MaM
Messaggio del 25 novembre 1995:Cari figli! Oggi invito ciascuno di voi a ricominciare di nuovo ad amare: prima Dio, che ha salvato e redento ciascuno di voi, e poi i fratelli e le sorelle che vi sono vicini. Senza amore, figlioli, non potete crescere nella santità e non potete fare opere buone. Perciò, figlioli, pregate, pregate senza sosta, perché Dio vi riveli il suo amore. Io vi ho invitati tutti ad unirvi a Me e ad amare. Anche oggi sono con voi e vi invito a scoprire l'amore nei vostri cuori e nelle vostre famiglie. Perché Dio possa vivere nei vostri cuori, dovete amare. Grazie per aver risposto alla mia chiamata!

Messaggi di altre apparizioni

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo) - Messaggi anno:1900

4-8 Settembre 18, 1900 Carità del prossimo. Lo prega che se la portasse al Cielo.

(1) Questa mattina, il mio adorabile Gesù mi ha trasportato fuori di me stessa, e mi faceva vedere i tanti mali che si fanno contro la carità del prossimo, quanta pena facevano al pazientissimo Gesù, pareva che li riceveva Lui stesso; onde tutto afflitto mi ha detto:

(2) “Figlia mia, chi fa danno al prossimo fa danno a sé stesso, ed uccidendo il prossimo uccide l’anima sua, e siccome la carità predispone l’anima a tutte le virtù, così non avendo la carità, predispone l’anima a commettere ogni sorta di vizi”.

(3) Dopo ciò, ci siamo ritirati, e siccome da parecchi giorni soffrivo un dolore intenso alle costole, mi sentivo perciò sfinita di forze. Il benedetto Gesù, compatendomi mi ha detto:

(4) “Diletta mia, te ne vorresti tu venire, non è vero?”

(5) Ed io: “Volesse il Cielo, Signore mio, che fosse causa questo dolore come venire a te; come gli sarei riconoscente, come lo terrei caro, e per uno dei miei più fidi amici, ma credo che volete tentarmi come le altre volte, ed eccitandomi coi vostri inviti, restando poi delusa verrete a formare più crudo e straziante il mio martirio. Ma deh! abbiate compassione di me, e non mi lasciate più a lungo sopra la terra, assorbite in voi questo misero verme che ne ho ragione, perché da voi stesso ne uscii”. L’amabile Gesù tutto intenerendosi nel sentirmi, mi ha detto:

(6) “Povera figlia, non temere, che è certo che verrà il giorno tuo in cui resterai assorbita in me, sappi però che le tue continue violenze di venire a me, specie dietro i miei inviti, ti giovano molto e ti fanno vivere nell’atmosfera dell’aria, senza l’ombra di nessun peso terreno; tanto, che tu sei come quei fiori che non hanno neppure la radice dalla terra, e vivendo così sospesa nell’aria, vieni a ricreare il Cielo e la terra, e tu guardando il Cielo, solo di quello ti ricrei, e ti nutrisci di tutto ciò ch’è celeste, e guardando la terra ne hai compassione, e l’aiuti per quanto puoi da parte tua; ma ai riscontri dell’odore del Cielo, avverti subito la puzza che esala dalla terra e l’aborrisci. Potrei metterti forse in una posizione a me ed al Cielo più cara, ed a te ed al mondo più giovevole?”

(7) Ed io: “Eppure, oh Signore mio, dovresti aver compassione di me col non dilungarmi la mia dimora di qua, per le tante ragioni che ne ho; specie poi per i tristi tempi che si preparano; chi avrà cuore di vedere carneficina sì sanguinolenta? E poi, per le continue vostre privazioni, che mi costano più che la morte”. Mentre ciò dicevo, ho visto una moltitudine di angeli intorno a Nostro Signore, che dicevano:

(8) “Signore nostro e Dio, non fatevi più importunare, contentatela, noi con ansia l’aspettiamo. Feriti dalla sua voce siamo venuti qui per ascoltarla, e siamo impazienti di portarla con noi. E tu, oh! eletta, vieni a rallegrarci nel nostro celeste soggiorno”.

(9) Il benedetto Gesù, commosso, pareva che volesse condiscendere, e mi ha scomparso, e trovandomi in me stessa mi sentivo più accresciuto il dolore, tanto che spasimavo continuamente; ma non capivo me stessa per il contento.

4-9 Settembre 19, 1900 Ubbidienza di domandare sollievo nelle pene a Gesú.

