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Messaggio del 4 agosto 1986: Desidero che per voi il rosario diventi vita!

Messaggi di altre apparizioni

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

5-22 Ottobre 16, 1903 La Divina Volontà è luce, e chi la fa si pasce di luce.

(1) Trovandomi nel mio solito stato mi sentivo tutta piena di peccati e di amarezza, onde si è fatto come un lampo nel mio interno, ed appena ho visto il mio adorabile Gesù, ma però alla sua presenza i peccati sono scomparsi, ed io temendo ho detto: “Signore mio, come alla vostra presenza che io devo conoscere di più i miei peccati, succede il contrario?”

(2) E Lui: “Figlia mia, la mia presenza è mare che non ha confini, e chi si trova nella mia presenza è come una gocciolina, che sia pur nera o bianca, che nel mio mare si sperde, come si può più conoscere? Inoltre il mio tocco divino purga tutto, e le nere le fa bianche, come dunque tu temi? Oltre di ciò la mia Volontà è luce, e facendo tu sempre la mia Volontà ti pasci di luce, convertendosi le tue mortificazioni, privazioni e sofferenze in nutrimento di luce per l’anima, perché il solo cibo sostanzioso e che dà vera vita è la mia Volontà. E non sai tu che questo continuo nutrirsi di luce, ancorché l’anima contragga qualche difetto, la purga continuamente?”

(3) Detto ciò è scomparso.

5-23 Ottobre 18, 1903 Il peccato è un’atto opposto della volontà umana alla Divina. Il vero amore è vivere nella volontà del amato.

(1) Continuando il mio solito stato, per brevi istanti ho visto il mio adorabile Gesù, e mi ha detto:

(2)Figlia mia, sai tu che cosa forma il peccato? Un atto opposto della volontà umana alla Divina. Immaginati due amici che stanno in contraddizione, se la cosa è lieve tu dici che non è perfetta e leale la loro amicizia, fosse pure in cose piccole; come amarsi e contraddirsi? Il vero amore è vivere nella volontà altrui, anche a costo di sacrificio; se poi la cosa è grave, non solo non sono amici, ma fieri nemici. Tale è il peccato. Opporsi al Volere Divino è lo stesso che farsi nemico di Dio, sia pure in cose piccole, è sempre la creatura che si mette in contraddizione col Creatore”.

5-24 Ottobre 24, 1903 Immagine della Chiesa.

(1) Avendo detto al confessore i miei timori sul non essere Volontà di Dio il mio stato, e che almeno per prova vorrei provare a sforzarmi di uscire, e vedere se riuscivo o no. Ed il confessore, senza fare le sue solite difficoltà ha detto: “Va bene, domani proverai”.

(2) Onde io sono lasciata come se fosse stata liberata da un peso enorme. Or, avendo celebrato la santa messa ed avendo fatto la comunione, quando appena ho visto il mio adorabile Gesù nel mio interno che mi guardava fisso, colle mani giunte, in atto di chiedere pietà ed aiuto. Ed in questo mentre mi sono trovata fuori di me stessa, dentro d’una stanza dove stava una donna maestosa e veneranda, ma gravemente inferma, dentro d’un letto con le spalliere tanto alte che quasi toccavano la volta; ed io ero costretta a stare al di sopra di questa spalliera in braccio ad un sacerdote per tenerla ferma, e guardare la povera malata. Ond’io mentre stavo in questa posizione, vedevo pochi religiosi che circondavano ed apprestavano cure alla paziente, e con intensa amarezza dicevano tra loro: “Sta male, sta male, non ci vuole altro che una piccola scossa”. Ed io pensavo a tener ferma la spalliera del letto per timore che movendosi il letto potesse morire. Ma vedendo che la cosa andava per le lunghe e quasi infastidendomi dello stesso ozio, dicevo a colui che mi teneva, per carità, fammi scendere, io non sto facendo nessun bene, né dando nessun aiuto, a che pro starmi così inutile, almeno se scendo posso servirla, aiutarla”.

