario, né può farsene a meno. Generalmente lo fanno in punto di morte, ed il purgatorio vi mette l’ultima mano, perciò se si domanda alle creature che cosa è gusto di Dio, che significa beatitudine divina, sono cose allora sconosciute, e non sanno articolare parola. Ma alle anime mie dilette, non voglio, essendosi dato tutte a Me, che la loro beatitudine tenga il principio lassù nel Cielo, ma che tenga principio quaggiù in terra; e non solo voglio riempirle della felicità, della gloria del Cielo, ma voglio riempirle dei beni, dei patimenti, delle virtù che si ebbe la mia Umanità in terra, perciò le spoglio non solo da gusti materiali, che l’anima tiene in conto di sterco, ma dei gusti spirituali ancora, per riempirle tutte dei miei beni, e darle il principio della vera beatitudine”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, vedevo il bambinello Gesù con un pugno di luce in mano, e dalle dita gli scorrevano i raggi fuori. Io sono restata incantata e Lui mi ha detto:
(2) “Figlia mia, la perfezione è luce, e chi dice di voler raggiungerla non fa altro che come chi volesse stringere in pugno un corpo di luce, che mentre lo fa per stringere, la stessa luce gli scorre fuori dalle proprie dita, solo che la mano resta nella stessa luce sommersa. Ora, la luce è Dio, e solo Dio è perfetto, e l’anima che vuole essere perfetta non fa altro che afferrare le ombre, le goccioline di Dio, e delle volte non fa altro che vivere nella sola luce, cioè nella Verità. E siccome la luce, quanto più vuoto trova e quanto più profondo è il luogo, tanto più addentro vi s’intromette, così più spazio vi prende. Così la luce divina, quanto più l’anima è vuota ed umile, tanto più la luce la riempie e le comunica le sue grazie e perfezioni”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, stavo pensando ai passi più umilianti che patì Nostro Signore, ed in me stessa ne provavo un orrore, ma poi dicevo tra me: “Signore, perdonate a quelli che vi rinnovano questi passi dolorosi, perché è la troppa debolezza che l’uomo contiene”. In questo mentre, il benedetto Gesù, quando appena è venuto mi ha detto:
(2) “Figlia mia, ciò che si dice debolezza umana, il più delle volte è mancanza di vigilanza e d’attenzione di chi è capo, cioè: Genitori e superiori, perché la creatura quando è vigilata e guardata, e non si dà la libertà che vogliono, la debolezza non avendo il loro alimento (cioè il secondare la debolezza è alimento per peggiorare nella debolezza) da per sé stessa si distrugge”.
(3) Poi ha soggiunto: “Ah! figlia mia, come la virtù impregna l’anima, come una spugna asciutta s’impregna d’acqua, cioè di luce, di bellezza, di grazia d’amore, così il peccato, le debolezze secondate impregnano l’anima come una spugna si impregna di fango, cioè di tenebre, di bruttezze, e fin d’odio contro Dio”.
(1) Avendo esposto certi dubbi al confessore, la mia mente non si acquietava a ciò che mi diceva, onde essendo venuto il benedetto Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, chi ragiona sull’ubbidienza, il solo ragionare viene a disonorarla, e chi disonora l’ubbidienza disonora Dio”.
(1) Sentendomi più del solito sofferente, quando appena il mio adorabile Gesù è venuto, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, la croce è semenza di virtù, e siccome chi semina raccoglie per dieci, venti, trenta, ed anche cento, così la croce essendo seme, vi moltiplica le virtù, le perfezioni, le abbellisce a meraviglia; sicché quante più croci s’addensano intorno a te, tanti semi di virtù di più si gettano nell’anima tua. Onde, invece d’affliggerti quando ti giunge una nuova croce, dovresti rallegrarti, pensando di fare acquisto d’un altro seme, da poterti arricchire ed anche compire la tua corona”.
(1) Continuando il mio povero stato di privazione e d’amarezza indicibile, ed al più si fa vedere in silenzio, questa mattina mi ha detto:
(2) “Figlia mia, le caratteristiche dei miei figli sono: Amore alla croce, amore alla gloria di Dio, ed amore alla gloria della Chiesa, fino a mettere la propria vita. Chi non tiene queste tre caratteristiche, invano si dice mio figlio; chi ardisce dirlo è un bugiardo e traditore, che tradisce Dio e sé stesso. Vedi un po’ in te se l’hai”. Ed è scomparso.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, mi sentivo uno scontento di me stessa; ed essendo venuto il benedetto Gesù mi sono sentita entrare in tale contento che ho detto: “Ah! Signore, Voi solo siete il vero contento”.
(2) “E Lui ha soggiunto: “Ed Io ti dico che il primo contento dell’anima è Dio solo; il secondo contento è quando l’anima dentro di sé, e fuori di sé non mira altro che Dio; il terzo è quando l’anima trovandosi in questo ambiente divino, nessun oggetto creato, né creature, né ricchezze, rompono l’Immagine Divina nella sua mente, perché la mente si alimenta di ciò che pensa, e mirando solo Dio, guarda solo delle cose di quaggiù quelle sole che vuole Dio, non curandosi di tutto il resto, così si resta sempre in Dio; il quarto contento è il patire per Dio, perché l’anima e Dio, ora per mantenere la conversazione, ora per stringersi più intimamente, ora per attestarsi l’un l’altra il bene che si vogliono, Dio la chiama e l’anima risponde; Dio s’avvicina, l’anima lo abbraccia; Dio le dà il patire e l’anima volentieri patisce, anzi desidera di più patire per amore suo, per potergli dire: “Vedi come Ti amo?” E questo è il maggiore di tutti i contenti”.