MaM
Messaggio del 3 ottobre 1984:Quando vi ripeto di pregare, non intendo solo che aumentiate la quantità delle vostre preghiere. Ciò che desidero è portarvi a un desiderio profondo di Dio, ad un anelito continuo verso di lui. Gesù riusciva a pregare tutta la notte senza stancarsi mai perché aveva un grande desiderio di Dio e della salvezza delle anime.

Messaggi di altre apparizioni

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

2-70 Settembre 5, 1899 Come Gesù opera la perfezione da passo a passo.

(1) Questa mattina mi trovavo in tale abbattimento d’animo e mi vedevo tanto cattiva, che io stessa mi rendevo insopportabile. Essendo venuto Gesù, gli ho detto le mie pene e lo stato miserabile in cui mi trovavo, ed Lui mi ha detto:

(2)Figlia mia, non volerti perdere di coraggio, questo è mio solito, di operare la perfezione a passo a passo e non tutto in un istante, affinché l’anima vedendosi sempre in qualche cosa manchevole, si spinga, faccia tutti gli sforzi per raggiungere ciò che le manca, affine di più piacermi e di maggiormente santificarsi, onde Io, tirato da quegli atti, mi sento sforzato a darle nuove grazie e favori celesti, e con ciò si viene a formare un commercio tutto divino tra l’anima e Dio. Diversamente, possedendo l’anima in sé la pienezza della perfezione e quindi di tutte le virtù, non troverebbe modi come sforzarsi, come più piacergli, onde verrebbe a mancare l’esca come accendere il fuoco tra la creatura e il Creatore”.

(3) Sia sempre benedetto il Signore!

2-71 Settembre 9, 1899 Gesù le parla del nulla e dell’amore che le porta.

(1) Continua Gesù a venire, ma in un aspetto tutto nuovo. Pareva che dal suo cuore benedetto usciva un tronco d’albero, che conteneva tre radici distinte, e questo tronco dal suo sporgeva nel mio, ed uscendo dal mio cuore, il tronco formava tanti bei rami, carichi di fiori, di frutti, di perle e di pietre preziose risplendenti come stelle fulgidissime. Ora, il mio amante Gesù, vedendosi all’ombra di quest’albero, tutto si ricreava, molto più che dall’albero cadevano tante perle che formavano un bell’ornamento alla sua Umanità Santissima. Mentre stava in questa posizione, mi ha detto:

(2)Figlia mia carissima, le tre radici che vedi che contiene quest’albero, sono la fede, la speranza e la carità. E siccome tu vedi che questo tronco esce da Me e s’introduce nel tuo cuore, ciò significa che non c’è bene che posseggano le anime che non venga da Me. Sicché dopo la fede, la speranza e la carità, il primo sviluppo che fa questo tronco, è il far conoscere che tutto il bene viene da Dio, che di loro non hanno altro che il proprio nulla, e che questo nulla non fa altro che darmi la libertà di farmi entrare in loro e farmi operare ciò che voglio; mentre vi sono altri nulla, cioè altre anime, che con la libera volontà che hanno si oppongono; onde, mancando questa conoscenza, il tronco non produce né rami, né frutti, né nessun’altra cosa di buono. I rami che contiene quest’albero, con tutto l’apparato dei fiori, frutti, perle e pietre preziose, sono tutte le diverse virtù che può possedere l’anima. Ora, chi ha dato la vita a quest’albero così bello? Certo le radici. Ciò significa che la fede, la speranza e la carità tutto abbracciano, tutte le virtù contengono, tanto, che sono messe come base e fondamento dell’albero, e senza di loro non si può produrre nessun’altra virtù”.

(3) Onde ho compreso pure che i fiori significano le virtù, i frutti i patimenti, le pietre e le perle preziose il patire puramente per il solo amor di Dio. Ecco perché quelle perle che cadevano formavano quel bell’ornamento a Nostro Signore. Ora, mentre Gesù sedeva all’ombra di quest’albero, mi guardava con tenerezza tutta paterna, onde, preso da un trasporto amoroso, che pareva che non ha potuto contenere in Sé, e strettamente abbracciandomi, ha incominciato a dire:

(4)Quanto sei bella! Tu sei la mia semplice colomba, la mia diletta dimora, il mio vivo tempio, in cui unito col Padre e lo Spirito Santo mi compiaccio di deliziarmi. Il tuo continuo languire per Me, mi solleva e ristora dalle continue offese che mi fanno le creature. Sappi che è tanto l’amore che ti porto, che sono costretto a nasconderlo in parte, per fare che tu non impazzisca e potessi vivere, ché se te lo facessi vedere, non solo impazziresti, ma non potresti continuare a vivere, la tua debole natura resterebbe consumata alle fiamme del mio amore”.

