(1) Continuando il mio solito stato, il mio sempre adorabile Gesù è venuto, ed immergendomi nella luce immensa della sua Santissima Volontà mi ha detto:
(2) “Figlia mia, guarda i prodigi della creatura operante nella mia Volontà, come entra nel mio Volere e pensa, prega, opera, così si eleva con Me, e siccome Io sono voce senza parola, e perciò la mia voce si forma e giunge a ciascun cuore secondo i propri bisogni, ed in tante diverse lingue e modi che ci sono nelle creature, in modo che tutti mi possono comprendere; sono opera senza mani, e perciò sono opera di ciascuno; sono passo senza piedi, in modo che dovunque giungo e mi trovo in atto, così l’anima operando nel mio Volere, diventa voce senza parola, opera senza mani, passo senza piedi, ed Io me la sento scorrere nella mia voce, nelle mie opere e nei miei passi, dovunque me la sento, ed Io, sentendola sempre insieme con Me, non mi sento più solo, e siccome amo tanto la compagnia della creatura, preso d’amore verso di lei, la divinizzo, l’arricchisco e le do tali grazie da far meravigliare Cielo e terra”.
(1) Il mio sempre amabile Gesù nel venire mi ha tirato tanto a Sé, dentro d’una luce immensa e mi ha detto:
(2) “Piccola figlia del mio Volere, questa luce immensa che tu vedi è la mia Suprema Volontà, da cui niente sfugge. Tu devi sapere che come creai il cielo, il sole, le stelle, ecc., a tutti fissai i limiti, il posto, il numero, né possono crescere né decrescere, tutte le cose le ho come in pugno. Così nel creare l’uomo, nel medesimo tempo creai tutte le intelligenze e ciascun pensiero, tutte le parole, le ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
(1) Trovandomi nel solito mio stato, il mio sempre amabile Gesù si è fatto vedere che teneva fra le sue braccia tanti piccoli agnellini, chi poggiato sul petto, chi alle spalle, chi stretto al collo, chi a destra e chi a sinistra delle sue braccia, chi usciva la testolina da dentro il cuore, ma però i piedi di tutti questi agnellini stavano tutti nel cuore di Nostro Signore, ed il nutrimento che li dava era il suo alito; stavano tutti rivolti con la bocca verso la bocca del mio dolce Gesù, per ricevere il suo alito per nutrirsi. Era ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
(1) Vi passo giorni amari per le privazioni del mio dolce Gesù, e se si fa vedere è tanto afflitto e taciturno, che per quanto ne possa dire non mi riesce di consolarlo, e ne resto più amareggiata di prima. Onde questa mattina nel venire mi ha detto:
(2) “Figlia mia, le pene, le offese che mi fanno le creature sono tante, che non ne posso più; le nazioni si legano insieme per uscire in campo in nuove guerre, non te lo dicevo che le guerre non sono finite e che la pace era pace falsa ed apparente, perché la pace senza Dio è impossibile, era pace che non usciva dalla giustizia, perciò non poteva durare. Ahi! i capi di questi tempi sono veri diavoli incarnati, che si legano insieme per fare il male e gettare nei popoli lo scompiglio, le stragi, le guerre”.
