(1) Continuando il mio solito stato il mio adorabile Gesù viene, ma quasi sempre in silenzio, ossia mi dice qualche cosa appartenente alla verità, e succede che fin quando sta il Signore la comprendo e mi pare che saprò ridire, ma scomparendo mi sento tirare quella luce di verità infusami e non so ridirne niente. Questa mattina poi, ho dovuto molto stentare nell’aspettarlo, e nel venire mi ha trasportato fuori di me stessa, facendosi vedere molto sdegnato. Onde io per placarlo ho fatto vari atti di pentimento, ma a Gesù pareva che non li piaceva nessuno; io tutta mi affannavo nel variare gli atti di pentimento, chi sa potesse qualcuno piacergli, alla fine gli ho detto:
(2) “Signore, mi pento delle offese fatte da me e da tutte le creature della terra, e mi pento e mi dispiace per il solo fine che abbiamo offeso voi, sommo bene, che mentre meritate amore, noi abbiamo ardito di darvi offese”.
(3) Con questa ultima parve il Signore compiaciuto e mitigato. Dopo ciò mi ha trasporto in mezzo ad una via dove stavano due uomini in forma di bestie, tutti intenti a distruggere ogni sorte di bene morale. Parevano forti come leoni, ed ubriachi di passione, al solo vederli mettevano terrore e spavento. Il benedetto Gesù mi ha detto:
(4) “Se vuoi un poco placarmi, va a passare da mezzo a quegli uomini, a convincerli del male che fanno, affrontando il loro furore”.
(5) Sebbene un po’ timida, pur sono andata ed appena vistami mi volevano ingoiare, io però gli ho detto: “Permettete che parli e poi fatemi quel che volete, dovete sapere che se giungerete al vostro intento di distruggere qualunque bene morale appartenente a religione, virtù, dipendenza e benessere sociale, voi senza avvedervi dell’errore verrete a distruggere insieme tutti i beni fisici e temporali, perché per quanto si toglie ai beni morali, altrettanto si raddoppiano i mali fisici; quindi senza avvedervi andate contro voi stessi, distruggendo tutti quei beni caduchi e passeggeri che tanto amate, non solo, ma andate cercando chi distrugge la vostra stessa vita, e sarete causa di far versare lacrime amare ai vostri superstiti”.
(6) Poi ho fatto un’atto grandissimo d’umiltà, che non lo so neppure ridire, e quelli sono restati come uno che le passa lo stato di pazzia, e tanto deboli, che non avevano forza neppure di toccarmi; così sono passata libera e comprendevo che non c’è forza che può resistere alla forza della ragione e dell’umiltà.