(1) Continua il mio adorabile Gesù a venire, e siccome la mia mente, prima di venire, stava a pensare a certe cose che negli anni passati Gesù mi aveva detto, e che non tanto ricordo bene, Lui, casi per ricordarmi mi ha detto:
(2) “Figlia mia, la superbia rode la grazia. Nei cuori dei superbi non c’è altro che un vuoto tutto pieno di fumo, che produce la cecità. La superbia non fa altro che rendere sé stesso un idolo, sicché l’anima superbiosa non ha il suo Dio con sé; col peccato ha cercato di distruggerlo nel suo cuore, ed alzando l’altare nel suo cuore, vi si mette sopra ed adora sé stesso”.
(3) Oh! Dio, che mostro abominevole è questo vizio, a me sembra che se l’anima sta attenta a non farlo entrare in sé, è libera da tutti gli altri vizi, ma se per sua sventura si lascia predominare da essa, siccome è madre mostruosa e cattiva, gli partorirà tutti i suoi figli discoli quali sono gli altri peccati. Ah! Signore, tenetela da me lontana.
(1) Questa mattina il mio dilettissimo Gesù, appena venuto mi ha detto:
(2) “Figlia mia, tutto il tuo piacere dev’essere nel rimirarti in Me, e se ciò farai sempre, ritrarrai in te tutte le mie qualità, la mia fisionomia, i miei stessi lineamenti, ed Io in contraccambio troverò tutto il mio gusto e sommo contento nel dilettarmi di rimirarmi in te”.
(3) Detto ciò è scomparso, ed io stavo ruminando nella mia mente le parole già dette. Tutto all’improvviso è ritornato, mettendomi la sua santa mano in capo e rivolgendomi la faccia verso di Lui ha soggiunto:
(4) “Oggi voglio dilettarmi un poco col rimirarmi in te”.
(5) Un brivido mi è corso per tutta la vita, uno spavento da sentirmi morire perché vedevo che mi guardava fisso, fisso, volendosi dilettare nei miei pensieri, sguardi, parole ed in tutto il resto, col rimirarsi in me. Oh! Dio, sono oggetto io di far prendere diletto o di amareggiarvi? Andavo ripetendo nel mio interno. In questo mentre, è venuta la nostra cara Mamma Regina in mio aiuto, portando una veste bianchissima fra le mani, e tutta amabilità mi ha detto:
(6) “Figlia, non temere, voglio Io stessa supplire per te vestendoti della mia innocenza, così il mio Figlio, rimirandosi in te, possa trovare il maggiore diletto che si possa trovare in umana creatura”.
(7) Onde mi vesti con quella veste e mi offri al mio caro Bene Gesù dicendogli:
(8) “Accettatela per riguardo mio, caro Figlio, e dilettatevi in essa”.
(9) Così mi è passato ogni timore e Gesù si ha dilettato in me ed io in Lui.
(1) Questa mattina il mio dolce Gesù è venuto e mi ha trasportato fuori di me stessa. Ora, siccome l’ho veduto tutto ripieno d’amarezza, l’ho pregato e ripregato che Lui riversasi in me, ma per quanto ho potuto pregare, non mi è riuscito d’ottenere che versasse in me le sue amarezze, solo che, siccome m’avvicinavo alla sua bocca per ricevere le sue amarezze, ci veniva un alito amaro. Mentre io ciò facevo, vedevo un sacerdote che moriva, ma non ho conosciuto bene chi fosse, perché aveva l’altra intenzione di pregare per un sacerdote infermo, ma non scorgendolo per quello, mi sono confusa se fosse quello o qualche altro. Onde ho detto a Gesù: “Signore, che fai? Non vedete quanta scarsezza di sacerdoti vi sono a Corato che vuoi toglierci degli altri?” E Gesù non dandomi retta, e minacciando con la mano, diceva:
(2) “Li distruggerò di più”.