(5) Mentre ciò diceva, io mi sentivo tutta confondere ed annichilire e mi sentivo sprofondare nell’abisso del mio nulla, perché mi vedevo tutta imperfetta, specialmente notavo la mia ingratitudine e freddezze alle tante grazie che il Signore mi fa. Ma spero che il tutto vuole ridondare a sua gloria ed onore, sperando con ferma fiducia che in uno sforzo del suo amore voglia vincere la mia durezza.

2-72 Settembre 16, 1899 Contrasto con Gesù. Effetti del patire solo per Dio.

(1) Questa mattina il mio adorabile Gesù è venuto e, temendo che fosse il demonio, gli ho detto: “Permettetemi che vi segni la fronte con la croce”, e nell’atto stesso l’ho segnato e così sono restata più sicura e tranquilla.

(2) Ora, Gesù benedetto pareva stanco e si voleva riposare in me, e siccome anch’io mi sentivo stanca per le sofferenze dei giorni passati, specialmente per le sue pochissime venute, onde mi sentivo la necessità di riposarmi in lui. Quindi, dopo aver contrastato un poco insieme, mi ha detto:

(3) “La vita del cuore è l’amore. Io sono come un infermo che brucia di febbre, che va trovando un rinfresco, un sollievo nel fuoco che lo divora. La mia febbre è l’amore; ma dove estraggo i rinfreschi, i sollievi più adatti al fuoco che mi consuma? Dalle pene ed affanni sofferti dalle anime mie predilette per solo mio amore, molte volte sto aspettando e riaspettando quando l’anima deve volgersi a Me per dirmi: “Signore, solo per amore vostro voglio soffrire questa pena”. Ah, si, questi sono i miei refrigeri ed i rinfreschi più adatti, che mi sollevano e mi smorzano il fuoco che mi consuma”.

(4) Dopo ciò si è gettato nelle mie braccia languendo per riposarsi. Mentre Gesù riposava, io comprendevo molte cose sulle parole dette da Gesù, specialmente sul patire per amor suo. Oh! che moneta d’inestimabile valore! Se tutti la conoscessimo, faremmo a gara a chi più potesse patire; ma io credo che siamo tutti corti di vista a conoscere questa moneta sì preziosa, perciò non si giunge ad averne conoscenza.

2-73 Settembre 19, 1899 Gesù parla della fede, della speranza e carità.

(1) Trovandomi questa mattina un poco turbata, specialmente sul timore che non è Gesù che viene, ma il demonio, e che non fosse Volontà di Dio il mio stato. Mentre mi trovavo in questa agitazione, è venuto il mio adorabile Gesù e mi ha detto:

(2)Figlia mia, non voglio che ci perda il tempo, col pensare a questo tu ti distrai da Me e vieni a farmi mancare il cibo come nutrirmi, ma quello che voglio, che pensi ad amarmi soltanto ed a starti tutta abbandonata in Me, che così mi appresterai un cibo molto a Me ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

2-74 Settembre 21, 1899 Contrasti con la obbedienza. La causa del suo stato.

(1) Eppure, chi doveva dirlo? Con tutto che il torto è suo, che non mi dà la capacità di saperlo manifestare, la signorina obbedienza se l’ha preso a male ed ha incominciato a farla da tiranno crudele, ed è giunta a tale crudeltà che mi ha tolto la vista dell’amante mio Bene, solo ed unico mio conforto. Si vede proprio che delle volte la fa anche da bambina, che quando vuole vincere un capriccio, se non lo vince con le buone, assorda la casa con gridi, con pianti, tanto che si è costretto a contentarla per forza. Non ci sono ragioni, non c’è via di mezzo come persuaderla; così fa la signora obbedienza, è brava, non ti avrei creduto tale, siccome vuole vincere lei, vuole che anche balbuziente scriva sulla carità. Oh! Dio santo, rendetela Voi stesso più ragionevole, che si vede proprio che non si può tirare avanti in questo modo. E tu, oh obbedienza, rendimi il mio dolce Gesù, non mi toccare più al vivo e ti prego di non togliermi più la vista del mio sommo Bene, ed io ti prometto che anche balbuziente scriverò come tu vuoi. Solo vi chiedo in grazia di farmi rinfrancare per qualche giorno, perché la mia mente, troppo piccola, non si regge più a stare immersa in quel vasto oceano della carità divina, specialmente che là vi scorgo di più le mie miserie e la mia bruttezza, e nel vedere l’amore che Dio mi porta, mi sento quasi impazzire, onde la mia debole natura si sente venir meno e non ne può più. Ma nello stesso tempo mi occuperò a scrivere altre cose, per poi riprendere sulla carità.

