(1) Continuando il mio adorabile Gesù a privarmi della sua presenza, mi sento un’amarezza, e come un coltello fitto nel cuore, che mi dà tale dolore da farmi piangere e stridare come un bambino. Ah! veramente mi pare d’essere divenuta come un bambino, che per poco che si allontana la madre, piange e grida tanto da mettere sottosopra tutta la casa, e non c’è nessun rimedio come farlo cessare dal piangere se pure non si vede di nuovo nelle braccia della Madre. Tale sono io, vera bambina nella virtù, ché se mi fosse possibile metterei sossopra Cieli e terra per trovare il mio sommo ed unico bene, ed allora mi quieto, quando mi trovo in possesso di Gesù. Povera bambinella che sono, mi sento ancora le fasce dell’infanzia che mi stringono, non so camminare da sola, sono molto debole, non ho la capacità degli adulti, che si lasciano guidare dalla ragione; ed ecco la somma necessità che ho di starmene con Gesù, o a torto o a diritto, non voglio saperne niente, quello che voglio sapere è che voglio Gesù, spero che il Signore voglia perdonare a questa povera bambinella, che delle volte commette degli spropositi.
(2) Onde, trovandomi in questa posizione, per poco ho visto il mio adorabile Gesù nell’atto della sua Risurrezione, con un volto tanto risplendente, da non paragonarsi a nessun altro splendore, e mi pareva che l’umanità Santissima di Nostro Signore, sebbene fosse carne viva, ma splendente e trasparente in modo che si vedeva con chiarezza la Divinità unita alla Umanità. Ora mentre lo vedevo così glorioso, una luce che veniva da lui, pareva che mi dicesse:
(3) “Tanta gloria mi ebbi alla mia Umanità per mezzo della perfetta ubbidienza, che distruggendo affatto la natura antica Me ne restituì la nuova natura gloriosa ed immortale. Così l’anima per mezzo dell’ubbidienza può formare in sé la perfetta risurrezione alle virtù, come: Se l’anima è afflitta, l’ubbidienza la farà risorgere alla gioia; se agitata, l’ubbidienza la farà risorgere alla pace; se tentata, l’ubbidienza le somministrerà la catena più forte come legare il nemico, e la farà risorgere vittoriosa dalle insidie diaboliche; se assediata da passioni e vizi, l’ubbidienza uccidendo questi, la farà risorgere alle virtù. Questo all’anima, ed a tempo suo, formerà la risurrezione anche del corpo”.
(4) Dopo ciò la luce si è ritirata, Gesù è scomparso, ed io sono lasciata con tal dolore, vedendomi di nuovo priva di Lui, che mi sento come se avessi una febbre ardente che mi fa smaniare e dare in delirio. Ah! Signore, datemi la forza a sopportarvi in questi indugi, ché mi sento venir meno.
(1) Trovandomi nella pienezza del delirio, dicevo dei spropositi, e credo che vi mescolavo anche dei difetti; la povera mia natura sentiva tutto il peso del mio stato, il letto le pareva peggiore dello stato dei condannati alle carceri, avrebbe voluto svincolarsi da questo stato, con l’aggiunto del mio ritornello che non è più Volontà di Dio, perciò Gesù non viene, e andavo pensando quello che debbo fare. Mentre ciò facevo, il mio paziente Gesù è uscito da dentro il mio interno, ma con un’aspetto grave e serio da incutermi paura, e mi ha detto:
(2) “Che pensi tu che avrei fatto Io se mi trovassi nella tua posizione?”
(3) Nel mio interno dicevo: “Certo la Volontà di Dio”.
(4) E Lui di nuovo: “Ebbene, quello fai tu”.
(5) Ed è scomparso. Era tanta la gravità di Nostro Signore, che in quelle parole che ha detto sentivo tutta la forza della sua parola, non solo creatrice, ma eziandio distruggitrice. Il mio interno è restato talmente scosso da queste parole, oppresso, amareggiato, che non facevo altro che piangere, specie mi ricordavo la gravità con cui Gesù mi aveva parlato, che non ardivo di dire “vieni”.
(6) Ora, stando in questa posizione il giorno, ho fatto la mia meditazione senza chiederlo, quando al meglio è venuto e con un’aspetto dolce, tutto cambiato a confronto della mattina, mi ha detto:
(7) “Figlia mia, che sfacelo, che sfacelo sta per succedere”.
(8) E mentre ciò diceva mi sono sentito tutto l’interno cambiato, ché non era per altro che non ci veniva, ma per i castighi; ed in questo mentre vedevo quattro persone veneranda che piangevano alle parole che Gesù aveva detto; ma Gesù benedetto, volendosi distrarre ha detto pochi parole sulle virtù, quindi ha soggiunto:
(9) “Vi sono certi fervori e certe virtù che somigliano a quegli arboscelli che rinascono intorno a certi alberi, che non essendo ben radicati nel tronco, un vento impetuoso, un gelo un po’ forte, si disseccano, e sebbene dopo qualche tempo può essere che rinverdiscono di nuovo, ma essendo soggetti all’intemperie dell’aria, quindi a mutarsi, mai vengono ad essere alberi fatti. Così sono quei fervori e quelle virtù che non sono ben radicati nel tronco dell’albero dell’ubbidienza, cioè nel tronco dell’albero della mia Umanità che fu tutta ubbidienza, alle tribolazioni, agli infortuni, subito si seccano e mai vengono a produrre frutti per l’eterna vita”.
