(1) Mi sentivo morire di pena per la privazione del mio dolce Gesù, e se viene è come lampo che sfugge; onde non potendone più ed avendo di me compassione, è uscito da dentro il mio interno, ed io appena visto gli ho detto: “Amor mio, che pena, mi sento morire senza di Te, ma morire senza morire, che è la più dura delle morti, io non so come la bontà del tuo cuore può sopportare nel vedermi solo per causa tua in stato di morte continua”.
(2) E Gesù: “Figlia mia, coraggio, non ti abbattere troppo, non sei sola nel soffrire questa pena, ma anch’Io la soffrii, come pure la mia cara Mamma, oh! quanto più dura della tua, quante volte la mia gemente Umanità, sebbene era inseparabile dalla Divinità, pure per dare luogo all’espiazione, alle pene, essendo queste intangibile per Lei, Io rimanevo solo, e la Divinità come appartata da Me. Oh! come la sentivo questa privazione, ma ciò era necessario. Tu devi sapere che quando la Divinità mise fuori l’opera della Creazione, mise anche fuori tutta la gloria, tutti i beni e felicità che ciascuna creatura doveva ricevere, non solo in questa vita ma pure nella patria celeste. Ora, tutta la parte che toccava alle anime perdute rimaneva sospesa, non aveva a chi darsi; ond’Io dovendo completare tutto ed assorbire tutto in Me, mi esibii a soffrire la privazione che gli stessi dannati soffrono nell’inferno. Oh! quanto mi costò questa pena, mi costò pena d’inferno e morte spietata, ma era necessario. Dovendo assorbire tutto in Me, tutto ciò che uscì da Noi nella Creazione, tutta la gloria, tutti i beni e felicità, per farli uscire da Me di nuovo in campo per tutti quelli che volessero fruirne, dovevo assorbire tutte le pene e la stessa privazione della mia Divinità, ora, tutti questi beni assorbiti in Me dell’opera della Creazione tutta, essendo Io il capo da cui ogni bene discende su tutte le generazioni, vo trovando anime che mi somiglino nelle pene, nelle opere, per poter partecipare tanta gloria e felicità che la mia Umanità contiene, e siccome non tutte le anime vogliono fruirne, né tutte sono vuote di loro stesse e delle cose di quaggiù per potermi far conoscere e poi sottrarmi, ed in questi vuoti di loro stesse e della mia conoscenza acquistata formare questa pena della mia privazione, e nella privazione che soffre viene ad assorbire in lei questa gloria della mia Umanità che altri respingono, se Io non fosse stato quasi sempre con te, tu non mi avresti conosciuto né amato, e questo dolore della mia privazione tu non lo sentivi né potevi formarsi in te, in te mancherebbe il seme e l’alimento di questo dolore. Oh! quante anime sono prive di Me, e forse sono anche morte, queste si dolgono se son prive d’un piccolo piacere, d’una bagattella qualsiasi, ma prive di Me non hanno nessun dolore e neppure un pensiero, sicché questo dolore dovrebbe consolarti, perché ti porta il certo segno che son venuto da te e che mi hai conosciuto, e che il tuo Gesù vuol mettere in te la gloria, i beni, la felicità che gli altri respingono”.