(3) E quello: “Non hai sentito che anche una piccola scossa può peggiorare e succederle cose tristissime? Onde, se tu scendi, non stando chi mantiene fermo il letto può anche morire”.

(4) Ed io: “Ma può essere possibile che facendo solo questo le può venire questo bene? Io non ci credo, per pietà fammi scendere”. Quindi, dopo aver ripetuto varie volte queste parole, mi ha sceso sul pavimento ed io sola, senza che nessuno mi teneva, mi sono avvicinata all’ammalata e con mia sorpresa e dolore vedevo che il letto si muoveva. A quei movimenti quella illividiva la faccia, tremava, faceva il rantolo dell’agonia. Quei pochi religiosi piangevano e dicevano: “Non c’è più tempo, è già agli estremi momenti”. Poi entravano persone nemiche, soldati, capitani per battere l’ammalata, e quella donna così morente si è alzata con intrepidezza e maestà per essere piagata e battuta. Io nel veder ciò tremavo come una canna e dicevo tra me: “Sono stata io la causa, ho dato io la spinta a succedere tanto male”. E comprendevo che quella donna rappresentava la Chiesa inferma nelle sue membra, con tanti altri significati che mi pare inutile spiegare, perché si comprende leggendo quello che ho scritto. Onde mi sono trovata in me stessa e Gesù nel mio interno ha detto:

(5) “Se ti sospendo per sempre, i nemici incominceranno a far versare il sangue alla mia Chiesa”.

(6) Ed io: “Signore, non è che non voglia stare, il Cielo mi guardi che io mi allontani dalla tua Volontà anche per un batter d’occhi, solo che se vuoi mi starò, se non vuoi mi leverò”.

(7) E Lui: “Figlia mia, non appena il confessore ti ha sciolto, cioè col dirti: ”Va bene, domani provaci”. Il nodo di vittima si è pur sciolto, perché il solo fregio dell’ubbidienza è che costituisce la vittima, e non mai l’accetterei per tale senza di questo fregio, anche a costo, se fosse necessario, di fare un miracolo della mia onnipotenza per dar lume a chi dirige, per far dare questa ubbidienza. Io soffrii, soffrii volontario, ma chi mi costituì vittima fu l’ubbidienza al mio caro Padre, che volle fregiare tutte le mie opere, dalla più grande alla più piccola col fregio onorifico dell’ubbidienza”.

(8) Quindi trovandomi in me stessa, mi sentivo un timore di provare ad uscire, ma poi me la sbrigavo dicendo: “Doveva pensare chi me l’ha dato l’ubbidienza, e poi se il Signore mi vuole io sono pronta”.

5-25 Ottobre 25, 1903 L’anima in Grazia innamora Dio.

(1) Venendo l’ora del mio solito stato pensavo tra me, che se il Signore non ci veniva dovevo provare a sforzarmi anche per vedere se almeno ci riuscivo. Onde in primo ci riuscivo, ma poi è venuto il mio adorabile Gesù e mi faceva vedere che quando io pensavo di starmi, Lui si avvicinava e m’incatenava a Sé, in modo che io non potevo; quando poi pensavo a levarmi, Lui si allontanava e mi lasciava libera; di modo che potevo farlo, onde non mi sapevo decidere e dicevo fra me: “Quanto vorrei vedere il confessore per domandare a Lui che cosa dovrei fare”. Quindi poco dopo, ho visto il confessore insieme con Nostro Signore e subito ho detto: “Ditemi, devo stare, sì o no”. E mentre ciò dicevo vedevo nell’interno del confessore che aveva ritirato l’ubbidienza che mi aveva dato il giorno precedente, onde mi decisi a starmi, pensando tra me che se fosse vero che aveva ritirato l’ubbidienza, va bene; se poi era mia fantasia che così vedevo, mentre poteva essere falso, quando il confessore veniva allora si pensava potendo provare un altro giorno, e così mi sono quietata. Onde seguitando a farsi vedere il benedetto Gesù mi ha detto:

