MaM
Messaggio del 8 maggio 1986:Cari figli! Voi siete responsabili dei messaggi. Qui si trova la fonte della grazia, e voi cari figli siete i vassoi nei quali vengono trasmessi questi doni. Perciò, cari figli, vi invito a compiere questo servizio con responsabilità. Ognuno risponderà secondo la propria capacità. Vi invito a distribuire i doni agli altri con amore, e a non conservarli per voi soli. Grazie per aver risposto alla mia chiamata!

Messaggi di altre apparizioni

Beata Alexandrina Maria da Costa - Messaggi anno:1945

Soffrire tutto senza dettare più nulla!


« ... Ho un grande debito! Ho tanto da ringraziarla: pre­ghiere, lettere piene di conforto, tante e tante cose!... Come la ricambierò? Incarico Gesù e Mammina di farlo per me.

I vomiti sono cessati, ma mi sento tanto ammalata: non ho forza, né disposizione per nulla. Mi sarebbe piaciuto farle trovare, al suo ritorno da Lisbona, qualche mia parola, ma non l'ho potuto fare. Grazie delle no­tizie che mi ha dato di Alexandrina e della persona trovata a Fatima. Il Signore permetta che la Sua causa trionfi, a Suo onore e gloria per il bene delle anime: è ciò che mi interessa; a me non importa l'essere umiliata.

Dio voglia che lei, dopo la predicazione, possa venire qui, come promette nella sua ultima lettera. Ho tanto bisogno di parlarle: mi pare di soffocare. Povera anima mia, come è triste il mio vivere!... Il demonio, mentre avevo la crisi di vomiti, non usò delle sue malizie, ma chiacchierava e mi affliggeva, dicendomi che, dopo un po' di riposo, mi avrebbe trascinata nuovamente alla vita di peccato. Le chiedo il favore di ringraziare d. Previsano per la sua lettera; a lui e a tutti i sacerdoti salesiani i nostri rispettosi saluti e ringraziamenti per le preghiere. Non mi sono dimen­ticata di unirmi a loro nella festa di D. Bosco... Saluti e santi ricordi a tutti i novizi e ai confratelli. Ella potrebbe ora dispensarmi dal dettare il mio diario spi­rituale: faccio un sacrificio tanto grande!... Mi lasci soffrire tutto senza dettare più nulla... » (lettera a d. Umberto, 6-2-1945).

Nella sofferenza, grande dolcezza di essere moneta per le anime (Momenti della Passione)

... Sento che non posso resistere a tanto... Non posso restar qui sulla terra di più... Voglio lasciare il mondo e voglio por­tarlo con me; non lo voglio e lo amo; non gli appartengo ed è mio; aborro tutto ciò che è del mondo e voglio abbracciare il mondo al punto da non lasciarlo più... Voglio entrare nel cielo, ma con tutta l'umanità. Mio Gesù, che devo mai fare?... Non so quali maggiori sofferenze io possa desiderare per il mio corpo...

Continuo a soffrire i rimorsi, quel tarlo che rode le ... (CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESTO)

Devo trasformare un mondo di roccia (Momenti della Passione)


... È certo che Gesù soffre in me, tuttavia il dolore mi do­mina e sono sfinita. Sento che la morte sta camminando verso di me: la morte che io sospiro tanto, che io voglio-chiamare vita, che mi introduce nel gaudio celeste. Non faccio caso allora delle mie tristezze, delle sofferenze ed amarezze e mi metto a pregare per tutti coloro che amo e per il mondo intero. Non dimentico coloro che sono causa di tante mie sofferenze: prego per loro; voglio che Gesù dia loro amore, voglio che dia loro il cielo. Sento di essere il mondo: un mondo di roccia durissima, un mondo chiuso e sento che sto dentro di esso. Devo trasfor­mare questa roccia da duro sasso in pietre preziose, in oro fino. Quale sforzo, dentro questa roccia senza potermi muovere! Devo smuoverla, disfarla. Devo farne un mondo bello, gradito a Gesù. - O Gesù, guarda il martirio che mi consuma. Che devo fare per il mondo? Come trasformarlo? Come consolerò e ral­legrerò il tuo divin Cuore? -

Mi è venuta meno l'azione dello Spirito Santo: mi pare di non avere le sue grazie, le sue luci. Sono una povera che non ha e non potrà avere nulla.