(1) Raddoppiandosi sempre più lo spasimo del dolore, avrei voluto nasconderlo e fare che nessuno se ne avvertisse, ed avrei voluto tenere in segreto, senza aprirne col confessore ciò che ho detto di sopra; ma era tanto forte lo spasimo che mi è riuscito impossibile, ed il confessore avvalendosi della sua solita arma dell’ubbidienza, mi ha comandato che gli manifestasse il tutto; onde dopo averlo manifestato, ogni cosa, mi ha detto che per ubbidienza dovevo pregare il Signore che mi liberasse, altrimenti facevo peccato. Che sorta d’ubbidienza, è sempre lei che si attraversa ai miei disegni. Onde, di mala voglia ho accettato questa nuova ubbidienza, e con tutto ciò non avevo cuore di pregare il Signore che mi liberasse da un’amico sì caro, qual’è il dolore, molto più che speravo d’uscire dall’esilio di questa vita. Il benedetto Gesù mi tollerava, e nel venire mi ha detto:

(2) “Tu soffri molto, vuoi che ti liberi?”

(3) Ed io, dimenticata un momento l’ubbidienza, ho detto: “No Signore, no, non mi liberate, me ne voglio venire; e poi Tu sai che non so amarti, sono fredda, non faccio grandi cose per te, almeno ti offro questo patire per soddisfare a ciò che non so fare per amor tuo”.

(4) E Lui: “Ed Io figlia mia, infonderò tanto amore e tanta grazia in te, in modo che nessuno mi possa amare e desiderare come te, non ne sei tu contenta?”

(5) “Sì, ma me ne voglio venire”. Gesù è scomparso, ed io ritornando in me stessa mi sono ricordata dell’ubbidienza ricevuta, ed ho dovuto accusarmi al confessore, e mi ha comandato che assolutamente non voleva che me ne andassi, e che il Signore mi doveva liberare. Che pena sentivo nel ricevere questa ubbidienza, pare proprio che vuol toccare gli estremi della mia pazienza.

4-10 Settembre 20, 1900 Segni di croce per risanare.

(1) Continuando a soffrire, anzi più che mai mi sentivo un risentimento nel mio interno, ché mi veniva vietato di poter morire. Onde nel venire il mio adorabile Gesù, mi ha rimproverato della mia tardanza nell’ubbidire, ché fino allora pareva che mi tollerasse; in questo mentre vedevo il confessore, ed a lui voltandosi gli ha preso la mano e gli ha detto:

(2) “Quando vieni, segnatela alla parte del dolore, che la farò ubbidire”.

(3) Ed è scomparso. Onde, rimanendo sola vi sentivo più intenso il dolore. Dopo è venuto il confessore e trovandomi sofferente, anche lui mi ha rimproverato ché non ubbidivo, ed avendogli detto ciò che avevo visto, e quello che Nostro Signore aveva detto al confessore, lui nel sentirmi mi ha segnato la parte dove soffrivo, ed in due minuti ho potuto respirare e muovermi, mentre prima non potevo farlo senza sentire spasimi atroci; mi pare che l’ubbidienza e quei segni di croce mi hanno legato il dolore in modo che non posso più dolermi, ed ecco ché sono rimasta delusa nei miei disegni, perché questa signora ubbidienza ha preso tal potere sopra di me che non mi lascia fare niente di ciò che voglio, anche nello stesso patire vuole lei signoreggiare, e debbo stare in tutto e per tutto sotto il suo impero.

4-11 Settembre 21, 1900 Forza della ubbidienza. La ubbidienza dev’essere tutto per lei.

(1) Chi può dire la mia afflizione nel restare priva del mio carissimo amico dolore? Ammiravo, sì, il prodigioso impero della santa ubbidienza, come pure la virtù che il Signore aveva comunicato al confessore, che con l’ubbidienza e col segnarmi mi aveva liberato da un male che per me lo ritenevo grave, e che era bastante a disfare il mio corpo; ma con tutto ciò non potevo fare a meno di non sentire la pena d’essere priva d’un dolore tanto buono, che impietosiva ed inteneriva il benedetto Gesù, in modo che lo facevo venire quasi continuamente. Onde nel venire Nostro Signore mi sono lamentata con Lui col dirgli: “Diletto mio bene, che mi hai fatto? Mi hai fatto liberare dal confessore, dunque ho perduto la speranza di lasciare per ora la terra, e poi perché fare tanti rigiri, potevate voi stesso liberarmi, ché avete messo il padre in mezzo? Ah! forse non avete voluto dispiacermi direttamente, non è vero?”