(2) Riprendo il mio povero dire. Trovandosi la mia mente occupata delle cose già dette, andavo pensando tra me: “A che pro scrivere questo, se io stessa non praticassi ciò che scrivo? Questo scritto sarebbe certo una mia condanna”. Mentre ciò pensavo, è venuto il benedetto Gesù e mi ha detto: “Questo scritto servirà a far conoscere chi è Colui che ti parla e occupa la tua persona; e poi, se non serve a te, la mia luce servirà ad altri che leggeranno ciò che ti faccio scrivere”.

(3) Chi può dire quanto sono lasciata mortificata nel pensare che altri approfitteranno delle grazie che mi fa, se leggeranno questi scritti, ed io che li ricevo no? Non mi condanneranno essi? E poi, solo pensare che giungeranno in mano d’altri, mi si stringe il cuore per la pena e per il rossore di me stessa. Ora, rimanendo in grandissima afflizione, andavo ripetendo: A che pro il mio stato, se servirà di condanna?

(4) E l’amorosissimo mio Gesù, ritornando mi ha detto: “La mia vita fu necessaria per la salvezza dei popoli; e siccome la mia non la potetti continuare sulla terra, perciò eleggo a chi mi piace per continuarla in loro, per poter continuare la salvezza nei popoli, ecco il pro del tuo stato”.

2-75 Settembre 22, 1899 Gesù le parla dei suoi scritti. Contrasti con la obbedienza.

(1) Sentendomi un chiodo fitto nel cuore per le parole dette ieri dal dolce Gesù, essendo Lui sempre benigno con questa miserabile peccatrice, onde per sollevare le mie pene è venuto e, tutta compatendomi mi ha detto:

(2)Figlia mia, non volere più affliggerti. Sappi che tutto ciò che ti faccio scrivere, o sulle virtù o sotto qualche similitudine, non è altro che un farti dipingere te stessa ed a quella perfezione a cui ho fatto giungere l’anima tua”.

(3) Oh! Dio, che gran ripugnanza provo nello scrivere queste parole, perché non mi pare vero quello che dice. Mi sento che non capisco ancora che cosa sia virtù e perfezione, ma l’ubbidienza così vuole, ed è meglio crepare che avere che ci fare con lei. Molto più che ha due faccia: Se si fa come lei dice, prende l’aspetto di signora e ti carezza come amica fedelissima, di più ti promette tutti i beni che ci sono in Cielo ed in terra; poi, appena scorge un’ombra di difficoltà in contrario, subito, senza farsi avvertire, si fa per guardare e si trova guerriero che sta armando le sue armi per ferirti e distruggerti. Oh! mio Gesù, che razza di virtù è questa obbedienza che fa tremare a solo pensarla?

(4) Onde, mentre Gesù mi diceva quelle parole, io gli ho detto: “Mio buon Gesù, che giova all’anima mia l’avere tante grazie, mentre dopo mi amareggiano tutta la vita mia, specialmente per le ore di tua privazione? Perché il comprendere chi Tu sei, e di chi sono priva, è un continuo martirio per me; quindi non mi servono ad altro che a farmi vivere continuamente amareggiata”.

(5) E Lui ha soggiunto: “Quando una persona ha gustato il dolce di un cibo e poi è costretta a prendere l’amaro, per togliere quell’amarezza accresce al doppio il desiderio di gustare il dolce, e questo giova molto a quella persona, perché se gustasse sempre il dolce, senza gustare mai l’amarezza, non ne terrebbe gran conto del dolce; se gustasse sempre l’amarezza senza conoscere il dolce, non conoscendolo non ne verrebbe neppure a desiderarlo, quindi l’uno e l’altro giova, così giova anche a te”.

(6) Ed io: “Pazientissimo mio Gesù, nel sopportare un’anima così misera ed ingrata, perdonami; mi pare che questa volta voglio troppo investigare”.

(7) E Gesù: “Non ti turbare; sono Io stesso che muovo le difficoltà nel tuo interno, per avere occasione di conversare con te ed insieme per ammaestrarti in tutto”.

2-76 Settembre 25, 1899 Timori che i suoi scritti possano trovarsi nelle mani altrui.