- Che sarà di me, Gesù? Non posso vivere senza di Te; senza di Te nulla posso soffrire... - ... Mi fa male il ricordarmi che oggi è giovedì: che soffe­renze mi portano questi giorni! [giovedì e venerdì]. Sull'imbrunire avevo l'impressione di percorrere delle stra­de: seguivo il mio cammino ed ero schernita e additata come rea di ogni colpa da quanti mi vedevano. A notte iniziata mi trovai in un banchetto di amici ed in mezzo a quella amicizia sentivo un traditore che, poco dopo, avrebbe dovuto baciarmi e provai il dolore che quel bacio mi avrebbe causato. Sentivo di essere Gesù. Sul mio petto si reclinò un volto che amavo tanto. Il mio cuore si intenerì di amore per lui. Che conversazioni su tanti misteri, di tanta grandezza! In questo banchetto lavai i piedi a coloro che mi attor­niavano. Vi era in me acqua, asciugamano e bacile. Uno di essi era confuso per il fatto che io gli lavassi i piedi; basta­rono uno sguardo e poche parole perché egli si disponesse subito a spogliarsi e, se fosse necessario, che io lo lavassi comple­tamente. Potessi esprimere qui tutto l'amore, la bontà e la tenerezza di Gesù, quanto bene farebbe alle anime! Ma non so dire di meglio. - Supplisci Tu, o Gesù, alla mia incapacità. - (diario, 15-2-1945).

... Fin da stamattina sentii il mio cuore molto maltrattato. Le umiliazioni lo spremevano: non aveva più sangue da dare al corpo. Andai al mio calvario. Mi venne incontro Mammina: ci fu uno scambio di sguardi profondi; i nostri cuori si unirono in uno stesso dolore. Lo scambio dei nostri sguardi fu breve: dovetti avanzare maltrattata, spinta, trascinata. Ma non si di­vise il dolore dei nostri cuori, collegati come da due fili elettrici.

Ben presto giunsi alla sommità del calvario, ove fui inchio­data sulla croce. Che lunga agonia! Il sangue scorreva; le pia­ghe si laceravano sempre più. Le lacrime di Mammina scor­revano nel mio cuore. Ella era un faro per me ed io per Lei: un faro che dava luce per mettere in evidenza le nostre sofferenze. Ancor prima di spirare, sentii che mi squarciavano il cuore: questo dolore mi fu anticipato, perché dopo morte non lo avrei potuto sentire. Quando sentii il mio cuore squarciato, lanciai il mio sguardo sul mondo e gli dissi: - E’ per te che sono così! - Venne allora il mio Gesù: - ... Figlia mia, sei pazza per le anime come lo sono Io. Ho fatto il tuo calvario simile al mio. La tua vita è vita di Cristo: vive Cristo adombrato in te... Figlia mia, sei fonte di salvezza per tutta l'umanità; sei fonte che non si esaurisce; sei acqua che sazia tutto il mondo; tutti, in questa acqua, possono purificarsi... - (diario, 16-2-1945).

Mio Dio, come sono varie le sofferenze che mi mandi!


