(1) Sono sempre la piccola ignorantella dell’Ente Supremo, e quando il Volere Divino mi tuffa nei suoi mari, veggo che appena le vocali, se pure, conosco della sua Maestà adorabile, è tanta la mia piccolezza che appena qualche goccia so ingoiare del tanto che possiede il Creatore. Onde girando nelle opere del Fiat Divino mi sono soffermata nell’Eden, in cui mi sono fatta presente la creazione dell’uomo, e pensavo tra me: “Qual potette essere la prima parola che Adamo disse quando fu creato da Dio”. Ed il mio Sommo Bene Gesù visitandomi con la sua breve visitina, tutto bontà, come se Lui stesso volesse dirmelo, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, anch’Io sento il desiderio di dirti qual fu la prima parola pronunciata dalle labbra della prima creatura da Noi creata. Tu devi sapere che non appena Adamo si sentì la vita, il moto, la ragione, si vide il suo Dio innanzi a sé e comprese che Lui lo aveva formato, sentiva in sé, in tutto il suo essere ancor fresco le impressioni, il tocco delle sue mani creatrici, e grato, in un impeto d’amore pronunziò la sua prima parola: “Ti amo mio Dio, Padre mio, autore di questa mia vita”. Ma non fu la sola parola, ma il respiro, il palpito, le gocce del suo sangue che correvano nelle sue vene, il moto, tutto l’essere suo unito insieme dicevano come in coro: “Ti amo, ti amo, ti amo”. Sicché la prima lezione che apprese dal suo Creatore, la prima parola che imparò a dire, il primo pensiero che ebbe vita nella sua mente, il primo palpito che formò nel suo cuore fu: “Ti amo, ti amo”. Si sentì amato e amò. Potrei dire che il suo ti amo non lo finiva mai, fu sì lungo che allora fu interrotto quando ebbe la disgrazia di cadere nel peccato. Onde la nostra Divinità si sentì ferita nel sentire sulle labbra dell’uomo ti amo, ti amo, era la stessa parola che Noi avevamo creato nell’organo della sua voce che ci diceva: “Ti amo”. Era l’amor nostro, creato da Noi nella creatura che ci diceva ti amo, come non restar ferito? Come non contraccambiarlo con un amore più largo, più forte, degno della nostra magnificenza; come ci sentimmo dire ti amo così Noi le ripetemmo ti amo, ma nel nostro ti amo facemmo scorrere in tutto l’essere suo la Vita operante della nostra Divina Volontà, sicché chiudevamo nell’uomo, come dentro d’un nostro tempio, la nostra Volontà, affinché chiusa nel cerchio umano, mentre restava in Noi, perché operasse cose grandi e fosse Essa il pensiero, la parola, il palpito, il passo e l’opera dell’uomo; il nostro ti amo non poteva dar cosa più santa, più bella, più potente, che solo poteva formare la Vita del Creatore nella creatura, che la nostra Volontà operante in lui, ed oh! come ci riusciva gradito vedere che la nostra Volontà teneva il suo posto di attrice, ed il volere umano abbagliato dalla sua luce godeva il suo Paradiso, e dandole piena libertà la faceva fare ciò che voleva, dandole il primato in tutto ed il posto d’onore che ad un Volere sì Santo si conveniva. Vedi dunque, il principio della vita di Adamo fu un atto pieno d’amore verso Dio di tutto il suo essere, che lezione sublime, come il principio dell’amore dovrebbe correre in tutto l’operato della creatura. La prima lezione che ricevette dal nostro Ente Supremo nel contraccambio del suo ti amo, fu che mentre l’amava teneramente rispondendogli ti amo, gli dava la prima lezione sulla nostra Divina Volontà, e mentre lo istruiva gli comunicava la Vita di Essa e la scienza infusa di che significava il nostro Fiat Divino, e ogni qual volta ci diceva ti amo, il nostro Amore gli preparava altre lezioni più belle sul nostro Volere; lui restava rapito e Noi ci dilettavamo nel conversare con lui, e facevamo scorrere su di lui fiumi d’amore e di gioie perenni, sicché la vita umana veniva racchiusa da Noi nell’amore e nella nostra Volontà. Perciò figlia mia, non c’è dolore più grande per Noi, che vedere il nostro Amore come spezzato nella creatura e la nostra Volontà inceppata, soffocata, senza la sua Vita operante e come sottoposta all’umano volere. Quindi sii attenta ed in tutte le cose abbia per principio l’amore e la mia Divina Volontà”.
