MaM
Messaggio del 10 febbraio 1982:Pregate, pregate, pregate! Credete fermamente, confessatevi con regolarita' e comunicatevi. E questa l'unica via di salvezza.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo) - 2-78 Settembre 30, 1899 Tentazioni. Come la pazienza nel soffrire le tentazioni è come cibo sostanzioso.

(1) Primo ho passato più d’un’ora d’inferno. Alla sfuggita ho fatto per guardare l’immagine del bambino Gesù, ed un pensiero, come fulmine, ha detto al bambino: “Come sei brutto!” Ho cercato di non curarlo né turbarmi, per far di evitare qualche gioco col demonio; eppure, con tutto ciò, quel fulmine diabolico mi ha penetrato nel cuore e mi sentivo che il mio povero cuore odiava Gesù. Ah! si, mi sentivo nell’inferno a fare compagnia ai dannati, mi sentivo l’amore cambiato in odio! Oh! Dio, che pena il non poterti amare! Dicevo: “Signore, è vero che non sono degna di amarti, ma almeno accettate questa pena, che vorrei amarti e non posso”.

(2) Così, dopo aver passato nell’inferno più di un’ora, pare che me ne sono uscita, grazie a Dio; ma chi può dire quanto il mio povero cuore è restato afflitto, debole per la guerra sostenuta tra l’odio e l’amore? Sentivo tale prostrazione di forze, che mi pareva che non avessi più vita. Onde sono stata sorpresa dal solito mio stato, ma, oh, quanto decaduta di peso. Il mio cuore e tutte le interiori potenze, che con ansia inenarrabile desiderano e vanno in cerca del loro sommo ed unico Bene, ed allora si fermano quando lo hanno già trovato, e con sommo loro contento se lo godono, questa volta non ardivano di muoversi, se ne stavano tanto annichilite, confuse e inabissate nel proprio nulla, che non si facevano sentire...Oh! Dio, che mazzata crudele ha dovuto subire il povero mio cuore. Con tutto ciò, il mio sempre benigno Gesù è venuto, e la sua vista consolatrice ha fatto dimenticare subito di essere stata nell’inferno, tanto, che neppure ho chiesto perdono a Gesù. Le interiori potenze, umiliate, stanche come stavano, pareva che si riposavano in Lui; tutto era silenzio, d’ambi le parti non c’era altro che qualche sguardo amoroso che ci ferivamo i cuori a vicenda. Dopo essere stata qualche tempo in questo profondo silenzio, Gesù mi ha detto:

(3)Figlia mia, ho fame, dammi qualche cosa”.

(4) Ed io: “Non ho niente che darvi”. Ma nell’atto stesso ho visto un pane e se lo ho dato, e Lui pareva che con tutto gusto se lo mangiava. Ora, nel mio interno andavo dicendo: “E’ da qualche giorno che non mi dice niente”. E Gesù ha risposto al mio pensiero:

(5)Delle volte lo sposo si compiace di trattare con la sua sposa, di affidarle i più intimi segreti; altre volte poi, si diletta con più gusto di riposarsi e contemplarsi a vicenda la loro bellezza, mentre il parlare impedisce di riposarsi, ed il solo pensiero di ciò che si deve dire e di qual cosa si deve trattare, non fa badare a guardare la beltà dello sposo e della sposa; ma però questo serve, che dopo aversi riposato e compreso di più la loro bellezza, vengono più ad amarsi e con maggior forza escono in campo per lavorare, trattare e difendere i loro interessi. Così sto facendo con te, non ne sei tu contenta?

(6) Dopo ciò, un pensiero mi è balenato nella mente, dell’ora passata nell’inferno, e subito ho detto: “Signore, perdonami quante offese vi ho fatto”.

(7) E Lui : “Non volerti affliggere né turbare, sono Io che conduco l’anima fin nel profondo dell’abisso, per poter poi condurla più spedita nel Cielo”.

(8) Poi mi ha fatto comprendere che quel pane trovatomi non era altro che la pazienza con cui avevo sopportato quell’ora di sanguinosa battaglia, quindi la pazienza, l’umiliazione, l’offerta a Dio di ciò che si soffre in tempo di tentazione, è un pane sostanzioso che si dà a Nostro Signore e che Lui l’accetta con molto gusto.