(1) Dopo aver passato un giorno di privazione e con scarso patire, mi sentivo convinta che il Signore non voleva più tenermi in questo stato; ma però l’ubbidienza, anche in questo, non me la vuol cedere, e vuole che continui a starmene, dovessi crepare e schiattare. Sia sempre benedetto il Signore, ed in tutto sia fatto il suo santo ed amabile Volere. Onde, questa mattina nel venire il benedetto Gesù, si faceva vedere in uno stato compassionevole, pareva che soffriva nelle sue membra, ed il suo corpo veniva fatto in tanti pezzi, ch’era impossibile numerarli; con lamentevole voce diceva:
(2) “Figlia mia, che mi sento! che mi sento! sono pene inenarrabili ed incomprensibili all’umana natura; sono carni dei miei figlioli che vengono lacerate, ed è tanto il dolore che sento, che mi sento lacerare le mie stesse carni”.
(3) E mentre ciò diceva, gemeva e si doleva. Io mi sentivo intenerire nel vederlo in questo stato, ed ho fatto quanto ho potuto a compatirlo ed a pregarlo che mi partecipasse le sue pene. Mi ha contentato in parte, ed appena ho potuto dirle: “Ah! Signore, non ve lo dicevo io, non mettete mano ai castighi, che quello che più mi dispiace che resterete colpito nelle vostre stesse membra, ah! questa volta non c’è stato modo né preghiere come placarvi”. Ma Gesù non ha dato retta alle mie parole, pareva che avesse una cosa seria nel cuore che lo tirava altrove, ed in un’istante mi ha trasportato fuori di me stessa, portandomi in luoghi dove succedevano stragi di sangue. Oh! quante viste dolorose si vedevano nel mondo, quante carni umane tormentate, fatte a pezzi, calpestate come si calpesta la terra, e lasciate insepolte; quante disgrazie, quante miserie, e quello ch’era più, altre più terribili che devono succedere. Il benedetto Signore ha guardato, e tutto commovendosi si è messo a piangere amaramente. Io non potendo resistere ho pianto insieme la triste condizione del mondo, tanto che le mie lacrime si mescolavano con quelle di Gesù. Dopo aver pianto un buon pezzo, ho ammirato un’altro tratto della bontà di Nostro Signore, per farmi cessare dal piangere ha voltato la sua faccia da me, di nascosto si è asciugato le lacrime, e poi voltandosi di nuovo con volto ilare mi ha detto:
(4) “Diletta mia, non piangere, basta, basta, ciò che tu vedi serve ad Iustificare Iustitiam Meam”.
(5) Ed io: “Ah! Signore, dico bene che non è più Volontà vostra il mio stato, a che pro il mio stato di vittima se non mi è dato di risparmiare le tue carissime membra? D’esentare il mondo da tanti castighi?”
(6) E Lui: “Non è come tu dici; anch’Io fui vittima, e con l’essere vittima non mi venne dato di risparmiare il mondo da tutti i castighi; gli aprii il Cielo, lo sciolsi dalla colpa sì, portai sopra di Me le sue pene, ma è giustizia che l’uomo riceva sopra di sé parte di quei castighi che lui stesso si attira peccando. E se non fosse per le vittime, meriterebbe non solo il semplice castigo ossia la distruzione del corpo, ma anche la perdita dell’anima; ed ecco la necessità delle vittime, che chi se ne vuole avvallare, perché l’uomo è sempre libero nella sua volontà, può trovare il risparmio della pena ed il porto della sua salvezza”.
(7) Ed io: “Ah! Signore, quanto me ne vorrei venire prima che più s’inoltrassero questi castighi”.
(8) E Lui: “Se il mondo giunge a tale empietà da non meritare nessuna vittima, sicuro che ti porterò”.
(9) Nel sentire ciò ho detto: “Signore, non permettete che rimanga di qua, ed assistere a scene sì dolorose”.
(10) E Gesù, quasi rimproverandomi ha soggiunto: “Invece di pregarmi che risparmiassi, tu dici che te ne vuoi venire; se Io portassi tutti i miei del povero mondo, che ne sarebbe? Certo che non avrei più che ci fare, e non l’avrei più nessun riguardo”.
(11) Dopo ciò ho pregato per varie persone, Lui mi è scomparso ed io sono ritornata in me stessa.