(1) Trovandomi molto sofferente, l’amabile mio Gesù è venuto, e mi ha messo il braccio da dietro il collo, in atto di sostenermi. Ora, stando a Lui vicina ho incominciato a fare le mie solite adorazioni a tutte le sue sante membra, incominciando dalla sua sacratissima testa. Nell’atto che ciò facevo mi ha detto:
(2) “Diletta mia, ho sete, fammi dissetare nel tuo amore, che più non posso trattenermi”.
(3) E prendendo aspetto di bambino si è menato fra le mie braccia e si ha messo a succhiare, pareva che ci prendeva un gusto grandissimo e ne restava tutto ristorato e dissetato. Dopo ciò, volendo quasi scherzare con me, con una lancia che teneva in mano mi passava il cuore, a banda a banda. Io sentivo acerbissimo dolore, ma oh! come era contenta di soffrire, specialmente che erano le stesse mani del mio solo ed unico Bene che mi davano il patire, e l’incitavo a farmi maggior strazio, tant’era il gusto e la dolcezza che vi sentivo. E Gesù benedetto, per rendermi più contenta, mi ha strappato il cuore, prendendolo fra le sue mani e con quella stessa lancia lo ha aperto, metà e metà ed ha trovato una croce risplendente e bianchissima, la ha preso fra le sue mani, compiacendosi grandemente e mi ha detto:
(4) “Questa croce l’ha prodotto l’amore e la purità con cui tu soffri, mi compiaccio tanto del modo con cui tu soffri, che non solo Io, ma chiamo il Padre e lo Spirito Santo a compiacersi meco”.
(5) In un istante ho fatto per guardare ed ho visto Tre Persone, che circondandomi si dilettavano nel guardare questa croce, io però, lamentandomi con Loro ho detto:
(6) “Grande Iddio, troppo scarso è il mio patire, non sono contenta della sola croce, ma voglio ancora le spine ed i chiodi, e se io non lo merito, perché indegna e peccatrice, Voi, certo potete darmi le disposizioni per ciò meritare”.
(7) E Gesù, mandandomi un raggio di luce intellettuale, mi fece capire che volesse che io facessi la confessione delle mie colpe. Mi sentì quasi atterrare innanzi alle Tre Divine Persone, ma l’Umanità di Nostro Signore m’ispirava fiducia, sicché a Lui rivolgendomi ho detto il Confiteor, e dopo ho incominciato a fare la confessione delle mie colpe. Ora, mentre mi trovavo tutta immersa nella mia miseria, una voce è uscita da mezzo a Loro che diceva:
(8) “Ti perdoniamo, e tu non più peccare”.
(9) Io m’aspettavo di ricevere l’assoluzione da Nostro Signore, ma nel meglio è scomparso.
(10) Poco dopo è ritornato crocifisso e mi ha partecipato i dolori della croce.
(1) Questa mattina il mio caro Gesù non ci veniva; dopo molti stenti, quando appena l’ho visto, ed io lamentandomi con Lui della sua tardanza gli ho detto: “Signore benedetto, come così tardi, vi siete forse dimenticato che non posso stare senza di Voi, o forse perduta la tua grazia, che non ci venite?” E Lui, interrompendo il mio dire lamentevole mi ha detto:
(2) “Figlia mia, sai tu che cosa fa la mia grazia? La mia grazia rende felice l’anima dei beati comprensori, e rende felice l’anima dei viatori, con questa sola differenza, che i comprensori beandosi e deliziandosi, e i viatori lavorando e mettendola a traffico. Sicché, chi possiede la grazia ritiene in sé stessa il paradiso, perché la grazia non è altro che possedere Me stesso, ed essendo Io solo l’oggetto incantevole che incanta tutto il paradiso, e che formo tutti i contenti dei beati, l’anima possedendo la grazia, dovunque si trova possiede il suo paradiso”.
(1) Il mio diletto Gesù è venuto tutto affabilità, mi pareva come un intimo amico che fa tante cerimonie all’altro amico per attestargli il suo amore, le prime parole che mi ha detto sono state:
(2) “Diletta mia, se tu sapessi quanto t’amo. Mi sento tirato grandemente ad amarti, gli stessi miei indugi nel venire, mi sforzano e sono nuove cause di farmi venire a colmarti di nuove grazie e carismi celesti. Se tu potessi comprendere quanto ti amo; il tuo amore paragonato col mio appena lo scorgeresti”.
