(1) Questa mattina, continuando il mio solito stato, quando appena è venuto il benedetto Gesù e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, ogni virtù è un cielo che l’anima acquista; sicché quante virtù si acquistano, tanti cieli l’anima va formando, e questi cieli sconfiggono tutte le inclinazioni umane, distruggono ciò che è terreno e fanno spaziare l’anima nelle aure più pure, nelle delizie più sante, nei profumi celesti del sommo bene, anticipandole parte dei gaudi eterni”.
(3) Ed è scomparso.
(1) Avendo fatto la comunione, mi sentivo tutta trasformata in Gesù benedetto, e dicevo tra me stessa: “Come si fa a mantenere questa trasformazione con Gesù?” E nel mio interno pareva che Gesù mi diceva:
(2) “Figlia mia, se vuoi essere sempre trasformata in Me, anzi una sola cosa con Me, amami sempre e manterrai la trasformazione con Me, perché l’amore è fuoco, e qualunque legno si getta nel fuoco, piccolo o grande, verde o secco, tutti prendono la forma di fuoco e si convertono nello stesso fuoco, e dopo che questi legni sono rimasti bruciati, non si discerne più qual era un legno e quale l’altro, né il verde né il secco, non si vede altro che fuoco. Così l’anima quando non cessa mai d’amarmi; l’amore è fuoco che trasmuta in Dio, l’amore unisce, le sue vampe investono tutte le operazioni umane e dà loro la forma delle operazioni divine”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, stavo pregando il mio amoroso Gesù per il felice passaggio d’un sacerdote, stato anni prima mio confessore, e dicevo al mio amato Gesù: “Ricordatevi quanti sacrifici ha fatto, quanto ha zelato l’onore e gloria tua, e poi, quanto non ha fatto per me? Quanto non ha sofferto? In questo punto lo dovete rendere, facendolo passare addirittura al Cielo”. E il benedetto Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, Io non guardo tanto ai sacrifici, ma all’amore con cui si fanno ed all’unione che hanno con Me, sicché quanto più l’anima è unita con Me, tanto calcolo di più faccio dei suoi sacrifici. Sicché, se l’anima è più strettamente unita con Me, i più piccoli sacrifici Io faccio dei calcoli grandi, perché nell’unione c’è il calcolo dell’amore, ed il calcolo dell’amore è calcolo eterno che non ha termine né confine; mentre l’anima che si può sacrificare assai, e non è unita con Me, Io guardo il suo sacrificio come di persona estranea, e le do la mercede che merita, cioè limitata. Supponi un padre ed un figlio che si amano; il figlio fa dei piccoli sacrifici, il padre, per il vincolo di unione di paternità e di figliolanza, e d’amore, che è il vincolo più forte, guarda questi piccoli sacrifici come cosa grande, ne mena trionfo, si sente onorato, e dà al figlio tutte le sue ricchezze, e dedica per il figlio tutte le premure e le sue cure. Aggiungi un servo, lavora tutta la giornata, si espone al caldo, al freddo, sta a tutti i suoi ordini, se occorre veglia anche la notte a conto del padrone; e che cosa riceve? La misera mercede d’una giornata, dimodoché se non lavora tutti i giorni sarà costretto a sentire la fame. Tal’è la differenza che passa tra l’anima che possiede la mia unione e l’anima che non la possiede”.
(3) Mentre ciò diceva, mi sono sentita fuori di me stessa insieme col benedetto Gesù, e di nuovo ho detto: “Dolce amor mio, dimmi, dove si trova quell’anima?”
(4) E Gesù: “In purgatorio. Oh! se tu la vedessi in quale luce nuota, ne resteresti meravigliata”.
(5) Ed io: “Dite che sta in purgatorio e dite che nuota nella luce?”
(6) E Gesù: “Sì, si trova nuotando nella luce, perché questa luce la teneva a deposito, e nell’atto del suo morire questa luce lo ha investito e non lo lascerà mai più”.
(7) Io capivo che questa luce erano le sue opere buone fatte con purità d’intenzione.
(1) Stavo sommamente afflitta per la privazione del mio amabile Gesù, ed avendo fatto la comunione, mi lamentavo della sua assenza, e Gesù mi ha detto nel mio interno:
(2) “Figlia mia, stanno succedendo e succederanno cose tristi e tristissime”.
(3) Io sono rimasta atterrita. Quindi sono passati vari giorni senza di Gesù; solo che spesso mi sentivo dire:
(4) “Figlia mia buona, pazienza ché non ci vengo; poi ti dirò il perché”.
