(1) Continuando il mio solito stato, il mio dolce Gesù si faceva vedere intorno a me tutto pieno di attenzioni, pareva che mi vigilava in tutto, e come ciò faceva, così gli usciva una corda dal cuore che veniva alla volta del mio cuore; e se io ero attenta, la corda restava fissa nel mio e Gesù muoveva questa corda e si divertiva. Ed il mio amato Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, Io sono tutto attenzione per le anime; se mi corrispondono e fanno altrettante attenzione verso di Me, le corde del mio amore restano fisse nel loro cuore, ed Io moltiplico le mie attenzioni e mi diverto; altrimenti le corde restano sciolte, il mio amore respinto e contristato”.
(3) Poi ha soggiunto: “Per chi fa la mia Volontà e vive in Essa, il mio amore non trova inceppo, ed Io lo amo e prediligo tanto da riservare a Me solo tutto ciò che ci vuole per loro, ed aiuta, e direzione e soccorsi inaspettati, e grazie impreviste. Anzi sono geloso che altri li facciano qualche cosa; voglio fargli tutto Io, e giungo a tanta gelosia d’amore, che se do la potestà ai sacerdoti di consacrarmi nelle ostie sacramentali per farmi dare alle anime, invece a queste, come vanno ripetendo gli atti nella mia Volontà, come si rassegnano, come fanno uscire il volere umano per farvi entrare il Voler Divino, Io stesso mi riservo il privilegio di consacrare queste anime, e ciò che fa il sacerdote sull’ostia, Io faccio con loro, e non una volta, ma ogniqualvolta ripete gli atti nella mia Volontà, come calamita potente mi chiama, ed Io, qual ostia privilegiata me la consacro, le vo ripetendo le parole della Consacrazione; e questo lo faccio con giustizia, perché l’anima col fare la mia Volontà, si sacrifica di più di quelle anime che fanno la comunione e non fanno la mia Volontà, esse si vuotano di sé stesse per mettere Me, mi danno pieno dominio, se occorre sono pronte a soffrire qualunque pena per fare la mia Volontà, ed Io non posso aspettare, il mio amore non resiste per comunicarmi loro quando il sacerdote è comodo di dargli un’ostia sacramentale, perciò faccio tutto da Me. Oh! quante volte mi comunico prima che il sacerdote si senta comodo di comunicarla lui, se ciò non fosse, il mio amore resterebbe come inceppato e legato nei sacramenti. No, no, Io sono libero; i sacramenti li ho nel mio cuore, ne sono il padrone e posso esercitarli quando voglio”.
(4) E mentre ciò diceva, pareva che girava dappertutto per vedere se ci fossero anime che facevano la sua Volontà per consacrarle. Come era bello vedere l’amabile Gesù girare come in fretta, per fare l’ufficio di sacerdote e sentirlo ripetere le parole della consacrazione su quelle anime che facevano e vivono nel suo Volere. Oh! beate quelle anime che subiscono la consacrazione di Gesù, facendo il suo Santissimo Volere.
(1) Stavo dicendo al mio amato Gesù: “Gesù, ti amo, ma il mio amore è piccolo, perciò ti amo nel tuo amore per farlo grande; voglio adorarti con le tue adorazioni, pregare nella tua preghiera, ringraziarti nei tuoi ringraziamenti”. Ora, mentre ciò dicevo, il mio amabile Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, come hai messo il tuo amore nel mio per amarmi, il tuo ha restato fissato nel mio e si è allungato ed allargato nel mio, e mi son sentito amare come vorrei che la creatura mi amasse; e come adoravi nelle mie adorazioni, pregavi, ringraziavi, così restavano fisse in Me, e mi sentivo adorare, pregare e ringraziare con le mie adorazioni, preghiere e ringraziamenti. Ah! figlia mia, ci vuole grande abbandono in Me, e come l’anima si abbandona in Me, così Io mi abbandono in lei, e riempiendola di Me faccio Io stesso ciò che essa deve fare per Me. Se poi non si abbandona, allora ciò che fa resta fissato in lei, non in Me, e sento l’operato della creatura pieno d’imperfezioni e miserie, ciò che non potrà piacermi”.