All'alba cominciai a soffrire per il viaggio di Deolinda. Partiva con persone che io stimo, per visitare persone che io amo tanto. Ero contenta, ma avrei voluto andarvi anch'io. Of­fersi al Signore il sacrificio di non manifestare i miei sentimenti. Ma alla fine non seppi vincere e mostrai la mia penosa nostalgia. Rimasi sulla mia croce fatta più dolorosa dalla preoccu­pazione per quanto avrebbe potuto avvenire durante il viag­gio, per la debolezza fisica di mia sorella, per il pericolo di tutti, per il timore che non potessero passare a visitare il mio p. Pinho, visita che gli avrebbe procurato un grande piacere. Mi sentii anche più piccola nel vedere che persone riguar­devoli si scomodavano per noi: tale pensiero mi perseguita in questi giorni ogni volta che ricevo la visita di qualcuno. Durante la notte ho sofferto la conseguenza di quella gior­nata. Senza volerlo, ricordavo quanto era avvenuto. Gesù non mi ha neppure dato il conforto della confessione; e non è stato la prima volta... Bramo continuamente la visita del con­fessore per purificare sempre più la mia anima. Ma, dopo es­sermi confessata, che amarezza! Tuttavia sono in pace: la mia anima è tranquilla perché sono sempre sincera e non penso ad ingannare.

- Accetta, Gesù, la mia amarezza. La voglio e la amo perché Ti amo e amo le anime. -

Vi erano due notti accostate: la notte là fuori e la notte dentro di me. Il demonio, durante il giorno, mi aveva affermato che nel viaggio era avvenuto un disastroso incidente alle persone a me tanto care. È padre della menzogna. Infatti poco dopo erano arrivate, ma non ne avevo provato gioia: Gesù non me la concesse. Sono stata alquanto tempo con d. Umberto, venuto a darmi luce e a togliermi i miei dubbi. Non mi pareva vero che fosse vicino a me: lo sentivo tanto lontano da non avere nulla per poterlo raggiungere; il suo volto mi pareva soltanto un guscio d'uovo. Mio Dio, come sono varie le sofferenze che mi mandi! ... Durante la notte venne il demonio e chiamò i suoi col­leghi: erano molti. Grandemente afflitta, temevo di far sentire i miei gemiti. Il maledetto mi diceva: - Zitta! Che non venga qui quel... (diceva brutti nomi al sacerdote). Quando avrò fatto di te quello che voglio, andrò ad ucciderlo. Morirà sotto i miei piedi. -

Io stavo sopra abissi spaventosi: mio Gesù, che oscurità! Solo di tanto in tanto cadevano su di essi delle foglie bianche che mettevano maggiormente in risalto il cupo delle tenebre... I demoni mi lasciarono... Triste, molto triste, invocai Gesù.

- Va' avanti, figlia, a compiere la tua missione... Hai visto i petali bianchi che cadevano su quegli abissi? Sono petali della tua riparazione: con il loro candore illumi­nano le anime che stanno in quelle tenebre... - Non ebbi paura che il demonio realizzasse davvero la sua minaccia; ma al mattino, sentendo molto silenzio nella ca­mera vicina, mi venne il timore che il sacerdote fosse morto davvero. Il Signore però non l'aveva permesso. Quando d. Umberto venne da me per continuare a parlare delle cose dell'anima mia, io continuai a sentirmi lontana, molto lontana, immersa in un mare di dolori nell'anima e nel corpo. Dentro di me sentivo, ogni tanto, scosse terribili; una gran­de ripugnanza nel dover dire ciò che avveniva in me. Mi sen­tivo piccola e miserabile... (diario, 22-2-1945).

Il mondo viene ad alimentarsi al mio dolore (Momenti della Passione)


Non ho vita, non ho sangue: ho dato tutto, ho perduto tutto. Ho dato tutto e mi pare che fu inutile. Sento una scon­fitta tanto grande. Mio Dio, mi pare di non esistere. Esiste la sofferenza ed è mia. Esiste il mondo e ne ha bisogno. La mia anima sente una fame molto grande; ma questa fame è del mondo, è il mondo che viene ad alimentarsi al mio dolore: è un mondo di belve che approfitta quanto più può della mia sofferenza. Non è niente, non soffro niente in para­gone di quanto ha bisogno la povera umanità.

