(1) Stavo pensando ed accompagnando Gesù nell’ora della Passione quando si portò alla Divina Mamma per chiederle la santa benedizione, ed il mio dolcissimo Gesù nel mio interno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, prima della mia Passione volli benedire la mia Mamma ed essere da Lei benedetto, ma non fu alla sola Mamma che benedissi, ma a tutte le creature, non solo animate ma anche inanimate; vidi le creature deboli, coperte di piaghe, povere, il mio cuore ebbe un palpito di dolore e di tenera compassione e dissi: “Povera umanità, come sei decaduta, voglio benedirti, ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
(1) Continuando il mio solito stato, il mio sempre amabile Gesù me lo sentivo nel mio interno, ma tanto reale che ora mi sentivo che mi stringeva forte il cuore da farmi soffrire, ora stringeva le sue braccia al mio collo da soffocarmi, ora si sedeva sul mio cuore, prendendo un’aria imperante e di comandare, ed io mio sentivo come annientare e risorgere a novella vita sotto il suo comando, ma chi può dire ciò che Lui faceva nel mio interno ed io vi sentivo? Credo che sia meglio passarlo in silenzio. Onde mentre mi sentivo la sua reale presenza nel mio interno mi diceva:
(2) “Figlia mia, elevati, elevati più, ma tanto da giungere nel seno della Divinità, fra le Divine Persone sarà la tua vita. Vedi, per farti giungere a questo ho formato la mia Vita in te, ho racchiuso il mio Volere eterno dove ciò che tu fai, e vi scorre in modo meraviglioso e sorprendente, ed il mio Volere è agente in te in continuo atto immediato. Ora, dopo aver formato la mia Vita in te, col mio Volere agente in te nei tuoi atti, il tuo volere è restato inzuppato, trasfuso, in modo che il mio Volere tiene una vita sulla terra. Ora è necessario che ti elevi e porti con te la mia Vita, il mio Volere, affinché il mio Volere della terra e quello del Cielo si fondano insieme e tu faccia vita per qualche tempo nel seno della Divinità, dove il tuo volere sarà agente nel mio, per poterlo allargare quanto a creatura può essere capace, onde dopo scenderai di nuovo sulla terra portando la potenza, i prodigi del mio Volere, per cui le creature ne saranno scosse, apriranno gli occhi, e molti conosceranno che significa vivere nel mio Volere, vivere a somiglianza del loro Creatore. Ciò sarà il principio che il mio Regno venga sulla terra e che il mio Volere abbia l’ultimo compimento.
(3) Credi che sia cosa da nulla il vivere nel mio Volere? Non c’è cosa che l’uguagli, né santità che lo pareggi; è la Vita reale, non fantastica come qualcuno può immaginare, e questa mia Vita è non solo nell’anima ma anche nel corpo, ma sai tu come viene formata questa mia Vita? Il mio Volere eterno è quello dell’anima, e il mio palpito, palpitando nel cuore, forma il mio concepimento; il suo amore, le sue pene, e tutti i suoi atti fatti nel mio Volere formano la mia Umanità, e mi fanno tanto crescere che non posso tenermi nascosto, né lei può fare a meno di sentirmi; e non mi senti tu, vivo nel tuo interno? Perciò ti ho detto che la santità del vivere nel mio Volere non c’è chi la pareggia, tutte le altre santità saranno le piccole luci, ed essa sarà il gran sole trasfuso nel suo Creatore”.