(3) E mentre ciò diceva, si sentiva il pianto delle madri, il rimbombo del cannone, gli allarmi in tutti i paesi; ma spero che Gesù voglia placarsi, e così resteranno tutti in pace.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, il mio sempre amabile Gesù nel venire mi ha tirato tutta nel suo Santissimo Volere, ed io come se avessi sott’occhio tutto l’operato della Creazione, e seguivo tutto ciò che aveva fatto il mio dolce Gesù per le creature. Onde dopo che abbiamo seguito insieme mi ha detto:
(2) “Figlia mia, la mia Volontà agisce in diversi modi, una volta opera, un’altra volta conserva ciò che ha operato. Nella Creazione operai e tutto ordinai, e dopo fatto tutto, la mia Volontà è conservatrice di tutto, d’allora in poi nulla ha fatto di nuovo nell’ordine di tutto il creato. Onde di nuovo la mia Volontà uscì in campo nell’operare, nel scendere dal Cielo in terra per redimere l’uomo; e la mia opera non fu per poco come nella Creazione, ma durò per la lunghezza di trentatré anni, e di nuovo ritornai a conservare tutto ciò che operai nella Redenzione, sicché, come esiste un sole per virtù della mia Volontà conservatrice a bene di tutti e di ciascuno, così stanno in atto per tutti e per ciascuno i beni della Redenzione. Ora la mia Volontà vuol ritornare all’opera, e sai che vuol fare? Vuole operare nella creatura ciò che operò nella mia Umanità la mia Volontà, questa sarà una mia opera lunghissima, più della Redenzione, e come per operare la Redenzione mi formai una Madre in cui concepii la mia Umanità, così ora ho scelto te per operare ciò che la mia Volontà operava nella mia Umanità. Vedi dunque figlia mia, qui si tratta di opere, ed opere del mio Voler Supremo, tu sarai come lo spazio che si offrì a farmi creare e mettere in ordine il sole, le stelle, la luna, l’aria, e tutto il bello che c’è nella volta dei cieli e tutto il bene che dal cielo discende; sarai come la mia Umanità che a nulla si oppose di ciò che il mio Volere volle operare, ed Io rinchiuderò in te ciò che fece in Me il Supremo Volere, per averne la ripetizione”.
(3) Onde dopo stavo ricevendo l’assoluzione, ed io dicevo in me: “Mio Gesù, nel tuo Volere voglio riceverla”. E Gesù, subito, senza darmi tempo ha soggiunto:
(4) “Ed Io nella mia Volontà ti assolvo, e mentre assolvo te, il mio Volere mette in via le parole dell’assoluzione per assolvere chi vuol essere assolto e per perdonare chi vuole il perdono. Il mio Volere prende tutto, non prende uno solo, ma chi è disposto prende più che tutti”.
(1) Stavo pensando come il mio dolce Gesù stando nell’orto soffrì tante pene, ma non da parte delle creature, perché Lui era solo, anzi abbandonato da tutti, ma da parte del suo Eterno Padre. Erano correnti d’amore tra Lui ed il Celeste Padre, ed in queste correnti venivano messe tutte le creature, in cui ci stava tutto l’amore d’un Dio per ciascuna di loro, e tutto l’amore che ciascuna doveva a Dio, e mancando questo veniva a soffrire pene da superare tutte le altre pene, tanto che sudò vivo sangue. Ed il mio dolce Gesù, stringendomi al suo cuore per essere sollevato mi ha detto:
(2) “Figlia mia, le pene dell’amore sono le più strazianti. Vedi, in queste correnti d’amore tra Me e il Padre mio c’è tutto l’amore che mi dovevano tutte le creature, quindi c’è l’amore tradito, l’amore negato, l’amore respinto, l’amore sconosciuto, l’amore calpestato, ecc. Oh! come mi giunge trafiggente al mio cuore, da sentirmi morire; tu devi sapere che nel creare l’uomo fissai tante correnti d’amore tra Me e lui; non mi bastava d’averlo creato, no, dovevo mettere tante correnti d’amore tra Me e lui, che non ci doveva essere parte di esso in cui non scorressero queste correnti, sicché nell’intelligenza dell’uomo correva la corrente d’amore della mia sapienza, nell’occhio correva la corrente del amore della mia luce, nella bocca la corrente d’amore della mia parola, nelle mani la corrente d’amore della santità delle mie opere, nella volontà la corrente d’amore della mia, e così di tutto il resto. L’uomo era stato fatto per stare in continue comunicazioni col suo Creatore, e come poteva stare in comunicazione con Me se le mie correnti non correvano nelle sue? Col peccato spezzò tutte queste correnti e restò diviso da Me; sai tu come successe? Guarda il sole, tutta la sua luce batte sulla superficie della terra e la investe tanto da far sentire il suo calore, tanto al vivo e reale che porta la fecondità, la vita a tutto ciò che la terra produce, sicché il sole e la terra, si può dire, stanno in comunicazione fra loro. Oh! come sono più strette le mie comunicazioni tra l’uomo ed Io, vero sole eterno. Ora, se una creatura potesse aver potere di spezzare tra la terra e il sole la corrente della luce che batte sulla superficie, qual male non farebbe mai? Il sole ritirerebbe a sé tutta la corrente della luce, la terra resterebbe all’oscuro, senza fecondità e senza vita. Qual pena meriterebbe egli mai? Tutto ciò fece l’uomo nella Creazione, ed Io scesi dal Cielo in terra per riunire di nuovo tutte queste correnti d’amore, ma, oh! quanto mi costò, e l’uomo continua la sua ingratitudine e ritorna a spezzarmi le correnti da Me aggiustate!”