Gesù, che sofferenza è questa! Mi pare che sto sradicandomi il cuore dal petto, riducen­dolo in briciole per darlo al mondo, alle anime. Vorrei passar la vita a mendicare cuori che siano alimento, salvezza dei peccatori. Vorrei gridare molto forte, vorrei che la mia voce echeggiasse in tutta l'umanità: - O mondo, mon­do ingrato, sono tua! Mi do a te per Gesù e per la cara Mam­mina. È attraverso di Loro che passo a te il mio sangue, la mia vita; è per mezzo di Loro che ti amo, che sono tua; ti amo per salvarti, per consegnati a Gesù e a Mammina! - Povera me, non ho nulla da dare; non so più cosa fare. Quali cose terribili avvengono in me, causate dalle ansie insop­portabili di amare Gesù e salvare l'umanità!... (diario, 22-2-1945).

... Nella notte del 27 [febbraio] ebbi una visione di spine che mi causò enorme sofferenza. Era un bosco fittissimo di spine, tutto spine: salivano a tanta altezza intrecciandosi le une con le altre che non ne vedevo la fine; tutte, molto grosse e lun­ghe, stavano per cadere su di me... E sopra le spine cadeva continuamente la stessa pioggia rugiadosa di sangue. La mia anima sente che dalle spine sta per sbocciare una nuova fioritura di boccioli bianchi... Oggi, di mattina presto, ho sentito nella mia anima, ho udito con i miei orecchi, forti rumori, grandi colpi con cui aprivano la mia sepoltura. Era tanto profonda! È giovedi. Corre verso di me la morte. La sepoltura è pronta. Viene su di me il peso di tutte le umiliazioni. Non vi è nessun male che non dicano contro di me. La mia anima vede tutto ciò che toglierà la vita al corpo. La mia sepoltura è un pozzo, un abisso. Nulla è in me che dia gioia: tutto quanto vi è di bello e potente è per me dolore.

Dal mio letto posso ammirare la grandezza del Creatore vedendo, oltre la finestra, gli alberi coperti di fiori. Che pro­digio! Il candore dei fiori si trasforma in notte per la mia anima: tutti i loro petali divengono frecce che penetrano nel mio cuore. Che fare, mio Dio? Accettare tutto ciò che viene da Te. Vado alla morte con gli occhi fissi nella Tua croce (diario, 1-3-1945).

Non vi pensavo e la mia anima mi ricordò in che giorno ero [venerdì].


Mi sentivo nella prigione, molto triste e sola. Soffrivo per avere gli occhi bendati; soffrivo per tanta ingratitudine... Alla prima luce vennero a prendermi. Il mio volto sentiva i grossi sputi. Fuori mi attendeva una moltitudine di gente: quante sghignazzate udivo! Di strada in strada, di casa in casa, in mezzo ad un gran chiasso, oggetto di maltrattamenti, fui interrogata da signori assolutisti, pieni di superbia, convinti di poter far tutto... Di fronte a tanta grandezza, quanto ero pic­cola! Fui condannata. Presi la croce. Curva sotto il suo peso mi muovevo quasi bocconi. Quante volte fui trascinata! Quante lacrime sentii nel cuore! Trattata tanto crudelmente, ripetevo sovente dentro di me: - Ti amo! Soffro per tuo amore! - Portavo la croce e vedevo sul calvario quella di Gesù: era un faro che mi penetrava e mi illuminava tutta. Mi sen­tivo attratta da essa e camminavo per abbracciarla e possederla. Giunta colà, mi distesero sulla croce; mentre mi stiravano le braccia e le gambe per inchiodarle e sentivo che dalle piaghe uscivano fiotti di sangue, venne verso di me il demonio a rad­doppiare la mia sofferenza... Io, inchiodata sulla croce mani e piedi, non potevo lottare. Quanto soffrivo! Fissavo il mio Gesù crocifisso... Il demonio finalmente se ne andò, ma la tristezza amara, l'abbandono, le lacrime non cessarono. Ma neppure mi abban­donarono le lacrime e l'agonia di Mammina, né i suoi sguardi addolorati, pieni di compassione per me. Afflitta e in agonia, gridai al cielo fino all'ultimo respiro: - Padre, Padre mio, perché mi hai abbandonato? - Non ero io che gridavo, era il mio cuore; non ero io a voler gridare: mi obbligava a questo la violenta sofferenza dell'agonia. In quel momento venne Gesù: - Figlia mia, sole della terra, fuoco dei cuori, gioia del cielo! Sole che, con i suoi raggi luminosi, illumina l'umanità; fuoco che brucia e purifica i cuori; gioia del cielo perché viene be­nedetto il mio Nome santo per la vittima immolata, per la vita che dà vite... Vengo da te per confidarti i miei dolori. Dimmi, vuoi consolarmi?... -