(4) Ora per ubbidire, e con gran ripugnanza, dico come sento il mio Gesù nel mio interno: Lo sento al posto del mio cuore, quasi in modo visibile, ora sento che prega e molte volte lo sento con le orecchie del corpo, ed io prego insieme; ora che soffre, e mi fa sentire il suo respiro interrotto, affannoso, e lo sento nel mio respiro, tanto che sono costretta ad affannare insieme, e siccome con Lui sono contenute tutte le creature, sento il suo respiro che come vita si diffonde in tutti i moti e respiri umani, ed io mi diffondo insieme con Lui. Ora lo sento gemere, agonizzare; ora lo sento muovere le braccia e le stende nelle mie; ora, che dorme, restando nel mio interno profondo silenzio; ma chi può dire tutto? Può dirlo solo Gesù ciò che opera in me, che io non ho parole sufficienti per manifestarlo. L’ho fatto solo per ubbidire, con sommo strazio dell’anima mia e per timore che il mio Gesù potesse dispiacersi, perché Lui mi tollera fino a tanto che l’ubbidienza non mi comanda, ma se l’ubbidienza comanda, mi resta il solo Fiat, altrimenti mi annienterebbe. Spero che sia tutto a gloria sua ed a mia confusione.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, il mio dolce Gesù mi ha trasportato fuori di me stessa, fin nel seno dell’Eterno; ma mentre nuotavo in quel seno, senza saper dire ciò che provavo e comprendevo, perché mi mancano i vocaboli per esprimermi, il mio sempre amabile Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia diletta della nostra Volontà, ti ho portato nel seno della nostra Divinità affinché il tuo volere si stenda maggiormente nel nostro e prenda parte al nostro modo di agire. La nostra Divinità è portata naturalmente alla generazione, non fa altro che generare continuamente, e tutte le cose da Noi create portano con sé la virtù di generare: Il sole genera la luce in ogni occhio umano, in ogni opera e passo, pare che si moltiplica per ciascun’uomo, per ciascuna pianta e per ciascun punto della terra, se non avesse la virtù, il connesso col suo Creatore generatore, mai il sole potrebbe dare luce a tutti ed essere per ciascuno a sua disposizione; il fiore genera l’altro fiore tutto simile a lui; il seme genera l’altro seme; l’uomo genera l’altro uomo; sicché tutte le cose portano con sé la virtù del loro Creatore di generare, sicché siamo portati tanto naturalmente a generare ed a riprodurre da Noi esseri simili a Noi, perciò ti ho chiamato nel nostro seno, affinché vivendo con Noi, il tuo volere, diffondendosi nel nostro si allarghi, generi insieme con Noi santità, luce, amore, e moltiplicandosi insieme con Noi in tutti, generi negli altri ciò che ha ricevuto da Noi. E’ l’unica nostra Volontà che ci resta a riguardo della Creazione: Che la nostra Volontà agisca nella creatura come agisce in Noi; il nostro amore vuol sprigionare dal nostro seno la nostra Volontà per deporla nella creatura, ma va cercando chi ne è disposta, chi la conosca ed apprezzi, e genera in lei ciò che genera in Noi, ecco perciò tante grazie, tante manifestazioni sulla mia Volontà, è la santità del mio Volere che lo esige, che prima d’essere deposta nell’anima sia conosciuta, amata e riverita, e che possa svolgere in essa tutta la sua virtù e potenza, e sia corteggiata dalle nostre stesse grazie. Sicché tutto ciò che faccio a te, non è altro che corredare ed ornare la dimora alla mia Volontà, perciò sii attenta, qui nel nostro seno imparerai meglio i nostri modi e riceverai tutte le prerogative che convenne ai disegni che abbiamo formato su di te”.