(2) E Lui: “Ah! figlia mia, come presto hai dimenticato che l’ubbidienza fu tutto per Me; l’ubbidienza voglio che sia tutto per te. E poi, ho messo in mezzo il padre, per fare che tu avessi riguardo di lui, come la mia stessa persona”.

(3) Detto ciò, è scomparso lasciandomi tutta amareggiata. Quante ne sa fare la signora ubbidienza, bisogna conoscerla ed aver che ci fare con lei per lungo tempo, e non per poco, per poter dire veramente chi ella sia, e bravo, bravo alla signora ubbidienza, quanto più si sta, più ti fai conoscere. Io per me, a dire il vero, t’ammiro, sono costretta anche ad amarti; ma non posso farne a meno, specie quando me ne fai qualcuna delle grosse, di non sentirmi corrucciata con te. Perciò ti prego, oh! cara ubbidienza, d’essere più indulgente, più indulgente a farmi soffrire.

4-13 Settembre 29, 1900 Le anime vittime sono appoggi e puntelli per Gesú.

(1) Avendo passati parecchi giorni di silenzio tra me e Gesù, e con scarso patire, al più mi pare che volesse continuare a tentarmi, per farmi esercitare un po’ di più di pazienza, ed ecco come:

(2) Nel venire diceva: “Diletta mia, dal Cielo ti sospiro, al Cielo, al Cielo ti aspetto”.

(3) E come lampo sfuggiva. Poi ritornando ripeteva: “Cessa ormai dai tuoi accesi sospiri, che mi fai languire continuamente, fino a venirne meno”.

(4) Altre volte: “Il tuo ardente amore, le tue brame sono ristoro al mesto mio cuore”.

(5) Ma chi può dirle tutte? Mi pareva che aveva voglia di combinare versi, e questi versi delle volte li esprimeva nel cantarli; ma però senza darmi tempo di dirle una parola, subito sfuggiva. Onde, questa mattina avendo messo il confessore l’intenzione di farmi soffrire la crocifissione, ho visto la Regina Mamma che piangeva e quasi contendeva con Gesù, per fare risparmiare il mondo da tanti flagelli, ma Lui si mostrava restio, e solo per contentare la Mamma ha concorso a farmi soffrire. Dopo poi, come se si fosse un po’ placato ha detto:

(6) “Figlia mia, è vero che voglio castigare il mondo, tengo in mano le sferze come percuoterlo, ma è pur vero che se v’interessate tanto tu quanto il confessore a pregarmi ed a soffrire, è sempre un appoggio, e verrete a mettere tanti puntelli come risparmiare il mondo, almeno in parte, altrimenti non trovando nessun appoggio e puntelli, a mano libera mi sfogherò sopra le gente”.

(7) Detto ciò è scomparso.

4-14 Settembre 30, 1900 Gesù le chiede consolare la su afflitta Mamma.

(1) Questa mattina, il mio dolcissimo Gesù non ci veniva, ed ho dovuto molto pazientare nell’aspettarlo, e giungevo fino a sforzarmi d’uscire dal mio solito stato, ché non mi sentivo più forza di continuarlo. Lui non ci veniva, il patire mi pareva da me fuggito, i sensi me li sentivo in me stessa, non restava altro che mettere uno sforzo per uscire; ma mentre ciò facevo, il benedetto Gesù è venuto e facendo cerchio delle sue braccia mi ha preso la testa in mezzo, da quel tocco non mi sono sentita più in me stessa, e vedevo Nostro Signore molto sdegnato col mondo, e volendo placarlo mi ha detto:

(2) “Per ora non volerti occupare di me, ma ti prego d’occuparti della mia Mamma, consolala ché sta molto afflitta per i castighi più pesanti che sto per versare sopra la terra”.

(3) Chi può dire quanto sono restata afflitta?

4-15 Ottobre 2, 1900 Stato di vittima per l’Italia e Corato.

(1) Temendo che non fosse più Volontà di Dio il mio stato, nel venire il benedetto Gesù, ho detto: “Quanto temo che non fosse più Volontà vostra il mio stato, perché veggo che mi mancano le due cose principali che mi tenevano legata, cioè: Il patire e la mancanza della vostra presenza”.

(2) E Lui: “Figlia mia, non è che non voglia più tenerti in questo stato, ma siccome voglio castigare il mondo, perciò non ci vengo e ti faccio mancare il patire”.

(3) Ed io: “A che pro starmi in questo stato?”