- Gesù, cosa mi potrai chiedere che io non ti dia?... - ... Siccome con tanta buona volontà e gioia mi dai tutto, ti privo della mia gioia, della mia consolazione, come già ti ho privata della consolazione e della gioia di coloro che ti sono cari. Riceverai da Me soltanto quel conforto necessario per poter soffrire e vincere. Riceverai solo spine [dal mondo], spine da tutte le parti ecco il senso della visione che ti mostrai; vivrai in mezzo alle spine e in mezzo ad esse spirerai. La tua anima pura ne uscirà per volare al cielo ad ardere d'amore... Le tue spine non sono spine destinate a seccare; il tuo dolore coltiva il terreno di quel bosco che ti mostrai; il tuo sangue lo irriga. Sono spine che sbocciano, che danno rose... Tu partirai per il cielo, ma la tua grazia, le tue virtù reste­ranno sulla terra... Voglio che la tua vita sia presto, molto presto conosciuta: il mondo ne ha bisogno... - Gesù, voglio soffrire solo io, solo io voglio piangere: lasciami nella amarezza, nella tristezza infinita e resta Tu nella gioia e nella consolazione completa. - (diario, 2-3-1945).

Sono madre che piange lacrime di sangue


Da domenica mi sento madre della umanità, madre tenera. Verso questo amore viene contemporaneamente il dolore: do­lore causato dai disordini di questi fratelli che sento essere figli miei. Vorrei presentarmi ai governanti di tutte le nazioni per chiedere che si riconcilino gli uni con gli altri; ma vorrei una riconciliazione fatta di perdono durevole perché non avvengano più gli stessi disordini. La brama di fare questo è talvolta così grande che mi pare di volare presso di loro.­ Per ottenere questa pace, sottoporrei il mio corpo ai più grandi supplizi e sacrifici, anche se dovessi essere trascinata di nazione in nazione e fare ciò che vi è di più costoso. Vorrei prendere nelle mie mani il Cuore di Gesù e dire loro: - Guardate quanto è ferito! Sono i nostri peccati che lo feriscono così. - ... Da sabato ho una grande paura di Gesù. Da dome­nica si è aggiunta la paura di Mammina, con la quale non oso più confidarmi; e così pure aumenta la paura per le per­sone care. Desidero che il dott. Azevedo e d. Umberto ven­gano qui, ma allo stesso tempo mi tormenta il timore della loro presenza; timore che scompare per dar luogo ad una in­differenza, fino a pensare che non parlo con loro e fino a do­mandarmi se esistono o no... (diario, 6-3-1945).