(1) Avendomi detto il confessore di dover fare copiare dai miei scritti sulle diverse virtù di cui il benedetto Gesù mi ha fatto scrivere, sentivo in me una pena, un martirio nel fare uscire fuori ciò che Gesù mi aveva detto; onde, nel venire il benedetto Gesù gli ho detto: “Amor mio, solo per me questi martiri, che io stessa debba essere strumento di mettere fuori ciò che Tu mi hai manifestato, molto più che dovendo mettere fuori ciò che mi hai detto, sono costretta in certe cose a mettere fuori anche me stessa. Mio Gesù, che martirio, eppure, sebbene con sommo strazio dell’anima mia sono costretta ad ubbidire. Dammi la forza, aiutami; solo per me questo, hai detto tante cose agli altri, le hai fatto tante grazie, e nessuno ha saputo nulla, e se pure dopo la loro morte si è conosciuta qualche cosa, il resto è restato tutto sepolto con loro; solo a me toccava questo martirio”. E Gesù tutto bontà mi ha detto:
(2) “Figlia mia, coraggio, non ti abbattere troppo; Io sarò con te anche in questo. Innanzi al mio Volere il tuo deve scomparire, e poi, è la santità del mio Volere che vuol essere conosciuta; eccone la causa. La santità del vivere nel mio Volere non tiene via, né porte, né chiavi, né stanze, invade tutto, è come l’aria che si respira, che tutti debbono e possono respirarla; solo che lo vogliano e che mettano da banda il voler umano, il Voler Divino si farà respirare dall’anima e le darà la vita, gli effetti, il valore della Vita del mio Volere, e se non viene conosciuto come potranno amare e volere un vivere sì santo, ch’è la gloria più grande che può darmi la creatura? La santità delle altre virtù è bastantemente conosciuta in tutta la Chiesa, e chi vuole può copiarla, ecco perciò non mi sono dato premura di moltiplicare la stessa conoscenza; ma la santità del vivere nel mio Volere, gli effetti, il valore che contiene, l’ultima pennellata che darà la mia mano creatrice alla creatura per renderla simile a Me, non è conosciuta ancora, ecco perciò tutta la mia premura che si metta fuori ciò che ti ho detto; e se ciò tu non facessi, verresti come a restringere il mio Volere, ad imprigionare in Me le fiamme che mi divorano, ed a farmi ritardare la completa gloria che mi deve la Creazione. Solo voglio che le cose escano fuori ordinate, perché una parola che manchi, un nesso ed un connesso, un periodo spezzato, invece di gettare luce mi getteranno tenebre, ed invece di farmi dare gloria e amore, le creature resteranno indifferenti, perciò sii attenta, ciò che ho detto Io voglio che esca intero”.
(3) Ed io: “Ma per mettere tutta intera la parte tua sono costretta a mettere parte della mia”.
(4) E Gesù: “E con ciò che vuoi dire? Se la via l’abbiamo fatta uniti, vuoi che esca solo in campo? E poi, chi debbo additare e mettere come esempio da imitare, se colei che ho ammaestrato e tiene la pratica del modo come vivere nel mio Volere non vuol essere conosciuta? Figlia mia, questo è assurdo”.
(5) “Ah! Gesù, in che labirinto mi getti, mi sento morire. Spero che il tuo Fiat mi darà la forza”.
(6) “Perciò togli il tuo volere, ed il mio Fiat farà tutto”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, il mio sempre amabile Gesù è venuto e mi ha inabissato tanto nel suo Volere, che anche a volerne uscire mi riusciva impossibile; succedeva a me come ad una persona cui volontariamente si ha fatto sbalzare dal suo piccolo luogo in un luogo interminabile, la quale, vedendo la lunghezza della via, di cui non ne conosce neppure i confini, depone il pensiero di rintracciare il suo piccolo luogo, ma però felice della sua sorte. Onde, mentre nuotavo nel mare immenso del Voler Divino, il mio dolce Gesù mi ha detto:
(1) Continuando il mio solito stato, il mio sempre amabile Gesù è venuto con una maestà ed amore incantevole e mi ha fatto vedere tutte le generazioni, dal primo all’ultimo uomo, ciascuno dei quali era vincolato ed annodato insieme col mio dolce Gesù, ed era tanto l’annodamento, che pareva che si moltiplicava per ciascuna creatura, in modo che ognuno lo aveva tutto solo per sé, e che Gesù dava quella sua Vita a subire qualunque pena e morte che ognuno doveva soffrire, per poter dire al Padre Celeste: “Padre mio, in ogni creatura avrai altrettanti Me stesso, che ti daranno per ciascuno ciò che ognuno ti deve”. Mentre ciò vedevo, il mio dolce Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, vuoi anche tu accettare il vincolo di ciascun essere, affinché tra Me e te non ci sia nessuna dissomiglianza?”