(1) Continuando a passare i miei giorni priva del mio adorabile Gesù, al più ad ombra e a lampi, il povero mio cuore è oltremodo amareggiato, sento tanto la sua privazione, che tutte le mie fibre, i nervi, le mie ossa, anche le gocce del mio sangue, mi dibattono continuamente, e mi dicono: “Dov’è Gesù, come, l’hai tu perduto? Che hai tu fatto che più non viene? Come faremo a starci senza di Lui? Chi più ci consolerà avendo perduto la fonte d’ogni consolazione? Chi ci fortificherà nella debolezza, chi ci correggerà e scoprirà i nostri difetti, essendo restata priva di quella luce, che più che filo elettrico penetrava i più intimi nascondigli, e con la dolcezza più ineffabile correggeva e sanava le nostre piaghe? Tutto è miseria, tutto è squallido, tutto è tetro senza di Lui! come faremo? Ed ancorché nel fondo della mia volontà mi sentissi rassegnata, e vado offerendo la sua sessa privazione come il sacrificio più grande per amor suo, tutto il resto mi muove una guerra continua, e mi mettono alla tortura. Ah! Signore, quanto mi costa l’averti conosciuto, ed a caro prezzo mi fate scontare le passate vostre visite. Ora stando in questo stato per brevi istanti si è fatto vedere e mi ha detto:
(2) “Essendo la mia Grazia parte di Me stesso, possedendola tu, con ragione e di stretta necessità tutto ciò che forma il tuo essere non può stare senza di Me, ecco la ragione perché tutto ti chiede Me e sei torturata continuamente, ché essendo imbevuta di Me e riempita parte di Me stesso, allora se ne stanno in pace e ne restano contenti quando mi posseggono non solo in parte, ma in tutto”.
(3) Ed avendomi lamentato della mia dura posizione ha soggiunto:
(4) “Anch’Io nel corso della mia Passione provai un’estremo abbandono, sebbene la mia Volontà fu sempre unita col Padre e con lo Spirito Santo; e ciò volli soffrire per divinizzare in tutto la croce, tanto che rimirando Me e rimirando la croce, tu ci troverai lo stesso splendore, gli stessi ammaestramenti, e lo stesso specchio in cui potresti specchiarti continuamente, senza differenza dell’uno e dell’altro”.
(1) Continuando il mio solito stato, quando appena ho visto il mio dolce Gesù con una croce in mano, in atto di versarla sopra le gente, e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, il mondo è sempre corrotto, ma vi sono certi tempi che giunge a tale corruzione, che se Io non versassi sopra le gente parte della mia croce, perirebbero tutti nella corruzione, come fu ai tempi che venni Io nel mondo, la sola croce salvò molti dalla corruzione in cui erano immersi. Così in questi tempi, è giunta a tanto la corruzione, che se Io non versassi i flagelli, le spine, le croci, facendole versare anche il sangue, resterebbero sommersi nelle onde della corruzione”.
(3) E mentre ciò diceva, pareva che quella croce la menava sopra le gente e succedevano castighi.
(1) Sentendomi tutta afflitta e confusa, e quasi senza speranza di rivedere il mio adorabile Gesù, tutto all’improvviso è venuto e mi ha detto:
(2) “Sai che voglio da te? Ti voglio in tutto simile a Me, si nell’operare come nell’intenzione; voglio che sii rispettosa con tutti, ché rispettare tutti dà pace a sé stessa e pace agli altri; che ti tieni la minima di tutti, e che tutti i miei ammaestramenti li ruminerai sempre nella tua mente e li conservi nel proprio cuore, acciocché nelle occasioni li troverai sempre pronti come avvalertene e metterli in esecuzione, insomma, la tua vita voglio che sia un trabocco della mia”.
(3) E mentre ciò diceva vedevo da dietro il Signore, scendeva sopra la terra un gelo ed un fuoco, che faceva danno ai ricolti, ed io dicendo: “Signore, che fate, povera gente”. Non dandomi retta è scomparso.
(1) Dopo lungo silenzio da parte del mio adorabile Gesù, al più qualche cosa sopra i flagelli che vuole versare, questa mattina trovandomi oppressa, stanca per la mia dura posizione, specie per le continue privazioni a cui vado spesso soggetta. Onde, avendolo visto per brevi istanti, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, le croci e le tribolazioni sono il pane dell’eterna beatitudine”.