(2) “Figlia mia, la bellezza dell’anima in grazia è tanta, da innamorare lo stesso Dio, gli angioli ed i santi ne restano stupiti nel vedere questo prodigioso portento, d’un anima ancora terrestre posseduta dalla grazia, alla fragranza dell’odore celeste gli corrono intorno, e con sommo loro piacere trovano in essa quel Gesù stesso che li beatifica nel Cielo, di modo che per loro è indifferente tanto a star su in Cielo, quanto giù vicino a quest’anima. Ma chi mantiene e conserva questo portento, dandole continuamente nuove tinte di bellezza all’anima che vive nella mia Volontà? Chi toglie qualunque ruggine ed imperfezione e le somministra la conoscenza dell’oggetto che possiede? La mia Volontà. Chi rassoda, stabilisce e fa restare confermata nella grazia? La mia Volontà. Il vivere nel mio Volere è tutto il punto della Santità, e dà continua crescenza di grazia. Ma chi un giorno fa la mia Volontà, ed un altro la sua, mai resterà confermato nella grazia, non farebbe altro che crescere e decrescere; e questo quanto male arreca all’anima, di quanta gioia priva Dio e sé stessa. E’ immagine di chi oggi è ricca e domani povera, non resterà confermata né nella ricchezza né nella povertà, quindi non si può sapere dove andrà a finire”.

(3) Detto ciò è scomparso, e poco dopo è venuto il confessore e avendo detto ciò che ho scritto, mi ha assicurato che veramente aveva ritirato l’ubbidienza che mi aveva dato.

(4) Per ubbidire al confessore riprendo a dire gli altri significati da me compresi del giorno del 24 corrente. Onde la donna rappresentava la Chiesa che essendo inferma, non in sé stessa, ma nelle sue membra, e sebbene abbattuta ed oltraggiata dai nemici e resa inferma nelle sue stesse membra, mai non perde la sua maestà e venerazione; il letto dove si trovava, comprendevo che la Chiesa mentre pare oppressa, inferma, contrastata, pure riposa con un riposo perpetuo ed eterno, e con pace e sicurezza nel seno paterno di Dio come un bambino nel seno della propria madre; le spalliere del letto che toccavano la volta, comprendevo la protezione divina che assiste sempre la Chiesa, e che tutto ciò che essa contiene, tutto dal Cielo è venuto: Sacramenti, dottrine ed altro, tutto è celeste, santo e puro, in modo che, tra il Cielo e la Chiesa c’è continua comunicazione, non mai interrotta. I pochi religiosi che prestavano cura, assistenza alla donna, comprendevo che pochi sono quelli che a corpi perduti difendono la Chiesa, tenendo come a sé stessi i mali che riceve, la stanza dove dimorava, composta di pietre, rappresentava la solidità e fermezza ed anche la durezza della Chiesa a non cedere a nessun dritto che le appartengono. La donna morente che con intrepidezza e coraggio si fa battere dai nemici, rappresentava la Chiesa, che mentre pare che muore, allora risorge più intrepida, ma come? Con le sofferenze e con lo spargimento di sangue, vero spirito della Chiesa, sempre pronta alle mortificazione, come lo fu Gesù Cristo.

5-26 Ottobre 27, 1903 Il modo d’operare divino è il solo amore del Padre e degli uomini.