(3) Ed io: “Mio dolce Gesù, è vero ciò che dite, ma anch’io sento che vi amo assai, e se Voi dite che il mio amore paragonato al vostro appena si scorge, questo è perché il vostro potere è senza limiti ed il mio è limitato, e per tanto, posso fare per quanto da Voi stesso mi viene dato; è tanto vero ciò, che quando mi viene la volontà di più soffrire per maggiormente attestarvi il mio amore, se Voi non me le concedete le pene, non sta in mio potere il soffrire e sono costretta a rassegnarmi anche in questo, ed essere quell’essere inutile che da me sono stata sempre. Invece, a Voi stava in vostro potere lo stesso patire, ed in qualunque modo volete manifestarmi il vostro amore, già lo potete fare. Diletto mio, dammi a me il potere, e poi vi farò vedere quanto so fare per amor vostro, perché quella misura che mi date, quella stessa misura vi darò”.
(4) Lui ascoltava con sommo piacere il mio dire spropositato, e quasi volendomi mettere a prova, mi ha trasportato fuori di me stessa, vicino ad un luogo profondo, pieno di fuoco liquido e tenebroso; metteva orrore e spavento a solo vederlo. Gesù mi ha detto:
(5) “Qui c’è il purgatorio, e molte anime ci sono ammassate in questo fuoco. Andrai tu in questo luogo a soffrire per liberare quelle anime che piacciono a Me, e questo lo farai per amor mio”.
(6) Io subito, sebbene un po’ tremando, gli ho detto: “Tutto per amor vostro, sono pronta, ma ci dovete venire Voi insieme, altrimenti, se mi lasciate non vi fate più trovare, e poi mi fate piangere ben bene”.
(7) E Lui: “Se vengo Io insieme, qual sarebbe il tuo purgatorio? Quelle pene con la mia presenza, per te si cambierebbero in gioie ed in contenti”.
(8) Ed io: “Sola non ci voglio andare, e poi, mentre andremo in quel fuoco, Voi vi starete dietro le mie spalle, così non vi vedo e accetterò questa sofferenza”.
(9) Così sono andata in quel luogo ripieno di dense tenebre, e Lui che mi seguiva da dietro, ed io per timore ancora mi lasciasse, gli ho preso le mani, tenendole strette alle mie spalle. Giunta laggiù, chi può dire le pene che soffrivano quelle anime? Sono certo inenarrabili a persone vestite d’umana carne. Onde, andando io in quel fuoco, esso distruggevasi e si diradavano le tenebre, e molte anime ne uscivano ed altre ne restavano sollevate. Dopo essere stata circa un quarto d’ora, ce ne siamo usciti, e Gesù tutto si lamentava; io subito ho detto: “Dimmi mio Bene, perché vi lamentate? Cara mia vita, sono stata io forse la causa perché non ho voluto andare sola in quel luogo di pene? Dimmi, dimmi, avete sofferto molto nel vedere quelle anime soffrire? Che cosa vi sentite?”
(10) E Gesù: “Diletta mia, mi sento tutto ripieno d’amarezze, tanto, che non potendole più contenerle sto per traboccarle sopra la terra”.
(11) Ed io: “No, no mio dolce amore, le verserete a me, non è vero?” Ed avvicinandomi alla bocca ha versato un liquore amarissimo, in tanta abbondanza che io non potevo contenerlo, e pregavo Lui stesso che mi desse la forza a sostenerlo, altrimenti, ciò che non avevo fatto fare a Nostro Signore, l’avrei fatto io, a versarlo sopra alla terra, e questo mi rincresceva molto a farlo. Pare però che mi ha dato la forza, sebbene erano tante le sofferenze che mi sentivo venir meno, ma Gesù prendendomi fra le sue braccia mi sosteneva e mi diceva:
(12) “Per te bisogna cedere per forza, ti rendi tanto importuna, che mi sento quasi necessitato a contentarti”.
