(1) Continuando il mio solito stato, il mio adorabile Gesù mi faceva vedere la sua Sacratissima Umanità, tutte le sue piaghe, le sue pene; e da dentro le sue piaghe, fin dalle sue gocce di sangue uscivano tanti rami carichi di frutti e fiori, e pareva che mi comunicava le sue sofferenze e tutti i suoi rami carichi di fiori e frutti. Io sono rimasta meravigliata nel vedere la bontà di nostro Signore che mi partecipava tutti i suoi beni, senza escludermi di niente di tutto ciò che Lui conteneva; ed il benedetto mi ha detto:
(2) “Figlia diletta mia, non ti meravigliare di ciò che vedi, perché non sei sola o unica, perché in tutti i tempi vi ho tenuto le anime, che per quanto può una creatura, in qualche modo perfettamente, potesse ricevere lo scopo della mia Creazione, Redenzione e Santificazione, e potesse la creatura ricevere tutti i beni per cui l’ho creato, redento e santificato; altrimenti, se Io non avessi in ogni tempo, fosse pure una sola, si renderebbe frustranea tutta la mia opera, almeno per qualche tempo. Questo è ordine della mia provvidenza, della mia giustizia e del mio amore, che in ogni tempo vi tenessi almeno una sola che Io potessi parteciparle tutti i beni, e che la creatura mi desse tutto ciò che mi deve come creatura, altrimenti a che pro mantenere il mondo? In un momento lo sconquasserei. E perciò appunto mi scelgo le anime vittime, che come la divina giustizia trovò in Me tutto ciò che dovrebbe trovare in tutte le creature, e mi partecipò tutti insieme i beni che avrebbe partecipato a tutte le creature, in modo che la mia Umanità conteneva tutto, così nelle vittime trovo tutto in loro, e le partecipo tutti i miei beni. Nel tempo della mia Passione vi ebbi la mia carissima Madre, che mentre le partecipavo tutte le mie pene e tutti i miei beni, Essa come creatura era attentissima a radunare in Sé tutto ciò che mi avrebbero fatto le creature, quindi Io trovavo in Lei tutta la mia soddisfazione e tutta la gratitudine, il ringraziamento, la lode, la riparazione, la corrispondenza che dovevo trovare in tutti gli altri. Poi veniva la Maddalena, Giovanni, e così in tutti i tempi della Chiesa, onde per fare che dette anime mi fossero più gradite e potessi sentirmi tirato a dargli tutto, le prevengo prima e poi le nobilito l’anima, il corpo, il tratto, e fin la voce, in modo che una sola parola ha tanta forza, è tanto graziosa, dolce, penetrante, che tutto mi commuove e m’intenerisce, mi cambia, e dico: Ah! è questa la voce della mia diletta, non posso fare a meno di ascoltarla, sarebbe come se volessi negare a Me stesso ciò che vuole, se non debbo ascoltarla mi conviene toglierle la volontà di farla parlare, ma mandarla vuota non mai; sicché tra essa e Me, passa tale elettricità d’unione, che l’anima stessa non tutto può comprendere in questa vita, sebbene lo comprenderà con tutta chiarezza nell’altra”.
(1) Questa mattina dopo aver molto stentato, vedevo Nostro Signore crocifisso, ed io stavo baciando le piaghe delle sue mani, e riparando e pregando che santificasse, perfezionasse, purificasse tutte le opere umane per amor di quanto aveva sofferto nelle sue santissime mani, ed il benedetto Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, le opere che più inaspriscono le mie mani, e che più mi amareggiano ed allargano le mie piaghe, sono le opere buone fatte con disattenzione, perché la disattenzione toglie la vita all’opera buona, e le cose che non hanno vita sono sempre prossime a marcire; quindi a Me mi fanno nausea, ed all’occhio umano è più scandalo l’opera buona fatta senza attenzione, che lo stesso peccato, poiché il peccato si sa ch’è tenebre, e non è maraviglia che le tenebre non danno luce; ma l’opera buona ch’è luce e dà tenebre, offende tanto l’occhio umano, che non sa più dove trovare la luce, e quindi trova un ingombro nella via del bene”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, quando appena è venuto il benedetto Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, la vera carità è quando facendo il bene al prossimo, lo fa perché è mia immagine. Tutta la carità che esce da questo ambiente non si può dire carità; se l’anima vuole il merito della carità, non deve mai uscire da questo ambiente di riguardare in tutto la mia immagine. Tanto vero che sta in questo la vera carità, che la stessa carità mia non esce mai da questo ambiente, tanto ama la creatura perché immagine mia, e se col peccato deforma questa immagine mia, non mi sento più d’amarla, anzi l’aborrisco; e tanto conservo le piante, gli animali, perché servono alle mie immagini, e la creatura deve modificare tutta sé stessa all’esempio del suo Creatore”.
