MaM
Messaggio del 2 gennaio 2008:Cari figli, con tutta la forza del mio cuore, io vi amo e mi dono a voi. Come la madre lotta per i propri figli, io prego e lotto per voi. Da voi chiedo di non temere ad aprirvi, per potere amare con il cuore e donarvi agli altri. Quanto più con il vostro cuore lo farete, tanto più lo riceverete e capirete meglio mio Figlio e la sua donazione a voi. Attraverso l'amore di mio Figlio e attraverso me, che tutti vi riconosceranno. Vi ringrazio.La Madonna ha benedetto tutti e tutti gli oggetti sacri. Ha chiesto la preghiera e il digiuno per i nostri pastori.

Messaggi di altre apparizioni

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo) - Messaggi anno:1909

9-5 Maggio 16, 1909 Il sole è simbolo della Grazia.

(1) Continuando il mio solito stato, quando appena è venuto il benedetto Gesù e mi ha detto:

(2) “Figlia mia, il sole è come simbolo della grazia, il quale dove trova vuoto, fosse pure una caverna, un sotterraneo, una fessura, un buco, purché vi sia vuoto, e qualunque piccola apertura per entrare, vi entra e tutto riempie di luce; né con esso diminuisce gli altri spazi di luce, e se la sua luce non illumina di più, non è ché gli manca la luce, ma piuttosto gli manca il terreno di sotto per poter diffondere di più la sua luce. Così è la mia grazia, più che sole maestoso ravvolge tutte le creature col suo benefico influsso, ma però non vi entra se non nei cuori vuoti; per quanto vuoto trova, tanta luce vi fa penetrare dentro dei cuori. Questi vuoti, poi, come si formano? L’umiltà è la zappa che scava e forma il vuoto; il distacco da tutto ed anche da sé stessa, è il vuoto medesimo; la finestra per farvi entrare la grazia della luce in questo vuoto è la confidenza in Dio e diffidenza di noi stessi; sicché, per quanto è confidente, altrettanto allarga la porta per farvi entrare la luce e prendervi maggiore grazia; la custode che custodisce la luce e la ingrandisce, è la pace”.

9-6 Maggio 20, 1909 L’amore a Dio supera tutto.

(1) Continuando il mio solito stato, appena in un lampo di luce si è fatto vedere e mi ha detto:

(2) “Figlia mia, non c’è cosa che possa superare l’amore, né la dottrina né la dignità, molto meno la nobiltà. Al più, chi se ne serve a bene di fare delle speculazioni intorno al mio Essere mi può conoscere più o meno; ma chi giunge a farmi suo proprio oggetto? L’amore. Chi giunge a mangiarmi come si fa d’un cibo? L’amore. Chi ama mi divora; chi mi ama, in ogni particella del suo essere trova immedesimato il mio Essere. Passa differenza tra chi mi ama davvero e gli altri di qualunque condizione o qualità siano, tra chi conosce un oggetto prezioso, lo apprezza, lo stima, ma non è cosa sua, e tra chi possiede quell’oggetto prezioso come suo proprio. Chi è più fortunato tra questi, chi lo conosce o chi lo possiede? Certo chi lo possiede. Sicché supplisce per la dottrina e la supera; supplisce alla dignità e supera tutte le dignità, dandole la dignità divina; supplisce per tutto e supera tutto”.

9-7 Maggio 22, 1909 Le dolce note d’amore.

(1) Questa mattina, avendo fatto la comunione, il benedetto Gesù non è venuto, e dopo di essere stata molto tempo ad aspettare, tra la veglia ed il sonno, vedendo che passava l’ora e Gesù non ci veniva, volevo uscire dal mio sonno, ed insieme ci volevo stare, per lo strazio che sentivo al cuore per non averlo visto; mi sentivo come un bambino che volendo dormire, e venendo risvegliato per forza prende dei picci e piange, ma nel mio piccio, mentre mi sforzavo a svegliarmi, dicevo nel mio interno: “Che amara separazione! Mi sento senza vita, eppure vivo, ma la vita è più dura della morte, ma però, sia per amor tuo la tua stessa privazione, per amor tuo l’amarezza che sento, per amor tuo il mio cuore straziato, per amor tuo la vita che non sento eppure vivo, ma per fare che ti sia più accetto, unisco questo mio patire nell’intensità del tuo amore, e ti offro col mio il tuo medesimo amore”. Ma mentre ciò dicevo, si è mosso nel mio interno e mi ha detto:

(2) “Com’è dolce e dilettevole al mio udito la nota dell’amore, dì, dì un’altra volta, ripetila ancora, ricrea il mio udito con queste note d’amore così armoniose, che mi scendono fin nel cuore e tutto mi raddolciscono”.