(5) Onde me la passavo amareggiata, sì, ma pacifica; quando al meglio ho fatto un sogno che molto mi ha contristato ed anche turbato, molto più che non vedendo Gesù, io non avevo a chi rivolgermi per essere circondata dalle aure di pace che solo Gesù possiede. Oh! quanto è da compiangere un’anima turbata, la turbazione è un’aria infernale che si respira, e quest’aria d’inferno fa uscire l’aria celeste della pace, e prende il posto di Dio nell’anima, la turbazione sbuffando quest’aria infernale nell’anima, la padroneggia tanto, che anche le cose più sante, più pure, col suo soffio infernale le fa comparire le più brutte e perniciose, mette tutto in disordine, e l’anima stanca da questo disordine è appuzzata da quest’aria d’inferno, s’infastidisce di tutto e sente noia dello stesso Dio”.
(6) Io la sentivo quest’aria d’inferno, non dentro di me, ma intorno a me; eppure mi ha fatto tanto male, che non mi curavo più che Gesù non ci veniva, anzi mi pareva che neppure lo volevo. E’ vero che la cosa era molto seria e non di bagattella; si trattava che mi veniva assicurato che non mi trovavo in buono stato; quindi le sofferenze, le venute di Gesù, non erano Volontà di Dio e dovevo finirla una volta per sempre. Non dico tutto a riguardo, perché non lo credo necessario; l’ho scritto solo per obbedire.
(7) Onde, la notte seguente vedevo che dal cielo scendeva acqua a diluvio, da fare molto danno e seppellire paesi interi, ed era tanta l’impressione del sogno che io non volevo vedere niente. In questo mentre, una colomba che girava a me d’intorno mi ha detto:
(8) “Il muovere delle foglie, delle erbe, il mormorio delle acque, la luce che invade la terra, il motore di tutta la natura, tutto, tutto esce dalle dita di Dio, immagina se il tuo stato solo non deve uscire dalle dita di Dio”.
(9) MOnde, venendo il confessore ho detto tutto il mio stato, e lui mi ha detto che era stato il demonio per disturbarmi. Sono lasciata un po’ più pacifica, ma come una che ha sofferto una grave malattia.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, pare che Gesù si è fatto vedere un poco, ed io gli ho detto: “Vita della mia vita, mio caro Gesù, in questi giorni passati sono stata turbata, e Tu che sei stato tanto geloso della mia pace, non hai avuto in questi giorni scorsi una sola parola per darmi quella pace da Te tanto voluta”. E Lui:
(2) “Ah! figlia mia, Io stavo flagellando e distruggendo paesi e sotterrando vite umane, perciò non ci sono venuto. In questo giorno di tregua, ché poi di nuovo prenderò il flagello in mano, subito sono venuto a rivederti, dunque, devi sapere che le cose fatte con purità d’intenzione, le opere giuste e tutto ciò che si fa per mio amore, se Io non lo premiassi mancherei ad un dovere di giustizia, e tutti gli altri miei attributi resterebbero oscurati. Quindi, queste sono le tre armi più potenti per distruggere questa bava velenosa ed infernale della turbazione. Onde, se la necessità di flagellare mi costringesse a non venire qualche giorno, e quest’aria d’inferno ti volesse investire, mettile contro queste tre armi: La purità d’intenzione, l’opera giusta e buona in sé stessa di vittima, e sacrificarti per Me e solo lo scopo d’amarmi, ché sconfiggerai qualunque turbazione e la sconfinerai fino nel più profondo dell’inferno; e con la noncuranza menerai la chiave per non farla più uscire e poterti più molestare”.
(1) Continuando il mio solito stato, quando appena è venuto il benedetto Gesù e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, l’unità suprema è quando l’anima giunge a tale strettezza d’unione con la mia Volontà, da consumare qualunque ombra del suo volere, in modo da non più discernersi quale sia il mio Volere e quale il suo. Onde il mio Volere è la vita di quest’anima, in modo che qualunque cosa disponga, tanto su di lei quanto sugli altri, in tutto è contenta; qualunque cosa pare adatta per lei; la morte, la vita, la croce, la povertà, ecc., le guarda tutte come cose sue, e che servono a mantenere la sua vita. Giunge a tanto, che anche i castighi non più la spaventano, ma in tutto è contenta del Voler Divino, tanto che le pare che se Io lo voglio, essa lo vuole, e se essa lo vuole il Signore lo fa, Io faccio ciò che vuole lei, e lei fa ciò che voglio. E’ questo l’ultimo alito della consumazione della tua volontà nella mia, che tante volte ti ho chiesto, e che l’ubbidienza e la carità verso il prossimo non te l’hanno permesso, tanto che molte volte Io ho ceduto a te, a non castigare, ma tu non hai ceduto a Me, tanto che sono costretto a nascondermi da te per essere libero quando la giustizia mi sforza e gli uomini giungono a provocarmi, a prendere il flagello in mano per castigare le gente. Se ti avessi con Me, con la mia Volontà nell’atto di flagellare, forse avrei scarseggiato e diminuito il flagello, perché non c’è potenza maggiore, né in Cielo, né in terra, di un’anima che in tutto e per tutto è consumata nella mia Volontà, questa giunge a debilitarmi e mi disarma come le piace. Questa è l’unità suprema; poi c’è l’unità bassa in cui l’anima è rassegnata, sì, ma non guarda le mie disposizioni come roba sua, come vita sua, né si felicita in essa, né sperde la sua nella mia. Questa la guardo, sì, ma non giunge ad innamorarmi, né giungo ad impazzire per lei, come faccio per quelle dell’unità suprema”.