Sento in me un fuoco ardente; mi brucia in tutti i sensi: tutto il mio corpo è una fornace. Ho sete di Gesù, ho fame, molta fame di anime. Vorrei inghiottire il mondo. Mi sento sempre più madre sua. Che pazzia la mia, per il mondo che è inganno, fango e immondezza! Sono madre, ma oh! che ma­dre pazza! Sono madre che piange la perdita dei suoi figli; sono madre che non può vederli in tanto disordine, in tante miserie e atrocità. Sono madre che piange lacrime di sangue che bagnano tutta l'umanità. Non posso resistere a tanto do­lore, non posso concedermi tregua: voglio salvare il mondo, voglio soffrire tutto, voglio dare per lui la vita. In un momento in cui le ansie erano insopportabili alzai a stento lo sguardo a Gesù e Gli dissi: - Gesù! Povero mon­do! Voglio salvarlo. Lasciami entrare nel tuo divino Cuore con quelli che mi sono cari; lasciami entrare con quelli che mi appartengono e si raccomandano alle mie preghiere; lascia­mi entrare con tutti i sacerdoti e i peccatori induriti; lasciami entrare con chi mi ha offesa, lasciami entrare con l'umanità intera. Nessuno rimanga fuori dal tuo Cuore, e così passi alla nostra Patria, al Cielo che Tu hai creato per tutti. Voglio amarti e lodarti con tutti, eternamente... - (diario, 8-3-1945).

La notte del più grande miracolo (Momenti della Passione)


... Fin dal mattino incominciai a sentire che Gesù piangeva dentro di me. Io ero la città di Gerusalemme ed ero Gesù. Io ero l'amore e l'ingratitudine. Dal mio cuore uscivano verso la città i più dolci e teneri sguardi. Erano sguardi di richiamo, sguardi di compassione. Ma dalla città cosa usciva mai! La rivolta contro di me. Nel tardo pomeriggio mi sentivo riunita agli amici. O mio Dio, cosa avvenne! Scene tanto differentti! Io ero Gesù e, sul mio cuore, sentivo reclinarsi qualcuno, ed io ero quel qualcuno. Io ero la tavola, ero il pane ed il vino; io ero il calice che conteneva il vino; io ero le tazze ove venivano servite le vi­vande. Io ero Giuda; ero tutto. Io ero la dolcezza e la man­suetudine di Gesù; io ero la disperazione ed il tradimento di Giuda. Che notte! Che santa notte! La più grande di tutte le notti. La notte del più grande miracolo, del massimo amore di Gesù!

Il suo divin Cuore era legato a coloro che gli erano tanto cari: per poter partire, doveva rimanere tra loro; per salire al cielo, doveva rimanere sulla terra; Lo obbligava a questo il suo divino Amore. Vorrei chiarire queste cose, ma non posso, non sono capace. Lo sguardo allucinato del cattivo discepolo rimase impresso nel mio cuore, come anche quel silenzio profondo di nostal­gico congedo. L'amarezza della mia anima non poteva essere maggiore... (diario, 8-3-1945).

Ogni momento che passa è una eternità; mi pare di essere sempre nello stesso luogo; il cielo non arriva. Solo i venerdì passano e ritornano subito: posso quasi dire che sono sempre presenti. La notte l'ho trascorsa nell'agonia dell'Orto. Che triste so­litudine! Il cielo pareva rivoltarsi contro la terra ingrata. Io udivo il rumore della gente, il tintinnio delle armi. Dentro di me sentii dire ad uno che mi si era avvicinato: - Amico, per che cosa sei venuto? - O dolce parola! O dol­cezza, tenerezza, amore di Gesù!

Sono passate alcune ore e tutto è ancora impresso in me. Il mio corpo è stanchissimo: per l'agonia nell'Orto e nella prigione, per i flagelli e le spine, per i maltrattamenti e il viaggio sul Calvario... Arrivata là mi trasformai nella montagna, nella croce, in Gesù. E in me vi era Mammina: i due cuori uniti, il mio ed il suo. Quanti sentimenti, quanto dolore, quanto amore! Amore che si estendeva su tutta l'umanità; amore che costringeva a tanto dolore, allo spargimento di tutto il sangue. Ah, se potessi mostrare chiaramente come chiaramente ri­vissi ciò che hanno sofferto Gesù e Mammina!