(1) Continuando il mio solito stato, il mio dolce Gesù è venuto e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, Io sono tutto amore, sono come una fonte che non contengo altro che amore, e tutto ciò che potrebbe entrare in questa fonte perde la sua qualità e diventa amore, sicché in Me la giustizia, la sapienza, la bontà, la fortezza, ecc., non sono altro che amore, ma chi dirige questa fonte, questo amore e tutto il resto? Il mio Volere. Il mio Volere domina, regge, ordina; sicché tutte le mie qualità portano l’impronta del mio Volere, la Vita della mia Volontà, e dove trovano il mio Volere fanno festa, si baciano insieme; dove no, corrucciati si ritirano. Ora, figlia mia, chi si lascia dominare dalla mia Volontà e vive nel mio Volere, fa vita nella mia stessa fonte, essendo quasi inseparabile con Me, e tutto in lui si cambia in amore, sicché amore sono i pensieri, amore la parola, il palpito, l’azione, il passo, tutto; per lui è sempre giorno; ma se si scosta dalla mia Volontà, per lui è sempre notte e tutto l’umano, le miserie, le passioni, le debolezze, escono in campo e vi fanno il loro lavorio, ma che specie di lavorio, lavorio da piangere”.
(1) Stavo pregando per un’anima moribonda con un certo timore ed ansietà, e il mio amabile Gesù, venendo, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, perché temi? Non sai tu che ogni parola sulla mia Passione, pensiero, compatimento, riparazione, ricordo delle mie pene, tante vie di elettricità di comunicazione si aprono tra Me e l’anima, e quindi di tante varietà di bellezze si va adornando l’anima. Lei ha fatto le ore della mia Passione ed Io la riceverò come figlia della mia Passione, vestita del mio Sangue e ornata delle mie piaghe. Questo fiore è cresciuto nel tuo cuore, ed Io lo benedico e lo ricevo nel mio come un fiore prediletto”.
(3) E mentre ciò diceva, si sprigionava un fiore dal mio cuore, e prendeva il volo verso Gesù.
(1) Questa mattina il mio dolce Gesù è venuto e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, non ti stare in te, nella tua volontà, ma entra in Me e nella mia Volontà. Io sono immenso, e solo chi è immenso può moltiplicare gli atti per quanti ne vuole; chi sta in alto può dare luce al basso; non vedi il sole? Perché sta in alto è luce d’ogni occhio, anzi, ogni uomo può tenere il sole a sua disposizione, come se fosse tutto suo; invece le piante, gli alberi, i fiumi, i mari, ché stanno nel basso non stanno a disposizione di tutti, non possono dire come del sole: Se voglio lo faccio tutto mio, ad onta che possano goderlo gli altri. Ma però tutte le cose basse ricevono il benefizio del sole: chi la luce, chi il calore, la fecondità, il colore. Ora, Io sono la luce eterna, sto nel punto più in alto, e per quanto più in alto, più mi trovo ovunque e fin più giù, e perciò sono vita di tutti, e come se fosse solo per ciascuno. Quindi, se vuoi far bene a tutti, entra nella mia immensità, vivi in alto, distaccata da tutto ed anche da te stessa; altrimenti si farà terra intorno a te, e allora potrai essere una pianta, un albero, mai un sole, ed invece di dare devi ricevere, e il bene che farai sarà tanto stretto da poterlo numerare”.
(1) Me la passo tra privazioni ed ansie e spesso mi lamento col mio dolce Gesù, e Lui è venuto e avvicinandosi mi ha stretto al suo cuore e mi ha detto:
(2) “Beve al mio costato”.
