(1) Stavo pensando all’immutabilità di Dio e alla mutabilità delle creature. Che differenza! Ora, mentre ciò pensavo, il mio sempre benigno Gesù si è mosso nel mio interno dicendomi:
(2) “Figlia mia, guarda, non c’è punto dove il mio Essere non si trovi, non ho dove tentennare, né a destra né a sinistra, né avanti né dietro; nessun vuoto che non è di Me riempito. La mia fermezza, non trovando punto dove non ci sia Io, si sente incrollabile: E’ la mia immutabilità eterna. Questa immutabilità immensa mi rende immutabile nei piaceri, ciò che mi piace, mi piace sempre; immutabile nell’amore, nel godere, nel volere, amata una volta una cosa, goduta, voluta, non c’è pericolo che più mi cambi; per cambiarmi dovrei restringere la mia immensità, ciò che non posso né voglio. La mia immutabilità è l’aureola più bella che corona il mio capo, che si stende sotto dei miei piedi, che rende eterno omaggio alla mia Santità immutabile. Dimmi, c’è punto forse dove tu non mi trovi?”.
(3) Mentre ciò diceva, innanzi alla mia mente si faceva presente questa immutabilità divina; ma chi può dire ciò che comprendevo? Temo di dire spropositi e passo avanti. Nel dire la mutabilità della creatura:
(4) “Povera creatura, come è piccolo il suo posticino! E per quanto piccolo, non è neppure stabile e fisso il suo posto, oggi ad un punto, domani sbalzata ad un altro; questa è anche causa che oggi ama, le piace una persona, un oggetto, un luogo, domani cambia e forse disprezza ciò che ieri le piaceva ed amava; ma sai tu chi rende mutabile la povera creatura? La volontà umana la rende volubile nell’amare, nei piaceri, nel bene che fa. La volontà umana è qual vento impetuoso che muove la creatura come una canna vuota ad ogni suo soffio, ora a destra, ora a sinistra. Perciò nel crearla volli che vivesse della mia Volontà, affinché arrestando questo vento impetuoso della volontà umana, la rendesse ferma nel bene, stabile nell’amore, santa nell’operare; volevo farla vivere nell’immenso territorio della mia Immutabilità, ma la creatura non si contentò, volle il suo piccolo posticino, e si rese il trastullo di sé stessa, degli altri e delle sue stesse passioni. Perciò prego, supplico la creatura che prenda questa mia Volontà, che la faccia sua affinché ritorni in quella Volontà immutabile da donde uscì, affinché non più volubile si renda, ma stabile e ferma. Io non mi sono cambiato: L’aspetto, l’anelo, la voglio sempre nella mia Volontà”.
(1) Mi sentivo amareggiata al sommo, e mentre pregavo, piangevo la dura mia sorte d’essere priva di Colui che formava tutta la mia vita. Il mio stato è irrimediabile, nessuno si muove a pietà di me, tutto è giustizia, e poi, chi si vuol muovere di me a pietà, se Colui che è la fonte della pietà me la nega? Ora, mentre piangevo e pregavo mi sono sentita prendere le mani fra le mani di Gesù, e sollevandomi in alto ha detto:
(2) “Venite tutti a vedere un spettacolo sì grande, e non mai visto né in Cielo né in terra: Un’anima continuamente morendo per puro amor mio”.
(3) Al dire di Gesù si sono aperti i Cieli e tutta la gerarchia celeste mi guardava, anch’io mi guardavo e vedevo la povera anima mia appassita, e morendo come quel fiore che sta per declinare sul suo stelo; ma mentre morivo, una virtù segreta mi dava vita; ah! forse è la giustizia punitrice di Dio, che giustamente mi punisce. Mio Dio! mio Gesù, abbi pietà di me, pietà d’una povera morente! E’ la sorte più dura che mi tocca fra tutti i poveri mortali: Morire senza poter morire! Onde il mio dolce Gesù, quasi per tutta la notte mi ha tenuto fra le sue braccia, per darmi la forza ed assistermi nella mia agonia. Io credevo che finalmente avesse di me compassione e mi portasse con Sé, ma invano! Dopo che mi ha rincuorato alquanto, mi ha lasciato col dirmi:
(4) “Figlia mia, la mia Volontà sta ricevendo continue morti da parte delle creature, Essa è vita, e come vita vuol dare la vita della luce, ma la creatura respinge questa luce, e difatti, non ricevendola muore questa luce per la creatura e la mia Volontà sente la pena della morte che la creatura ha dato a questa luce. La mia Volontà vuol far conoscere i pregi, le virtù che contiene, e la creatura respinge questa conoscenza coi pregi e le virtù che contiene, e la mia Volontà per la creatura muore a questa conoscenza ed ai pregi e alle virtù che contiene il mio Volere, e la mia Volontà sente la pena della morte che la creatura ha dato alle virtù e pregi del mio Volere; e così se vuol dare l’amore e non è ricevuto, sente la morte data all’amore; se vuol dare la santità, la grazia, sente darsi dalla creatura la morte alla santità e alla grazia che vuol dare, sicché è continua la morte che sente al bene che vuol dare. E poi, non la senti tu in te la morte continua che soffre la mia Volontà? Vivendo tu in Essa, sei costretta, come connaturalmente, a prendere parte a queste morti che soffre la mia Volontà, e vivere in uno stato di continua agonia”.
