(1) Mi sentivo tutta afflitta e quasi priva del mio dolce Gesù; che duro martirio è la sua privazione! Martirio senza speranza di prendere il Cielo d’assalto come lo prendono i martiri, che rende dolce ogni loro patire; invece la sua privazione è martirio che disunisce, che brucia, che taglia e che apre un abisso di separazione tra l’anima e Dio, che invece di raddolcire il patire, lo amareggia, lo attossica in modo che mentre si sente morire, la stessa morte fugge da lei lontano, oh! Dio, che pena. Ora, mentre mi trovavo nell’immenso abisso della privazione del mio Gesù, quando appena si è mosso nel mio interno gli ho detto: “Ah! mio Gesù, non mi vuoi più bene”. E Lui, non dandomi retta si faceva vedere tutto afflitto, come se avesse in mano una cosa nera che stava per gettarla sulle creature, poi mi prendeva il cuore fra le sue mani, me lo stringeva forte, me lo trapassava, ed il mio cuore aspettava con ansia le sue pene come refrigerio e balsamo alle pene patite della sua privazione. Oh! come temevo che cessasse di farmi patire e gettarmi di nuovo nell’abisso della sua separazione. Onde, dopo ciò mi ha detto:
(2) “Figlia mia, Io non bado alle parole ma ai fatti, credi tu che è facile trovare un’anima che voglia patire davvero? Oh! come è difficile, in parole ce ne sono che vogliono patire, ma nei fatti sfuggono quando un dolore le opprime o altre pene le circondano; oh! come vorrebbero liberarsi, ed Io rimango sempre il Gesù isolato nelle pene, ed è perciò che quando trovo un’anima che non rifugge il patire e vuol farmi compagnia nelle mie pene, anzi aspetta e riaspetta che le porti il pane del dolore, questo mi dà il delirio dell’amore e mi fa giungere a pazziare ed a largheggiare tanto con quest’anima, da far stupire Cielo e terra. Credi tu che era cosa indifferente sul mio cuore, che tanto ama, che mentre eri priva di Me, mi aspettavi, non per altro se non perché ti portassi le mie acerbe pene?”
(3) Ma mentre ciò diceva, mi ha fatto sentire che passava il Santissimo da mezzo la strada, e mi ha dato una stretta più forte al cuore, ed io:
(4) “Mio Gesù, che c’è? Dove vai e chi ti porta?”
(5) E Lui, tutto mesto: “Vado ad un infermo portato da un carnefice di anime”.
(6) Ed io spaventata: “Gesù, che dici? Come, i tuoi ministri carnefici di anime?”
(7) E Lui: “E quanti carnefici d’anime ci sono nella mia Chiesa, ci sono i carnefici attaccati agli interessi, che fanno carneficina d’anime, che col loro esempio invece di rendere distaccate le anime da tutto ciò che è terra, le ingolfano di più. Ci sono gli immodesti, che invece di purificare le anime le deturpano. Ci sono i carnefici dei passatempi, dediti ai piaceri, ai passeggi ed altro, che invece di raccogliere le anime e d’infondere l’amore alla preghiera ed alla ritiratezza, le distraggono; queste sono tutte carneficine di anime. Quanto dolore non sente il mio cuore nel vedere che quelli stessi che dovevano aiutare e santificare le anime, sono causa della loro rovina”.
(1) Le sue privazioni continuano, ed avendosi fatto vedere appena il mio dolce Gesù gli ho detto:
(2) “Dimmi amor mio, dove ti ho offeso che fuggi da me lontano? Ahi! il mio cuore sanguina per l’acerbità del dolore”.
(3) E Gesù: “Ti sei sottratta forse dalla mia Volontà?”
(4) Ed io: “No, no; il Cielo mi liberi da una tale disgrazia”.