(1) Continua il mio adorabile Gesù a venire e questa volta lo vedevo in atto quando stava alla colonna; Gesù slegandosi si gettava nelle mie braccia per essere da me compatito. Io mi lo ho stretto ed ho incominciato ad aggiustargli i capelli tutti aggrumati di sangue, ad asciugargli gli occhi ed il volto, ed insieme lo baciavo e facevo diversi atti di riparazione. Quando sono giunta alle mani e gli ho tolto la catena, con somma meraviglia ho visto che il capo era di Nostro Signore, ma le membra erano di tant’altre persone, specialmente religiosi. Oh! quante membra infette che davano più tenebre che luce; nel lato sinistro ci stavano quei che davano più da soffrire a Gesù, si vedevano membra infermi, ripiene di piaghe verminose e profonde, altre che appena restavano attaccate per un nervo a quel corpo, oh! come si doleva e vacillava quel capo divino sopra di quelle membra! Al lato destro, poi, si vedevano quelle che erano più buoni, cioè, membra sani, risplendenti, coperte di fiori e di rugiada celeste, profumate d’olezzanti odori, e tra queste membra si scorgeva qualcuno che mandava un profumo oscuro.
(2) Questo capo divino sopra di queste membra, molto veniva a soffrire; è vero che vi erano delle membra risplendenti, che quasi si rassomigliavano alla luce di quel capo, che lo ricreavano e gli davano grandissima gloria, ma erano in più gran numero le membra infette. Gesù, aprendo la sua dolcissima bocca mi ha detto:
(3) “Figlia mia, quanti dolori mi danno queste membra! Questo corpo che tu vedi, è il corpo mistico della mia Chiesa, di cui mi glorio d’esserne il capo, ma quanto strazio crudele fanno queste membra in questo corpo! Pare che si aizzano tra loro a chi più possa darmi tormento”.
(4) A detto altre cose che non tanto ricordo bene su di questo corpo, perciò faccio punto.
(1) Trovandomi molto afflitta per certe cose che non è qui licito il dirle, l’amabile Gesù, volendomi sollevare nella mia afflizione è venuto in un aspetto tutto nuovo, mi pareva vestito di colore celeste, tutto ornato di campanellini piccoli, di oro, che toccandosi fra loro risuonavano di un suono non mai udito. All’aspetto di Gesù ed al grazioso suono, mi sono sentita incantare e sollevare nella mia afflizione, che come fumo si dipartiva da me. Io sarei rimasta lì in silenzio, tanto mi sentivo incantare stupite le potenze dell’anima mia, se il benedetto Gesù non avesse rotto il mio silenzio ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)
(1) Dopo lungo silenzio, questa mattina l’amabile mio Gesù, interrompendolo, mi ha detto:
(2) “Io sono il ricettacolo delle anime pure”.
(3) Ed in queste sue parole ebbi luce intellettuale che mi faceva comprendere molte cose sulla purità, ma poco o niente so ridurre a parole di ciò che sento nell’intelletto. Ma l’onorevolissima signora obbedienza vuol che scriva qualche cosa, anche spropositando, e per contentare lei sola dirò i miei spropositi sulla purità.