(1) Nella mia mente stavo pensando: “Se questi scritti andassero in mano a qualcuno, forse dirà: “Sarà una buona cristiana ché il Signore le fa tante grazie;” senza sapere che con tutto ciò, sono ancora tanto cattiva. Ecco come le persone si possono ingannare tanto nel bene, quanto nel male. Ah! Signore, Voi solo conoscete la verità, ed il fondo dei cuori”. Mentre ciò pensavo, è venuto il benedetto Gesù e mi ha detto:

(2)Diletta mia, e se le gente sapessero che tu sei la mia difenditrice, e la loro?

(3) Ed io: “Mio Gesù, che dite?”

(4) E Lui: “Come, non è vero che tu mi difendi dalle pene che esse mi fanno, col metterti in mezzo tra Me e loro, e prendi sopra di te il colpo che era per ricevere sopra di Me, e quello che Io dovevo versare sopra di loro? E se qualche volta non lo ricevi sopra di te, è perché non te lo permetto e questo con tuo grande rammarico, fino a lamentarti con Me; puoi tu forse negarlo?

(5) No Signore, non posso negarlo, ma veggo che è una cosa che Voi stesso avete infuso in me, perciò dico che il fatto non è che io sono buona, e mi sento tutta confusa nel sentirmi dire da Voi queste parole”.

2-77 Settembre 26, 1899 Causa perché Gesù non fa nessun conto delle opposizioni. Vista astrattiva e intuitiva dell’anima.

(1) Questa mattina, essendo venuto il mio adorabile Gesù, mi ha trasportato fuori di me stessa, ma con mio sommo rammarico lo vedevo di spalle, e per quanto l’ho pregato a farmi vedere il suo santissimo volto, mi riusciva impossibile. Nel mio interno andavo dicendo: “Chi sa che non sono le mie opposizioni all’ubbidienza nello scrivere, che non si benigna di farsi vedere il suo volto adorabile”. E mentre ciò dicevo piangevo. Dopo che mi ha fatto piangere, si è voltato e mi ha detto:

(2) “Io non ne faccio nessun conto delle tue opposizioni, perché la tua volontà è tanto immedesimata con la mia, che non puoi volere se non quello che voglio Io; onde, mentre ti ripugna, nell’atto stesso ti senti tirata come da una calamita a farlo, quindi, le tue ripugnanze non servono ad altro che a rendere più abbellita e splendente la virtù dell’ubbidienza; perciò non le curo”.

(3) Dopo ho guardato il suo bellissimo volto, e nel mio interno vi sentivo un contento indescrivibile, ed a Lui rivolta gli ho detto: “Dolcissimo Amor mio, se sono io e prendo tanto diletto nel rimirarti, che potette essere della nostra Mamma Regina, quando vi rinchiudesti nelle sue viscere purissime? Quali contenti, quante grazie non le conferisti?”

(4) E Lui: “Figlia mia, furono tali e tante le delizie e le grazie che versai in Lei, che basta dirti che ciò che Io sono per natura, la nostra Madre lo divenne per grazia; molto più che, non avendo colpa, la mia grazia potette signoreggiare in Lei liberamente, sicché non c’è cosa dell’Essere mio, che non conferii a Lei”.

(5) In quell’istante mi pareva di vedere la nostra Regina Madre come se fosse un altro Dio, con questa sola differenza: Che in Dio è natura sua propria, in Maria Santissima è grazia conseguita. Chi può dire come sono lasciata stupita? Come la mia mente si perdeva nel vedere un portento di grazia sì prodigioso? Onde, a Lui rivolta, gli ho detto: “Caro mio Bene, la nostra Madre ebbe tanto bene perché vi facevate vedere intuitivamente; io vorrei sapere, ed a me come vi mostrate, con la vista astrattiva o intuitiva? Chi sa se è pure astrattiva”.

(6) E Lui: “Voglio farti capire la differenza che vi è tra l’una e l’altra. Nella astrattiva l’anima rimira Dio, nell’intuitiva vi entra dentro e consegue le grazie, cioè, riceve in sé la partecipazione dell’Essere Divino; e tu quante volte non hai partecipato all’Essere mio? Quel patire che pare in te come se fosse connaturale, quella purità che giungi fino a sentire come se non avessi corpo e tante altre cose, non te le ho conferito quando ti sono tirata a Me intuitivamente?

(7) Ah! Signore, troppo è vero, ed io quali grazie ti ho reso per tutto questo? Qual’è stata la mia corrispondenza? Sento rossore al solo pensarlo, ma deh! perdonami e fate che di me si possa conoscere, dal Cielo e dalla terra, come un soggetto delle tue infinite misericordie”.

2-78 Settembre 30, 1899 Tentazioni. Come la pazienza nel soffrire le tentazioni è come cibo sostanzioso.