(5) E Lui: “E perché dunque mi domandi dove mi hai offeso, allora entra la colpa quando l’anima si sottrae dalla mia Volontà. Ah! figlia mia, per prendere pieno possesso della mia Volontà devi accentrare in te tutti gli stati d’animo di tutte le creature, e come passi uno stato d’animo, così prendi il dominio. Ciò successe nella mia Mamma e nella mia stessa Umanità; quante pene, quanti stati delle anime erano accentrati in Noi? La mia cara Mamma varie volte rimaneva nello stato della pura fede, e la mia gemente Umanità restava come stritolata sotto il peso enorme di tutti i peccati e pene di tutte le creature, ma mentre soffrivo restavo col dominio di tutti quei beni opposti a quei peccati e pene delle creature, e la mia cara Mamma restava Regina della fede, della speranza e dell’amore, dominatrice della luce, da poter dare fede, speranza, amore e luce a tutti. Per dare è necessario possedere, e per possedere è necessario accentrare in sé quelle pene, e con la rassegnazione e con l’amore cambiare in beni le pene, in luce le tenebre, in fuoco le freddezze. La mia Volontà è pienezza, e chi deve vivere in Essa deve entrare nel dominio di tutti i beni possibili ed immaginabili, per quanto a creatura è possibile. Quanti beni non posso dare a tutti, e quanti non ne può dare la mia inseparabile Mamma? E se non diamo di più è perché non c’è chi prenda, perché tutto soffrimmo, e mentre stavamo sulla terra la nostra dimora fu nella pienezza della Divina Volontà.
(6) Ora spetta a te fare la nostra stessa via e dimorare dove Noi dimorammo; credi tu che sia come cosa da nulla, o come tutte le altre vite, anche sante, il vivere nel nostro Volere? Ah! no, no, è il tutto, qui conviene abbracciare tutto, e se qualche cosa sfugge non puoi dire che vivi nella pienezza della nostra Volontà, perciò sii attenta e segui sempre il volo nel mio Eterno Volere”.
(1) Mi sentivo come immersa nel Volere Eterno, ed il mio sempre amabile Gesù, tirandomi a Sé mi ha trasportato fuori di me stessa, facendomi vedere cielo e terra, e mentre ciò mi faceva vedere mi ha detto:
(2) “Figlia diletta della nostra Suprema Volontà, vedi, tutta questa macchina dell’universo, il cielo, il sole, i mari, e tutto il resto, fu da Noi creato per fare un dono, ma sai a chi? A chi avrebbe fatto la nostra Volontà. Tutto ad essi fu donato come a nostri figli legittimi, questo lo facevamo per decoro delle nostre opere, non depositandole né facendo dono a gente straniera, né a figli illegittimi, che non avrebbero capito i grandi beni che ci sono in esse, né apprezzato la grandezza e santità delle nostre opere, anzi li avrebbero sciupati e disprezzati; invece, facendo dono ai nostri figli legittimi, siccome in ogni cosa creata c’è un amore distinto ed un bene speciale verso colui al quale è diretto il dono, la nostra Volontà abitante in loro, e formando in loro vita propria, li avrebbe fatto comprendere tutti questi amori, distinti uno dall’altro che ci sono in tutto il creato e tutte le specialità dei beni, quindi ci avrebbero dato ricambio per ciascun amore distinto, gloria, onore, per tutti i beni a loro donati; la nostra Volontà, che con un Fiat li aveva creato e che ne conosceva tutti i segreti, abitante nei nostri figli legittimi, con un’altro Fiat svelarabbe i nostri segreti che ci sono in tutte le cose create, e ci farebbe dare amore per amore, le armonie, le comunicazioni si avvicenderebbero tra loro e Noi. E sebbene quelli che non fanno la nostra Volontà pare che ne godono e prendono parte, ma i doni non sono di loro, è come causa indiretta, come usurpatori e come figli illegittimi; molto più che non essendo la mia Volontà abitante in loro, nulla o pochissimo ne capiscono del mio amore che tutto il creato le porta, e dei grandi beni che in esso ci sono; anzi, molti non sanno neppure chi ha creato tante cose, vera gente straniera, che mentre vivono delle cose che mi appartengono, neppure mi vogliono riconoscere.
