(1) Continuando a fare ciò che Gesù benedetto m’insegnò di fare il giorno 4 di detto mese, sebbene qualche volta mi distraggo; ma mentre qualche volta mi dimentico, Gesù pare che nel mio interno si mette in guardia e lo fa Lui per me, onde io vedendo ciò arrossisco e subito mi unisco insieme e ne faccio l’offerta di ciò che attualmente sto facendo, e questo fosse pure uno sguardo, una parola, vado dicendo: “Signore, tutta quella gloria che le creature dovrebbero darvi con la bocca e non vi danno, io intendo di darvela con la mia, ed impetro a loro di fare buono e santo uso della bocca, unendomi sempre con la stessa bocca di Gesù”. Ora mentre in tutte le cose mie ciò facevo, è venuto e mi ha detto:
(2) “Ecco la continuazione della mia vita, quale era la gloria del Padre ed il bene delle anime; se in ciò persevererai, tu formerai la mia vita, ed Io la tua, tu sarai il mio respiro ed Io il tuo”.
(3) Dopo ciò Gesù si metteva a riposare sul cuor mio, ed io sul cuore di Lui, e pareva che Gesù tirasse il respiro da me, ed io lo tiravo per mezzo di Gesù. Che felicità, qual gaudio, che vita celeste esperimentavo in quella posizione. Sia sempre ringraziato e benedetto il Signore, che tanta misericordie usa con questa peccatrice.
(1) Dopo d’aver passati vari giorni di privazione, quest’oggi, mentre m’accingevo a fare la meditazione, la mia mente è stata distratta in altro, e per mezzo di luce comprendevo che l’anima nell’uscire dal corpo entra in Dio; e siccome Dio è purissimo amore, l’anima allora entra in Dio quando è un complesso d’amore, perché Iddio nessuno riceve in Sé se non è al tutto simile a Lui, e trovandola, la riceve e le partecipa tutte le sue doti. Sicché, staremo in Dio al di là del cielo, come qui stiamo nella propria stanza.
(2) Ora questo mi pareva che si potrebbe fare anche nel corso della nostra vita, per risparmiare le fatica al fuoco del purgatorio, ed a noi la pena, e così essere introdotti subito, senza alcuna interruzione nel nostro sommo bene Iddio. Onde mi pareva che l’alimento del fuoco sono le legne, e per essere certo che le legne si sono ridotte in fuoco, è quando si scorge che non produce più fumo. Ora, principio e fine di tutte le nostre azioni dev’essere il fuoco dell’amor di Dio; le legne che devono alimentare questo fuoco sono le croce, le mortificazione; il fumo che s’innalza in mezzo alle legne ed il fuoco sono le passioni, le inclinazioni che spesso fanno capolino; onde il segno che tutto sia in noi consumato in fuoco, è se le nostre passioni stanno a posto e non sentiamo più inclinazione a tutto ciò che non riguarda Iddio.
(3) Pare che con ciò passeremo liberi senza nessun ostacolo ad abitare nel nostro Dio, e giungeremo anche di qua a godere il paradiso anticipato.
(1) Questa mattina, il mio adorabile Gesù è venuto glorioso, con le piaghe risplendenti più che sole e con una croce in mano. In questo mentre vedevo pure una ruota sporgente quattro angoli, pareva che ad un’angolo sfuggiva la luce e rimaneva allo scuro; in questo oscuramento rimaneva la gente come abbandonata da Dio, e succedevano guerre sanguinose contro la Chiesa e contro loro stesse. Ah! pareva che le cose dette da Gesù benedetto per lo innanzi si vanno avvicinando a veloci passi. Ora Nostro Signore vedendo tutto ciò, mosso a compassione si è avvicinato alla parte oscura ed ha gettato sopra la croce che aveva in mano dicendo con voce sonora:
(2) “Gloria alla croce”
(3) E pareva che quella croce richiamava la luce, ed i popoli scuotendosi imploravano aiuto e soccorro. E Gesù ha ripetuto:
(4) “Tutto il trionfo e la gloria sarà della croce, altrimenti i rimedi peggioreranno gli stessi mali; dunque la croce, la croce”.
(5) Chi può dire quanto sono lasciata afflitta ed impensierita a ciò che potrà succedere?
