(1) Stavo pensando ai dolori della mia Mamma Celeste, ed il mio amabile Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, il primo Re dei dolori fui Io, ed essendo Io uomo e Dio, dovevo tutto accentrare in Me per avere il primato su tutto, anche sugli stessi dolori. Quelli della mia Mamma non erano altro che i riverberi dei miei, che riflettendo in Lei le partecipavano tutti i dolori miei, che trafiggendola, la riempirono di tale amarezza e pena, da sentirsi morire ad ogni riverbero dei miei dolori, ma l’amore la sosteneva e le ridava la vita, perciò non solo per onore, ma con diritto di giustizia fu la prima Regina dell’immenso mare dei suoi dolori”.
(3) Onde mentre ciò diceva, mi pareva di vedere la mia Mamma di fronte a Gesù, e tutto ciò che conteneva Gesù, i dolori e le trafitture di quel cuore santissimo, riflettevano nel cuore dell’addolorata Regina, ed a quei riflessi si formavano tante spade nel cuore della trafitta Mamma, e queste spade erano suggellate da un Fiat di luce, in cui Ella restava circonfusa in mezzo a tanti Fiat di luce fulgidissima che le davano tanta gloria, che mancano i vocaboli per narrarla, quindi Gesù ha ripreso il suo dire:
(4) “Non furono i dolori che costituirono Regina la mia Mamma e la fecero rifulgere di tanta gloria, ma il mio Fiat onnipotente, cui intrecciava ogni suo atto e dolore e si costituiva vita di ogni suo dolore, sicché il mio Fiat era l’atto primo che formava la spada, dandole l’intensità del dolore che voleva. Il mio Fiat poteva mettere in quel cuore trafitto quanti dolori voleva, aggiungere trafitture a trafitture, pene sopra pene, senza l’ombra della minima resistenza, anzi si sentiva onorata che il mio Fiat si costituiva vita anche d’un suo palpito, ed il mio Fiat le diede gloria completa e la costituì vera e legittima Regina.
(5) Ora, chi saranno le anime in cui possa riflettere i riverberi dei miei dolori e della mia stessa Vita? Quelle che avranno per vita il mio Fiat, questo Fiat assorbirà in loro i miei riflessi, ed Io sarò largo nel partecipare ciò che il mio Volere opera in Me, perciò nella mia Volontà aspetto le anime, per darle il vero dominio e la gloria completa d’ogni atto e pena che possano soffrire. Fuori della mia Volontà, l’operare ed il patire Io non lo riconosco, potrei dire: “Non ho che darti, qual è la volontà che ti ha animato nel far e soffrire ciò? Da quella fatti ricompensare”. Molte volte il fare il bene, il patire, senza che la mia Volontà entri in mezzo, possono essere misere schiavitù che degenerano in passioni, mentre solo il mio Volere dà il vero dominio, le vere virtù, la vera gloria da trasmutare l’umano in divino”.