(4) Mi pareva che la purità fosse la gemma più nobile che l’anima può possedere. L’anima che possiede la purità è investita di candida luce, in modo che Iddio benedetto, rimirandola, ritrova la sua stessa Immagine, si sente tirato ad amarla, tanto che giunge ad innamorarsi di lei, ed è preso da tanto amore che le dà per ricetto il suo purissimo cuore, perché solo ciò che è puro e mondissimo entra in Dio, niente entra macchiato in quel seno purissimo. L’anima che possiede la purità ritiene in sé il suo primiero splendore che Dio le ha dato nel crearla, niente è in lei deturpato, snobilitato, ma come regina che aspira alle nozze del Re celeste, si conserva la sua nobiltà fino a tanto che questo nobile fiore viene trapiantato nei giardini celesti. Oh! come questo fiore verginale è fragrante di distinto odore! Sempre si innalza sopra tutti gli altri fiori, ed anche sopra gli stessi angeli. Come spicca di svariata bellezza! Sicché tutti sono presi da stima ed amore, e libero le danno il passo fino a farlo giungere allo Sposo Divino, in modo che il primo posto in torno a Nostro Signore è di questi nobili fiori. Onde Nostro Signore si diletta grandemente di passeggiare in mezzo a questi gigli che profumano la terra ed il Cielo, e molto più si compiace d’essere circondato da questi gigli, che essendone Lui il primo nobile giglio ed il modello, è l’esemplare di tutti gli altri. Oh! come è bello veder un’anima vergine! Il suo cuore non dà altro alito che di purità e di candore, non è neppure ombrato d’altro amore che non è Dio, anche il suo corpo spira odore di purità; tutto è puro in lei: Pura nei passi, pura nel operare, nel parlare, nel guardare, anche nel muoversi, sicché al solo vederla, si sente la fragranza, e vi si scorge un’anima vergine d’avvero. Quali carismi, quale grazie, quale l’amore scambievole, gli stratagemmi amorosi tra quest’anima e lo Sposo Gesù! Solo chi li prova può dire qualche cosa, che neppure tutto si può narrare, ed io non mi sento in dovere di parlare su di questo, perciò faccio silenzio e passo innanzi.
(1) Questa mattina, il mio adorabile Gesù non ci veniva. Dopo molto aspettare e riaspettare, quando appena, quasi come un lampo che sfugge, parecchie volte si ha fatto vedere, ma mi pareva vedere piuttosto una luce che Gesù, ed in questa luce una voce, che diceva la prima volta che è venuta:
(2) “Io ti attiro ad amarmi in tre modi: A forza di benefizi, a forza di simpatie ed a forza di persuasioni”.
(3) Chi può dire quante cose comprendevo in queste tre parole? Mi pareva che Gesù benedetto, per attirare il mio amore ed anche a quello delle altre creature, fa piovere benefizi a pro nostro, e vedendo che questa pioggia di benefizi non giunge al punto di guadagnarsi il nostro amore, giunge a rendersi simpatico. E, qual è questa simpatia? Sono le sue pene sofferte per amor nostro, fino a morire diluviante sangue sopra d’una croce, dove si rese tanto simpatico, che innamorò di Sé i suoi stessi carnefici, ed i suoi più fieri nemici. Di più, per attirarci più maggiormente e rendere più forte e stabile il nostro amore, ci ha lasciato la luce dei suoi santissimi esempi, uniti alla sua celeste dottrina, e che come luce ci diradano le tenebre di questa vita e ci conducono all’eterna salvezza.
(4) La seconda volta che è venuta, mi ha detto:
(5) “Io mi manifesto all’anima in tre diversi modi: Con la potenza, con la notizia e con l’amore. La potenza è il Padre, la notizia è il Verbo, l’amore è lo Spirito Santo”.
(6) Oh! quante altre cose comprendevo! Ma troppo scarso è quello che so manifestare. Mi pareva che con la potenza si manifesta Dio all’anima in tutto il creato, dal primo all’ultimo essere viene manifestata l’onnipotenza di Dio. Il cielo, le stelle e tutti gli altri esseri ci parlano, sebbene in muto linguaggio, d’un Ente Supremo, d’un Essere increato, della sua onnipotenza, perché l’uomo più scienziato, con tutta la sua scienza non può giungere a creare il più vile moscherino, e questo ci dice che ci deve essere un’Essere increato potentissimo, che ha creato tutto, e dà vita e sussistenza a tutti gli esseri. Oh! come tutto l’universo a chiare note ed a caratteri incancellabili ci parla di Dio e della sua onnipotenza! Sicché chi non lo vede è cieco volontario.
(7) Con la notizia, mi pareva che Gesù benedetto nel scendere dal Cielo, venisse in persona sulla terra a darci notizia di ciò che è a noi invisibile, ed in quanti modi non si manifestò Egli? Credo che ognuno, da sé, comprenda tutto il resto, perciò non mi dilungo a dire.