(1) La mia povera mente continua a valicare il mare infinito del Fiat, e per quanto si cammina non finisce mai, l’anima in questo mare sente il suo Dio, il quale la riempie fino all’orlo tutta del suo Essere Divino, in modo che può dire: “Dio mi ha dato tutto Sé stesso, e se non mi è dato di chiudere in me, la sua immensità è perché sono piccola”. Ora in questo mare si trova in atto l’ordine, l’armonia, i misteri arcani del come Iddio ha creato l’uomo, ed oh! i prodigi sono inauditi, l’amore è esuberante, la maestria è insuperabile, c’è tanto del misterioso, che né l’uomo stesso né le scienze possono ridire con chiarezza sulla formazione dell’uomo. Onde sono restata sorpresa delle magnificenze e prerogative che possiede l’umana natura, ed il mio amato Gesù nel vedermi così sorpresa mi ha detto:
(2) “Figlia mia benedetta, cesserà la tua meraviglia se guardando bene in questo mare del mio Volere vedi dove, chi, come e quando fu formata ogni creatura. Quindi, dove? Nel seno Eterno di Dio. Chi? Dio stesso le dava origine. Come? L’Ente Supremo, Lui stesso formava la serie dei suoi pensieri, il numero delle sue parole, l’ordine delle sue opere, il moto dei suoi passi, ed il continuo palpitare del suo cuore, sicché Dio le dava tale bellezza, ordine e armonia, da potersi trovare Lui stesso nella creatura, con tale pienezza che essa non troverebbe posto da mettere alcunché di suo, che non gli era stato messo da Dio, Noi nel guardarla restavamo rapiti nel vedere che nella piccola cerchia umana la nostra Potenza aveva racchiuso il nostro operato Divino, e nella nostra enfasi d’amore gli dicevamo: “Quanto sei bella, opera nostra tu sei, tu sarai la nostra gloria, lo sbocco del nostro Amore, il riflesso della nostra Sapienza, l’eco della nostra Potenza, la portatrice del nostro eterno Amore”. E l’amavamo con amore eterno, senza principio e senza fine; e quando veniva formata questa creatura in Noi? Ab eterno, perciò essa nel tempo non esisteva, ma nell’eternità è esistita sempre, aveva il suo posto in Noi, la sua vita palpitante, l’amore del suo Creatore. Sicché la creatura è stata sempre per Noi il nostro ideale, il piccolo spazio dove svolgere la nostra opera creatrice, il poggio della nostra Vita, lo sfogo del nostro eterno Amore. Ecco perciò tante cose umane non si comprendono, non si sanno spiegare, perché c’è l’operato dell’incomprensibile Divino, ci sono i nostri misteriosi arcani celesti, le nostre fibre divine, per cui Noi soli sappiamo i misteriosi segreti, i tasti che dobbiamo toccare quando vogliamo fare cose nuove ed insolite nella creatura e siccome non conoscono i nostri segreti né possono comprendere i nostri modi incomprensibili che abbiamo messo nell’umana natura, giungono a giudicare a modo loro, e non sanno darsi ragione di ciò che Noi andiamo operando nella creatura, mentre è obbligato a piegare la fronte a ciò che lui non comprende.
(3) Ora chi non fa la nostra Volontà, mette in disordine tutti gli atti nostri ordinati ab eterno nella creatura, perciò si sfigura e forma il vuoto dei nostri atti divini formati e ordinati da Noi nell’umana creatura. Noi amavamo Noi stessi in essa, la serie dei nostri atti formati dal nostro puro Amore, e mettendola fuori nel tempo la volevamo come concorrente a ciò che Noi avevamo fatto, ma per avere questa abilità la creatura ci voleva la nostra Volontà, che dandole la sua virtù divina le faceva fare nel tempo ciò che si era fatto da Noi, senza di essa, nell’eternità, né c’era nessuna meraviglia se l’Essere Divino l’aveva formata nell’eternità, lo stesso Volere Divino confermava e ripeteva nel tempo, cioè, continuava la sua opera creatrice nella creatura. Ma senza della mia Volontà Divina come può mai elevarsi, conformarsi, unificarsi, rassomigliarsi a quegli stessi atti che Noi con tanto amore abbiamo formati e ordinati in essa? Quindi la volontà umana non fa altro che scompigliare le opere nostre più belle, spezzare il nostro amore, svuotare le nostre opere, le quali rimangono in Noi, perché Noi nulla perdiamo di ciò che abbiamo fatto, tutto il male resta per la povera creatura, perché sente l’abisso del vuoto divino, le sue opere sono senza forza e senza luce, i suoi passi sono vacillanti, la sua mente confusa. Sicché, essa resta senza della mia Volontà, come un cibo senza sostanza, come un corpo paralizzato, come un terreno senza coltivazione, come un albero senza frutto, come un fiore che manda cattivo odore. Oh! se la nostra Divinità fosse soggetta alle lacrime, rimpiangeremmo amaramente colei che non si fa dominare dalla nostra Volontà”.