(1) Dopo aver passato parecchi giorni quasi di privazione totale del mio sommo ed unico Bene, accompagnati da una durezza di cuore, senza poter neppure piangere la mia gran perdita, sebbene offrivo a Dio anche quella durezza dicendogli: “Signore accettatela come sacrificio, Voi solo potete rammollire questo cuore sì duro”. Finalmente, dopo lungo penare, è venuta la mia cara Mamma Regina portando nel suo grembo il celeste Bambino ravvolto in un pannolino, tutto tremante; me lo ha dato fra le mie braccia dicendomi:
(2) “Figlia mia, riscaldalo coi tuoi affetti, che il mio Figlio nacque in estrema povertà, in totale abbandono degli uomini ed in somma mortificazione”.
(3) Oh! come era carino con quella sua celeste beltà! L’ho preso fra le mie braccia e me l’ho stretto per riscaldarlo, perché era quasi intirizzito dal freddo, non avendo altra cosa che lo copriva che un solo pannolino. Dopo averlo riscaldato per quanto ho potuto, il mio tenero Bambinello snodando le sue purpurei labbra mi ha detto:
(4) “Mi prometti tu d’essere sempre vittima per amor mio, come Io lo sono per amor tuo?”
(5) Ed io: “Si, Tesoretto mio, ve lo prometto”.
(6) E Lui: “Non sono contento della parola, ne voglio un giuramento ed anche una sottoscrizione col tuo sangue”.
(7) Ed io: “Se vuole l’ubbidienza lo farò”.
(8) E Lui pareva tutto contento, ed ha soggiunto:
(9) “Il mio cuore da che nacqui lo tenni sempre offerto in sacrificio per glorificare il Padre, per la conversione dei peccatori e per le persone che mi circondavano e che più mi furono fedeli compagni nelle mie pene. Così voglio che il tuo cuore stia in continua attitudine, offerto in spirito di sacrificio per questi tre fini”.
(10) Mentre ciò diceva, la Regina Mamma voleva il Bambino per ristorarlo col suo latte dolcissimo. L’ho restituito, e Lei è uscita la sua mammella per metterla in bocca al Divino Bambolo, ed io furba, volendo fare uno scherzo, ho messo la mia bocca a succhiare; ho tirato poche gocce, e nell’atto che ciò facevo mi hanno scomparso, lasciandomi contenta e scontenta.
(11) Sia tutto a gloria di Dio ed a confusione di questa misera peccatrice.
(1) Continuava a farsi vedere ad ombra ed a lampo. Mentre mi trovavo in un mare d’amarezza per la sua assenza, in un istante vi si è fatto vedere dicendomi:
(2) “La carità dev’essere come un ammanto che deve coprire tutte le tue azioni, in modo che tutto deve rilucere di perfetta carità. Che significa quel dispiacerti quando non soffri? Che la tua carità non è perfetta, perché il soffrire per amor mio e il non soffrire per mio amore, senza la tua volontà, è tutto lo stesso”.
(3) Ed è scomparso lasciandomi più amareggiata di prima, volendo toccare un tasto troppo per me delicato, e che Lui stesso mi ha infuso. Onde dopo aver versato amare lacrime nello stato mio miserabile, e sopra l’assenza del mio adorabile Gesù, è ritornato e mi ha detto:
(4) “Con le anime giuste mi porto con giustizia, anzi ricompensandole duplicatamente per la loro giustizia, col favorirle delle grazie più grandi e col parlarle di parole giuste e di santità”.
(5) Io però mi trovavo tanto confusa e cattiva, che non ardivo di dire una sola parola, anzi continuavo a versare lacrime sulla mia miseria. E Gesù , volendomi infondere fiducia, ha messo la sua mano sotto della mia testa per sollevarla, che non mi reggeva, ed ha soggiunto:
(6) “Non temere, Io sono lo scudo dei tribolati”.
(7) Ed è scomparso.
(1) Questa mattina il mio adorabile Gesù quando appena l’ho visto, e siccome l’ubbidienza mi aveva detto che pregassi per una persona, perciò quando Gesù è venuto, l’ho raccomandato, e Lui mi ha detto:
(2) “L’umiliazione non solo si deve accettare, ma anche amarla, tanto da masticarla come un cibo, e siccome quando un cibo è amaro, quanto più si mastica, tanto più si sente l’amarezza, così l’umiliazione ben masticata, fa nascere la mortificazione, e queste sono due potentissimi mezzi, cioè, l’umiliazione e la mortificazione, come uscire da certi intoppi ed ottenere quelle grazie che si vogliono. Mentre pare nocevole all’umana natura, come il cibo amaro pare che voglia recare piuttosto male che bene, così l’umiliazione e la mortificazione, ma no. Quando il ferro è più battuto sopra dell’incudine, tanto più sfavilla fuoco e resta purgato, così l’anima, quanto più è umiliata e battuta sotto all’incudine della mortificazione, tanto più sfavilla scintille di fuoco celeste, e resta purgata se veramente vuol camminare la via del bene. Se poi è falsa, succede tutto al contrario”.