(1) Questa mattina, il benedetto Gesù si faceva vedere nel mio interno in atto di ricrearsi e sollevarsi di tante amarezze delle creature, e ha detto queste semplici parole:
(2) “Tu sei il mio Paradiso in terra, il mio conforto”.
(3) Ed è scomparso.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, stavo raccomandando al mio benedetto Gesù i tanti bisogni della Chiesa, e Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, le opere più sante fatte con fine umano, sono come quei recipienti crepati, che menandosi dentro qualunque liquore, a poco a poco scorre a terra e se si vanno a prendere quei recipienti nei bisogni, si trovano vuoti. Ecco perché i figli della mia Chiesa si sono ridotti a tale stato, perché nel loro operare tutto è fine umano, onde, nei bisogni, nei pericoli, negli affronti, si sono trovati vuoti di grazia, e quindi debilitati, snervati e quasi accecati dallo spirito umano, si danno agli eccessi; oh! quanto avrebbero dovuto vigilare i capi della Chiesa per non farmi essere lo zimbello e quasi il coperchio delle loro nefande azioni, è vero che ci sarebbe molto scandalo se si penitenziassero, ma mi sarebbe di minore offesa che coi tanti sacrilegi che commettono. Ahi! mi è troppo duro il tollerarli! Prega, prega figlia mia, ché molte cose tristi stanno per uscire da dentro i figli della Chiesa”.
(3) Ed è scomparso.
(1) Stavo pensando al benedetto Gesù quando portava la croce al calvario, specie quando incontrò la Veronica, che l’offrì il pannolino per fare che si rasciugasse il volto tutto grondante di sangue, e dicevo al mio amabile Gesù: “Amor mio, Gesù, cuore del mio cuore, se la Veronica t’offrì il panno, io non già intendo d’offerirti pannolini per rasciugarvi il sangue, ma ti offro il mio cuore, il mio palpito continuo, tutto il mio amore, la mia piccola intelligenza, il respiro, la circolazione del sangue, i movimenti, tutto il mio essere a rasciugarvi il sangue, e non solo il tuo volto, ma tutta la tua santissima Umanità, intendo di sminuzzarmi in tanti pezzi quante sono le tue piaghe, i tuoi dolori, le tue amarezze, le gocce di sangue che spargi, per mettere a tutte le tue sofferenze, dove il mio amore, dove un lenitivo, dove un bacio, dove una riparazione, dove un compatimento, dove un ringraziamento, ecc., non voglio che resti nessuna particella del mio essere, nessuna goccia del mio sangue che non si occupasse di Te, e sai, o Gesù la ricompensa che ne voglio? E’ che in tutte le più piccole particelle del mio essere m’imprimi, mi suggelli la tua immagine, acciocché trovandoti in tutto e dovunque, possa moltiplicare il mio amore”. E tant’altri spropositi che dicevo. Ora, avendo fatto la comunione, e guardando in me stessa, vedevo in tutte le particelle del mio essere tutto intero Gesù dentro d’una fiamma, e questa fiamma diceva amore, e Gesù mi ha detto:
(2) “Ecco contentata la figlia mia, in quanti modi si è data a Me, in altrettanti e triplici modi mi sono donato a lei”. 1[1]
(1) Trovandomi nel solito mio stato stavo pensando alla purità, e come io a questa bella virtù non mi do nessun pensiero, né pro né contro; mi pare che questo tasto della purità, né lei molesta me, né io mi do pensiero di lei, onde dicevo tra me: “Io stessa non so come mi trovo a riguardo di questa virtù, ma non voglio impicciarmi, mi basta l’amore per tutto”. E Gesù, riprendendo il mio dire mi ha detto:
(2) “Figlia mia, l’amore racchiude tutto, incatena tutto, dà vita a tutto, di tutto trionfa, tutto abbellisce, tutto arricchisce. Sicché la purità si contenta di non fare nessun atto, sguardo, pensiero, parola, che non sia onesto, il resto tollera, con questo non si riduce ad altro che ad acquistare la purità naturale; l’amore è geloso di tutto, anche del pensiero, del respiro, ancorché fosse onesto, tutto vuole per sé, e con ciò dà all’anima la purità non naturale, ma divina, e cosi di tutte le altre virtù. Sicché l’amore si può dire ch’é pazienza, l’amore è ubbidienza, è dolcezza, è fortezza, è pace, è tutto, sicché tutte le virtù se non hanno vita dall’amore, al più si possono chiamare virtù naturale, ma l’amore le cambia in virtù divine. Oh! che differenza tra le une e le altre, le virtù naturali sono serve e le divine regine, perciò per tutto ti basta l’amore”.