(1) Trovandomi nel solito mio stato, quando appena ho visto il mio amante Gesù e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, quando tiro l’anima innanzi alla mia presenza ha questo bene, che acquista in sé stessa e copia i modi dell’agire divino, in modo che trattando poi con le creature, sentono in loro stesse la forza dell’agire divino che detta anima possiede”.
(3) Dopo ciò mi sentivo un timore, cioè che quelle cose che faccio nel mio interno se fossero accetevole o no al Signore, e Lui ha soggiunto:
(4) “Perché temi mentre la tua vita è innestata con la Mia? E poi, tutto ciò che fai nel tuo interno è stato infuso da Me, e molte volte l’ho fatto Io insieme con te, suggerendoti il modo come farli e come fossero a Me graditi; altre volte ho chiamato gli angioli ed uniti insieme hanno fatto ciò che tu facevi nel tuo interno; ciò significa che gradisco quello che tu fai, e che Io stesso ti ho insegnato; perciò seguita e non temere”.
(5) Così sono restata tranquillizzata.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, mi sentivo fuori di me stessa andando cercando il mio adorabile Gesù e non lo trovavo, ripetevo le ricerche, i pianti, ma tutto invano, non sapevo più che fare, il mio povero cuore agonizzava ed assorbiva un dolore tanto acuto da non saperlo spiegare, so dire solo che non so come sono restata viva. Mentre mi trovavo in questa dolorosa situazione, ma sempre cercandolo senza potermi un momento astenermi di fare nuove ricerche, finalmente l’ho trovato e gli ho detto: “Come Signore ti fai meco crudele? Vedi un poco tu stesso se sono pene che possa io tollerare”. E tutta sfinita mi sono abbandonata nelle sue braccia; e Gesù tutta compatendomi e guardandomi mi ha detto:
(2) “Figlia diletta mia, hai ragione, quietati che sto con te e non ti lascerò; povera figlia, come soffri, la pena dell’amore è più terribile dell’inferno; che cosa tiranneggia di più, l’inferno o un amore contrapposto, un’amore odiato? Che cosa può tiranneggiare un’anima di più dell’inferno? Un’amore amato. Se tu sapessi quanto Io soffro nel vederti per causa mia tiranneggiata da questo amore; per non farmi soffrire tanto dovresti stare più quieta quando ti privo della mia presenza. Immaginati tu stessa, se Io tanto soffro nel veder soffrire chi non mi ama e mi offende, quanto più soffrirò nel veder soffrire chi mi ama?”
(3) Onde io nel sentire ciò, commossa ho detto: “Signore, dimmi almeno se vuoi che mi sforzi d’uscire da questo stato senza aspettare il confessore quando non venite?”
(4) E Lui ha soggiunto: “Non voglio, no, che tu esci da questo stato prima che venga il confessore, lascia ogni timore, Io mi metto nel tuo interno tenendoti le tue mani nelle mie, ed al contatto delle mie mani conoscerai che sto con te”.
(5) Così quando mi viene l’ansia di volerlo, mi sento stringere le mani da quelle di Gesù, e sentendo il contatto divino mi quieto e dico: “E’ vero, sta con me”. Altre volte venendo più forte il desio di vederlo, mi sento stringere più forte le mani dalle sue e mi dice:
(6) “Luisa, figlia mia, sto qui, qui sto; non mi cercare altrove”.
(7) E così pare che sto più quieta.
(1) Seguitando a vedere nello stesso modo il mio adorabile Gesù, cioè nel mio interno, ma lo vedevo dentro di me di spalle al mondo, con un flagello nella mano in atto di mandarlo sopra le creature, e con ciò pareva che succedevano castighi sopra i ricolti, mortalità di gente; e nell’atto di mandare quel flagello ha detto parole di minacce tra le quali mi ricordo solamente:
(2) “Io non volevo, ma voi stessi avete cercato che vi sterminassi, ebbene, vi sterminerò”.
(3) Detto ciò è scomparso.
(1) Oh! quanto si stenta per farlo venire un poco, è un continuo crepacuore e timore ancora più non viene. Oh! Dio, che pena, non so come si vive, sebbene si vive morendo. Onde per poco si ha fatto vedere in un stato compassionevole, con un braccio troncato, tutto afflitto mi ha detto:
(2) “Figlia mia, vedi che mi fanno le creature, come vuoi tu che non li castighi?”
