(1) Continuando a passare i miei giorni priva del mio adorabile Gesù, al più ad ombra e a lampi, il povero mio cuore è oltremodo amareggiato, sento tanto la sua privazione, che tutte le mie fibre, i nervi, le mie ossa, anche le gocce del mio sangue, mi dibattono continuamente, e mi dicono: “Dov’è Gesù, come, l’hai tu perduto? Che hai tu fatto che più non viene? Come faremo a starci senza di Lui? Chi più ci consolerà avendo perduto la fonte d’ogni consolazione? Chi ci fortificherà nella debolezza, chi ci correggerà e scoprirà i nostri difetti, essendo restata priva di quella luce, che più che filo elettrico penetrava i più intimi nascondigli, e con la dolcezza più ineffabile correggeva e sanava le nostre piaghe? Tutto è miseria, tutto è squallido, tutto è tetro senza di Lui! come faremo? Ed ancorché nel fondo della mia volontà mi sentissi rassegnata, e vado offerendo la sua sessa privazione come il sacrificio più grande per amor suo, tutto il resto mi muove una guerra continua, e mi mettono alla tortura. Ah! Signore, quanto mi costa l’averti conosciuto, ed a caro prezzo mi fate scontare le passate vostre visite. Ora stando in questo stato per brevi istanti si è fatto vedere e mi ha detto:
(2) “Essendo la mia Grazia parte di Me stesso, possedendola tu, con ragione e di stretta necessità tutto ciò che forma il tuo essere non può stare senza di Me, ecco la ragione perché tutto ti chiede Me e sei torturata continuamente, ché essendo imbevuta di Me e riempita parte di Me stesso, allora se ne stanno in pace e ne restano contenti quando mi posseggono non solo in parte, ma in tutto”.
(3) Ed avendomi lamentato della mia dura posizione ha soggiunto:
(4) “Anch’Io nel corso della mia Passione provai un’estremo abbandono, sebbene la mia Volontà fu sempre unita col Padre e con lo Spirito Santo; e ciò volli soffrire per divinizzare in tutto la croce, tanto che rimirando Me e rimirando la croce, tu ci troverai lo stesso splendore, gli stessi ammaestramenti, e lo stesso specchio in cui potresti specchiarti continuamente, senza differenza dell’uno e dell’altro”.