(3) Io non so come sentivo come se il peso di tutti poggiasse sulle mie spalle, vedevo la mia indegnità e debolezza, e vi sentivo tale ripugnanza da sentirmi venire meno, tanto che il benedetto Gesù avendo di me compassione mi ha preso fra le sue braccia e mi ha stretto al suo cuore, facendomi mettere la bocca alla ferita che lo trafiggeva dicendomi:
(4) “Bevi figlia mia il sangue che sgorga da questa ferita per ricevere la forza che ti manca, coraggio, non temere, sarò Io con te, divideremo insieme tutto il peso, il lavoro, le pene e le morti, perciò ti dico sii attenta e fedele, ché la mia grazia vuole corrispondenza, altrimenti ci vuole niente a discendere. Che ci vuole ad aprire ed a chiudere gli occhi? Ci vuol niente, eppure il gran bene che porta il tenerli aperti, ed il gran male di tenerli chiusi. Col tenerli aperti gli occhi si riempiono di luce, di sole, con questa luce la mano può operare, il piede camminare sicuro e senza inciampo, distingue gli oggetti, se siano buoni o cattivi, riordina le cose, legge, scrive; ora che ci vuole per perdere tutto questo bene? Chiudere gli occhi: la mano non può operare, il piede non può camminare e se cammina è soggetto ad inciampare, non distingue più gli oggetti, si riduce all’inabilità. Tale è la corrispondenza, non altro che aprire gli occhi dell’anima, e come li apre si fa luce nella mente, la mia immagine riflette in tutto ciò che va facendo, copiandomi fedelmente, in modo che non fa altro che ricevere continua luce da Me, da convertire tutto il suo essere in luce. Invece l’incorrispondenza getta l’anima nelle tenebre e la rende inoperosa”.
(1) Mi sentivo tutta immersa nel suo Santissimo Volere, ed il mio dolce Gesù, nel venire mi ha detto:
(2) “Figlia mia, immedesima la tua intelligenza con la mia, affinché circoli in tutte le intelligenze delle creature, e riceva il vincolo di ciascun pensiero di esse, per sostituirli con tant’altri pensieri fatti nel mio Volere, ed Io riceva la gloria come se tutti i pensieri fossero fatti nel modo divino. Allarga il tuo volere nel mio, nessuna cosa deve sfuggire che non resti presa nella rete della tua e mia Volontà, il mio Volere in Me ed il mio Volere in te, devono confondersi insieme e tenere gli stessi confini interminabili, ma ho bisogno che il tuo volere si presti a distendersi nel mio e non gli sfugga nessuna cosa da Me creata, affinché in tutte le cose senta l’eco della Volontà Divina nella volontà umana, affinché vi generi la mia somiglianza. Vedi figlia mia, Io subii doppie morti per ciascuna creatura, una d’amore e l’altra di pena, perché nel crearla la creai un complesso tutto d’amore, per cui non doveva uscire da essa altro che amore, tanto che il mio ed il suo dovevano stare in continue correnti, ma l’uomo non solo non mi amò, ma ingrato mi offese, ed Io dovevo rifare il mio Divino Padre di questa mancanza d’amore, e dovetti accettare una morte d’amore per ciascuno, ed un’altra di dolore per le offese”.
(3) Ma mentre ciò diceva, vedevo il mio dolce Gesù tutto una fiamma, che lo consumava e gli dava morte per ciascuno, anzi vedevo che ogni pensiero, parola, moto, opera, passo, ecc., erano tante fiamme che consumavano Gesù e lo vivificavano.
(4) Onde Gesù ha soggiunto: “Non vorresti tu la mia somiglianza? Non vorresti tu accettare le morti d’amore come accettasti le morti di dolore?”
(5) Ed io: “Ah! mio Gesù, io non so che mi sia successo; sento ancora gran ripugnanza per aver accettato quelle di dolore, come potrei accettare quelle d’amore che mi sembrano più dure? Io tremo al solo pensarlo, la mia povera natura si annienta di più, si disfà. Aiutami, dammi la forza, ché mi sento che non posso tirare più avanti”.
