MaM
Messaggio del 8 dicembre 1987: Crescete come fiori affinchè io vi possa offrire a Gesù per Natale.

Messaggi di altre apparizioni

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo) - Messaggi anno:1904

6-86 Dicembre 4, 1904 E’ più facile combattere con Dio che con la ubbidienza.

(1) Stando molto agitata, e col timore che il benedetto Gesù non mi voleva più in questo stato, mi sentivo una forza interna ad uscire, e tanta era la forza che mi sentivo, che non potendola contenere andavo ripetendo: “Mi sento stanca, non ne posso più”. E nel mio interno sentivo dirmi: “Anch’Io mi sento stanco, non la faccio più, qualche giorno è necessario che resti sospesa del tutto dallo stato di vittima, per farli prendere la decisione delle guerre, e poi ti farò cadere di nuovo, e poi quando si faranno le guerre si penserà che si farà di te”. Io non sapevo che fare, l’ubbidienza non voleva, e combattere con l’ubbidienza è lo stesso che sormontare un monte che riempie la terra e tocca il cielo e non c’è via da poter camminare, quindi insormontabile. Io credo, non so se sia sciocchezza, che è più facile combattere con Dio, che con questa terribile virtù. Onde, agitata come stavo, mi sono trovata fuori di me stessa innanzi ad un crocifisso e dicevo: “Signore, non ne posso più, la mia natura è venuta meno, mi manca la forza necessaria per continuare lo stato di vittima; se vuoi che continui dammi la forza, altrimenti io mi tolgo”. Mentre ciò dicevo quel crocifisso sgorgava una fontana di Sangue verso il Cielo, che ricadendo sopra la terra si convertiva in fuoco. E parecchie vergini dicevano: Per la Francia, l’Italia, l’Austria e l’Inghilterra, e nominavano altre nazioni che io non ho capito bene. Ci sono gravissime guerre preparate, civili e governative. Io nel sentire ciò mi sono tutta spaventata, e mi sono trovata in me stessa, e non sapevo io stessa decidere chi dovevo seguire, o la forza interna che spingeva a levarmi, o la forza dell’ubbidienza che mi spingeva a starmene, perché ambedue forti e potenti sul mio debole e povero cuore. Finora pare che prevale l’ubbidienza, sebbene stentatamente, e non so dove andrò a finire.

6-87 Dicembre 6, 1904 Il principio della beatitudine eterna è il perdere ogni gusto proprio.

(1) Continuando a stentare, quando appena è venuto il benedetto Gesù, ed io mi vedevo nuda, spogliata di tutto; forse anima più misera non se ne trova simile, tanto è estrema la mia miseria. Che cambiamento funesto! Se il Signore non fa un nuovo miracolo della sua onnipotenza per farmi risorgere da questo stato, io certo mi morrò di miseria. Onde, il benedetto Gesù mi ha detto:

(2) “Figlia mia, coraggio, il principio della beatitudine eterna è il perdere ogni gusto proprio, perché a seconda che l’anima va sperdendo i propri gusti, così i gusti divini vi prendono possesso, e l’anima avendo disfatto e perduto sé stessa, non riconosce più sé stessa, non trova più niente di suo, neppure le cose spirituali; Dio vedendo l’anima che non ha più niente di suo, la riempie di tutto Sé stesso e la ricolma di tutte le felicità divine, ed allora l’anima può dirsi veramente beata, perché finché aveva qualche cosa di proprio, non poteva andare esente d’amarezze e timori, né Dio potrebbe comunicarle la propria felicità. Ogni anima che entra nel porto della beatitudine eterna, non può andare esente da questo punto, doloroso, sì, ma necessario, né può farsene a meno. Generalmente lo fanno in punto di morte, ed il purgatorio vi mette l’ultima mano, perciò se si domanda alle creature che cosa è gusto di Dio, che significa beatitudine divina, sono cose allora sconosciute, e non sanno articolare parola. Ma alle anime mie dilette, non voglio, essendosi dato tutte a Me, che la loro beatitudine tenga il principio lassù nel Cielo, ma che tenga principio quaggiù in terra; e non solo voglio riempirle della felicità, della gloria del Cielo, ma voglio riempirle dei beni, dei patimenti, delle virtù che si ebbe la mia Umanità in terra, perciò le spoglio non solo da gusti materiali, che l’anima tiene in conto di sterco, ma dei gusti spirituali ancora, per riempirle tutte dei miei beni, e darle il principio della vera beatitudine”.

6-88 Dicembre 22, 1904 Quanto più l’anima è vuota ed umile, tanto più la luce Divina la riempie e le comunica le sue grazie e perfezioni.

(1) Trovandomi nel solito mio stato, vedevo il bambinello Gesù con un pugno di luce in mano, e dalle dita gli scorrevano i raggi fuori. Io sono restata incantata e Lui mi ha detto:

(2)Figlia mia, la perfezione è luce, e chi dice di voler raggiungerla non fa altro che come chi volesse stringere in pugno un corpo di luce, che mentre lo fa per stringere, la stessa luce gli scorre fuori dalle proprie dita, solo che la mano resta nella stessa luce sommersa. Ora, la luce è Dio, e solo Dio è perfetto, e l’anima che vuole essere perfetta non fa altro che afferrare le ombre, le goccioline di Dio, e delle volte non fa altro che vivere nella sola luce, cioè nella Verità. E siccome la luce, quanto più vuoto trova e quanto più profondo è il luogo, tanto più addentro vi s’intromette, così più spazio vi prende. Così la luce divina, quanto più l’anima è vuota ed umile, tanto più la luce la riempie e le comunica le sue grazie e perfezioni”.

6-89 Dicembre 29, 1904 La debolezza umana è mancanza di vigilanza e d’attenzione.

(1) Trovandomi nel solito mio stato, stavo pensando ai passi più umilianti che patì Nostro Signore, ed in me stessa ne provavo un orrore, ma poi dicevo tra me: “Signore, perdonate a quelli che vi rinnovano questi passi dolorosi, perché è la troppa debolezza che l’uomo contiene”. In questo mentre, il benedetto Gesù, quando appena è venuto mi ha detto:

(2) “Figlia mia, ciò che si dice debolezza umana, il più delle volte è mancanza di vigilanza e d’attenzione di chi è capo, cioè: Genitori e superiori, perché la creatura quando è vigilata e guardata, e non si dà la libertà che vogliono, la debolezza non avendo il loro alimento (cioè il secondare la debolezza è alimento per peggiorare nella debolezza) da per sé stessa si distrugge”.

(3) Poi ha soggiunto: “Ah! figlia mia, come la virtù impregna l’anima, come una spugna asciutta s’impregna d’acqua, cioè di luce, di bellezza, di grazia d’amore, così il peccato, le debolezze secondate impregnano l’anima come una spugna si impregna di fango, cioè di tenebre, di bruttezze, e fin d’odio contro Dio”.