(3) Quindi comprendevo che maggiormente soffrendo, più abbondantemente e più gustoso sarà il pane che ci nutrirà nel celeste soggiorno, ossia, quanto più si soffre più caparra riceviamo della futura gloria.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, per poco ho visto il mio dolce Gesù, ed avendo mosso i miei lamenti sul povero mio stato delle sue privazione, ed una specie di stanchezza fisica e morale, come se la povera natura me la sentissi stritolare e da tutte parti me la sento venir meno. Quindi, avendo detto tutto ciò al mio Gesù, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, non temere ché ti senti venir meno da tutte parte, non sai tu che tutto dev’essere sacrificato per Me, non solo l’anima ma anche il corpo? E che da tutte le minime particelle di te Io esigo la mia gloria? E poi, non sai tu che dallo stato d’unione si passa ad un’altro, qual’è quello della consumazione? E’ vero che non vengo secondo il solito per castigare le gente, ma per te me ne servo anche per tuo profitto, che é non solo di tenerti unita con Me, ma di consumarti per amor mio. Difatti, non venendo Io e sentendoti venir meno per la mia assenza, non vieni tu a consumarti per Me? Del resto, non hai gran ragione d’affliggerti, primo ché quando tu mi vedi è sempre dal tuo interno che mi vedi uscire, e questo è un segno certo che con te ci sto, e poi che ancora deve passare giorni senza che puoi dire di non avermi visto perfettamente”.
(3) Dopo ciò, prendendo un tono di voce più dolce e benigno ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, ti raccomando assai assai, di non fare uscire da te il minimo atto che non sia pazienza, rassegnazione, dolcezza, uguaglianza di te stessa, tranquillità in tutto, altrimenti verresti a disonorarmi; e succederebbe come a quel re che abitasse dentro d’un palazzo bene arricchito, e da fuori quell’abitazione si vedesse tutta piena di screpolature, macchiata, in atto di venir meno; non direbbero, come abita un re in questo palazzo e si vede da fuori un così brutto apparato, che fa temere pure d’avvicinarsi? Chi sa che re sarà costui, e questo non sarebbe un disonore per quel re? Ora, pensa che se da te esce cosa che non sia virtù, lo stesso direbbero di te e di Me, ed Io ne resterei disonorato, ché vi abito dentro”.
(1) Trovandomi nel solito mio stato, per poco tempo si è fatto vedere il mio dolcissimo Gesù tutto trasfuso in me, e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, vuoi sapere quali sono i segni per conoscere se l’anima possiede la mia Grazia?”
(3) Ed io: “Signore, come piace alla vostra santissima bontà”.
(4) Onde ha replicato: “Il primo segno per vedere se l’anima possiede la mia grazia, è che tutto ciò che può sentire o vedere nell’esterno, che appartiene a Dio, nell’interno sente una dolcezza, una soavità tutta divina, non paragonabile a nessuna cosa umana e terrena. Succede come a quella madre, che anche al respiro, alla voce, conosce il parto delle sue viscere nella persona d’un figlio e ne gongola di gioia; come due intime amiche, che conversando insieme si manifestano a vicenda gli stessi sentimenti, inclinazioni, gioie, afflizioni, e trovando una nell’altra le sue stesse cose scolpite, ne sentono un piacere, un gaudio, e ne prendono tanto amore da non sapersene distaccare. Così la grazia interna che risiede nell’anima, nel vedere esternamente il parto delle sue stesse viscere, ossia nel riscontrarsi in quelle stesse cose che forma la sua essenza, si combaci insieme, e fa provare nell’anima tale una gioia e dolcezza da non sapersi esprimere.
(5) Il secondo segno è che il parlare dell’anima che possiede la grazia è pacifico e tiene virtù di gettare negli altri la pace, tanto che le stesse cose dette da chi non possiede la grazia, non hanno recato nessuna impressione e nessuna pace; mentre dette da chi possiede la grazia hanno operato meravigliosamente, ed hanno restituito la pace negli animi.
(6) Poi figlia mia, la grazia spoglia l’anima di tutto, e dell’umanità ne fa un velo per starsene coperta, dimodocché squarciato quel velo, si trova il paradiso nell’anima di chi la possiede. Onde, non è meraviglia, se in quell’anima si trova la vera umiltà, ubbidienza ed altro, perché di sé non resta altro che un semplice velo e vedono con chiarezza che dentro di sé è tutta la grazia, che agisce e che le tiene in ordine tutte le virtù, e la fa stare in continua attitudine per Dio”.
(1) Stando con timore sullo stato dell’anima mia, tutto all’improvviso è venuto il mio adorabile Gesù e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, non temere, ché Io solo sono il principio, il mezzo ed il fine di tutti i tuoi desideri”.
(3) Con queste parole mi sono acquietata in Gesù.benedetto il suo Santo Nome.
(1) Dopo vari giorni di privazione, questa mattina si è benignato di venire trasportandomi fuori di me stessa. Ora, trovandomi innanzi a Gesù benedetto, vedevo molta gente, ed i mali della generazione presente. Il mio adorabile Gesù li guardava con compassione e voltandosi a me mi ha detto:
(2) “Figlia mia, vuoi sapere da dove incominciò il male nell’uomo? Il principio è che l’uomo appena conosce sé stesso, cioè, incomincia ad acquistare la ragione, dice a sé stesso: “Io sono qualche cosa”. E credendosi qualche cosa, si discostano di Me, non si fidano di Me che sono il ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)