(1) Questa mattina il mio adorabile Gesù è venuto e mi ha trasportato fuori di me stessa, in mezzo alle gente; chi può dire i mali, gli orrori che si vedevano? Onde tutto afflitto mi ha detto:
(2) “Figlia mia, che puzza che tramanda la terra; mentre doveva essere una col Cielo, e siccome nel Cielo non si fa altro che amarmi, lodarmi e ringraziarmi, l’eco del Cielo doveva assorbire la terra e formarne uno solo, ma la terra si è resa insopportabile, onde vieni tu ed unisciti col Cielo, ed a nome di tutti vieni a darmi una soddisfazione per loro”.
(3) In un istante mi sono trovata in mezzo ad angeli e santi; non so dire come mi sono sentita una infusione di ciò che cantavano e dicevano gli angeli ed i santi; ed io al pari di loro ho fatto la mia parte a nome di tutta la terra. Il mio dolce Gesù tutto contento dopo ciò ha detto rivolto a tutti:
(4) “Ecco dalla terra una nota angelica, quanto mi sento soddisfatto”.
(5) E mentre ciò diceva, quasi per ricompensarmi mi ha preso fra le sue braccia, mi baciava e ribaciava, e mostrandomi a tutta la corte Celeste, come oggetto delle sue più care compiacenze. Nel vedere ciò, gli angeli hanno detto:
(6) “Signore, vi preghiamo mostrate ciò che avete operato in quest’anima alle gente, con un segno prodigioso della vostra onnipotenza, per la gloria vostra e per il bene delle anime non tenete più nascosti i tesori in lei versati, onde vedendo e toccando loro stessi la vostra onnipotenza in un’altra creatura, può essere di ravvedimento ai cattivi e di maggior sprone a chi vuol essere buono”.
(7) Io nel sentir ciò mi sono sentita sorprendere da un timore, e tutta annullandomi, tanto che mi vedevo come un piccolo pesciolino, mi sono gettata nel cuore di Gesù dicendo: “Signore non voglio altro che voi, e di essere nascosta in voi; questo vi ho chiesto sempre, e questo vi prego a confermarmi”. E detto ciò mi sono rinchiusa nell’interno di Gesù, come nuotando nei vastissimi mari dell’interno di Dio. E Gesù ha detto a tutti:
(8) “Non l’avete sentito? Non vuol altro che Me, ed essere nascosta in Me, questo è il suo più gran contento; ed Io nel vedere un’intenzione così pura mi sento più tirato verso di lei, e vedendo il suo dispiacere se mostrassi alle gente con un segno prodigioso l’opera mia, per non contristarla non le concedo ciò che mi avete domandato”.
(9) Ma gli angeli pareva che insistevano, ma io non ho dato più retta a nessuno, non facevo altro che nuotare in Dio, per comprendere l’interno Divino; ma ché, mi pareva di essere come un fanciullino che vuole stringere nella sua piccola manina un’oggetto di smisurata grandezza, che mentre lo prende gli sfugge, ed appena gli riesce di toccarlo, sicché non può dire né quanto pesa, né quanta larghezza conteneva quell’oggetto, ossia come un altro fanciullo che non conoscendo tutta la profondità degli studi, dice con l’ansia di dover imparar tutto in un breve tempo, ed appena gli riesce d’imparare le prime lettere dell’alfabeto. Così la creatura non può dire altro: “L’ho toccato, è bello, è grande, non c’è bene che non possiede; ma quanto è bello? Quanta grandezza contiene? Quanti beni possiede? Non so dirlo, ossia, può dire di Dio le prime lettere dell’alfabeto, lasciando indietro tutta la profondità degli studi. Sicché, i miei carissimi fratelli, angioli e santi, anche in Cielo, come creature non hanno la capacità di comprendere in tutto il loro Creatore, sono come tanti recipienti ripieni di Dio, che volendo riempirli di più, traboccano fuori. Credo che sto dicendo tanti spropositi, perciò faccio punto.
