MaM
Messaggio del 2 febbraio 1984:«Pregate, perché ho bisogno di più preghiere. Riconciliatevi e abbiate più amore gli uni per gli altri, come fratelli. Desidero che in voi fiorisca la preghiera, la pace e l’amore».

Messaggi di altre apparizioni

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

4-56 Febbraio 10, 1901 L’ubbidienza tiene vista lunghissima, l’amor proprio è molto corto di vista.

(1) Continuando a venire il mio adorabile Gesù, si faceva vedere con gli occhi risplendenti di vivissima e purissima luce; io sono rimasta incantata e sorpresa innanzi a quella luce abbagliante, e Gesù vedendomi così incantata, senza che gli dicevo niente, mi ha detto:

(2) “Diletta mia, l’ubbidienza tiene la vista lunghissima e vince in bellezza ed in acutezza la stessa luce del sole, come l’amor proprio è molto corto di vista, tanto che non può dare un passo senza inciampare. E non ti credere tu che questa vista lunghissima l’hanno quelle anime che vanno sempre turbolente e scrupoleggiando, anzi questa è una rete che le tesse l’amor proprio, ché essendo molto corto di vista, prima le fa cadere e poi le suscita mille turbazioni e scrupolosità, e ciò che oggi hanno detestato con tanti scrupoli e timori, domani vi ricadono di nuovo, tanto, che il loro vivere si riduce a starsi sempre immerse in questa rete artifiziosa che le sa tessere ben bene l’amor proprio. A differenza della vista lunghissima dell’ubbidienza, che è omicida dell’amor proprio, ché essendo lunghissima e chiarissima subito prevede dove può dare un passo in fallo, e con animo generoso se ne astiene e vi gode la santa libertà dei figliuoli di Dio. E siccome le tenebre attirano le altre tenebre e la luce attira altra luce, così questa luce giunge ad attirarsi la luce del Verbo, ed unendosi insieme vi tessono la luce di tutte le virtù”.

(3) Stupita nel sentire ciò, ho detto: “Signore, che dite? A me pare che sia santità quel modo di vivere scrupoloso”.

(4) E Lui, con tono più serio ha soggiunto: “Anzi ti dico che questa è la vera impronta dell’ubbidienza, e l’altra è la vera impronta dell’amor proprio, e quel modo di vivere mi muove più a sdegno che ad amore, perché quando è la luce della Verità che fa vedere una mancanza, fosse anche minima, ci dovrebbe stare una emendazione, ma siccome è la vista corta dell’amor proprio, non fa altro che tenerle oppresse, senza che danno uno sviluppo nella via della vera santità”.

4-57 Febbraio 17, 1901 L’uomo viene da Dio, e deve tornare a Dio.

(1) Questa mattina trovandomi tutta oppressa e sofferente, quando appena ho visto il mio diletto Gesù, e tanta gente immersa in tante miserie, e Lui rompendo il suo silenzio che teneva da molti giorni ha detto:

(2) “Figlia mia, l’uomo primo nasce in Me, e ne riporta l’impronta della Divinità, ed uscendo da Me per rinascere dal seno materno le do comando che camminasse un piccolo tratto di via, ed al termino di quella via facendomi da lui trovare, lo ricevo di nuovo in Me, facendolo vivere eternamente con Me. Vedi un po’ quanto è nobile l’uomo, donde viene e dove va, e qual’è il suo destino. Or, quale dovrebbe essere la santità di quest’uomo, uscendo da un Dio sì Santo? Ma l’uomo nel percorrere la via per venire un’altra volta a Me, distrugge in sé ciò che ha ricevuto di divino, si corrompe in modo che nell’incontro che gli faccio per riceverlo in Me, non più lo riconosco, non scorgo più in lui l’impronta divina, niente trovo di mio in lui e non più riconoscendolo, la mia giustizia lo condanna ad andar disperso nella via della perdizione”.

(3) Quanto era tenero sentire parlare Gesù Cristo su di ciò, quante cose faceva comprendere, ma il mio stato di sofferenze non mi permette di scrivere più a lungo.

4-58 Marzo 8, 1901 Gesù le dice che la croce lo fece conoscere come Dio. Le spiega la croce del dolore e del amore.

(1) Continuando il mio povero stato ed il silenzio di Gesù benedetto, questa mattina trovandomi più che mai oppressa, nel venire mi ha detto:

(2) “Figlia mia, non le opere, né la predicazione, né la stessa potenza dei miracoli, mi fecero conoscere con chiarezza Dio qual sono, ma quando fui messo sulla croce ed innalzato su di essa come sul mio proprio trono, allora fui riconosciuto per Dio; sicché la sola croce mi rivelò al mondo ed a tutto l’inferno, chi Io veramente ero; onde tutti ne restarono scossi, e riconobbero il loro Creatore. Quindi è che la croce rivela Dio all’anima, e fa conoscere se l’anima è veramente di Dio, si può dire che la croce scopre tutte le intime parti dell’anima e rivela a Dio ed agli uomini chi essa sia”.