(1) Mentre scrivevo stavo pensando tra me: “Chi sa quanti spropositi in questi scritti, meritano essere gettati nel fuoco, se l’ubbidienza me lo concedesse come volentieri lo farei, perché mi sento come un intoppo nell’anima, specie se giungessero a vista di qualche persona, ed in certi punti fanno vedere come se amassi e facessi qualche cosa per Dio, mentre non faccio niente e non l’amo, e sono l’anima più fredda che possa trovarsi nel mondo, ed ecco che mi riterrebbero diversa di quello che sono, e questo è una pena per me; ma siccome è l’ubbidienza che vuole che scriva, ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
(1) Continua a venire il mio adorabile Gesù; questa mattina portava una folta corona di spine; l’ho tolta pian piano, e l’ho messo sulla mia testa, ed ho detto: “Signore, aiutatemi a conficcarla”.
(2) E Lui: “Questa volta voglio che tu stessa te la conficchi, voglio vedere che cosa sai fare, e come vuoi soffrire per amor mio”.
(3) Io me l’ho conficcata ben bene, molto più che si trattava di fargli vedere fin dove giungeva il mio amore di soffrire per Gesù, tanto che Lui stesso, tutto intenerito e stringendomi mi ha detto:
(4) “Basta, basta, che il mio cuore non più regge a vederti più soffrire”.
(5) Ed avendomi lasciata molto sofferente, il mio diletto Gesù non faceva altro che andare e venire. Dopo ciò ha preso l’aspetto di crocifisso, e mi ha partecipato le sue pene, e mi ha detto:
(6) “Figlia mia, i nemici più potenti dell’uomo sono: L’amore ai piaceri, alle ricchezze, ed agli onori, che rendono infelice l’uomo, perché questi nemici s’intromettono fin nel cuore e lo rodono continuamente, l’amareggiano, l’abbattono, tanto, da farli perdere tutta la felicità, ed Io sul Calvario sconfissi questi tre nemici, ed ottenni grazia per l’uomo di vincerli anch’esso, e gli restituii la felicità perduta. Ma l’uomo sempre ingrato e sconoscente, rigetta la mia grazia, ed ama accanitamente questi nemici, che mettono il cuore umano ad una tortura continua”.
(7) Detto ciò ha scomparso, ed io comprendevo con tale chiarezza la verità di queste parole, che mi sentivo un aborrimento, un odio contro di questi nemici.
(8) Sia benedetto sempre il Signore e tutto per sua gloria.
(1) Questa mattina mi sentivo tanto stordita, che non capivo me stessa, né potevo andare secondo il solito in cerca del mio sommo bene. Onde di tanto in tanto si muoveva dentro del mio interno e si faceva vedere, e tutta abbracciandomi e compatendomi mi diceva:
(2) “Povera figlia, hai ragione che non sai stare senza di Me, come potresti tu vivere senza del tuo amato?”
(3) Ed io, scossa dalle sue parole ho detto: “Ah! diletto mio, che duro martirio è la vita per gli intervalli che sono costretta a starmi senza di voi. Lo dite voi stesso, che ne ho ragione, e poi mi lasciate?”
(4) E Lui, furtivamente si è nascosto come se non volesse che sentisse ciò che mi diceva, ed io sono lasciata di nuovo nel mio stordimento, senza poter dire più niente; quando mi ha visto stordita di nuovo, è uscito, e diceva:
(5) “Tu sei tutto il mio contento, nel tuo cuore trovo il vero riposo, e riposandomi vi provo le più care delizie”.
(6) Ed io di nuovo scotendomi ho detto: “Anche per me voi siete tutto il mio contento, tanto che tutte le altre cose non sono per me che amarezze”.
(7) E Lui ritirandosi di nuovo, sono rimasta a mezza voce, restando più stordita di prima, e così ha seguitato questa mattina, pareva che avesse voglia di scherzare un poco. Dopo ciò mi sono sentita fuori di me stessa, ed ho visto che venivano persone sconosciute vestite da borghesi, e la gente nel vederle, tutte si raccapricciavano e mettevano un grido di spavento e di dolore, specie i bambini e dicevano: “Se questi ci danno sopra, per noi è finita”. E soggiungevano: “Nascondete le giovani, povera gioventù se giunge in mani di queste”. Onde io, rivolta al Signore ho detto: “Pietà, misericordia, allontanate questo flagello tanto pericoloso per la misera umanità, vi muovano a compassione le lacrime dell’innocenza”.