(1) Avendo fatto la comunione, stavo pensando come offrire una cosa più speciale a Gesù, come attestare il mio amore e dargli un maggior gusto; onde gli ho detto: “Dilettissimo mio Gesù, ti offro il mio cuore, a tua soddisfazione ed in tua eterna lode; e ti offro tutta me stessa, anche le minime particelle del mio corpo, come tanti muri da mettere innanzi a te per impedire qualunque offesa che vi venga fatta, accettandole tutte sopra di me se fosse possibile, ed in tuo piacere fino al giorno del giudizio; e perché voglio la mia offerta sia completa e vi soddisfa per tutti, intendo che tutte quelle pene che sopporterò ricevendo sopra di me le vostre offese vi ricompensino di tutta quella gloria che vi dovevano dare i santi che stanno nel Cielo, quando stavano sulla terra; quelle che vi dovevano dare le anime del purgatorio e quella gloria che vi dovevano tutti gli uomini passati presenti e futuri; ve li offro per tutti in generale e per ciascuno in particolare”. Appena ho finito di dire, il benedetto Gesù, tutto commosso per tale offerta mi ha detto:
(2) “Diletta mia, tu stessa non puoi capire il gran contento che mi hai dato con l’offrirti in questo modo; mi hai lenito tutte le mie ferite e mi hai dato una soddisfazione per tutte le offese passate, presenti e future, ed Io la terrò in conto per tutta l’eternità, come una gemma più preziosa che mi glorificherà eternamente; ed ogni qual volta la guarderò darò a te nuova e maggiore gloria eterna.
(3) Figlia mia, non ci può essere ostacolo maggiore che impedisce l’unione tra Me e le creature, e che si oppone alla mia Grazia, quanto la propria volontà. Tu con l’offrirmi il tuo cuore a mia soddisfazione, ti sei vuotata di te stessa, e vuotandoti di te, Io mi riverserò tutto in te; e dal tuo cuore mi verrà una lode riportante le stesse note delle lode del mio cuore, che continuamente dà al mio Padre per soddisfare alla gloria che non gli danno gli uomini”.
(4) Mentre ciò diceva, vedevo che mediante la mia offerta uscivano da tutte le parti di me stessa tanti rivoli che si versavano sopra al benedetto Gesù, e che poi con impeto e più abbondanti li riversava su tutta la corte celeste, sul purgatorio e su tutte le gente. Oh! bontà del mio Gesù, nell’accettare una sì misera offerta, che l’ha ricompensato con tanta grazia. Oh! prodigio delle sante e pie intenzioni, se in tutte le nostre opere anche triviali se ce ne avvallassimo, qual traffico non faremmo? Quante proprietà eterne non acquisteremmo? Quanta gloria di più non daremmo al Signore?
(1) Questa mattina, dopo d’avere stentato molto nell’aspettare il mio adorabile Gesù, io però mentre l’aspettavo facevo quanto più potevo d’unire tutto ciò che stavo operando nel mio interno, coll’interno di nostro Signore, intendendo dargli tutta quella gloria e riparazione che gli dava l’Umanità sua Santissima. Ora mentre ciò facevo, il benedetto Gesù è venuto e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, quando l’anima se ne serve come mezzo d’operare della mia Umanità, fosse anche un pensiero, un respiro, un’atto qualunque, sono come tante gemme che escono dalla mia Umanità, e si presentano innanzi alla Divinità, e siccome escono per mezzo della mia Umanità, hanno gli stessi effetti del mio operare quando stavo sulla terra”.
(3) Ed io: “Ah! Signore, mi sento come un dubbio, come può essere che con la semplice intenzione nell’operare, fosse anche nelle minime cose, mentre considerandole sono cose da niente, vuote, e pare che la sola intenzione dell’unione vostra e di piacere solamente a voi le riempie, e voi l’innalzate in quel modo supremo facendola comparire come una cosa grandissima?”
(4) “Ah! figlia mia, vuoto è l’operare della creatura, fosse pure un’opera grande, ma è la mia unione e la semplice mira di piacere a Me che la riempie, e siccome il mio operare, fosse anche un respiro accede in un modo infinito tutte le opere delle creature insieme, ecco la causa che la rende sì grande, e poi, non sai tu che chi si serve come mezzo della mia Umanità, d’operare le sue azioni viene a nutrirsi dei frutti della mia stessa Umanità, e ad alimentarsi del mio stesso cibo? Oltre di ciò, non è forse la buona intenzione che fa l’uomo santo, e la cattiva che lo fa perverso? Non sempre si fanno cose diverse, ma le stesse azioni uno si santifica e l’altro si pervertisse”.