(3) Onde, come a vero Figlio legittimo fu consegnato questo gran dono di tutto l’universo, dal mio Padre Celeste, alla mia Umanità, in cui non ci fu cosa che non ricambiassi, dono per dono, amore per amore. Poi venne la mia Celeste Madre, che così bene seppe ricambiare il suo Creatore, e poi sono venuti i figli della mia Volontà, cui Essa doveva legittimare per suoi propri figli. Perciò tutto il creato esulta di gioia, fa festa, e sorride quando tirandoti fuori di te stessa, insieme con Me riconoscono la figlia legittima della Volontà Suprema, la sua padrona, vorrebbero correre tutti nel tuo grembo ed a te d’intorno non solo per farti festa, ma per essere apprezzati e difesi, e tenuti in conto come dono del loro Creatore, e tutti a gara vogliono darti ciascuno amore distinto e il dono che contiene ogni cosa creata: Chi ti vuol dare il dono della bellezza del tuo Creatore e l’amore che contiene il bello, chi il dono della potenza e l’amore che contiene la potenza, chi il dono della sapienza, chi della bontà, chi della santità, chi della luce, chi della purità, ed i distinti amori che contiene la sapienza, la bontà, la santità, la luce, la purità, eccetera. Sicché la mia Volontà abbatte tutte le sbarre che ci sono tra l’anima e Dio, la mette in armonia tra il Cielo e la terra, svela tutti i segreti che ci sono in tutta la Creazione, e la rende depositaria di tutti i doni di Dio”.
(1) Stavo accompagnando il mio dolce Gesù nelle sue pene, specie in ciò che soffrì nell’orto del Getsemani, e mentre lo compativo, movendosi nel mio interno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, il primo a formare il lavorio delle mie pene nella mia Umanità fu il mio Celeste Padre, perché solo Lui teneva la forza ed il poter di creare il dolore e di metterci quanti gradi di dolore ci volevano per potersi soddisfare del debito delle creature per quanto ce ne volevano; le creature furono secondarie, perché non tenevano nessun potere su di Me, né virtù di creare il dolore per quanta intensità volevano; e questo succede in tutte le creature, come nel creare l’uomo il primo lavorio tanto nell’anima tanto nel corpo lo fece il mio Divin Padre, quanta armonia, quanta felicità non formò con le sue proprie mani nella natura umana? Tutto è armonia nell’uomo e felicità, la sola parte esterna, quante armonie e felicità non contiene? L’occhio vede, la bocca esprime, i piedi camminano, ma le mani operano e prendono le cose dove sono giunti i piedi. Se l’occhio poteva vedere e non avesse la bocca per esprimersi, se avesse i piedi per camminare e non avesse le mani per operare, non sarebbe una infelicità, una disarmonia nell’umana natura? E poi, le armonie e felicità dell’anima umana, la volontà, l’intelletto, la memoria, quante armonie e felicità non contengono? Basta dire che sono parti della felicità ed armonia dell’Eterno, Iddio creava il vero eden personale nell’anima e nel corpo dell’uomo, eden tutto celeste, e poi gli diede per abitazione l’eden terrestre; tutto era armonia e felicità nella natura umana, e sebbene il peccato sconvolse quest’armonia e felicità, ma non distrusse del tutto, tutto il bene che Iddio aveva creato nell’uomo.
(3) Sicché, come Iddio creò con le proprie mani tutta la felicità ed armonia nella creatura, così creò in Me tutti i dolori possibili, per rifarsi dell’ingratitudine umana e fare uscire dal mare dei miei dolori la felicità perduta, e l’accordo all’armonia sconvolta. E questo succede a tutte le creature quando devo eleggerle a santità distinta o a disegni miei speciali, sono le mie proprie mani che lavorano nell’anima, ed ora vi creo il dolore, ora l’amore, ora le cognizioni delle verità celesti, è tanta la mia gelosia, che non voglio che nessuno me la tocchi, e se permetto che le creature le facciano qualche cosa, è sempre in ordine secondario, ma il primato lo tengo Io, e me la vado formando a secondo il mio disegno”.
(1) Stavo impensierita sul perché il mio dolce Gesù non ci veniva, e dicevo tra me: “Chi sa che starà di male nel mio interno, che Gesù per non dispiacersi si nasconde?” E Lui movendosi nel mio interno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, il segno che non ci sia nulla di male e che l’interno dell’anima è tutto riempito di Dio, è che nulla le sia rimasto che non sia tutto mio, e che tutto ciò che possa accadere dentro e fuori di lei, non prova più gusto di nulla, il suo gusto è solo per Me e di Me, e non solo delle cose profane o indifferenti, ma anche di cose sante, di persone pie, di funzioni, di musiche, eccetera, tutto per lei è freddo, indifferente, e come cose che non le appartengono, e la ragione è naturale, se l’anima è tutta riempita di Me, quindi è riempita anche dei miei gusti, il gusto mio è il suo, gli altri gusti non trovano posto dove mettersi, perciò per quanto belli essi siano, per l’anima non hanno nessun attrattivo, anzi per lei sono come morti. Invece l’anima che non è tutta mia, è vuota, e come le cose la circondano, così sente in sé tanti gusti se sono cose che le piacciono; se poi son cose che non gradisce, sente disgusto, sicché sta in continua alternazione di gusti e di disgusti, e siccome il gusto che non è uscito da Me non è duraturo, molte volte i gusti si convertono in disgusti, e perciò si notano tante varietà di carattere: ora troppo triste, ora troppo allegre, ora tutto stizzoso, un’altra volta tutto affabile, è il vuoto di Me che tiene nell’anima, che le dà tante varietà di caratteri, niente simile al mio, che sono sempre eguale e mai mi muto. Ora, provi tu qualche gusto di ciò che esiste quaggiù? Ché temi che ci sia qualche male in te, che Io dispiaciuto mi nascondo? Dove ci sono Io, mali non ci possono essere”.