(3) Eppure, chi lo crederebbe? Ho vergogna a dirlo. Nel mio piccio ho risposto: “Non voglio dirlo, Voi vi raddolcite, ed io mi amareggio di più”. Il mio dolce Gesù ha fatto silenzio, come se si dispiacesse della mia risposta; e non appena mi sono svegliata ho ripetuto molte volte le mie note d’amore, però non si è fatto più sentire né vedere per tutto il giorno.

9-8 Maggio 25, 1909 Gesù confonde l’anima d’amore.

(1) Continuando il mio solito stato, il benedetto Gesù non ci veniva, però tutto il giorno mi sentivo come uno sopra di me, che non mi faceva perdere un minuto di tempo, ma mi teneva sempre in continua preghiera. Un pensiero voleva distrarmi col dirmi: “Quando il Signore non viene, tu preghi di più, stai più attenta, e con ciò tu dai campo a non farlo venire, perché il Signore dirà: Una volta che si porta meglio quando non ci vado, meglio che la privi di Me”. Io non potendo perdere tempo ad ascoltare ciò che diceva il pensiero, per chiudergli la porta in faccia ho detto: “Quanto più Lui non viene, io più lo confonderò d’amore, io non voglio dargli occasione, questo posso e questo voglio fare, e Lui è il padrone di fare ciò che vuole”. E senza pensarci allo sproposito che mi aveva detto il pensiero, ho seguitato ciò che dovevo fare. La sera però io neppure mi ricordavo di ciò, il benedetto Gesù è venuto, e quasi sorridendomi mi ha detto:

(2) “Brava, brava alla mia amante che vuol confondermi d’amore, ma però ti dico: Mai mi confonderai, e se qualche volta pare che mi confonda d’amore, sono Io che ti do la libertà di farlo, perché l’unico sollievo e la cosa che più godo da parte delle creature è l’amore. Difatti ero Io che ti sollecitavo a pregare, che pregavo con te, che non ti davo posa, sicché invece di confondermi Io ti confondevo d’amore, e siccome tu ti sentivi tutta ripiena d’amore e ne restavi confusa, vedendo che tanto versava in te il mio amore, credevi di confondere Me col tuo amore; però ti dico, purché tu cerchi d’amarmi di più, godo di questi tuoi sbagli e ne formo uno scherzo tra Me e te”.

9-9 Luglio 14, 1909 Solo Dio può infondere pace nell’anima.

(1) Me la sono passata amarissima con la privazione del benedetto Gesù; al più, ad ombra ed a lampo si fa vedere, e qualche volta anche i lampi pareva che fuggivano via. La mia mente era funestata dal pensiero: Come crudelmente mi ha lasciato, Gesù è tanto buono, ah! forse non era Lui che ci veniva, la sua bontà non me lo avrebbe fatto. Chi sa che non sia stato il demonio o la mia fantasia, oppure sogni, ma nella parte intima l’anima non ne voleva sapere di questo, voleva starsene in pace, e pareva che si seccasse di tutto, si addentrava sempre più nella Volontà di Dio, si nascondeva in Essa, pigliando un sonno profondo nel suo Santo Volere, e non c’è via di mezzo che si desta. Pare che il buon Gesù la chiude tanto nel suo Volere, che neppure la porta vi fa trovare per poter picchiare e farla sentire che Gesù la ha lasciato, ed essa dorme e se ne sta in pace. La mente, non vedendosi in niente risposta dice tra sé: “Io sola mi devo prendere bile? Anch’io voglio quietarmi e fare la Volontà di Dio, venga, che venga purché faccia la sua Santa Volontà”. Questo è il mio stato presente.

(2) Ora, questa mattina, pensando a ciò che ho detto di sopra, il buon Gesù mi ha detto:

(3) “Figlia mia, se fossero fantasie, sogni, demoni, non avrebbero tanta forza da farti possedere l’aureola della pace, e non per un giorno, ma per ben venticinque anni, nessuno poteva farti spirare quell’aura di pace soave dentro e fuori di te, solo Colui che è tutto pace, e che se alito di turbazione potesse sorprenderlo, cesserebbe d’essere Dio, resterebbe offuscata la sua Maestà, impiccolita la sua grandezza, debole la sua potenza, insomma, tutto l’Essere Divino avrebbe ricevuto una scossa. Colui che ti possiede e che tu possiedi, ti sta sopra, ti vigila continuamente d’ogni alito di disturbo, ricordati che in tutte le mie venute sempre ti ho corretto se c’era in te alito di turbazione, e di nessun’altra cosa mi sono tanto dispiaciuto, che se non ti vedesse in pace; ed allora ti sono scomparso, quando ti ho tutta rappacificata. La fantasia, il sogno, molto meno il demonio, non hanno questa virtù, e molto meno la possono dare agli altri, perciò quietati e non mi sia ingrata”.