(1) Essendo stata molto sofferente per la privazione del mio dolcissimo Gesù, questa mattina, giorno dei dolori di Maria Santissima, dopo avere in qualche modo stentato, è venuto e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, che vuoi che tanto mi brami?”
(3) Ed io: “Signore, quello che tenete per Voi, quello bramo per me”.
(4) Ed Lui: “Figlia mia, per Me tengo spine, chiodi e croce”.
(5) Ed io: “Ebbene, quello voglio per me”. E mi ha dato la sua corona di spine e mi partecipava i dolori della croce, e dopo ha soggiunto:
(6) “Tutti possono partecipare ai meriti ed ai beni che fruttificavano i dolori in mia Madre. Chi anticipatamente si mette nelle mani della provvidenza, offrendosi a patire qualunque sorta di pene, miserie, malattie, calunnie e tutto ciò che il Signore disporrà sopra di essa, viene a partecipare al primo dolore della profezia di Simeone. Chi attualmente si trova nelle sofferenze e sta rassegnato e si tiene più stretto con Me, non mi offende e come mi salvasse dalle mani di Erode, e sano e salvo mi custodisce nell’Egitto del suo cuore, e quindi partecipa al secondo dolore. Chi si trova abbattuto di animo, arida e priva della mia presenza, e sta salda e fedele ai suoi soliti esercizi, anzi prende occasione come amarmi e cercarmi di più, senza stancarsi, viene a partecipare ai meriti e beni che acquistò la mia Madre nel mio smarrimento. Chi in qualunque occasione si trova, specie di vedermi offendere gravemente, disprezzato, calpestato, e cerca di ripararmi, di compatirmi, e di pregare per quegli stessi che mi offendono, è come se incontrassi in quell’anima la mia stessa Madre, che se avesse potuto mi liberava dai miei nemici e vi partecipa al quarto dolore. Chi crocifigge i suoi sensi per amore della mia crocifissione, e cerca di ricopiare in sé le virtù della mia crocifissione, vi partecipa al quinto. Chi sta in continua attitudine d’adorare, di baciare le mie piaghe, di riparazione, di ringraziamento ed altro, a nome di tutto l’umano genere, è come se mi tenesse nelle sue braccia, come mi tenne la Madre mia quando fui deposto dalla croce, e vi partecipa al sesto dolore. Chi si mantiene in grazia mia e vi corrisponde, e non dà a nessun altro ricetto nel proprio cuore che a Me solo, è come mi seppellisse nel centro del cuore, e vi partecipa al settimo”.
(1) Stando molto afflitta per gli stenti che il benedetto Gesù mi fa soffrire nell’aspettarlo, questa mattina nel farsi vedere appena, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, mi dispiace il tuo dispiacere e il vederti come immersa in amara afflizione per la mia privazione. Sento tanta pena della tua afflizione, specie ché è per causa mia, che la sento come se fosse mia propria; ed è tanto grande, che se si uniscono insieme tutte le afflizioni degli altri, non mi farebbero tanta pena come la tua sola, perché è sola per causa mia. Perciò, mostrami il tuo volto ilare e fammi vedere che sei contenta”.
(3) Poi si è stretto forte con me ed ha soggiunto:
(4) “Il segno che l’anima è perfettamente stretta ed unita con Me, se è riunita con tutti i prossimi. Come nessuna nota scordante e frammischiate deve esistere con quelli che sono in terra visibili, così nessuna nota scordante di disunione può esistere col invisibile Iddio”.
(1) Continuando il mio solito stato, quando appena è venuto il benedetto Gesù, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, la conoscenza di sé stessa vuota l’anima di sé stessa e la riempie di Dio; non solo, nell’anima ci sono tanti ripostigli, e tutto ciò che nel mondo si vede a seconda il concetto che si forma, così, chi più, chi meno, prendono posto in questi ripostigli. Ora l’anima che conosce sé stessa, ed è ripiena di Dio, conoscendo che essa è un nulla, anzi per un vaso fragile, marcioso, puzzolente, ben si guarda di fare entrare nel suo interno altro marciume fetente, quali sono le cose che nel mondo si veggono. Sarebbe ben pazzo colui che avendo una piaga marciosa va radunando altro marciume per metterlo sulla sua piaga. Ora conoscere sé stessa porta con sé la conoscenza delle cose del mondo, quindi, come tutto è vanità, fugacità, beni solo mascherati, inganni, incostanza di creatura, onde conoscendo quali sono le cose in sé stesse, ben si guarda dal farle entrare in sé stessa, e tutti quei ripostigli vi restano ripieni delle virtù di Dio”.