(5) Ora mentre ciò diceva, vedevo dentro di Nostro Signore un’albero verdeggiante, pieno di belli frutti, e quelle anime che operavano per piacere solo a Dio, e per mezzo dell’Umanità sua, le vedevo dentro di lui, sopra di quest’albero, e la sua Umanità serviva d’abitazione a quest’anime. Ma quanto era scarsissimo il loro numero.
(1) Passando vari giorni di privazione e di silenzio, questa mattina nel venire continuava il suo silenzio, e sebbene l’ho tenuto quasi sempre con me, per quanto ho fatto non mi è riuscito di fargli dire una sola parola, pareva che teneva una cosa nel suo interno che l’amareggiava, tanto che lo rendeva taciturno e che non voleva che io lo sapessi. Ora mentre Gesù se ne stava con me, mi è parso di vedere la Regina Mamma, e nel vedere Gesù con me, mi ha detto:
(2) “Tu lo tieni? Meno male che sta con te, ché se deve sfogare il giusto furore, stando con te lo trattieni; figlia mia, prega che trattenga i flagelli, ché i malevoli stanno tutti in pronto per uscire, ma si vedono legati da una potenza suprema che l’impedisce, ed anche la giustizia divina permetterà non facendolo quando piace a loro, si avrà questo bene che conosceranno l’autorità divina sopra di loro, e diranno: “L’abbiamo fatto, ché ce è stato dato il potere dall’alto”. Figlia mia, che guerra ci cova nel mondo morale, fa orrore a vederlo; eppure, il primo alimento che si dovrebbe cercare nella società, nelle famiglie e da ogni anima, dovrebbe essere la pace, tutti gli altri alimenti si rendono insalubri senza di essa, fosse pure le stesse virtù, la carità, il pentimento, senza della pace non portano né sanità, né vera santità; eppure dal mondo di oggi si è scartato questo alimento della pace sì necessario e salubre, e non si vuole altro che turbolenze e guerre. Figlia mia, prega, prega”.
(1) Il benedetto Gesù viene alla sfuggita, quasi come un lampo, ed in quel lampo fa uscire da dentro il suo interno, ora uno speciale distintivo d’un suo attributo, ed ora un’altro, quante cose fa comprendere in quel lampo; ma ritiratosi quel lampo, la mente rimane al oscuro, e non sa adattarsi a ridire ciò che ha compreso in quel lampo di luce, molto più che essendo cose che toccano la Divinità, l’umana lingua si stenta a saperle ridire, e quanto più si sforza, più muta ne resta, anzi in queste cose è sempre neonata bambinella. Ma l’ubbidienza vuole che mi sforzi a dire quel poco che posso, ed ecco: “Mi pareva che tutti i beni Iddio li contiene in Sé stesso; di modo che, trovando in Dio tutti i beni che Lui contiene, non è necessario andare altrove per vedere l’ampiezza dei suoi confini, no, ma Lui solo basta per ritrovare tutto ciò che è suo. Ora, in un lampo mostrava un distintivo speciale della sua bellezza; ma chi può dire quanto è bello? Solo so dire che confrontate tutte le bellezze angeliche ed umane, le bellezze della varietà dei fiori e dei frutti, lo splendido azzurro e stellato cielo, che pare che guardandolo c’incanta e di una bellezza suprema ci parla, sono ombre o alito che Dio ha mandato della sua bellezza che in Esso contiene; ossia quelle piccole gocce di rugiada confrontate alle immense acque del mare; passo innanzi ché la mia mente incomincia a sperdersi. In un’altro lampo un distintivo speciale dell’attributo della carità; ma tre volte santo, come potrò io miserabile aprire bocca su di questo attributo, che è la fonte da cui tutti gli altri attributi derivano? Dirò solo quello che compresi in riguardo all’umana natura. Onde compresi che Dio nel crearci, questo attributo della carità si riversa in noi e ci riempie tutto di Sé, in modo che se l’anima corrispondesse, essendo riempita del soffio della carità di Dio, la stessa natura dovrebbe in carità per Dio trasmutarsi; e come l’anima si va diffondendosi nell’amore delle creature o dei piaceri, o dell’interesse, o di qualunque altra cosa, così quel soffio divino va uscendo dall’anima; e se giunge a diffondersi in tutto, l’anima resta vuota della carità divina. E siccome in Cielo non si entra se non si è un complesso di carità purissima, tutta divina, se l’anima si salva, questo soffio ricevuto nell’essere creata, l’andrà a riacquistare a forza di fuoco nelle fiamme purgante, ed allora ne uscirà quando giungerà fino a trabocarne fuori. Onde chi sa qual tappa lunghissima ne conviene fare in quel luogo espiatorio. Ora, se tale dovrebbe essere la creatura, che sarà il Creatore? Credo che sto dicendo tanti spropositi, ma non me ne faccio meraviglia, perché non sono mica qualche dotta, sono sempre un’ignorante, e se c’è qualche cosa di verità in questi scritti, non è mio, ma di Dio, ed io resto sempre l’ignorantella che sono.