9-10 Luglio 24, 1909 Tutto ciò che l’anima fa per amor di Dio, entra in Lui e si trasforma nelle sue stesse opere.

(1) Stavo pensando alla miseria del mio stato presente, e dicevo tra me: “Come tutto è finito per me, come tutto ha dimenticato il mio buon Gesù, non più si ricorda dei miei stenti, delle sofferenze che in tanti anni di letto ho passato per amor suo”. E quindi la mente andava riandando qualche specialità di sofferenza e più grave che ho passato, in questo mentre il benedetto Gesù mi ha detto:

(2) “Figlia mia, tutto ciò che è fatto per amor mio, entra in Me e si trasforma nelle stesse mie opere, e siccome le mie opere stanno a benefizio di tutti, cioè, dei viandanti, delle purganti e dei trionfanti, così tutto ciò che tu hai fatto e sofferto per Me, sta in Me e fanno il loro uffizio a bene di tutti, come le mie. Vorresti tu ritirartele in te?”

(3) Io ho risposto: “Non mai, o Signore”. Ma con tutto ciò seguivo a ripensare, stando un po’ distratta dal mio solito operato interno, ed il buon Gesù ha ripetuto:

(4) “Non vuoi finirla tu? Te la faccio finire Io.

(5) E si è messo nel mio interno a pregare a voce alta e a dire tutto ciò che dovevo dire io. Vedendo ciò sono restata confusa ed ho seguito il buon Gesù; e quando ha visto che io non ho dato più retta a niente, allora ha fatto silenzio, ed io sono rimasta sola a fare ciò che sono solita di fare.

9-11 Luglio 27, 1909 L’anima è il giuoco di Gesù nella terra.

(1) Trovandomi nel solito mio stato, pensavo tra me: “Che me ne faccio? Non servo più a nulla, Lui non viene ed io sono rimasta un oggetto inutile, perché senza di Lui non valgo niente, non soffro niente; quindi a che più tenermi su questa terra?” E Lui, quando appena ha fatto un lampo e mi ha detto:

(2) “Figlia ma, ti tengo per giuoco, ed i giuochi non sempre si tengono nelle mani; molte volte, anche per mesi e mesi non si toccano, ma con tutto ciò, quando il padrone di quel giuoco lo vuole, non cessa di formare il suo divertimento. Vuoi tu forse che neppure un giuoco tenessi Io sulla terra? Fammi trastullare teco a mio piacere sulla terra, ed Io in contraccambio ti farò trastullare meco nel Cielo”.

9-12 Luglio 29, 1909 La pace è virtù Divina.

(1) Continuando il mio solito stato dicevo tra me: “Perché il Signore vuole assolutamente che nessun alito di turbazione entri in me, e che in tutte le cose mi tenga sempre in pace? Pare che nessuna cosa gli piace, fossero anche opere grandi, virtù eroiche, sofferenze atroci, pare che Lui fiuta nell’anima, e con tutte queste, se non ha pace, resta nauseato e scontento dell’anima”. In questo mentre si è fatto sentire, e con voce dignitosa ed imponente, rispondendo al mio perché mi ha detto:

(2) “Perché la pace è virtù divina, e le altre virtù sono umane; sicché, qualunque virtù se non sono coronate dalla pace, non si possono chiamare virtù, ma vizi. Ecco perciò mi sta tanto a cuore la pace, perché la pace è il segno più certo che si soffre e si opera per Me, ed è il retaggio che do ai miei figli, della pace eterna che godranno con Me nel Cielo”.

9-13 Agosto 2, 1909 L’anima: Giuoco d’oro e brillanti.

(1) Stavo pensando a ciò che ho scritto il 27 del mese passato, e dicevo tra me: “Credevo che fossi qualche cosa nelle mani del Signore, eppure non sono altro che un giuoco! Che oggetto vilissimo sono io. I giuochi possono essere di creta, di terra, di carta, di molle elastico, che basta che cadano a terra o un minino inconveniente per rompersi, e non servendo più al giuoco, si gettano. Oh! mio bene, come mi sento oppressa pensando che un giorno o l’altro mi potrai gettare”. Ed il buon Gesù si è fatto sentire e mi ha detto:

(2) “Figlia mia, non ti opprimere, quando i giuochi sono di materia vile e si rompono, si gettano, ma se fossero di oro o di brillanti, o di altra materia preziosa, si fanno aggiustare e servono sempre a formare il gioco di chi ha il bene d possederli. Tale sei tu per Me, un giuoco di brillanti e d’oro purissimo, per avere in te la mia Immagine e per avere sborsato il prezzo del mio sangue per farne acquisto, e sei fregiata con la somiglianza delle mie sofferenze. Quindi non sei un oggetto vile, che posso gettarti, ma mi costa molto caro, puoi star tranquilla, che non c’è pericolo che possa gettarti”.