(6) E Gesù, tutto bontà e deciso ha soggiunto: “Povera figlia mia, coraggio, non temere né volerti turbare per la ripugnanza che senti; anzi, per rassicurarti ti dico che anche questa è una mia somiglianza. Devi sapere che anche la mia Umanità, per quanto santa, desiderosa al sommo di patire, sentiva questa ripugnanza, ma non era la mia, erano tutte le ripugnanze delle creature che sentivano nel fare il bene, nell’accettare le pene che meritavano, e dovevo subire queste pene che mi torturavano non poco, per dare a loro l’inclinazione al bene e renderle più dolci le pene, tanto che nell’orto gridai al Padre: “Se è possibile passi da Me questo calice”. Credi tu che fui Io? Ah no! t’inganni, Io amavo il patire fino alla follia, amavo la morte per dar vita ai miei figli; era il grido di tutta quanta l’umana famiglia, che echeggiava nella mia Umanità, ed Io, gridando insieme con loro per dar loro forza, ripetete per ben tre volte: “Se è possibile passi da Me questo calice”. Io parlavo a nome di tutti, come se fossero cosa mia, ma mi sentivo schiacciare; sicché la ripugnanza che senti non è tua, è l’eco della mia; se fosse tua mi sarei ritirato, perciò, figlia mia, volendo generare da Me un’altra mia immagine, voglio che accetti, ed Io stesso voglio segnare nella tua volontà allargata e consumata nella mia, queste mie morti d’amore”.
(7) E mentre ciò diceva, con la sua santa mano mi segnava, ed è scomparso. Sia tutto a gloria di Dio.
(1) Facendo copiare, secondo l’ubbidienza del confessore, dai miei scritti ciò che Gesù mi aveva detto sulle virtù, io volevo farlo copiare senza dire che me l’aveva detto Gesù, e Lui nel venire, dispiacendosi mi ha detto:
(2) “Figlia mia, perché vuoi occultarmi? Sono Io forse uno disonorato che non vuoi far nome di Me? Quando si dice un bene, un detto, un’opera, una verità di una persona disonorata, non si vuol dire chi sia per non far perdere la stima, la gloria, il prestigio e l’effetto che ci sta in quel bene, in quel detto, ecc., perché se si dice chi è, non sarà apprezzato e perderà tutto il bello, sapendo che la fonte da dove viene non merita nessuno apprezzamento, invece, se è persona per bene ed onorata, prima si fa nome della persona per far risaltare ed apprezzare maggiormente quello che ha detto o fatto, e poi si dice ciò che ha fatto o detto. Sicché Io non merito che il mio nome vada avanti ai miei detti? Ahi! come mi tratti male! non l’aspettavo questa pena da te, eppure sono stato così largo con te, ti ho manifestato di Me tante cose, ti ho fatto conoscere tante cose e le più intime di Me, che non ho fatto cogli altri. Avresti dovuto essere più larga nel farmi conoscere, invece la più stretta. Gli altri, quel poco che ho detto avrebbero voluto mettere le trombe per farmi conoscere ed amare, invece tu vuoi occultarmi, questo non mi piace affatto”.
(3) Ed io, quasi confusa ed umiliata al sommo gli ho detto:
(4) “Mio Gesù, perdonami, Tu hai ragione, è la grande ripugnanza che sento, quel dover mettere la mia volontà nel modo come devo uscire mi tortura. Tu abbi pietà di me, dammi più forza e grazia ed allarga di più il mio cuore, affinché mai più possa darti questa pena”.