(1) Questa mattina, il benedetto Gesù nel venire pareva che faceva cerchio delle sue braccia come per rinchiudermi dentro, e mentre mi stringeva mi ha detto:
(2) “Figlia mia, quando l’anima fa tutto per Me, tutto resta rinchiuso dentro di questo cerchio, niente esce fuori, fosse pure un sospiro, un palpito, un movimento qualunque; tutto entra in Me, ed in Me tutto resta numerato, ed Io in ricompensa li riverso nell’anima, ma tutti raddoppiati di grazia, in modo che l’anima riversandoli un’altra volta in Me ed Io in lei, viene ad acquistare un capitale sorprendente di grazia, e tutto questo è il mio dilettarmi, cioè, dare alla creatura ciò che mi ha dato come se fosse cosa sua, aggiungendo sempre del mio. E chi, con la sua ingratitudine impedisce che gli dia ciò che voglio, impedisce le mie innocenti delizie. Chi poi non opera per Me, tutto va fuori del mio cerchio, sperduto, come la polvere da un vento impetuoso”.
(1) Dopo di aver passato vari giorni di timore e dubbi sul mio stato, credendolo tutto un lavorio della mia fantasia, e delle volte si fissava tanto la mia mente in questo, che giungevo a lamentarmi ed a dispiacermi con Nostro Signore dicendo: “Che pena, che disgrazia è stata la mia essere vittima della mia fantasia, credevo di vedere voi ed invece era tutta allucinazione della fantasia; credevo di adempire il vostro Volere stando per tanto tempo in questo letto, e chi sa che non è stato un frutto anche della fantasia. Signore, fa pena, fa spavento il solo pensarlo; il tuo Volere raddolciva tutto, ma questo mi amareggia fin nelle midolle delle ossa; deh! datemi la forza d’uscire da questo stato fantastico”. E mi fissavo tanto da non sapermi distrarre, tanto che giungevo a pensare che la fantasia mi avrebbe preparato un posto nell’inferno; sebbene cercavo di sbrigarmi col dire: “Ebbene, me ne servirò della fantasia come poterlo amare nell’inferno”.
(2) Ora mentre mi trovavo in questa fissazione, il benedetto Gesù ha voluto accrescere la mia dolorosa posizione, col muoversi dentro di me, dicendo: “Non dare retta a questo, altrimenti Io ti lascio e ti faccio vedere se sono Io che vengo oppure è la tua fantasia che travede”.
(3) Con tutto ciò non mi sono impensierita per allora dicendo: “Ah, sì, non avrà il coraggio di farlo, è tanto buono; eppure l’ha fatto difatti”.
(4) E’ inutile il dire ciò che ho passato parecchi giorni priva di Gesù, andrei troppo per le lunghe, solo il ricordarmi mi gela il sangue nelle vene, perciò passo innanzi. Ora, avendo detto tutto ciò al confessore, pare che lui è stato il mio mediatore. Avendo incominciato a pregare insieme che si benignasse a venire, così mi sono sentita perdere i sensi, e si faceva vedere da lontano lontano, quasi in cagnesco che non ci voleva venire, io non ardivo, ma il confessore insisteva unendo l’intenzione che mi avesse partecipato la crocifissione, onde per contentare il confessore si è avvicinato e mi ha partecipato i dolori della croce, e dopo come se avesse fatto pace mi ha detto:
(5) “Era necessario che ti privassi di Me, altrimenti non ti avresti convinto se sono Io oppure la fantasia. La privazione giova a fare conoscere da dove vengono le cose, e la preziosità dell’oggetto perduto, ed a farne più stima quando si riacquista”.