9-14 Ottobre 1, 1909 Gesù numera, pesa e misura tutto nell’anima, affinché niente venga disperso e di tutto venga ricompensata.

(1) Trovandomi molto afflitta per il povero mio stato, mi sentivo nauseante a me stessa, ed abominevole presso Dio. Mi sentivo che il Signore mi avesse lasciato a metà del cammino, e senza di Lui non ci posso andare più avanti, mi sento che non più vuol servirsi di me per risparmiare il mondo dai castighi, e quindi ha allontanato da me croci, spine, ha rotto tutta la partecipazione della Passione, comunicazioni; solo quello che veggo è che sta all’erta di farmi stare in pace. Mio Dio, che pena, se Tu stesso non mi tenessi distratta da queste mie perdite di croci, di Te, e tutto, io ne morrei di dolore. Ah! se non fosse per il tuo Santo Volere, in qual mare di mali vi sarei caduta! Ah! tienimi sempre nel tuo Santo Volere, e ciò mi basta.

(2) Ora, trovandomi nel solito mio stato, piangevo e dicevo tra me: “Il buon Gesù non ha fatto nessun conto di me, né degli anni di letto, né dei sacrifici, di niente, altrimenti non mi avrebbe lasciato, e piangevo, piangevo. In questo mentre, me lo sono sentito muovere nel mio interno, ed ho perduto i sensi, ed anche fuori di me continuavo a piangere. Ed allora, come se si avesse aperto una porta nel mio interno, ed ho visto Gesù. Io mi sentivo corrucciata e non gli dicevo niente, solo piangevo. Gesù mi ha detto:

(3) “Chetati, chetati, non piangere, se tu piangi Io mi sento toccare il cuore e vengo meno d’amore per te. Vuoi tu accrescere le mie pene per cagione dell’amor tuo?”

(4) Poi ha soggiunto, prendendo un’aria maestosa e come sedendosi nel mio cuore sopra d’un trono, pareva che teneva una penna in mano e scriveva, ed a me rivolto mi ha detto:

(5) “Vedi se non tengo conto delle cose tue, non solo degli anni di letto, di sacrifici, ma anche dei pensieri che fai per Me; scrivo i tuoi affetti, i tuoi desideri, tutto, tutto, ed anche quello che vorresti fare, vorresti soffrire, e perché Io non te lo concedo, tu non fai. Tutto numero, peso e misuro, affinché niente venga disperso e di tutto venga ricompensata; e come scrivo, così le conservo nel mio proprio cuore”.

(6) Poi, non si dire come, mentre prima stavo nel mio interno, poi io mi trovavo in Gesù; pareva che la testa di Gesù stesse al posto della mia testa, e tutte le mie membra gli servivano di corpo; ed ha ripetuto:

(7) “Vedi come ti tengo, come membra del mio stesso corpo”.

(8) Ed è scomparso. Dopo poco, essendo ritornato Gesù ed io continuando a starmene afflitta, e di tanto in tanto erompevo in pianto, mi ha detto:

(9) “Figlia mia, coraggio, non ti ho lasciato, piuttosto mi sto nascosto, perché se mi facessi vedere come prima, tu mi legheresti dappertutto, ed Io non potrei in niente castigare il mondo. Né ti ho lasciato a mezzo cammino; non ti ricordi quali sono questi anni dello scorcio del tuo vivere? Sono gli anni voluti dal tuo confessore, non ti ricordi che non una volta, ma per ben quattro o cinque volte ti sei trovata a lottare con Me, Io che ti volevo portare, e tu dicevi, l’ubbidienza non voleva, e mentre Io ti avevo preparato per poterti portare con Me, ero costretto a lasciarti di nuovo. Vedi ora le conseguenze che ne porti, sono anni di sosta e di pazienza; la carità e l’ubbidienza hanno le loro spine, che fanno larghe ferite e fanno sanguinare il cuore, ma fanno sbocciare le rose più rubiconde, odorose e belle; perché vedendo nel tuo confessore il frutto del suo buon volere e la carità e il timore che il mondo potesse essere castigato, per ciò, vi ho concorso in qualche modo; ma se Io non avessi trovato nessuno che mi avesse pregato ed interposto, di certo non saresti stata qui. Ma via, coraggio, non sarà poi tanto lungo l’esilio, e ti prometto che verrà un giorno che più non mi farò vincere da nessuno”.

(10) Chi può dire in quali amarezze io nuoto, confortata, sì, ma amareggiata fino nelle midolla delle ossa, e non posso ricordarmi di ciò senza piangere, tanto, che nel dirlo al confessore, tanta era la foga delle lacrime che pareva che m’inquietassi con lui, e veramente gli ho detto: “Voi siete stato la causa dei miei mali”.