(8) E Lui: “Ah! figlia mia, solo per l’innocenza ho riguardo degli altri, solo essa mi strappa la misericordia e mitiga il mio giusto sdegno”.
(1) Questa mattina avendo fatto la comunione, il benedetto Gesù mi ha fatto sentire la sua voce che diceva:
(2) “Figlia mia, questa mattina mi sento tutta la necessità d’essere ristorato, deh! prendi un po’ le mie pene sopra di te, e lasciarmi riposare alquanto nel tuo cuore”.
(3) Ed io: “Sì mio bene, fatemi sentire le tue pene, e mentre io soffro invece tua, avrete tutto l’agio di potervi ristorare e prendere un dolce riposo; solo vi chiedo che indugiate un’altro poco finché resto sola, perché mi pare che stia il confessore ancora, acciò nessuno ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
(1) Continuando a venire il mio adorabile Gesù, mi pareva di vederlo tanto sofferente, che faceva compassione, e gettandosi fra le mie braccia mi ha detto:
(2) “Figlia mia, spezzami il furore della mia giustizia, altrimenti”....
(3) In questo mentre, mi è parso di vedere la giustizia divina armata di spade, di saette di fuoco, che metteva terrore, ed insieme la fortezza con cui può agire. Onde tutta spaventata ho detto: “Come posso spezzarvi il furore se vi veggo così forte, da potere in un semplice istante annientare cielo e terra?”
(4) E Lui: “Eppure un’anima sofferente, ed una preghiera umilissima mi fa perdere tutta la mia fortezza, e mi rende tanto debole da farmi legare da quell’anima, come a lei pare e piace”.
(5) Ed io: “Ah! Signore, in che aspetto brutto si fa vedere la giustizia”.
(6) E Gesù ha soggiunto: “Non è brutta; se tu la vedi così armata, ciò hanno fatto gli uomini, ma in sé stessa è buona e santa, come gli altri miei attributi, perché in Me non ci può essere neppure l’ombra del male; è vero che l’aspetto comparisce aspro, pungente, amaro, ma i frutti sono dolci e gustosi”.
(7) Detto ciò è scomparso.
(1) Questa mattina, nel venire il mio adorabile Gesù, mi faceva vedere i suoi attributi e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, tutti i miei attributi stanno in continua attitudine per gli uomini, e tutti esigono il loro tributo”.
(3) Poi ha soggiunto: “Come la giustizia vuole la soddisfazione di ciò che è ingiusto, così il mio amore vuole lo sfogo d’amare e d’essere amato. Tu mettiti nella giustizia, e prega, ripara, e quando ricevi qualche colpo abbi la pazienza a sopportarlo; poi passa nel mio amore e dammi lo sfogo dell’amore, altrimenti resterei defraudato nell’amore, come questa volta mi sento tutta la necessità di dare sfogo al mio amore represso, e se mi venisse dato di farlo, languirei e verrei meno”.
(4) Mentre così diceva, ha cominciato a baciarmi, accarezzarmi ed a farmi tante tenerezze d’amore, che non ho parole a saperle manifestarle; e voleva che io lo contraccambiassi, dicendomi:
(5) “Come Io sento il bisogno di sfogarmi con te in amore, così tu hai bisogno di sfogarti in amore con Me, non è vero?”
(6) Onde dopo averci sfogato a vicenda in amore, è scomparso.
(1) Questa mattina mi trovavo tutta oppressa e con timore che non fosse Gesù benedetto che operasse in me, ma il demonio, ma con tutto ciò non mi sapevo contenere di cercarlo e desiderarlo, sebbene quando appena si è benignato di venire mi ha detto:
(2) “Chi è che assicura che esce il sole se non la luce che mette in fuga le tenebre notturne, ed il calore che spande nella stessa luce? Se si direbbe che è uscito il sole, e con ciò si vede più densa l’oscurità della notte, e non si sentirebbe nessun calore, che diresti tu? Che non è sole vero ch’è uscito, ma falso, perché non si veggono gli effetti del sole. Or, se la mia vista ti fuga le tenebre e ti mostra la luce della verità, facendoti sentire il calore della mia grazia, perché vuoi lambiccarti il cervello che non sono Io che opero in te?”