(3) Ed io: “Amor mio, io non mi sento di prendere gusto di nessuna cosa, per quanto buona fosse, e poi Tu lo sai più di me, e come posso prendere gusto di altre cose, se la pena della tua privazione mi assorbe, mi amareggia fino le midolla delle ossa, mi fa dimenticare tutto, e solo mi è presente e fitto nel cuore il chiodo che sono priva di Te?”
(4) E Gesù: “E questo ti dice che sei mia e sei riempita di Me, perché il gusto tiene questo potere: se è gusto mio, trasforma la creatura in Me; se è gusto naturale, la travolge nelle cose umane; se è gusto di passioni, la getta nella corrente del male. Il gusto pare che sia cosa da nulla, eppure non è così, è l’atto primo, o del bene o del male, e vedi un po’ come è così: Adamo, perché peccò? Perché rivolse lo sguardo dall’allettamento divino, e come Eva presentò il frutto per farlo mangiare, guardò il frutto e la vista prese piacere nel guardarlo, l’udito prese diletto nel sentire le parole di Eva, che se mangiava il frutto doveva diventare simile a Dio, la gola prese gusto nel mangiarlo, sicché il gusto fu il primo atto della sua rovina. Se invece avesse provato dispiacere nel guardarlo, noia, fastidio nell’udire le parole di Eva, disgusto nel mangiarlo, Adamo non avrebbe peccato, anzi avrebbe fatto il primo atto eroico nella sua vita, resistendo e correggendo Eva d’aver ciò fatto, e lui sarebbe rimasto con la corona imperitura della fedeltà verso a chi tanto doveva e che teneva tutti i diritti della sua sudditanza. Oh! come bisogna stare attento sui diversi gusti che sorgono nell’anima, se son gusti puramente divini, dargli la vita; se poi sono gusti umani, o di passioni, dargli la morte; altrimenti c’è pericolo di precipitare nella corrente del male”.
(1) Stavo lamentandomi col mio dolce Gesù delle sue privazioni, e pensavo tra me: “Chi sa quale ne sarà la causa che non viene? E se è vero, come qualche volta mi ha fatto capire, che non viene per i castighi, stando per lo stato di vittima in cui mi tiene, che col venire, dovendomi comunicare le pene per l’ufficio che occupo, si sente spezzare le braccia, e siccome la giustizia vuol punire, sforzandola la creatura, perciò non viene, onde se così fosse, mi togliesse dallo stato di vittima, purché venga, poco m’importa di tutto il resto, quello che m’interessa è Gesù, la mia vita, il mio tutto, tutto il resto è nulla per me”. Ora, mentre ciò ed altro pensavo, il mio dolce Gesù movendosi nel mio interno, e cingendomi il collo col suo braccio mi ha detto:
(2) “Figlia mia, che dici? Deporti dall’ufficio? Tu non sai che significa perdere il dominio, perdere il diritto di comandare, non poter disporre più di nulla, perché quando una persona sta in ufficio può sempre disporre: Se è giudice può giudicare, tiene il diritto di assegnare la condanna ed anche di assolverlo, può essere che giorni e settimane lui non esercite il suo ufficio perché non ci sono occasioni, ma con tutto ciò riscuote la sua paga, mantiene i suoi diritti e non appena si presentano i rei o i giusti, lui è al suo posto di giudice, difende e condanna; ma se è deposto perde tutti i diritti e si riduce all’inabilità; così di tutti gli altri uffici, perciò contentati che sei priva di Me qualche volta, anziché voler essere deposta dal tuo ufficio, altrimenti perderai anche il diritto di far risparmiare in parte i meritati flagelli, e se bene ti sembra che con la mancanza delle pene qualche giorni tu faccia nulla, il stare in ufficio è sempre qualche cosa, e ciò che non fai un giorno, col venire a te, tovandoti in ufficio puoi fare l’altro giorno.