(1) Trovandomi nel solito mio stato, per poco ho visto il mio adorabile Gesù dicendomi:

(2) “Figlia mia, l’accettare le mortificazioni e sofferenze come penitenza e come castigo, è lodevole, è buono, però non ha nessun nesso col modo d’operare divino, perché Io feci molto, soffrii molto, ma il modo che tenni in tutto ciò fu il solo amore del Padre e degli uomini. Sicché, si scorge subito se la creatura tiene il modo d’operare e di soffrire alla divina, se il solo amore a ciò fare e soffrire la spinge. Se tiene altri modi, ancorché fossero buoni, è sempre modo di creature, e quindi si troverà il merito che può acquistare una creatura, non il merito che può acquistare il Creatore, non essendovi unione di modi. Mentre se tiene il mio modo, il fuoco dell’amore distruggerà ogni disparità e disuguaglianza, e formerà una sola cosa tra l’opera mia e quella della creatura”.

5-27 Ottobre 29, 1903 Quando l’anima ha in sé stessa impresso il fine della Creazione, Gesù la contraccambia con parte della felicità celeste.

(1) Questa mattina il mio adorabile Gesù si faceva vedere nel mio interno, come se si fosse incarnato nella mia stessa persona, e guardandomi ha detto:

(2) “Figlia mia, quando veggo nell’anima impresso il carattere del fine della mia Creazione, sentendomi soddisfatto di essa, perché veggo compiuta così bene l’opera da Me creata, mi sento in dovere, cioè, non dovere, ha soggiunto subito, ché in Me non ci sono doveri, ma il mio dovere è un amore più intenso di contraccambiarla, anticipando per lei parte della felicità celeste, cioè, manifestando al suo intelletto la conoscenza della mia Divinità, ed allettandola col cibo delle verità eterne; alla sua vista ricreandola con la mia bellezza; al suo udito facendo risuonare la soavità della mia voce; alla bocca coi miei baci; al cuore gli abbracci e tutte le mie tenerezze, e questo corrisponde al fine d’averla creato, qual’è: Conoscermi, amarmi, servirmi”.

(3) Ed è scomparso.

(4) Onde io, trovandomi fuori di me stessa, vedevo il confessore e gli dicevo quello che il benedetto Gesù mi ha detto; gli domandavo se andavo secondo la verità, e mi diceva: “Sì”. Non solo, ma soggiungeva che si conosceva bene il parlare Divino, perché quando parla Dio e l’anima lo riferisce, colui che ascolta non solo vede la verità delle parole, ma si sente nel suo interno una commozione che solo lo Spirito Divino possiede.

5-28 Ottobre 30, 1903 Insegnamenti sulla pace.

(1) Questa mattina, non venendo il mio adorabile Gesù, stavo pensando nel mio interno: “Chi sa se fosse vero che era nostro Signore che veniva, o piuttosto il nemico per illudermi; come Gesù Cristo doveva lasciarmi così bruttamente senza nessuna pietà?” Ora mentre ciò pensavo, per pochi istanti si è fatto vedere, alzando la sua destra e premendomi la bocca col pollice mi ha detto:

(2) “Taci, taci, e poi, sarebbe bello che uno che ha visto il sole, solo perché non lo vede dice che non era sole quello che aveva veduto; non sarebbe più vero e ragionevole se dicesse che il sole si è nascosto?” Ed è scomparso.

(3) Ma però non lo vedevo, ma sentivo che con le sue mani mi andava tutta ritoccando e strofinando la bocca, la mente ed altro, e mi faceva tutta lucente; e siccome non lo vedevo, la mente seguitava a fare dei dubbi, e Lui facendosi vedere di nuovo ha soggiunto:

(4) “Ancora non vuoi finirla? Tu vuoi farmi scomparire l’opera mia in te, perché dubitando non sei in pace, ed essendo Io fonte di pace, non vedendoti in pace farai dubitare a chi ti guida, che non è il Re della pace che abita in te. Ah! non vuoi stare attenta! E’ vero che faccio tutto Io nell’anima in modo che senza di Me non farebbe nulla, ma è pur vero che lascio sempre un filo di volontà all’anima, che può anch’essa dire: “Tutto faccio di mia propria volontà”. Onde, stando inquieta spezzi quel filo d’unione con Me, e mi leghi le braccia senza che Io possa operare in te, aspettando finché ti rimetti in pace per riprendere il filo della tua volontà e continuare l’opera mia”.