(3) Aggiungo perché così vuole l’ubbidienza, che l’altro giorno stavo pensando: “Se davvero si verificassero tanti castighi che ho scritto in questi libri, chi avrà cuore di essere spettatrice?” Ed il benedetto Signore con chiarezza mi fece comprendere che taluni si verificheranno mentre sarò ancor su questa terra, altri dopo la mia morte, e certi saranno risparmiati in parte. Onde restai un po’ più sollevata pensando che non mi toccavo di vederli tutti. Ecco soddisfatta la signora ubbidienza, che si era incominciata ad accigliarsi ed a menare lamenti e rabbuffi; che io, pare che questa benedetta signorina non si vuole in nessun modo adattare alla ragione umana, non si vuole investire di nessuna circostanza, anzi pare che non ha affatto ragione, ed è un bel crepare aver che fare con una che non ha ragione, per potere stare un po’ in buono è necessario che si perda la propria ragione, perché la signorina si va vantando: “Io non ho nessuna ragione umana, perciò non so adattarmi all’uso umano, la mia ragione è divina, e chi vuol vivere in pace con Me è assolutamente necessario che perda la sua, per fare acquisto della mia”. Ecco come ragione bene la signorina, che si può dire? E’ meglio tacere, perché o dritto o rovescio vuol sempre ragione, e si gloria di darti tutto il torto.
(1) Questa mattina, avendo fatto la comunione, il mio adorabile Gesù mi faceva vedere il confessore che metteva l’intenzione di farmi soffrire la crocifissione; la mia povera natura me la sentivo ripugnante, non perché non volessi soffrire, ma per altre ragioni che non è qui necessario descriverle, ma Gesù, come lamentandosi di me diceva al padre:
(2) “Non vuole sottomettersi”.
(3) Io mi sono intenerita al lamento, il padre ha rinnovato il comando e mi sono sottoposta. Dopo aver sofferto un poco, siccome vedevo il padre presente, il Signore ha detto:
(4) “Diletta mia, ecco il simbolo della Sacrosanta Trinità: Io, il padre, e tu. Il mio amore fino ab eterno non è stato mai solo, ma sempre unito in perfetta e scambievole unione con le Divine Persone, perché il vero amore non sta mai solo, ma produce altri amori e gode di essere riamato dagli amori che lui stesso ha prodotto, e se sta solo, o non è della natura dell’amor divino, oppure è solo apparente. Se sapessi quanto mi compiaccio e gusto di poter continuare nelle creature quell’amore che fin ab eterno regnava e regna tutt’ora nella Santissima Trinità. Ecco pure, perciò dico che voglio il consenso dell’intenzione del confessore unito con Me, per poter continuare più perfettamente quest’amore simbolico della Triade Sacrosanta”.
(1) Dopo aver passato qualche giorno di privazione e di silenzio, questa mattina nel venire il benedetto Gesù ho detto: “Si vede che non è più volontà vostra il mio stato”.
(2) E Lui: “Sì, sì, alzati e vieni nelle mie braccia”.
(3) Da questo dire ho dimenticato il penoso stato dei giorni passati e sono corsa nelle sue braccia, e come si vedeva il costato aperto, ho detto: “Diletto mio, è da qualche tempo che non mi avete ammesso a succhiare al vostro costato, vi prego ammettermi oggi”.
(4) E Gesù: “Diletta mia, bevi pure a tuo piacere e saziati”.
(5) Chi può dire il mio contento, e con qual avidità ho messo la mia bocca a bere a quella fonte divina? Dopo che ho bevuto a sazietà, fino a non aver più dove mettere neppure un altra goccia, mi sono tolta, e Gesù mi ha detto:
(6) “Ti sei saziata? Se non sei, seguita pure a bere”.
(7) Ed io: “Sazia no, perché a questa fonte quanto più si beve, più cresce la sete, solo che essendo io molta ristretta, non sono capace di più contenerne”.
(8) Dopo ciò, vedevo insieme con Gesù altre persone, e ha detto:
(9) “La cosa più essenziale e necessaria in un’anima, è la carità; se non ci sta la carità, succede come a quelle famiglie o regni che non hanno reggitori, tutto è sconvolto, le più belle cose restano oscurati, non si vede nessuna armonia, chi vuol fare una cosa e chi un’altra. Così succede nell’anima dove non regna la carità, tutto è in disordine, le più belle virtù non armonizzano tra loro; ecco perciò la carità si chiama regina, perché ha regime, ordine e dispone tutto”.