(3) E questo non è tutto, è l’ultima parte; la più essenziale è che per vivere nel mio Volere, la porta per entrare, il primo anello di congiunzione è la mia Umanità, fu Lei la prima e vera vittima che per ufficio datomi dal mio Celeste Padre, visse sacrificata e completamente crocefissa nella Divina Volontà, ed in virtù della potenza del mio Eterno Volere, potette moltiplicare la mia Vita per tutti e per ciascuno, e come con la potenza d’un solo Fiat moltiplicavo tante cose create, dando a ciascun creatura il diritto di farle proprie, così la potenza della mia Volontà moltiplicava una sol Vita, affinché ognuno mi avesse per sé solo per aiuto, per difesa, per rifugio, come mi voleva, è questa tutta la grandezza, il bene, il tutto, l’infinita distanza tra il vivere nel mio Volere o vivere in modo diverso, anche buono e santo: “La moltiplicazione d’un atto in tanti atti per quanti se ne vogliono, sufficienti per quanti ne vogliono fruire”. Ora, se ti deponessi dall’ufficio, non solo non occuperesti il mio ufficio sulla terra, non stando nella mia Umanità, ché ad onta che fece molto, impetrando tanto bene all’uomo, ma non tolsi i diritti, l’onore, il decoro alla mia giustizia, quando richiedeva di punire giustamente l’uomo mi rassegnavo; ma mancandoti l’anello di congiunzione non potresti vivere nel mio Volere, perderesti il dominio, i tuoi atti passerebbero a semplici intenzioni, e quando dici: Mio Gesù, nel tuo Volere ti amo, ti benedico, ti ringrazio per tutti, mi dolgo per ciascuna offesa, eccetera, non sorvolerebbero su ciascun atto umano per farsi atto d’ogni atto umano, amore per ciascun amore che mi dovrebbero dare le creature, non seguiresti tutti i miei atti che ci sono nel mio Volere, resteresti dietro, al più sarebbero pie intenzioni che possono fare qualche bene, ma non atti per tutti che possano dar vita e che contengano la potenza della nostra Volontà creatrice, eppure quante volte non mi dici: “Giacché mi hai chiamato nel tuo Volere non mi lasciare dietro, oh! Gesù fa che insieme con Te segua gli atti della Creazione per ricambiarti dell’amore di tutte le cose create, quelle della Redenzione e quelle della Santificazione, affinché dovunque ci siano i tuoi atti, il tuo amore, c’è il ricambio del mio?” E ora vuoi che ti lasci dietro?”
(4) Io sono restata confusa e non ho saputo più rispondere. Il buon Gesù dispone di ciò che a Lui più piace, e tutto a gloria sua.
(1) Continuando il mio stato, stavo pregando che il mio sempre amabile Gesù si benignasse di venir a visitare la povera anima mia, e Lui tutto bontà è venuto, e si faceva vedere che con la sua santa mano mi andava tutta ritoccando, e come mi toccava lasciava per segno al punto dove mi toccava una luce. Dopo ciò, Gesù è scomparso, ed è venuto il mio primo confessore già defunto, e mi ha detto:
(2) “Anch’io voglio toccarti quei punti dove ti ha toccato Nostro Signore”.
(3) Ed io, quasi non volendo, ma come se non avessi forza d’oppormi l’ho lasciato fare, ma mentre ciò faceva, quella luce che Gesù aveva lasciata, col toccarmi si comunicava a lui e restava come investito da tanta luce per quanti tocchi mi faceva, sempre su quegli stessi punti che mi aveva toccato Gesù. Io son rimasta meravigliata, ed il confessore mi ha detto:
(4) “Il Signore mi ha mandato per darmi il compenso del merito acquistato quando venivo a farti la carità, ed agivo su di te, ora si è cambiato per me in luce di gloria eterna”.
