(1) Stavo pensando al mio dolce Gesù quando fu presentato ad Erode, e dicevo tra me: “Com’è possibile che Gesù, tanto buono, non si benignò di dirgli una parola e dargli uno sguardo? Chi sa che quel perfido cuore, alla potenza del suo sguardo non si fosse convertito?” E Gesù facendosi vedere mi ha detto:
(2) “Figlia mia, era tanta la sua perversità ed indisposizione d’animo, che non meritò che lo guardassi e gli dicessi una parola; e se ciò facessi si sarebbe reso maggiormente colpevole, perché ogni mia parola, o sguardo, sono vincoli di più che si formano tra Me e la creatura. Ogni parola è un’unione maggiore, una strettezza di più; e come l’anima si sente guardata, la grazia incomincia il suo lavorio. Se lo sguardo o la parola è stato dolce, benigna, dice: Come era bella, penetrante, soave, melodiosa, come non amarlo? Se poi è stato uno sguardo o parola maestosa, sfolgorante di luce, dice: Che maestà, che grandezza, che luce penetrante, come mi sento piccola, come sono misera, quante tenebre in me innanzi a quella luce sì sfolgorante. Se ti volessi dire la potenza, la grazia, il bene che porta la mia parola o sguardo, quanti libri ti farei scrivere. Ora, vedi dunque quanti beni ti ho fatto nel guardarti tante volte, nel tenerti con Me in familiari conversazioni, non sono state solo parole, ma discorsi completi, da ciò puoi comprendere che le unioni tra Me e te, le relazioni, i vincoli, le strettezze, sono innumerevoli. Io ho fatto con te come un maestro, che cogli altri che vogliono qualche suo indirizzo dice qualche parola, ma coi propri discepoli volendo fare altrettanti maestri simili a lui, sta con loro tutto il giorno, parla a lungo, li sta sempre sopra ed ora porta un argomento, ed ora una similitudine per farsi più comprendere, né li lascia mai soli per timore che distraendosi, facciano andare al vento le sue fatiche, se occorre toglie le ore al suo riposo per ammaestrarli; nulla risparmia, né fatiche, né stenti, né sudori, per ottenere l’intento che i suoi discepoli diventino maestri. Così ho fatto Io per te, nulla ho risparmiato, cogli altri ho tenuto le sole parole, con te discorsi, ammaestramenti a lungo, similitudini, di notte, di giorno, a tutte le ore; quante grazie non ti ho fatto? Quanto amore fino a non saper stare senza di te? E’ grande il disegno che ho fatto su di te, perciò molto ho dato; tu, poi, per tutta gratitudine vorresti tenere occultato in te ciò che ti ho detto e dato, e quindi non darmi la gloria che col manifestarlo avrei avuto. Che diresti tu di quel discepolo che dopo che il maestro è giunto con tante fatiche a farlo maestro, vorrebbe ritenere a sé l’istruzione ricevuta, senza impartirla agli altri? Non sarebbe ingrato e di dolore al maestro? Che diresti del sole, che dopo che l’ho dato tanta luce e calore non vorrebbe far scendere questa luce e calore sulla terra? Non diresti al sole: E’ vero che fai una bella figura, ma non fai bene a tenerla a te, la terra, le piante, le generazioni aspettano la tua luce, il tuo calore, li vogliono per riceverne la vita, la fecondità; perché vuoi privarci d’un tanto bene? Molto più che col darli a noi tu nulla perdi, anzi acquisti maggior gloria, e tutti ti benediranno. Tale sei tu, anzi più che sole, ho messo in te tanta luce di verità sulla mia Volontà, che sarebbe bastante più che sole ad illuminare tutti, ed a far più bene che non fa lo stesso sole alla terra; ed Io e le generazioni aspettiamo che si sprigioni da te questa luce, e tu pensi come occultarla, e quasi ti affliggi se persone autorevoli vogliono occuparsi di metterla fuori. No, no, non sta bene”.
(3) Io mi sentivo morire nell’udire il mio dolce Gesù, e molto più mi sentivo colpevole ché in questi giorni, essendosi ritirato un mio scritto senza conseguire lo scopo per cui era uscito, cioè di metterlo fuori, avevo provato una grande soddisfazione. Oh! come mi sentivo male nel sentirmi rimproverare così duramente, e di cuore gli chiedevo perdono. E Gesù per quietarmi mi ha benedetto, dicendomi:
(4) “Ti perdono e ti benedico, ma sarai più attenta e non lo farai più”.