(1) Avendo letto un libro che trattava delle virtù, guardando me stessa stavo impensierita ché non vedevo in me nessuna virtù; se non fosse solo che voglio amarlo, lo voglio, vi amo, e voglio essere amata da Gesù benedetto, niente, niente esisteva in me di Dio. Or, trovandomi nel solito mio stato, il mio adorabile Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, quanto più l’anima giunge al termine, per avvicinarsi alla fonte d’ogni bene, qual è il vero e perfetto amore di Dio, dove tutto resterà sommerso e solo l’amore galleggerà per essere il motore di tutto, così l’anima sperderà tutte le virtù che ha praticato per il viaggio, per rinchiudere tutto nell’amore e riposarsi di tutto per solo amare; non vi sperdono tutto i beati nel Cielo per solo amore? Così l’anima, più cammina, meno sente il diverso lavorio delle virtù, perché l’amore investendole tutte, le converte tutte in sé, tenendole in sé stesso a riposo, come tante nobili principesse, lavorando lui solo e dandole vita a tutte, e mentre l’anima non le avverte, nell’amore le trova tutte; ma però più belle, più pure, più perfette, più nobilitate, e se l’anima lo avverte è segno che sono divise dall’amore. Come per esempio, uno riceve un comando, e l’anima esercita l’ubbidienza per ubbidire a quel tale per acquistare la virtù, per sacrificare la volontà propria, e tant’altre ragioni che ci possono essere; ora facendo così già si avverte che si esercita l’ubbidienza, si sente la fatica, il sacrificio che porta con sé questa virtù. Un’altra ubbidisce, non per ubbidire a quel tale, né per altre ragione; ma conoscendo che Iddio si dispiacerebbe della sua disubbidienza, guarda Dio in quel che comanda, e per amor suo sacrifica tutto ed ubbidisce. L’anima non avverte in questo che obbedisce, ma solo che ama, perché solo per amore ha ubbidito; altrimenti avrebbe disubbidito lo stesso, e così di tutto il resto. Quindi, coraggio al cammino, che quanto più si cammina, tanto più presto, anche di qua pregusterai la beatitudine eterna del solo e vero amore”.
(1) Questa mattina trovandomi nel solito mio stato, è venuto Gesù tutto all’improvviso e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, che stoltezza, anche nelle cose sante pensano come contentare sé stessi, se nelle cose sante mi fanno sfuggire, dove Io troverò un posto nelle azioni delle mie creature? Che inganno! mentre il tutto sta nel prevenire le azioni dell’amore, nell’eseguirle, radunare quante più cose può per accrescere l’amore, e starsi tanto vicino a Me per bere alla sorgente del mio amore, per immergersi tutto nel mio amore. Eppure che abbaglio! fanno tutto diversamente”.
(3) Detto ciò è scomparso.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, dopo avere molto stentato, quando appena è venuto il benedetto Gesù, quasi in atto di mandare flagelli, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, il peccato è fuoco, la mia giustizia è fuoco. Or dovendo la mia giustizia mantenersi sempre uguale, sempre giusta nel suo operare, e non ricevere in sé nessun fuoco profano, quando il fuoco del peccato vuole unirsi al suo, lo versa sulla terra, convertendolo in fuoco di castigo”.
(1) Considerando la mia miseria, la debolezza della natura umana, mi sentivo d’essere un oggetto tanto abominevole a me stessa, ed immaginavo come più sono abominevole innanzi a Dio, e dicevo tra me: “Signore, come si è fatta brutta la natura umana”. Or venendo, quando appena mi ha detto:
(2) “Figlia mia, niente è uscito dalle mie mani che non sia buono, anzi ho creato la natura umana bella e speciosa, e se l’anima la vede fangosa, marciosa, debole, abominevole, questo serve alla natura umana come serve il letame alla terra, che chi non capisce il tutto direbbe: Pazzo è costui che imbratta il terreno di queste lordure; mentre chi capisce sa che quelle lordure servono a fecondare la terra, a far crescere le piante, e rendere più belle e saporite le frutta. Onde, ho creato l’umana natura con queste miserie, per riordinare in essa l’ordine di tutte le virtù, altrimenti resterebbe senza esercizio di vere virtù”.
(3) Onde, vedevo nella mia mente la umana natura come se fosse tutta piena di buchi, ed in questi buchi si stava la marcia, il fango, e da dentro vi uscivano rami carichi di fiori e frutti. Quindi comprendevo che il tutto sta all’uso che ne facciamo, anche delle stesse miserie.