(5) E Gesù: “Ti benedico, affinché il tuo cuore riceva più grazia, e sia più largo a farmi conoscere ed amare”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, mi vedevo tutta confusa e come separata dal mio dolce Gesù, tanto che nel venire gli ho detto: “Amor mio, come le cose sono cambiate per me, prima mi sentivo tanto immedesimata con Te che non avvertivo nessuna divisione tra me e Te, e nelle stesse pene che soffrivo Tu eri con me. Ora tutto al contrario, se soffro mi sento divisa da Te, e se ti veggo innanzi a me o dentro di me, è nell’aspetto di un giudice che mi condanna alla pena, alla morte, e non più prendi parte alle pene che Tu stesso mi dai, eppure mi dici: elevati sempre più; invece io discendo”. E Gesù spezzando il mio dire mi ha detto:
(2) “Figlia mia, quanto t’inganni, questo ne avviene perché tu hai accettato, ed Io ho segnato le morti e le pene che Io subii per ciascuna creatura. Anche la mia Umanità si trovava in queste dolorose condizioni, Essa era inseparabile della mia Divinità, eppure, essendo la mia Divinità intangibile nelle pene, né capace di poter soffrire ombra di pene, la mia Umanità si trovava sola nel patire, e la mia Divinità era solo spettatrice delle pene e morti che Io subivo, anzi mi era giudice inesorabile, che voleva il fio d’ogni pena di ciascuna creatura. Oh! come la mia Umanità tremava, restava schiacciata innanzi a quella luce e Maestà Suprema nel vedermi coperto delle colpe di tutti, e delle pene e morti che ciascuno meritava! fu la pena più grande della mia Vita, che mentre ero una sol cosa con la Divinità ed inseparabile, nelle pene rimanevo solo e come appartato. Onde, se ti ho chiamato alla mia somiglianza, che maraviglia che mentre mi senti in te mi vedi spettatore delle tue pene che Io stesso t’infliggo e ti senti come separata da Me? Eppure la tua pena non è altro che l’ombra della mia, e come la mia Umanità non restò mai separata dalla Divinità, così t’assicuro che mai tu resti separata da Me, sono gli effetti che provi, ma allora più che mai formo una sola cosa con te, perciò coraggio, fedeltà e non temere”.
(1) Mi sentivo tutta immersa nel Santo Voler di Dio, ed il mio dolce Gesù nel venire mi ha detto:
(2) “Figlia mia, tutte le cose sono per Me d’un eguale peso, tanto mi pesa il Cielo quanto la terra. La mia Volontà contiene perfetto equilibrio; l’equilibrio porta l’ordine, il regime, l’utile, l’armonia, tutte le cose armonizzano insieme come se fossero una sol cosa. L’ordine porta l’uguaglianza, l’uguaglianza porta la somiglianza, ecco per ciò tanta armonia, ordine e somiglianza nelle Tre Divine Persone; e tutte le cose create sono in perfetta armonia, l’una è il sostegno, la forza e la vita dell’altra, se una sol cosa creata disarmonizzasse, tutte le altre rotolerebbero ed andrebbero a sfascio. Solo l’uomo si discostò da Noi, dall’equilibrio della nostra Volontà, oh! come rotolò l’uomo, e dal più alto posto cadde nel più profondo dell’abisso! e con tutta la mia Redenzione, non tutta l’umana famiglia è ritornata al suo stato primiero, ciò significa che la cosa più grave è che si sottrasse dall’equilibrio della nostra Volontà, significa gettarsi nello scompiglio, nel disordine, nel pelago di tutti i mali. Ora figlia mia, perciò ho chiamato te in modo speciale in questo equilibrio del mio Volere, affinché vivendo tu in Esso, venga ad equilibrare tutto l’operato della sconvolta umanità. Vivendo nel mio Volere equilibrerai te stessa, starai nell’ordine ed in perfetta armonia tra Noi e tutte le cose da Noi create, sicché armonizzando tutto, sentiremo in te che scorrendo nell’ambito della nostra Volontà ci darai l’ordine, l’armonia di tutte le intelligenze, delle parole, opere e passi di tutti; costituiremo i tuoi atti nel nostro Volere come reggitori di tutti gli altri, e ci rifaremo dello scompiglio della sventurata umanità. Ogni tuo atto sarà il suggello dell’ordine che Noi riceveremo a nome di tutti gli altri, molto hai da fare nel nostro Volere, sarai come Regina che ci porterai tutte le conquiste, tutte le armonie; il nostro Volere ti somministrerà tutto ciò che è necessario per poterci supplire per tutti e riempire il vuoto dell’equilibrio della volontà umana, che tanto danno ha ricevuto col sottrarsi dall’equilibrio della nostra Volontà”.