(3) Io ho bevuto il santissimo sangue che usciva dalla piaga del suo cuore. Come ero felice! ma Gesù, non contento di farmi bere la prima volta, mi ha detto che bevesi la seconda e poi la terza volta. Io ne son rimasta meravigliata della sua bontà, che senza chiederlo, Lui stesso voleva che bevesi. Poi ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, ogniqualvolta ricordi che sei priva di Me e peni, il tuo cuore resta ferito con una ferita divina, la quale, essendo divina ha virtù di riflettere nel mio cuore e di ferire il mio. Questa ferita è dolce, è balsamo al mio cuore, ed Io me ne servo per raddolcirmi delle ferite crudeli che mi fanno le creature, della noncuranza di Me, dei disprezzi che mi fanno, fino a giungere a dimenticarsi di Me. Così, se l’anima si sente fredda, arida, distratta, e ne sente pena per cagione di Me, resta ferita e ferisce Me, ed Io ne resto sollevato”.
(1) Mi lamentavo con Gesù della sua privazione e dicevo tra me: “Tutto è finito, che giorni amari, il mio Gesù si è eclissato, si è ritirato da me; come posso più vivere?” Mentre ciò ed altri spropositi dicevo, il mio sempre amabile Gesù, con una luce intellettuale che da Lui mi veniva mi ha detto:
(2) “Figlia mia, la mia consumazione sulla croce continua ancora nelle anime. Quando l’anima è ben disposta e mi dà vita in sé, Io rivivo in lei come dentro della mia Umanità. Le fiamme del mio amore mi bruciano, sento le smanie di attestarlo alle creature e di dire: “Vedete quanto vi amo, non sono contento di avermi consumato sulla croce per amore vostro, ma voglio consumarmi in quest’anima per amore vostro, ché mi ha dato vita in sé”. E perciò faccio sentire all’anima la consumazione della mia Vita in lei. L’anima si trova come alle strette, soffre agonie mortali, non sentendo più la Vita del suo Gesù in lei si sente consumare. Come sente mancare la mia Vita in lei, di cui era abituata a vivere, si dibatte, trema, quasi come la mia Umanità sulla croce quando la mia Divinità, sottraendole la forza la lasciò morire. Questa consumazione nell’anima non è umana, ma tutta divina, ed Io sento la soddisfazione come un’altra mia Vita Divina si fosse consumata per amore mio, come difatti non è la sua vita che si è consumata, ma la mia che più non sente, più non vede, e le sembra che Io sia morto per lei. E alle creature rinnovo gli effetti della mia consumazione e all’anima le raddoppio la grazia e la gloria, sento il dolce incanto, le attrattive della mia Umanità che mi faceva fare quello che Io volevo. Perciò lasciami fare anche tu ciò che voglio in te, lasciami libero, ed Io svolgerò la mia Vita”.
(3) Un altro giorno mi lamentavo ancora e gli dicevo: “Come, mi hai lasciato?”
(4) E Gesù, serio ed imponente mi ha detto: “Zitta, non dire spropositi, non ti ho lasciato, sto nel fondo dell’anima tua, perciò non mi vedi e quando mi vedi è perché esco alla superficie della tua anima. Non ti distrarre, Io ti voglio tutta intenta in Me per poterti tenere a bene di tutti”.
(1) Continuando il mio solito stato, stavo pensando tra me che se il Signore volesse una cosa da me doveva darmi un segno, ed era quello di liberarmi dalla venuta del sacerdote. E il benedetto Gesù si è fatto vedere nel mio interno con una palla in mano, come in atto di gettarla a terra, e poi mi ha detto:
(2) “Figlia mia, questa è la tua passione predominante, che ti liberi dall’impiccio in cui la mia Volontà ti ha messo. Io ti tengo in questo stato per tutto il mondo, e me ne servo di te per non mandarlo a sfascio del tutto; invece, quell’altra cosa con cui potresti far bene è una piccola parte”.
(3) Ed io: “Mio Gesù, io non so capirlo, mi tieni senza patire, pare che mi tieni sospesa dallo stato di vittima, e poi mi dici che te ne servi di me per non mandare del tutto il mondo a sfascio?”