(4) E Lui: “La tua posizione di vittima, ed il tuo continuo aspettarmi, già mi spezza le braccia, perché tu non vedi a Me, Io invece ti veggo benissimo, e numero tutti i tuoi sospiri, le tue pene, i tuoi desideri di volermi, e questo tuo starti tutta intenta in Me, è sempre un’atto di riparazione per tanti che non si brigano di Me, né mi desiderano, mi disprezzano, e stanno tutti intenti alle cose terrene, infangati nel lezzo dei vizi. Onde il tuo stato essendo tutto opposto al loro, viene sempre a spezzare la giustizia; tanto che tenere te in questo stato ed incominciare le guerre sanguinose in Italia, mi riesce quasi impossibile”.

(5) Ed io: “Ah! Signore, starmi in questo stato senza patire mi riesce quasi impossibile, mi sento mancare le forze, perché la forza di starmi in questo stato mi viene dalle sofferenze. Onde mancandomi queste, qualche giorno quando non ci venite, io cercherò d’uscirmene; ve lo dico prima acció non vi dispiaciute”.

(6) E Lui: “Ah! Sì, sì, uscirai da questo stato quando incomincerò le strage in Italia, allora te lo sospenderò del tutto”.

(7) Mentre ciò diceva, faceva vedere le guerre fierissime che dovranno succedere tanto tra i secolari, quanto quella contro della Chiesa; il sangue inondava i paesi come quando succede una pioggia dirotta, il mio povero cuore si contorceva per il dolore nel vedere ciò, e ricordandomi del mio paese ho detto: “Ah! Signore, come voi dite che mi sospenderete del tutto, fate capire che neppure della povera Corato avrete compassione, neppure la risparmierete?”

(8) E Lui: “Se i peccati giungono ad un certo numero, in modo che non si meritano di tenere anime vittime, e quelli che ti tengono vittima non s’interessano, Io non avrò nessun riguardo di lei, cioè, di Corato”.

(9) Detto ciò è scomparso, ed io sono restata tutta oppressa ed afflitta.

4-16 Ottobre 4, 1900 Gesù soffre al castigare l’uomo perché sono sue imaggini.

(1) Dopo aver passato un giorno di privazione e con scarso patire, mi sentivo convinta che il Signore non voleva più tenermi in questo stato; ma però l’ubbidienza, anche in questo, non me la vuol cedere, e vuole che continui a starmene, dovessi crepare e schiattare. Sia sempre benedetto il Signore, ed in tutto sia fatto il suo santo ed amabile Volere. Onde, questa mattina nel venire il benedetto Gesù, si faceva vedere in uno stato compassionevole, pareva che soffriva nelle sue membra, ed il suo corpo veniva fatto in tanti pezzi, ch’era impossibile numerarli; con lamentevole voce diceva:

(2) “Figlia mia, che mi sento! che mi sento! sono pene inenarrabili ed incomprensibili all’umana natura; sono carni dei miei figlioli che vengono lacerate, ed è tanto il dolore che sento, che mi sento lacerare le mie stesse carni”.

(3) E mentre ciò diceva, gemeva e si doleva. Io mi sentivo intenerire nel vederlo in questo stato, ed ho fatto quanto ho potuto a compatirlo ed a pregarlo che mi partecipasse le sue pene. Mi ha contentato in parte, ed appena ho potuto dirle: “Ah! Signore, non ve lo dicevo io, non mettete mano ai castighi, che quello che più mi dispiace che resterete colpito nelle vostre stesse membra, ah! questa volta non c’è stato modo né preghiere come placarvi”. Ma Gesù non ha dato retta alle mie parole, pareva che avesse una cosa seria nel cuore che lo tirava altrove, ed in un’istante mi ha trasportato fuori di me stessa, portandomi in luoghi dove succedevano stragi di sangue. Oh! quante viste dolorose si vedevano nel mondo, quante carni umane tormentate, fatte a pezzi, calpestate come si calpesta la terra, e lasciate insepolte; quante disgrazie, quante miserie, e quello ch’era più, altre più terribili che devono succedere. Il benedetto Signore ha guardato, e tutto commovendosi si è messo a piangere amaramente. Io non potendo resistere ho pianto insieme la triste condizione del mondo, tanto che le mie lacrime si mescolavano con quelle di Gesù. Dopo aver pianto un buon pezzo, ho ammirato un’altro tratto della bontà di Nostro Signore, per farmi cessare dal piangere ha voltato la sua faccia da me, di nascosto si è asciugato le lacrime, e poi voltandosi di nuovo con volto ilare mi ha detto:

(4) “Diletta mia, non piangere, basta, basta, ciò che tu vedi serve ad Iustificare Iustitiam Meam”.