(3) Poi ha soggiunto: “Sopra due croci Io consumo le anime, una è di dolore, l’altra è di amore; e siccome in Cielo i nove cori angelici tutti mi amano, però ognuno ha il suo uffizio distinto, come i Serafini il loro uffizio speciale è l’amore ed il loro coro è messo più dirimpetto a ricevere i riverberi dell’amor mio, tanto che l’amor mio ed il loro saettandosi insieme si combaciano continuamente. Così alle anime sulla terra do il loro uffizio distintamente, a chi le rendo martire di dolore, ed a chi di amore, essendo tutti e due abili maestri a sacrificare le anime e renderle degne delle mie compiacenze”.

4-59 Marzo 19, 1901 Le spiega il modo di patire.

(1) Questa mattina trovandomi tutta oppressa e sofferente, molto più per la privazione del mio dolce Gesù, dopo molto aspettare quando appena l’ho visto mi ha detto:

(2) “Figlia mia, il vero modo di patire è non guardare da chi vengono le sofferenze, né che cosa si soffre, ma al bene che ne deve venire dalle sofferenze; questo fu il mio modo di patire, non guardai né i carnefici, né il patire, ma al bene che intendevo di fare per mezzo del mio patire, ed a quei stessi che mi davano da patire, e rimirando al bene che doveva venire agli uomini disprezzai tutto il resto, e con intrepidezza seguii il corso del mio patire. Figlia mia, questo è il modo più facile e più profittevole, per soffrire non solo con pazienza, ma con animo invitto e coraggioso”.

4-60 Marzo 22, 1901 Vede Roma e scorge i grandi peccati. Gesù vuol castigare ed ella si oppone.

(1) Continuando il mio stato di privazione e quindi d’amarezze indicibili, questa mattina il mio adorabile Gesù è venuto e mi ha trasportato fuori di me stessa, mi pareva che fosse Roma, quanti spettacoli si vedevano in tutte le classi di persone, fin nel Vaticano si vedevano cose che facevano ribrezzo. Che dire poi dei nemici della Chiesa? Come si rodono di rabbia contro di Essa, quante stragi vanno macchinando, ma non possono effettuarli ché Nostro Signore li tiene come legati ancora. Ma quello che più mi ha fatto spavento, che vedevo il mio amante Gesù quasi in atto di dargli la libertà. Chi può dire quanto ne sono restata costernata? Onde, vedendo Gesù la mia costernazione mi ha detto:

(2) “Figlia, sono necessari i castighi assolutamente, in tutte le classi è entrato il marciume e la cancrena, quindi è necessario il ferro e il fuoco per fare che non perissero tutti, perciò questa è l’ultima volta che ti dico di conformarti al mio Volere, ed Io ti prometto di risparmiare in parte”.

(3) Ed io: “Caro mio bene, non mi dà il cuore di conformarmi teco nel castigare le gente”.

(4) E Lui: “Se tu non ti conformi, essendo di assoluta necessità di ciò fare, Io non ci verrò secondo il solito, e non ti manifesterò quando verserò i castighi, e non sapendolo tu, e non trovando Io chi in qualche modo mi spezzi il giusto mio sdegno, darò libero sfogo al mio furore, e non avrai neppure il bene di risparmiare in parte il castigo. Oltre di ciò, il non venire e non versando in te quelle grazie che avrei dovuto versare, è anche un’amarezza per Me, come in questi giorni scorsi che non tanto sono venuto, tengo la grazia contenuta in Me”.

(5) E mentre ciò diceva mostrava di volersi sgravare, ed avvicinandosi alla mia bocca ha versato un latte dolcissimo ed è scomparso.

4-61 Marzo 30, 1901 Gesù le parla della Divina Volontà e della perseveranza.

(1) Continuando lo stato di privazione mi sentivo come un tedio ed una stanchezza della mia povera situazione, e la mia povera natura voleva liberarsi da detto stato. Il mio adorabile Gesù avendo di me compassione, è venuto e mi ha detto:

(2) “Figlia mia, come ti ritiri dal mio Volere così incominci a vivere di te stessa, invece se starai fissa nella mia Volontà, vivrai sempre di Me medesimo, morendo affatto a te stessa”.