(3) E mentre ciò diceva, pareva che prendesse una croce alta, di cui braccia pendevano da sei o sette città, e succedevano diversi castighi. Nel vedere ciò ho molto sofferto, e Lui volendomi distrarre da quella pena ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, tu soffri molto quando ti privo della mia presenza, questo di necessità ti deve succedere, perché essendo stata per tanto tempo vicina, immedesimata col contatto della Divinità, e quindi hai goduto a tuo bell’agio tutto il piacevole della luce divina, e quanto più uno ha goduto luce, tanto più sente la privazione di detta luce, e le noie, i fastidi e le pene che portano con sé le tenebre”.
(5) Poi ha ripetuto: “Ma però la cosa principale d’ognuno è che in ogni suo pensieri, parole ed opere, non cerchi il comodo proprio, né la stima ed il piacere altrui, ma solo ed unico piacere di Dio”.
(1) Questa mattina mi sentivo inquieta per l’assenza del mio adorabile Gesù, onde avendo fatto la comunione, appena venuto nel mio cuore ho cominciato a dire tanti spropositi: “Dolce mio bene, non è cosa di star quieta quando non venite, voi vedendomi calma ve ne abusate, e non vi date nessun pensiero di venire; quindi è necessario fare passi, altrimenti non si riesce”. Lui nel sentirmi si è mosso nel mio interno è si ha fatto vedere in atto di sorridere, ché sentiva i miei spropositi e mi ha detto:
(2) “Tu poi, vuoi che soffra; perché sapendo che se tu stai inquieta Io vengo più a soffrire, non cercando di star quieta è lo stesso che volermi far più soffrire”.
(3) Ed io, pazza come stavo ho detto: “Meglio che soffrite, perché dalla stessa sofferenza vostra potete avere più compassione della mia sofferenza; e poi, la sofferenza che vi viene dal peccato, quella è brutta, basta che non è quella”.
(4) E Gesù: “Ma se Io vengo tu mi costringi a non far castighi, mentre sono tanto necessari, allora dovresti conformarti meco a volere ciò che voglio Io”.
(5) Ed io ricordandomi ciò che aveva visto nei giorni passati ho detto: “Che castighi? Che volete far morire le gente? Fateli morire, una volta devono venire a voi ed alla patria propria, purché li salvate; quello che voglio è che li liberate dai mali contagiosi”. Il Signore non mi ha dato retta ed è scomparso. Ritornando a venire si faceva vedere sempre con le spalle voltate al mondo, e più che ho fatto non mi è riuscito a farlo guardare, e quando lo volevo costringere per forza:
(6) “Non mi forzare, altrimenti mi costringi a privarti della mia presenza”.
(7) Onde sono rimasta con un rimorso e mi sento d’aver fatto tanti difetti.
(1) Continuando il rimorso, ma però il Signore ha continuato a venire, e volendo riparare ciò che avevo fatto il giorno innanzi gli ho detto: “Signore, andiamo a vedere ciò che fanno le creature, sono tue immagini, non volete aver compassione di loro?”
(2) E Lui: “No, non voglio andare; di volontà propria si sono corrotti, ed Io permetterò che ciò che serve per loro alimento le servirà d’infezione; vuoi andare tu ad aiutare, a confortare, a far qualche cosa? Va; ma Io no”.
(3) Così ho lasciato il mio diletto Gesù, ed io sono andata in mezzo alle creature, ho aiutato a ben morire qualcuno, e poi ho visto da dove veniva l’aria infetta, ed ho fatto varie penitenze per allontanarla e poi me ne sono ritornata, e continuava a farsi vedere il benedetto Gesù, ma in silenzio.
(1) Dopo aver molto stentato, è venuto il mio dolcissimo Gesù, e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, l’appoggio della vera santità sta nella conoscenza di sé stesso”.
(3) Ed io: “Davvero”.
(4) E Lui: “Certo, perché la conoscenza di sé stesso disfà sé stesso e si appoggia tutto nella conoscenza che acquista di Dio, in modo che il suo operare è lo stesso operare divino, non rimanendo più nulla dell’essere proprio”.
(5) Poi ha soggiunto: “Quando l’interno si imbeve, si occupa tutto di Dio e di tutto ciò che a Lui appartiene, Iddio comunica tutto Sé stesso all’anima; quando poi l’interno si occupa ora di Dio, ora di altre cose, Iddio si comunica in parte all’anima”.
(1) Trovandomi fuori di me stessa, sono andata cercando il mio dolcissimo Gesù, e mentre giravo l’ho visto in braccia alla Regina Madre, stanca come stava, tutta ardita, l’ho quasi strappato e me l’ho preso fra le mie braccia dicendogli: “Amor mio, questa è la promessa di non dovermi lasciare, mentre nei giorni scorsi poco o niente ci siete venuto?”
