MaM
Messaggio del 29 agosto 1985:Cari figli, vi invito a pregare, particolarmente in questo tempo, in cui satana vuole servirsi dei frutti delle vostre vigne. Pregate perché satana non abbia successo nel suo disegno. Grazie per aver risposto alla mia chiamata!. La Madonna desidera tener lontani i fedeli della parrocchia dalla tentazione di servirsi dei loro prodotti agricoli a scopo di esagerato lucro.

Messaggi di altre apparizioni

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

6-74 Settembre 28, 1904 Reprimere sé stesso, vale più che acquistare un regno.

(1) Questa mattina, non venendo il dolcissimo Gesù me la sono passata malissimo, e non facevo altro che reprimere e sforzare me stessa, e dicevo tra me: “Che sto più a fare; che mi vale questo reprimere continuo di me stessa”. E mentre ciò pensavo, come un lampo è venuto e mi ha detto:

(2) “Vale più reprimere sé stesso che acquistare un regno”.

(3) Ed è scomparso.

6-75 Ottobre 17, 1904 Per trovare la Divinità, si deve operare unito con la Umanità di Cristo, con la sua stessa Volontà.

(1) Continuando il mio solito stato, quanto appena è venuto il benedetto Gesù, mi ha detto:

(2) “Figlia mia, è necessario operare attraverso il velo dell’Umanità di Cristo per trovare la Divinità, cioè operare unito con la sua Umanità, con la stessa Volontà di Cristo, come se la sua e la nostra fosse una sola, per piacere solo a Lui; operando coi suoi stessi modi, dirizzando tutto a Cristo, chiamandolo insieme in tutto ciò che facciamo, come se Lui stesso dovesse fare le nostre stesse azioni; così facendo, l’anima si trova in continuo contatto con Dio, perché, l’Umanità a Cristo non era altro che una specie di velo che copriva la Divinità; onde operando in mezzo a questi veli, già si trova con Dio. E colui il quale non vuole operare per mezzo dell’Umanità Santissima, e vuol trovare Cristo, è come quel tale che vuol trovare il frutto senza trovare la corteccia; questo è impossibile”.

6-76 Ottobre 20, 1904 Vede preti che si mordono tra loro.

(1) Questa mattina mi sono trovata fuori di me stessa in mezzo ad una strada dove stavano tanti cagnolini che si mordevano l’uno all’altro, ed a capo di detta strada un religioso che li vedeva mordere, li sentiva e s’impressionava secondo ché vedeva naturalmente, e dicevano senza approfondire e scrutinare bene le cose, e senza un lume soprannaturale che li faceva conoscere la verità. In questo mentre ho sentito una voce che diceva:

(2) “Questi sono tutti preti, che a vicenda si mordono tra loro”.

(3) Onde pareva che fosse il visitatore, quel religioso che vedendo mordere i preti, li mancasse l’assistenza Divina.

6-77 Ottobre 25, 1904 Verbo significa manifestazione, comunicazione, unione divina all’umano. Se il Verbo non prendesse carne, non c’era via di mezo come poter unire insieme Dio e l’uomo.

(1) Continuando il mio solito stato, dopo d’aver molto stentato è venuto, appena visto ho detto: “Il Verbo si fece carne ed abitò tra noi”. Ed il benedetto Gesù ha soggiunto:

(2) “Il Verbo prese carne, ma non restò carne, restò quello che era, e siccome Verbo significa parola e non c’è cosa che più influisce della parola, così il Verbo significa manifestazione, comunicazione, unione divina all’umano. Sicché, se il Verbo non prendesse carne, non c’era via di mezzo come poter unire insieme Dio e l’uomo”.

(3) Detto ciò è scomparso.

6-78 Ottobre 27, 1904 Luisa resta senza il patire per dare un po’ di vuoto alla Giustizia, e così possa castigare le gente.

(1) Trovandomi nel solito mio stato me la sono passata molto agitata, non solo per la quasi totale privazione dell’unico e solo mio bene, ma pure ché trovandomi fuori di me stessa, vedevo che si dovevano uccidere come tanti cani, come se l’Italia sarà compromessa in guerra con altre nazioni; tanti soldati che partivano a turbe a turbe, e che avendo fatto vittime quelli, altri ancora ne chiamavano. Chi può dire come mi sentivo oppressa, molto più che mi sentivo quasi senza sofferenze. Onde mi stavo lamentando, dicendo tra me: “A che pro il vivere, Gesù non viene, il patire mi manca, i miei più cari ed indivisibili compagni, Gesù ed il dolore mi hanno lasciato; eppure io vivo, io credevo che senza dell’uno e dell’altro non avessi potuto vivere, tanto mi erano inseparabili, eppure vivo ancora. Oh! Dio, che mutamento, che punto doloroso, che strazio indicibile, che crudeltà inaudita, se le altre anime le hai lasciate prive di Te, ma non mai senza il dolore, a nessuno hai fatto questo affronto così ignominioso, solo a me, solo per me stava preparato questo smacco così terribile; solo io meritavo questo castigo così insopportabile. Ma giusto castigo dei miei peccati, anzi meritavo peggio”. In questo mentre, come un lampo è venuto dicendomi con imponenza:

(2) “Che hai con questo tuo dire? Ti basta la mia Volontà per tutto; sarebbe castigo se ti mettessi fuori dall’ambiente divino e ti facessi mancare il cibo della mia Volontà, cui voglio che soprattutto facessi conto e stima. E poi è necessario che per qualche tempo ti mancasse il patire per dare un po’ di vuoto alla giustizia, e così poter castigare le gente”.

6-79 Ottobre 29, 1904 La catena delle grazie sta concatenata alle opere perseveranti. Tutti i mali stanno racchiusi nella no perseveranza.

(1) Dopo aver molto stentato, quando appena è venuto il benedetto Gesù, mi ha detto:

(2) “Figlia mia, quando l’anima si dispone a fare un bene, fosse pure di dire una Ave Maria, la grazia vi concorre a fare quel detto bene; quindi se l’anima non è perseverante a fare quel detto bene, si vede con chiarezza che non ne fa stima e non calcola il dono ricevuto, e se ne fa una burla della stessa grazia. Quanti mali stanno racchiusi in questo modo d’operare, oggi sì e domani no; mi piace e lo faccio; ciò vuole un sacrificio per fare quel detto bene, non mi sento di farlo. Succede come a quel tale che avendo ricevuto un dono da un signore, oggi se lo riceve, domani lo manda indietro, quel signore per sua bontà lo rimanda di nuovo, e quello dopo d’averlo tenuto per qualche tempo, stanco di tenere con sé quel dono, di nuovo lo respinge. Or, che dirà quel signore? Si vede che non fa stima del mio dono, impoverisse, morisse, non voglio avere più che ci fare con lui. Tutto, tutto sta attaccato al modo di operare con perseveranza, la catena delle mie grazie sta concatenata alle opere perseveranti; sicché, se l’anima fa delle sfuggite rompe questa catena, e chi l’assicura che l’incatenerà di nuovo? I miei disegni si compiono solamente in chi attacca le sue opere alla perseveranza. La perfezione, la santità, tutto, tutto va unito con questa, sicché, se l’anima è intermittente, essendo una specie di febbre intermittente, il non operare con perseveranza manda a vuoto i disegni divini, sperde la sua perfezione, e fallisce la sua santità”.

6-80 Novembre 13, 1904 La creatura non sarebbe mai stata degna dell’amor divino senza il libero arbitrio.

(1) Continuando il mio solito stato, le mie amarezze si vanno sempre aumentando per le quasi privazioni e silenzio del mio Santissimo ed unico Bene. Tutto è ombra e lampo e sfugge. Mi sento schiacciata e stupidita, non comprendo più nulla, perché Colui che contiene la luce è da me lontano e come lampo che mentre chiarisce, dopo si fa più oscuro di prima. Unico e solo mio retaggio rimastomi è il Voler Divino. Onde, dopo avere molto stentato mi sentivo che più non potevo tirare innanzi; per poco è venuto e mi ha detto:

(2)Figlia mia, la mia Umanità, essendo uomo e Dio, vedeva presenti tutti i peccati, i castighi, le anime perdute; avrebbe voluto afferrare in un sol punto tutto questo e distruggere peccati, castighi, e salvare le anime; sicché avrebbe voluto soffrire non un giorno di Passione, ma tutti i giorni per poter contenere tutto in Sé queste pene, e risparmiare le povere creature. Con tutto ciò che avrebbe voluto e potuto, perché avrei potuto distruggere il libero arbitrio delle creature, ed avrei distrutto questi cumuli di mali, ma che sarebbe dell’uomo senza meriti propri? Senza volontà sua nell’operare il bene? Qual figura farebbe egli mai? Sarebbe egli mai oggetto degno della mia sapienza creatrice? No, certo. Oh! non sarebbe stato come un figlio straniero nella casa altrui, che non avendo lavorato insieme cogli altri figli non ha nessun diritto ed alcuna eredità? E quindi va sempre pieno di rossore se mangia, se beve, perché sa che non ha fatto nessun atto propizio per attestare il suo amore verso di quel padre; onde non può essere mai degno dell’amore di quel padre verso di lui, sicché la creatura non sarebbe mai stata degna dell’amor divino senza il libero arbitrio. D’altronde non doveva infrangere la mia sapienza creatrice, la doveva adorare come l’adorò, e si rassegnò a ricevere i vuoti della giustizia nella Umanità, non però nella Divinità, perché questi vuoti della giustizia divina vengono riempiti dai castighi questa vita, dall’inferno e dal purgatorio. Onde, se la mia Umanità si rassegnò a tutto questo, vorresti tu forse superarmi e non ricevere nessun vuoto di patire sopra di te, per non farmi castigare le gente? Figlia, unificati Meco, e stati pacifica”.