(3) Poi ha soggiunto: “Figlia mia, abbi pazienza, rassegnati in tutto alla mia Volontà, e non per poco, ma sempre, sempre, perché la sola perseveranza nel bene è quella che fa conoscere se l’anima è veramente virtuosa, essa sola è quella che unisce tutte le virtù insieme, si può dire che la sola perseveranza unisce perpetuamente Dio e l’anima, virtù e grazie, e come catena vi si pone d’intorno, e legando tutto insieme vi forma il nodo sicurissimo della salvezza; ma dove non c’è perseveranza c’è molto da temere”.

(4) Detto ciò è scomparso.

4-62 Marzo 31, 1901 Incostanza e volubilità.

(1) Questa mattina, sentendomi tutta amareggiata mi vedevo ancora così cattiva che quasi non ardivo di andare in cerca del mio sommo ed unico bene, ma il Signore non guardando alle mie miserie, pure si è benignato di venire dicendomi:

(2) “Figlia mia, è a Me che vuoi, ebbene Io sono venuto a rallegrarti, stiamoci insieme, ma stiamoci in silenzio”.

(3) Dopo essere stato qualche poco mi ha trasportato fuori di me stessa, e vedevo che la Chiesa festeggiava il giorno delle palme, e Gesù rompendo il silenzio mi ha detto:

(4) “Quanta volubilità, quanta incostanza! Come oggi gridarono osanna proclamandomi per loro re, un’altro giorno gridarono crocifigge, crocifigge. Figlia mia, la cosa che più mi dispiace è l’incostanza e la volubilità, perché questo è segno che la verità non ha preso possesso di dette anime, ed anche in cose di religione può essere che trovi la sua soddisfazione, il proprio comodo e l’interesse, oppure perché si trova in quel partito, domani possono venir meno queste cose e si può trovare in mezzo ad altri partiti, ed ecco che fuorviano della religione e senza dispiacere si danno ad altre sette. Perché quando la vera luce della Verità entra in un’anima e s’impossessa d’un cuore, non è soggetta ad incostanza, anzi tutto sacrifica per amor suo e per farsi da Lei sola signoreggiare, e con animo invitto disprezza tutto il resto che alla Verità non appartiene”.

(5) E mentre ciò diceva, piangeva sulla condizione della generazione presente, peggiore d’allora, soggetta all’incostanza a secondo che spirano i venti.

4-63 Aprile 5, 1901 Compatendo la Mamma si compatisce a Gesù. Nel Calvario, nella crocifissione, vede in Gesù a tutte le generazioni.

(1) Continuando lo stato di privazione, questa mattina pare che l’ho visto un poco insieme con la Regina Madre, e siccome l’adorabile Gesù teneva la corona di spine, l’ho tolta e tutto l’ho compatito; e mentre ciò facevo mi ha detto:

(2) “Compatisci insieme la mia Madre, ché essendo la ragione dei suoi dolori il mio patire, compatendo Lei, vieni a compatire Me stesso”.

(3) Dopo ciò mi pareva di trovarmi sul monte Calvario nell’atto della crocifissione di Nostro Signore, e mentre soffriva la crocifissione, vedevo, non so come, in Gesù tutte le generazioni, passate, presenti e future, e come Gesù avendosi tutti in Sé, sentiva tutte le offese che ciascuno di noi gli faceva e soffriva per tutti generalmente, e per ogni individuo particolarmente, di modo che scorgevo pure le mie colpe, e le pene che per me soffriva distintamente, come pure vedevo il rimedio che a ciascun di noi, senza correzione di veruno, ci somministrava per i nostri mali, e per la nostra salvezza eterna. Ora, chi può dire tutto ciò che vedevo in Gesù benedetto? Dal primo fino all’ultimo uomo. Stando fuori di me stessa le cose scorgevo chiare e distinte; ma trovandomi in me stessa le veggo tutte confuse. Onde per evitare spropositi faccio punto.

4-64 Aprile 7, 1901 Vede la Risurrezione di Gesù. Parla della ubbidienza.

(1) Continuando il mio adorabile Gesù a privarmi della sua presenza, mi sento un’amarezza, e come un coltello fitto nel cuore, che mi dà tale dolore da farmi piangere e stridare come un bambino. Ah! veramente mi pare d’essere divenuta come un bambino, che per poco che si allontana la madre, piange e grida tanto da mettere sottosopra tutta la casa, e non c’è nessun rimedio come farlo cessare dal piangere se pure non si vede di nuovo nelle braccia della Madre. Tale sono io, vera bambina nella virtù, ché se mi fosse possibile metterei sossopra Cieli e terra per trovare il mio sommo ed unico bene, ed allora mi quieto, quando mi trovo in possesso di Gesù. Povera bambinella che sono, mi sento ancora le fasce dell’infanzia che mi stringono, non so camminare da sola, sono molto debole, non ho la capacità degli adulti, che si lasciano guidare dalla ragione; ed ecco la somma necessità che ho di starmene con Gesù, o a torto o a diritto, non voglio saperne niente, quello che voglio sapere è che voglio Gesù, spero che il Signore voglia perdonare a questa povera bambinella, che delle volte commette degli spropositi.