(1) Stavo pensando al mio dolce Gesù quando fu presentato ad Erode, e dicevo tra me: “Com’è possibile che Gesù, tanto buono, non si benignò di dirgli una parola e dargli uno sguardo? Chi sa che quel perfido cuore, alla potenza del suo sguardo non si fosse convertito?” E Gesù facendosi vedere mi ha detto:
(2) “Figlia mia, era tanta la sua perversità ed indisposizione d’animo, che non meritò che lo guardassi e gli dicessi una parola; e se ciò facessi si sarebbe reso maggiormente colpevole, perché ogni mia parola, o sguardo, sono vincoli di più che si formano tra Me e la creatura. Ogni parola è un’unione maggiore, una strettezza di più; e come l’anima si sente guardata, la grazia incomincia il suo lavorio. Se lo sguardo o la parola è stato dolce, benigna, dice: Come era bella, penetrante, soave, melodiosa, come non amarlo? Se poi è stato uno sguardo o parola maestosa, sfolgorante di luce, dice: Che maestà, che grandezza, che luce penetrante, come mi sento piccola, come sono misera, quante tenebre in me innanzi a quella luce sì sfolgorante. Se ti volessi dire la potenza, la grazia, il bene che porta la mia parola o sguardo, quanti libri ti farei scrivere. Ora, vedi dunque quanti beni ti ho fatto nel guardarti tante volte, nel tenerti con Me in familiari conversazioni, non sono state solo parole, ma discorsi completi, da ciò puoi comprendere che le unioni tra Me e te, le relazioni, i vincoli, le strettezze, sono innumerevoli. Io ho fatto con te come un maestro, che cogli altri che vogliono qualche suo indirizzo dice qualche parola, ma coi propri discepoli volendo fare altrettanti maestri simili a lui, sta con loro tutto il giorno, parla a lungo, li sta sempre sopra ed ora porta un argomento, ed ora una similitudine per farsi più comprendere, né li lascia mai soli per timore che distraendosi, facciano andare al vento le sue fatiche, se occorre toglie le ore al suo riposo per ammaestrarli; nulla risparmia, né fatiche, né stenti, né sudori, per ottenere l’intento che i suoi discepoli diventino maestri. Così ho fatto Io per te, nulla ho risparmiato, cogli altri ho tenuto le sole parole, con te discorsi, ammaestramenti a lungo, similitudini, di notte, di giorno, a tutte le ore; quante grazie non ti ho fatto? Quanto amore fino a non saper stare senza di te? E’ grande il disegno che ho fatto su di te, perciò molto ho dato; tu, poi, per tutta gratitudine vorresti tenere occultato in te ciò che ti ho detto e dato, e quindi non darmi la gloria che col manifestarlo avrei avuto. Che diresti tu di quel discepolo che dopo che il maestro è giunto con tante fatiche a farlo maestro, vorrebbe ritenere a sé l’istruzione ricevuta, senza impartirla agli altri? Non sarebbe ingrato e di dolore al maestro? Che diresti del sole, che dopo che l’ho dato tanta luce e calore non vorrebbe far scendere questa luce e calore sulla terra? Non diresti al sole: E’ vero che fai una bella figura, ma non fai bene a tenerla a te, la terra, le piante, le generazioni aspettano la tua luce, il tuo calore, li vogliono per riceverne la vita, la fecondità; perché vuoi privarci d’un tanto bene? Molto più che col darli a noi tu nulla perdi, anzi acquisti maggior gloria, e tutti ti benediranno. Tale sei tu, anzi più che sole, ho messo in te tanta luce di verità sulla mia Volontà, che sarebbe bastante più che sole ad illuminare tutti, ed a far più bene che non fa lo stesso sole alla terra; ed Io e le generazioni aspettiamo che si sprigioni da te questa luce, e tu pensi come occultarla, e quasi ti affliggi se persone autorevoli vogliono occuparsi di metterla fuori. No, no, non sta bene”.