6-1 Novembre 1, 1903 Quando l’anima fa tutte le sue azioni per il solo fine d’amare a Gesù, cammina sempre di giorno, mai per lei è notte.

(1) Continuando il mio solito stato, mi sono trovata fuori di me stessa, e vedevo me stessa come un piccolo vaporetto, ed io tutta mi meravigliavo nel vedermi ridotta in quella forma. Onde, in questo mentre è venuto il mio adorabile Gesù e mi ha detto:

(2) “Figlia mia, la vita dell’uomo è vapore, e siccome al vapore è il solo fuoco che lo fa camminare, ed a misura che il fuoco è vivo e molto, così corre più veloce, e se è poco cammina a lento passo, e se è spento resta fermato, così l’anima, se il fuoco dell’amor di Dio è molto, si può dire che vola sopra tutte le cose della terra, e sempre corre e vola al suo centro ch’è Dio; se poi è poco, si può dire che cammina stentata, strisciandosi ed infangandosi di tutto ciò ch’è terra; se poi è spento, resta fermata, senza vita di Dio in essa, come morta a tutto ciò che è divino. Figlia mia, quando l’anima in tutte le sue azioni non le fa per altro che per il solo fine d’amarmi, e nessun’altra ricompensa vuole del suo operato che il mio solo amore, cammina sempre di giorno, mai per lei è notte, anzi cammina nello stesso sole, che quasi vapore la circonda per farla camminare in esso, facendole godere tutta la pienezza della luce, non solo, ma le sue stesse azioni le servono di luce per il suo cammino e le accrescono sempre nuova luce”.

6-2 Novembre 8, 1903 Gesù dice come dev’essere il amore del próximo.

(1) Trovandomi nel solito mio stato, stavo pregando per certi bisogni del prossimo, ed il benedetto Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:

(2) “Per qual fine preghi per queste persone?”

(3) Ed io: “Signore, e Voi per qual fine ci amasti?”

(4) E Lui: “Vi amo perché siete cosa mia stessa, e quando l’oggetto è suo proprio, si sente costretto, è come una necessità di amarlo”.

(5) Ed io: “Signore, sto pregando per queste persone perché sono cosa vostra, altrimenti non mi sarei interessata”. E Lui, mettendomi la mano alla fronte, quasi premendola ha soggiunto:

(6) “Ah! così è perché cosa mia? Così va bene l’amore del prossimo”.

6-3 Novembre 10, 1903 Come il vero amore dimentica sé stesso.

(1) Continuando nel mio solito stato, quando appena ho visto il benedetto Gesù che mi diceva:

(2) “Figlia mia, il vero amore dimentica sé stesso e vive agli interessi, alle pene ed a tutto ciò che appartiene alla persona amata”.

(3) Ed io: “Signore, come si può dimenticare sé stesso mentre lo sentiamo tanto, non è che sia una cosa da noi lontana, oppure divisa che facilmente si può dimenticare”. E di nuovo ha soggiunto che là c’è il sacrificio del vero amore, ché mentre tiene sé stesso deve vivere a tutto ciò che appartiene alla persona amata, anzi, se si ricorda di sé stesso, questo ricordo deve servire ad industriarsi maggiormente come potersi consumare per l’oggetto amato, e l’amato, se vede che l’anima si dà tutta per Lui, la saprà bene ricompensare dandole tutto Sé stesso, e facendole vivere della sua vita divina; sicché chi tutto dimentica, tutto trova. Oltre di ciò, è necessario vedere la differenza che passa tra ciò che si dimentica e ciò che si trova: Si dimentica il brutto e si trova il bello, si dimentica la natura e si trova la grazia, si dimenticano le passione e si trovano le virtù, si dimentica la povertà e si trova la ricchezza, si dimentica la stoltezza e si trova la sapienza, si dimentica il mondo e si trova il Cielo”.