(5) Ed io nel sentir ciò ho detto: “Gesù, amor mio, non mi sembra che sia così, è la tua privazione che mi uccide, che mi toglie la vita senza farmi morire”.
(6) E Gesù: “La mia privazione da una parte, la mia Volontà dall’altra, che tenendoti assorbita in Essa ti fa parte delle sue pene. Figlia mia, nel vero vivere nel mio Volere non c’è pena che la mia Volontà riceva dalle creature, che non renda partecipe all’anima che vive in Essa”.
(1) Stavo pensando sull’Immacolato Concepimento della mia Sovrana Regina Mamma, nella mia mente affluivano i pregi, le bellezze ed i prodigi del suo Immacolato Concepimento, prodigio che supera tutti gli altri prodigi fatti da Dio in tutta la Creazione. Ora, mentre ciò pensavo dicevo tra me: “Grande è il prodigio dell’Immacolato Concepimento, ma la mia Mamma Celeste non ebbe nessuna prova nel suo Concepimento, tutto le fu propizio, tanto da parte di Dio quanto da parte della sua natura creata da Dio così felice, così santa, così privilegiata, dunque, quale fu il suo eroismo e la sua prova? Se non fu escluso l’angelo nel Cielo, né Adamo nell’eden, solo la Regina di tutti doveva essere esclusa dall’aureola più bella, che la prova doveva mettere sul suo capo augusto di Regina e di Madre del Figlio di Dio?” Mentre ciò pensavo, il mio amabile Gesù muovendosi nel mio interno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, nessuno può essere a Me accettabile senza la prova. Se non ci fosse stata la prova avrei avuto una Madre schiava, non libera, e la schiavitù non entra nei nostri rapporti né nelle nostre opere, né può prendere parte al nostro libero amore. La mia Mamma ebbe la sua prima prova fin dal primo istante del suo Concepimento; non appena ebbe il suo primo atto di ragione, conobbe la sua volontà umana da una parte, e la Volontà Divina dall’altra, e fu lasciata libera a quale delle due volontà doveva aderire, e Lei, senza perdere un istante e conoscendo tutta l’entità del sacrificio che faceva, ci donò la sua volontà, senza volerla più conoscere, e Noi le facemmo dono della nostra, ed in questo scambio di donazione di volontà d’ambo le parti, affluirono tutti i pregi, le bellezze, i prodigi, i mari immensi di grazia nell’Immacolato Concepimento della più privilegiata di tutte le creature.
(3) E’ sempre la volontà che sono solito di provare. Tutti i sacrifici, anche la morte, senza della volontà mi farebbero schifo, e non attirerebbe neppure uno dei miei sguardi. Ma vuoi sapere tu quale fu il più grande prodigio operato da Noi in questa creatura sì santa, ed il più grande eroismo che nessuno, nessuno potrà mai uguagliare di sì bella creatura? La sua vita la incominciò con la nostra Volontà, la seguì e la compì, sicché si può dire che compì da dove incominciò, e cominciò da dove compì; ed il nostro più grande prodigio fu che in ogni suo pensiero, parola, respiro, palpito, moto e passo, il nostro Volere sboccava su di Lei e Lei ci offriva l’eroismo d’un pensiero, d’una parola, d’un respiro, d’un palpito divino ed eterno operante in Essa, questo la elevava tanto, che ciò che Noi eravamo per natura Lei lo era per grazia; tutte le altre sue prerogative, i suoi privilegi, il suo stesso Immacolato Concepimento, sarebbe stato un bel nulla a confronto di questo grande prodigio; anzi, fu questo che la confermò e la rese stabile e forte in tutta la sua vita. La mia Volontà continua, sboccante su di Lei, le partecipava la Natura Divina, ed il suo continuo riceverla la rese forte nell’amore, forte nel dolore, distinta fra tutti. Fu questa, la nostra Volontà operante in Lei che attirò il Verbo sulla terra, che formò il seme della fecondità divina per poter concepire un Uomo e Dio senza opera umana, e la fece degna d’essere Madre del suo stesso Creatore. Perciò Io insisto sempre sulla mia Volontà, perché conserva l’anima bella come uscì dalle nostre mani, la cresce come copia originale del suo Creatore; e per quante opere grandi e sacrifici uno possa fare, se la mia Volontà non entra in mezzo, Io li rifiuto, no li riconosco, non è cibo per Me; e le opere più belle senza della mia Volontà, diventano cibo della volontà umana, della propria stima e dell’ingordigia della creatura”.
(1) I miei giorni sono sempre più dolorosi, sono sotto al duro torchio della dura privazione del mio dolce Gesù, che come ferro micidiale mi sta sopra per uccidermi continuamente; ma mentre arma l’ultimo colpo per farla finita, me lo lascia sospeso sul mio capo ed io aspetto come refrigerio quest’ultimo colpo, per andarmene al mio Gesù, ma invano aspetto! E la povera anima mia, ed anche la mia natura, me le sento consumare e disciogliere. Ahi! i miei grandi peccati non mi fanno meritare di morire! Che pena! Che lunga agonia! Deh! mio Gesù, abbi pietà di me! ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)