(3) Io mi sentivo morire nell’udire il mio dolce Gesù, e molto più mi sentivo colpevole ché in questi giorni, essendosi ritirato un mio scritto senza conseguire lo scopo per cui era uscito, cioè di metterlo fuori, avevo provato una grande soddisfazione. Oh! come mi sentivo male nel sentirmi rimproverare così duramente, e di cuore gli chiedevo perdono. E Gesù per quietarmi mi ha benedetto, dicendomi:
(4) “Ti perdono e ti benedico, ma sarai più attenta e non lo farai più”.
(1) Scrivo per obbedire ed offro tutto al mio dolce Gesù, unendomi al sacrificio della sua obbedienza per ottenere la grazia e la forza di farla come Lui vuole. Ed ora, oh! mio Gesù, dammi la tua santa mano e la luce della tua Intelligenza, e scrivi insieme con me.
(2) Stavo pensando al gran portento dell’immacolato concepimento della mia Regina e Celeste Mamma, e nel mio interno mi sentivo dire:
(3) “Figlia mia, l’immacolato concepimento della mia diletta Mamma fu prodigioso ed al tutto meraviglioso, tanto che Cieli e terra ne ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
(1) Mi sentivo tutta afflitta per la privazione del mio adorabile Gesù, anzi mi sentivo torturata, il mio povero cuore agonizzava e si dibatteva tra la vita e la morte, e mentre pareva che morisse, una forza occulta lo faceva risorgere per continuare la sua amarissima agonia. Oh! privazione del mio Gesù, quanto sei spietata e crudele, la stessa morte sarebbe un bel nulla a confronto di te; del resto, la morte non fa altro che portarlo all’eterna vita, invece la privazione fa fuggire la stessa vita. Ma tutto ciò era nulla ancora, la mia povera anima mentre voleva la mia vita, il mio tutto, lasciava il mio corpo per trovarlo almeno fuori di me, ma invano, anzi mi trovavo in una immensità, di cui la profondità, la grandezza, l’altezza, non si scorgeva il termine; fissavo i miei sguardi ovunque in quel gran vuoto, chi sa potessi vederlo almeno da lontano per prendere il volo per gettarmi nelle sue braccia, ma tutto era inutile, temevo di precipitare in quel gran vuoto, e senza di Gesù, dove sarei andata? Che ne sarebbe stato di me? Tremavo, gridavo, piangevo, ma senza pietà, avrei voluto ritornare nel mio corpo, ma una forza occulta me lo impediva. Il mio stato era orribile, perché l’anima trovandosi fuori di me stessa si precipitò verso il suo Dio come al suo centro, più veloce della pietra che quando si mena in alto cade di nuovo nel centro della terra; non è della natura della pietra restarsi sospesa, e cerca la terra come poggio e riposo; cosi non è natura dell’anima uscir da sé stessa e non precipitarsi nel centro da cui usci. Questa pena getta tale spavento, timori, crepacuore, che potrei chiamarla pena d’inferno, povere anime senza Dio, come, come fanno? Qual pena sarà per loro la perdita di Dio? Ah! mio Gesù, non permettere che nessuno, nessuno ti perda.
(2) Ora stando in questo stato sì doloroso, mi son trovata in me stessa, ed il mio dolce Gesù stendendomi un braccio mi ha cinto il collo, poi si è fatto vedere che teneva nelle sue braccia una piccola bambina, ma d’una piccolezza estrema. La bambina agonizzava, e mentre pareva che morisse, Gesù ora l’alitava, ora le dava un piccolo sorso, or se la stringeva al suo cuore, e la povera piccolina ritornava di nuovo all’agonia, e né moriva, né usciva dallo stato morente. Gesù però era tutto attenzione, la vigilava, l’assisteva, la sosteneva, non perdeva nessun movimento di questa bimba morente. Io mi sentivo come ripercuotermi nel fondo del mio cuore tutte le pene di quella povera piccina, e Gesù, guardandomi mi ha detto:
(3) “Figlia mia, questa piccola bimba è l’anima tua. Vedi quanto ti amo, con quanta cura ti assisto? Ti mantengo in vita coi sorsi della mia Volontà, il mio Volere t’impiccolisce, ti fa morire e risorgere, ma non temere, ché mai ti lascerò, le mie braccia ti terranno sempre stretta al mio seno”.