(2) Onde, trovandomi in questa posizione, per poco ho visto il mio adorabile Gesù nell’atto della sua Risurrezione, con un volto tanto risplendente, da non paragonarsi a nessun altro splendore, e mi pareva che l’umanità Santissima di Nostro Signore, sebbene fosse carne viva, ma splendente e trasparente in modo che si vedeva con chiarezza la Divinità unita alla Umanità. Ora mentre lo vedevo così glorioso, una luce che veniva da lui, pareva che mi dicesse:

(3) “Tanta gloria mi ebbi alla mia Umanità per mezzo della perfetta ubbidienza, che distruggendo affatto la natura antica Me ne restituì la nuova natura gloriosa ed immortale. Così l’anima per mezzo dell’ubbidienza può formare in sé la perfetta risurrezione alle virtù, come: Se l’anima è afflitta, l’ubbidienza la farà risorgere alla gioia; se agitata, l’ubbidienza la farà risorgere alla pace; se tentata, l’ubbidienza le somministrerà la catena più forte come legare il nemico, e la farà risorgere vittoriosa dalle insidie diaboliche; se assediata da passioni e vizi, l’ubbidienza uccidendo questi, la farà risorgere alle virtù. Questo all’anima, ed a tempo suo, formerà la risurrezione anche del corpo”.

(4) Dopo ciò la luce si è ritirata, Gesù è scomparso, ed io sono lasciata con tal dolore, vedendomi di nuovo priva di Lui, che mi sento come se avessi una febbre ardente che mi fa smaniare e dare in delirio. Ah! Signore, datemi la forza a sopportarvi in questi indugi, ché mi sento venir meno.

4-65 Aprile 9, 1901 Se i fervori e virtù non stanno ben radicati nella Umanità di Gesù, alle tribolazioni, agli infortuni, subito si seccano.

(1) Trovandomi nella pienezza del delirio, dicevo dei spropositi, e credo che vi mescolavo anche dei difetti; la povera mia natura sentiva tutto il peso del mio stato, il letto le pareva peggiore dello stato dei condannati alle carceri, avrebbe voluto svincolarsi da questo stato, con l’aggiunto del mio ritornello che non è più Volontà di Dio, perciò Gesù non viene, e andavo pensando quello che debbo fare. Mentre ciò facevo, il mio paziente Gesù è uscito da dentro il mio interno, ma con un’aspetto grave e serio da incutermi paura, e mi ha detto:

(2)Che pensi tu che avrei fatto Io se mi trovassi nella tua posizione?”

(3) Nel mio interno dicevo: “Certo la Volontà di Dio”.

(4) E Lui di nuovo: “Ebbene, quello fai tu”.

(5) Ed è scomparso. Era tanta la gravità di Nostro Signore, che in quelle parole che ha detto sentivo tutta la forza della sua parola, non solo creatrice, ma eziandio distruggitrice. Il mio interno è restato talmente scosso da queste parole, oppresso, amareggiato, che non facevo altro che piangere, specie mi ricordavo la gravità con cui Gesù mi aveva parlato, che non ardivo di dire “vieni”.

(6) Ora, stando in questa posizione il giorno, ho fatto la mia meditazione senza chiederlo, quando al meglio è venuto e con un’aspetto dolce, tutto cambiato a confronto della mattina, mi ha detto:

(7) “Figlia mia, che sfacelo, che sfacelo sta per succedere”.

(8) E mentre ciò diceva mi sono sentito tutto l’interno cambiato, ché non era per altro che non ci veniva, ma per i castighi; ed in questo mentre vedevo quattro persone veneranda che piangevano alle parole che Gesù aveva detto; ma Gesù benedetto, volendosi distrarre ha detto pochi parole sulle virtù, quindi ha soggiunto:

(9) “Vi sono certi fervori e certe virtù che somigliano a quegli arboscelli che rinascono intorno a certi alberi, che non essendo ben radicati nel tronco, un vento impetuoso, un gelo un po’ forte, si disseccano, e sebbene dopo qualche tempo può essere che rinverdiscono di nuovo, ma essendo soggetti all’intemperie dell’aria, quindi a mutarsi, mai vengono ad essere alberi fatti. Così sono quei fervori e quelle virtù che non sono ben radicati nel tronco dell’albero dell’ubbidienza, cioè nel tronco dell’albero della mia Umanità che fu tutta ubbidienza, alle tribolazioni, agli infortuni, subito si seccano e mai vengono a produrre frutti per l’eterna vita”.