(5) Onde dopo è venuto il secondo mio confessore, anche defunto, e mi ha detto:
(6) “Dimmi che ti ha detto Gesù, voglio sentirlo, affinché la luce delle verità divine,unendosi alle tante luci delle verità che ti diceva il Signore, ed io con l’ascoltarle da te mentre ero in vita ne restavo come impregnato. Ora il Signore mi ha mandato per confermarmi il compenso del merito che acquistai col voler sentire le verità; se sapessi che significa sentire le verità divine, che fascino di luce contengono, che il sole ne resterebbe eclissato; il bene che portano a chi le dice ed a chi le ascolta, faresti a gara tu a dirle ed a chi ne sente il dovere di ascoltarle, perciò, presto, dimmi che ti ha detto”.
(7) Ed io ricordandomi che Gesù mi aveva detto che significa carità, gliel’ho detto; le mie parole si cambiavano in luce e lo investivano, e lui tutto contento mi è scomparso. Ora dico ciò che Gesù mi aveva detto sulla carità:
(8) “Figlia mia, la vera carità sa convertire con la sua potenza tutte le cose in amore. Guarda il fuoco, tutte le specialità di legna e qualunque altra cosa, converte tutto in fuoco, e se non avesse il potere di convertire tutto in fuoco, non si potrebbe dare il nome di vero fuoco. Così l’anima, se non converte tutte le cose in amore, cose soprannaturali e cose naturali, gioie ed amarezze, e tutto ciò che la circonda, non può dirsi che possiede la vera carità”.
(9) Ora, mentre ciò diceva, faceva uscire tante fiamme dal suo cuore santissimo, che empivano Cielo e terra, che poi unendosi insieme formavano una sola fiamma, ed ha soggiunto:
(10) “Dal mio cuore escono continue fiamme d’amore, ed a chi portano l’amore, a chi il dolore, a chi la luce, ad altri la forza, eccetera, e siccome escono dal centro della fornace del mio amore, ad onta che fanno diversi uffici, essendo uno lo scopo di mandare amore alla creatura, sono tutte fiamme che unendosi insieme formano una sola fiamma; così la creatura, ad onta che farà diverse cose, lo scopo dev’essere l’amore, per poter formare delle sue azioni tante fiammelle, che unendosi insieme formeranno la gran fiamma che brucerà tutto e la trasformerà tutta in Me, altrimenti non possederà la vera carità”.
(1) Mi sentivo tutta assorbita nella Santissima Volontà di Dio, ed il benedetto Gesù mi faceva presenti, come in atto, tutti gli atti della sua Vita sulla terra; e siccome lo avevo ricevuto sacramentato nel mio povero cuore, mi faceva vedere come in atto, nel suo Santissimo Volere, quando il mio dolce Gesù, istituendo il Santissimo Sacramento, comunicò Sé stesso. Quante meraviglie, quanti prodigi, quanti eccessi d’amore in questo comunicare Sé stesso, la mia mente si sperdeva in tanti prodigi divini, ed il mio sempre amabile Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia diletta del mio Supremo ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
(1) Stavo facendo la mia solita adorazione al crocifisso mio bene, e stavo dicendogli: “Entro nel tuo Volere, anzi, dammi la tua mano e mettimi Tu stesso nell’immensità della tua Volontà, affinché nulla faccia che non sia effetto del tuo Santissimo Volere”. Ora, mentre ciò dicevo pensavo tra me: “Come, la Volontà Divina è da per tutto, già mi trovo in Essa, ed io dico entro nel tuo Volere?” Ma mentre ciò pensavo, il mio dolce Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, eppure c’è gran differenza tra chi prega, agisce perché la mia Volontà lo involge e di sua natura si trova da per tutto, e tra chi di sua volontà, avendo in sé conoscenza di ciò che fa, entra nell’ambiente divino della mia Volontà per operare e pregare. Sai tu come succede? Come quando il sole riempie la terra della sua luce, ma però non in tutti i punti la luce ed il calore sono uguali; in alcuni punti c’è l’ombra, in altri punti c’è luce scoperta ed il calore è più intenso, ora, chi gode più luce, chi sente più calore, chi sta all’ombra o chi sta nei punti dove la luce non è coperta dall’ombra? Mentre non si può dire che dove c’è l’ombra non ci sia la luce, ma però, dove non c’è l’ombra la luce è più viva, il calore è più intenso, anzi i raggi del sole par che lo investono, l’assorbono, e se il sole avesse ragione ed una creatura di sua spontanea volontà si esponesse ai raggi del sole cocente, ed a nome di tutti dicesse al sole: “Grazie, oh! sole della tua luce, di tutti i beni che fai col riempire la terra; per tutti voglio renderti il contraccambio del bene che fai”. Qual gloria, onore, compiacimento non riceverebbe il sole? Ora, è vero che la mia Volontà sta dappertutto, ma l’ombra della volontà umana non fa sentire la vivezza della luce, il calore e tutto il bene che contiene; invece, col voler entrare nella mia Volontà, l’anima depone la sua e toglie l’ombra del suo volere, e la mia Volontà fa splendere la sua vivida luce, la investe, la trasforma nella stessa luce, e l’anima, inabissata nel mio Volere Eterno mi dice: “Grazie, oh! Santo Volere Supremo dalla tua luce, di tutti i beni che fai col riempire Cielo e terra del tuo Eterno Volere; per tutti voglio renderti il contraccambio del bene che fai”. Ed Io sento tale onore, gloria e compiacimento, che nessun altro gli è eguale. Figlia mia, quanti mali fa l’ombra della propria volontà: Raffredda l’anima, produce l’ozio, il sonno, l’intorpidimento. Diversamente è chi vive nella luce del mio Volere”.