(5) Ed io: “Ah! Signore, dico bene che non è più Volontà vostra il mio stato, a che pro il mio stato di vittima se non mi è dato di risparmiare le tue carissime membra? D’esentare il mondo da tanti castighi?”

(6) E Lui: “Non è come tu dici; anch’Io fui vittima, e con l’essere vittima non mi venne dato di risparmiare il mondo da tutti i castighi; gli aprii il Cielo, lo sciolsi dalla colpa sì, portai sopra di Me le sue pene, ma è giustizia che l’uomo riceva sopra di sé parte di quei castighi che lui stesso si attira peccando. E se non fosse per le vittime, meriterebbe non solo il semplice castigo ossia la distruzione del corpo, ma anche la perdita dell’anima; ed ecco la necessità delle vittime, che chi se ne vuole avvallare, perché l’uomo è sempre libero nella sua volontà, può trovare il risparmio della pena ed il porto della sua salvezza”.

(7) Ed io: “Ah! Signore, quanto me ne vorrei venire prima che più s’inoltrassero questi castighi”.

(8) E Lui: “Se il mondo giunge a tale empietà da non meritare nessuna vittima, sicuro che ti porterò”.

(9) Nel sentire ciò ho detto: “Signore, non permettete che rimanga di qua, ed assistere a scene sì dolorose”.

(10) E Gesù, quasi rimproverandomi ha soggiunto: “Invece di pregarmi che risparmiassi, tu dici che te ne vuoi venire; se Io portassi tutti i miei del povero mondo, che ne sarebbe? Certo che non avrei più che ci fare, e non l’avrei più nessun riguardo”.

(11) Dopo ciò ho pregato per varie persone, Lui mi è scomparso ed io sono ritornata in me stessa.

4-17 Ottobre 10, 1900 Questi scritti manifestano a chiare note il modo come Gesù ama le anime. L’anima solo può uscire dal corpo, per forza del dolore o del amore.

(1) Mentre scrivevo stavo pensando tra me: “Chi sa quanti spropositi in questi scritti, meritano essere gettati nel fuoco, se l’ubbidienza me lo concedesse come volentieri lo farei, perché mi sento come un intoppo nell’anima, specie se giungessero a vista di qualche persona, ed in certi punti fanno vedere come se amassi e facessi qualche cosa per Dio, mentre non faccio niente e non l’amo, e sono l’anima più fredda che possa trovarsi nel mondo, ed ecco che mi riterrebbero diversa di quello che sono, e questo è una pena per me; ma siccome è l’ubbidienza che vuole che scriva, ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

4-18 Ottobre 12, 1900 I nemici più potenti dell’uomo sono: L’amore ai piaceri, alle ricchezze, ed agli onori

(1) Continua a venire il mio adorabile Gesù; questa mattina portava una folta corona di spine; l’ho tolta pian piano, e l’ho messo sulla mia testa, ed ho detto: “Signore, aiutatemi a conficcarla”.

(2) E Lui: “Questa volta voglio che tu stessa te la conficchi, voglio vedere che cosa sai fare, e come vuoi soffrire per amor mio”.

(3) Io me l’ho conficcata ben bene, molto più che si trattava di fargli vedere fin dove giungeva il mio amore di soffrire per Gesù, tanto che Lui stesso, tutto intenerito e stringendomi mi ha detto:

(4) “Basta, basta, che il mio cuore non più regge a vederti più soffrire”.

(5) Ed avendomi lasciata molto sofferente, il mio diletto Gesù non faceva altro che andare e venire. Dopo ciò ha preso l’aspetto di crocifisso, e mi ha partecipato le sue pene, e mi ha detto:

(6) “Figlia mia, i nemici più potenti dell’uomo sono: L’amore ai piaceri, alle ricchezze, ed agli onori, che rendono infelice l’uomo, perché questi nemici s’intromettono fin nel cuore e lo rodono continuamente, l’amareggiano, l’abbattono, tanto, da farli perdere tutta la felicità, ed Io sul Calvario sconfissi questi tre nemici, ed ottenni grazia per l’uomo di vincerli anch’esso, e gli restituii la felicità perduta. Ma l’uomo sempre ingrato e sconoscente, rigetta la mia grazia, ed ama accanitamente questi nemici, che mettono il cuore umano ad una tortura continua”.

(7) Detto ciò ha scomparso, ed io comprendevo con tale chiarezza la verità di queste parole, che mi sentivo un aborrimento, un odio contro di questi nemici.

(8) Sia benedetto sempre il Signore e tutto per sua gloria.