(1) Primo ho passato più d’un’ora d’inferno. Alla sfuggita ho fatto per guardare l’immagine del bambino Gesù, ed un pensiero, come fulmine, ha detto al bambino: “Come sei brutto!” Ho cercato di non curarlo né turbarmi, per far di evitare qualche gioco col demonio; eppure, con tutto ciò, quel fulmine diabolico mi ha penetrato nel cuore e mi sentivo che il mio povero cuore odiava Gesù. Ah! si, mi sentivo nell’inferno a fare compagnia ai dannati, mi sentivo l’amore cambiato in odio! Oh! Dio, che pena il non poterti amare! Dicevo: “Signore, è vero che non sono degna di amarti, ma almeno accettate questa pena, che vorrei amarti e non posso”.

(2) Così, dopo aver passato nell’inferno più di un’ora, pare che me ne sono uscita, grazie a Dio; ma chi può dire quanto il mio povero cuore è restato afflitto, debole per la guerra sostenuta tra l’odio e l’amore? Sentivo tale prostrazione di forze, che mi pareva che non avessi più vita. Onde sono stata sorpresa dal solito mio stato, ma, oh, quanto decaduta di peso. Il mio cuore e tutte le interiori potenze, che con ansia inenarrabile desiderano e vanno in cerca del loro sommo ed unico Bene, ed allora si fermano quando lo hanno già trovato, e con sommo loro contento se lo godono, questa volta non ardivano di muoversi, se ne stavano tanto annichilite, confuse e inabissate nel proprio nulla, che non si facevano sentire...Oh! Dio, che mazzata crudele ha dovuto subire il povero mio cuore. Con tutto ciò, il mio sempre benigno Gesù è venuto, e la sua vista consolatrice ha fatto dimenticare subito di essere stata nell’inferno, tanto, che neppure ho chiesto perdono a Gesù. Le interiori potenze, umiliate, stanche come stavano, pareva che si riposavano in Lui; tutto era silenzio, d’ambi le parti non c’era altro che qualche sguardo amoroso che ci ferivamo i cuori a vicenda. Dopo essere stata qualche tempo in questo profondo silenzio, Gesù mi ha detto:

(3)Figlia mia, ho fame, dammi qualche cosa”.

(4) Ed io: “Non ho niente che darvi”. Ma nell’atto stesso ho visto un pane e se lo ho dato, e Lui pareva che con tutto gusto se lo mangiava. Ora, nel mio interno andavo dicendo: “E’ da qualche giorno che non mi dice niente”. E Gesù ha risposto al mio pensiero:

(5)Delle volte lo sposo si compiace di trattare con la sua sposa, di affidarle i più intimi segreti; altre volte poi, si diletta con più gusto di riposarsi e contemplarsi a vicenda la loro bellezza, mentre il parlare impedisce di riposarsi, ed il solo pensiero di ciò che si deve dire e di qual cosa si deve trattare, non fa badare a guardare la beltà dello sposo e della sposa; ma però questo serve, che dopo aversi riposato e compreso di più la loro bellezza, vengono più ad amarsi e con maggior forza escono in campo per lavorare, trattare e difendere i loro interessi. Così sto facendo con te, non ne sei tu contenta?

(6) Dopo ciò, un pensiero mi è balenato nella mente, dell’ora passata nell’inferno, e subito ho detto: “Signore, perdonami quante offese vi ho fatto”.

(7) E Lui : “Non volerti affliggere né turbare, sono Io che conduco l’anima fin nel profondo dell’abisso, per poter poi condurla più spedita nel Cielo”.

(8) Poi mi ha fatto comprendere che quel pane trovatomi non era altro che la pazienza con cui avevo sopportato quell’ora di sanguinosa battaglia, quindi la pazienza, l’umiliazione, l’offerta a Dio di ciò che si soffre in tempo di tentazione, è un pane sostanzioso che si dà a Nostro Signore e che Lui l’accetta con molto gusto.

2-79 Ottobre 1, 1899 Gesù parla con amarezze dei abusi dei sacramenti.

(1) Questa mattina seguitava a farsi vedere in silenzio, ma in aspetto afflittissimo, l’amabile Gesù teneva conficcata sulla testa una folta corona di spine, le mie interiori potenze me le sentivo in silenzio e non ardivano di dire una sola parola; solo che vedendo che soffriva assai nella testa, ho steso le mani e pian piano gli ho tolto la corona, ma che acerbo spasimo soffriva! Come si allargavano le ferite ed il sangue scorreva a ruscelli! A dire il vero, era cosa che straziava l’anima. Dopo tolta, l’ho messa sulla mia testa e Lui stesso aiutava a far sì ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)