(4) E Gesù: “Eppure è falso che non soffri, al più non soffri pene tali da potermi disarmare del tutto, e se qualche volta resti sospesa non c’è la parte tua, il tuo volere, invece qui entrerebbe la tua volontà. Ah! tu non puoi capire la dolce violenza che mi fai col tuo aspettare, il sentirti sospesa, il non vedermi come una volta e restare allo stesso posto, senza spostare in nulla. E poi voglio essere libero su di te, quando mi piace ti terrò sospesa, quando non mi piace ti terrò legata, ti voglio in balia della mia Volontà senza tua volontà. Se sei contenta così, puoi farla, altrimenti no”.
(5) Un altro giorno mi sentivo male, col continuo rimettere che faccio, e stavo dicendo al mio dolce Gesù: Amor mio, che ci perdevi col darmi la grazia di non sentire necessità di prendere cibo, tanto che son costretta a rimetterlo?” Lo dico per ubbidire. E il mio amabile Gesù mi ha detto:
(6) “Figlia mia, che dici? Zitta, zitta, non lo dire più. Devi sapere che se tu non avessi bisogno di nulla, Io farei morire di fame i popoli, ma avendone tu bisogno, potendo servire alle tue necessità, Io, per amor tuo e per cagione tua, do le cose necessarie alle creature, sicché, se ti dessi ascolto vorresti male agli altri; invece, col prendere il cibo e poi rimetterlo, fai bene agli altri ed il tuo patire glorifica Me. Di più, quante volte mentre rimetti ti veggo soffrire, siccome soffri nella mia Volontà, Io prendo quel tuo patire, lo moltiplico e lo divido a bene delle creature e godo e dico fra Me: “Questo è il pane della figlia mia, che Io do a bene dei figli miei”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, il mio sempre amabile Gesù si faceva vedere nel mio interno come dentro di un cerchio di luce, e guardandomi mi ha detto:
(2) “Guardiamo, che abbiamo fatto di bene oggi?”
(3) E guardava e guardava. Io credo che quel cerchio di luce fosse la sua Santissima Volontà, e che avendomi unito io con la sua Santissima Volontà, perciò diceva così. Ed ha soggiunto:
(4) “In qualche modo Io sono stanco per le nefandezze dei sacerdoti, non ne posso più, vorrei farli finiti, oh! quante anime devastate, quante deturpate, quante idolatrate; servirsi delle cose sante per offendermi è il mio dolore più acerbo, è il peccato più esecrabile, è l’impronta della totale rovina, che attira le più grandi maledizioni e spezza qualunque comunicazione tra il Cielo e la terra. Questi esseri vorrei sradicarli dalla terra; perciò i castighi continueranno e si moltiplicheranno, la morte devasterà i paesi, molte case e strade scompariranno, non ci sarà chi le abiti, il lutto, la desolazione regnerà ovunque”.
(5) Io l’ho pregato e ripregato, ed essendosi trattenuto con me una buona parte della notte, era tanto sofferente che mi sentivo spezzare il cuore per il dolore, ma però spero che il mio Gesù si plachi.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, il mio sempre amabile Gesù appena è venuto e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, le creature vogliono sfidare la mia giustizia, non vogliono arrendersi, e perciò la mia giustizia fa il suo corso contro la creatura, e queste di tutte le classi, neppure quelli che si dicono miei ministri, e forse più degli altri. Che veleno tengono, e avvelenano chi li avvicina, invece di mettere Me nelle anime vogliono mettersi loro, vogliono farsi circondare, farsi conoscere, ed Io ne resto da parte. Il loro contatto velenoso invece di raccogliere le anime, me le distraggono; invece di ritirate, le rendono più libere, più difettose, tanto, che si veggono anime che non hanno contatto con loro più buone, più ritirate, sicché non posso fidarmi di nessuno; sono costretto a permettere che i popoli vadano lontano dalle chiese, dai sacramenti, affinché il loro contatto non me le avveleni di più e le renda più cattive. Il mio dolore è grande, le piaghe del mio cuore sono profonde, perciò prega, ed unita con quei pochi buoni che ci sono, compatisci il mio acerbo dolore”.