6-81 Novembre 17, 1904 Noi possiamo essere cibo per Gesù.

(1) Avendo fatto la comunione, stavo pensando alla benignità di Nostro Signore nel darsi in cibo ad una sì povera creatura, quale io sono, e come potrei corrispondere ad un sì gran favore? Mentre ciò pensavo, il benedetto Gesù mi ha detto:

(2) “Figlia mia, come Io mi fo cibo della creatura, così la creatura può farsi mio cibo, convertendo tutto il suo interno per mio alimento, dimodochè pensieri, affetti, desideri, inclinazioni, palpiti, sospiri, amore, tutto, tutto dovrebbero tendere a Me, ed Io vedendo il vero frutto del mio cibo, qual è di divinizzare l’anima e convertire tutto in Me, mi verrei a cibare dell’anima, cioè dei suoi pensieri, del suo amore e di tutto il suo resto. Così l’anima mi potrebbe dire: “Come Tu sei giunto a farti cibo mio e darmi tutto, anch’io mi sono fatta cibo tuo, non resta altro da darvi, perché tutto ciò che sono, tutto è tuo”.

(3) In questo mentre comprendevo l’ingratitudine enorme delle creature, ché mentre Gesù si benigna di giungere a tale eccesso d’amore da farsi nostro cibo, noi poi gli neghiamo il suo cibo, e lo facciamo stare digiuno.

6-82 Novembre 18, 1904 Il Cielo di Gesù sulla terra sono le anime che danno l’abitazione alla sua Divinità.

(1) Trovandomi nel solito mio stato, quando appena è venuto il mio adorabile Gesù mi ha detto:

(2) “Figlia mia, il mio cielo quando venni in terra fu la mia Umanità; e come nel cielo si veggono la moltitudine delle stelle, il sole, la luna, i pianeti, l’ampiezza, tutto messo in bell’ordinanza, immagine questo del cielo che esiste di sopra, dove tutto è ordinato, così la mia Umanità, essendo mio cielo doveva trasparire fuori l’ordine della Divinità che abitava di dentro, cioè: Le virtù, la potenza, la grazia, la sapienza ed altro. Or, quando il cielo della mia Umanità, dopo la Risurrezione, asceso al cielo empireo, il mio cielo sulla terra doveva continuare a sussistere, e questo sono le anime che danno l’abitazione alla mia Divinità, ed Io abitando in loro vi formo il mio cielo, e vi faccio trasparire anche fuori l’ordine delle virtù che vi stanno di dentro. Or, qual è l’onore della creatura nel prestare il cielo al Creatore? Ma oh! quanti me lo negano! E tu non vorresti essere il mio cielo? Dimmi che vorresti”.

(3) Ed io: “Signore, non voglio altro che essere riconosciuta nel tuo sangue, nelle tue piaghe, nella tua Umanità, nelle tue virtù, solo in questo vorrei essere riconosciuta, per essere tuo cielo, ed essere sconosciuta da tutti”. Pareva che approvava la mia proposta ed è scomparso.

6-83 Novembre 24, 1904 Per dare e per ricevere ci vuole l’unione dei voleri.

(1) Standomi tutta afflitta ed oppressa, e vedendo il buon Gesù che gocciolava sangue, ho detto: “Signore benedetto, ed a me non volete darmi almeno una goccia di sangue per rimedio di tutti i miei mali?” E Lui mi ha detto:

(2) “Figlia mia, per donare ci vuole la volontà di chi deve dare, e la volontà di chi deve ricevere, altrimenti se una persona vuol dare, e l’altra non vuol ricevere, ad onta che la prima vuol dare non può dare, e viceversa, se la prima non vuol dare, l’altra non può ricevere, ci vuole l’unione dei voleri. Ahi! quante volte la mia grazia viene soffocata, il mio sangue respinto e calpestato”.

(3) E mentre ciò diceva, vedevo che nel sangue del dolce Gesù vermicolavano tutte le gente, e molti se ne uscivano fuori, non volendo stare dentro di quel sangue dove stavano racchiusi tutti i nostri beni, e qualunque rimedio ai nostri mali.