(1) Dopo aver molto stentato, quando appena è venuto il benedetto Gesù, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, quando l’anima si dispone a fare un bene, fosse pure di dire una Ave Maria, la grazia vi concorre a fare quel detto bene; quindi se l’anima non è perseverante a fare quel detto bene, si vede con chiarezza che non ne fa stima e non calcola il dono ricevuto, e se ne fa una burla della stessa grazia. Quanti mali stanno racchiusi in questo modo d’operare, oggi sì e domani no; mi piace e lo faccio; ciò vuole un sacrificio per fare quel detto bene, non mi sento di farlo. Succede come a quel tale che avendo ricevuto un dono da un signore, oggi se lo riceve, domani lo manda indietro, quel signore per sua bontà lo rimanda di nuovo, e quello dopo d’averlo tenuto per qualche tempo, stanco di tenere con sé quel dono, di nuovo lo respinge. Or, che dirà quel signore? Si vede che non fa stima del mio dono, impoverisse, morisse, non voglio avere più che ci fare con lui. Tutto, tutto sta attaccato al modo di operare con perseveranza, la catena delle mie grazie sta concatenata alle opere perseveranti; sicché, se l’anima fa delle sfuggite rompe questa catena, e chi l’assicura che l’incatenerà di nuovo? I miei disegni si compiono solamente in chi attacca le sue opere alla perseveranza. La perfezione, la santità, tutto, tutto va unito con questa, sicché, se l’anima è intermittente, essendo una specie di febbre intermittente, il non operare con perseveranza manda a vuoto i disegni divini, sperde la sua perfezione, e fallisce la sua santità”.