(2) Ed Egli: “Figlia mia, con te ci stavo, solo che non mi hai veduto con chiarezza, e poi se i tuoi desideri fossero stati tanto ardenti da bruciare il velo che t’impediva di vedermi, mi avresti certo veduto”.
(3) Poi, come se avesse voluto farmi un’esortazione ha soggiunto:
(4) “Non solo devi essere retta, ma giusta; e nella giustizia entra l’amarmi, lodarmi, glorificarmi, ringraziarmi, benedirmi, ripararmi, adorarmi, non solo per sé, ma per tutte le altre creature; questi sono diritti di giustizia che esigo da ogni creatura, e che come Creatore mi spettano, e chi mi nega un solo di questi diritti, non può dirsi mai giusto. Perciò pensa a compiere il tuo dovere di giustizia, che nella giustizia troverai il principio, il mezzo ed il fine della santità”.
(1) Questa mattina trovandomi fuori di me stessa, ho visto per poco il mio adorabile Gesù nell’atto della sua Risurrezione, tutto vestito di luce risplendente, tanto che il sole restava oscurato dinanzi a quelle luce. Ond’io sono restata incantata ed ho detto: “Signore, se non sono degna di toccare la tua Umanità glorificata, fatemi toccare almeno le vostre vesti”.
(2) E Lui mi ha detto: “Diletta mia, che dici? Dopo che fui risorto non ebbi più bisogno di vesti materiali, ma le mie vesti sono di sole, di luce purissima che copre la mia Umanità e che risplenderà eternamente dando gaudio indicibile a tutti i sensi dei beati comprensori. E questo è stato concesso alla mia Umanità, perché non ebbi parte di essa che non fosse coperta d’obbrobri, di dolori, e di piaghe”.
(3) Detto ciò è scomparso, senza che abbia toccato né l’Umanità, né le vesti, ossia, mentre le prendeva fra le mie mani le sue sacre vesti, mi sfuggivano e non me le trovavo.
(1) Continuando il mio solito stato il mio adorabile Gesù viene, ma quasi sempre in silenzio, ossia mi dice qualche cosa appartenente alla verità, e succede che fin quando sta il Signore la comprendo e mi pare che saprò ridire, ma scomparendo mi sento tirare quella luce di verità infusami e non so ridirne niente. Questa mattina poi, ho dovuto molto stentare nell’aspettarlo, e nel venire mi ha trasportato fuori di me stessa, facendosi vedere molto sdegnato. Onde io per placarlo ho fatto vari atti di pentimento, ma a Gesù pareva che non li piaceva nessuno; io tutta mi affannavo nel variare gli atti di pentimento, chi sa potesse qualcuno piacergli, alla fine gli ho detto:
(2) “Signore, mi pento delle offese fatte da me e da tutte le creature della terra, e mi pento e mi dispiace per il solo fine che abbiamo offeso voi, sommo bene, che mentre meritate amore, noi abbiamo ardito di darvi offese”.
(3) Con questa ultima parve il Signore compiaciuto e mitigato. Dopo ciò mi ha trasporto in mezzo ad una via dove stavano due uomini in forma di bestie, tutti intenti a distruggere ogni sorte di bene morale. Parevano forti come leoni, ed ubriachi di passione, al solo vederli mettevano terrore e spavento. Il benedetto Gesù mi ha detto:
(4) “Se vuoi un poco placarmi, va a passare da mezzo a quegli uomini, a convincerli del male che fanno, affrontando il loro furore”.
(5) Sebbene un po’ timida, pur sono andata ed appena vistami mi volevano ingoiare, io però gli ho detto: “Permettete che parli e poi fatemi quel che volete, dovete sapere che se giungerete al vostro intento di distruggere qualunque bene morale appartenente a religione, virtù, dipendenza e benessere sociale, voi senza avvedervi dell’errore verrete a distruggere insieme tutti i beni fisici e temporali, perché per quanto si toglie ai beni morali, altrettanto si raddoppiano i mali fisici; quindi senza avvedervi andate contro voi stessi, distruggendo tutti quei beni caduchi e passeggeri che tanto amate, non solo, ma andate cercando chi distrugge la vostra stessa vita, e sarete causa di far versare lacrime amare ai vostri superstiti”.
(6) Poi ho fatto un’atto grandissimo d’umiltà, che non lo so neppure ridire, e quelli sono restati come uno che le passa lo stato di pazzia, e tanto deboli, che non avevano forza neppure di toccarmi; così sono passata libera e comprendevo che non c’è forza che può resistere alla forza della ragione e dell’umiltà.