(1) Me la passo tra privazioni ed ansie e spesso mi lamento col mio dolce Gesù, e Lui è venuto e avvicinandosi mi ha stretto al suo cuore e mi ha detto:
(2) “Beve al mio costato”.
(3) Io ho bevuto il santissimo sangue che usciva dalla piaga del suo cuore. Come ero felice! ma Gesù, non contento di farmi bere la prima volta, mi ha detto che bevesi la seconda e poi la terza volta. Io ne son rimasta meravigliata della sua bontà, che senza chiederlo, Lui stesso voleva che bevesi. Poi ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, ogniqualvolta ricordi che sei priva di Me e peni, il tuo cuore resta ferito con una ferita divina, la quale, essendo divina ha virtù di riflettere nel mio cuore e di ferire il mio. Questa ferita è dolce, è balsamo al mio cuore, ed Io me ne servo per raddolcirmi delle ferite crudeli che mi fanno le creature, della noncuranza di Me, dei disprezzi che mi fanno, fino a giungere a dimenticarsi di Me. Così, se l’anima si sente fredda, arida, distratta, e ne sente pena per cagione di Me, resta ferita e ferisce Me, ed Io ne resto sollevato”.