(3) Onde dopo ciò, mi son trovata fuori di me stessa, e vedevo come se dovessero venire malattie contagiose, ed erano trasportati nei lazzaretti; regnava uno spavento generale e tant’altri mali di nuovo genere, ma spero che Gesù voglia placarsi per i meriti del suo preziosissimo sangue.
(1) Stavo pensando all’amore immenso del mio dolcissimo Gesù, e Lui mi ha fatto vedere tutte le creature come concatenate dentro una rete d’amore, e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, nel creare l’uomo Io gettai in lui tanti germi d’amore: nella sua intelligenza, negli occhi, nella parola, nel cuore, nelle mani, nei piedi, in tutto ci misi il germe dell’amore, ed Io dovevo lavorarlo da fuori, ed insieme con Me misi tutte le cose create per far uscire questo germe, crescerlo a seconda che Io volessi. Questo germe, essendo messo da un Dio Eterno, era eterno anch’esso, sicché l’uomo contiene in sé un eterno amore, ed un eterno amore gli va sempre incontro, per ricevere il contraccambio dei germi del suo eterno amore gettato nel uomo, e dargli nuovo ed eterno amore, perché Io volevo essere dentro dell’uomo come germe, e fuori come lavoratore, per formare in lui l’albero del mio eterno amore; perché, che gioverebbe all’uomo avere l’occhio pieno di luce e non avesse una luce esterna che lo illuminasse? Resterebbe sempre all’oscuro, sicché per godere l’effetto della luce ci vuole la luce interna dell’occhio e la luce esterna del sole che lo illumina; così della mente, se non avesse la parola che manifesta il pensiero, la vita dell’intelligenza morrebbe e sarebbe senza frutto, e così di tutto il resto. Amai tanto l’uomo, che non solo gettai questo germe in lui del mio eterno amore, ma lo misi sotto le onde del mio eterno amore che è sparso in tutto il creato, per farlo germogliare in lui e travolgerlo tutto nel mio eterno amore; sicché se la luce del sole splende nel suo occhio, gli porta l’onda del mio amore; se prende l’acqua per dissetarsi, il cibo per nutrirsi, gli portano l’onda del mio eterno amore; se la terra si stende sotto i suoi piedi e resta ferma per dargli il passo, gli porta l’onda del mio amore; se il fiore olezza il suo profumo, se il fuoco sprigiona il suo calore, tutti gli portano il mio eterno amore, ma questo non basta, Io vi sto insieme lavorando dentro e fuori per assestare, confermare e suggellare tutte le mie similitudini nell’anima dell’uomo, affinché amore eterno gli do, ed amore eterno mi dà, sicché anche la creatura mi può amare con eterno amore, perché ne contiene il germe, ma con sommo mio dolore l’uomo soffoca questo germe, ed allora succede che, ad onta che il mio amore lo tiene sotto le sue onde, non sente la luce che gli porta il mio amore, perché lui avendo soffocato il germe, è restato cieco; ad onta che brucia non si riscalda, e per quanto beva e mangi, né si disseta, né si nutre, dove non c’è il germe non c’è fecondità”.