... Gesù mi disse: - Sei colma di grazia, figlia mia, perché Gesù è con te. Sei colma di luce, purezza e amore, perché su te è disceso ora dal cielo lo Spirito Santo; abitava già in te, ma ora più che mai si infuse in te; in te come già negli apostoli. D'ora innanzi avrai luce per comprendere pienamente la grandezza del mio amore, del mio potere, della mia mise­ricordia e della gravità della colpa contro il mio divin Cuore... Desidero vivamente che la tua vita sia conosciuta; ma non può esserlo senza grande dolore, immolazione e sacrificio. ... È giunta l'ora: vi sia luce, si faccia luce! Il mondo ha bisogno, il mondo ha fame della mia vita nascosta in te. Chiedi preghiera, riparazione, cambiamento di vita. Chie­dilo! Non sarà fatto se non chiesto; non può essere chiesto se non sono conosciuti i miei desideri. In fretta, in fretta! Penitenza! Riparazione per il peccato della carne. L'impurità è la finestra aperta per tutti i peccati gravi. Il mondo si converta! Povero mondo se non si converte presto... Riceverai da Me tutto per dare tutto alle anime. Sei di Gesù, vivi di Gesù! Da' alle anime ciò che è di Gesù. (dia­rio, 9-3-1945).

Una visita di riconciliazione


... Lunedì, ancor prima che io ricevessi il mio Gesù, Deo­linda mi disse che desiderava venire a visitarmi la ragazza che era vissuta con noi. Io desideravo con ansia questa ricon­ciliazione, non perché mi sentissi colpevole, ma perché ero del parere che fra persone pie non devono sussistere dissapori, motivo di cattivo esempio e di dispiacere a Gesù. Fino ad ora, al pensiero di un incontro con chi mi aveva fatto tanto soffrire, sebbene senza riflettere ed involontariamente, avevo l'impressione che ne avrei ricevuto un colpo al cuore. Desideravo tale incontro ma temevo di non resistere. Quando mia sorella me ne parlò, Gesù trasformò la mia anima: non ebbi più quell'impressione nei riguardi di quella persona; rimasi indifferente come davanti a una cosa che non mi interessa. Nella Comunione affidai la questione a Gesù, chiedendogli di risolverla secondo la sua divina Volontà. Passai la giornata in ansia, timorosa di non fare la volontà del Signore e con un aumento di sofferenze. Oggi mi è stato riferito che forse in mattinata, dopo la Comunione, avrei avuto quella visita. Mi sono rivolta allora al Cuore di Gesù: - Fa' che la riceva con la bontà e l'amore del tuo divin Cuore. Dammi la tua umiltà. Fa' che dimentichi il dolore causatomi, come desidero che Tu dimentichi la mia ingratitudine verso di Te. - Mammina, per la tua agonia presso la croce, per i tuoi dolori, fa' che mi comporti in modo da dare a Gesù tutta la consolazione e sia grande il vantaggio per le anime. - Ho ricevuta la ragazza con il sorriso e con la maggiore mansuetudine possibile, facendo molta violenza su me stessa. Il cuore ne era soffocato e talvolta stentavo a parlare e a respirare. Le ho fatto comprendere il suo cattivo comportamento e, quando mi ha chiesto perdono, le ho detto: - Io non chiedo al Signore che ti castighi, anzi chiedo che non ti castighi. Voglio dimenticare tutto, come desidero che Egli dimentichi le mie ingratitudini e quelle del mondo intero. -

Il mio cuore è stato inondato di compassione per lei e l'ho perdonata con tutta l'anima. Ho visto in lei il Signore. Non ho avuto un momento di gioia, perché mi è parso che la cosa non mi riguardasse... (diario, 13-3-1945).

Questa luce non lascia nulla di occulto


Da venerdì [9-3] sento nel mio capo una luce forte che si riflette nel cuore con la stessa intensità. Sento contempo­raneamente di essere una torre di altezza senza pari da cui quella luce illumina il mondo intero. Tale luce nuota in un mare di dolore, in un mare di notte; il mare sono io, il dolore è mio, ed anche la notte è mia. La luce non mi appartiene: appartiene al mondo, è sol­tanto per il mondo. Talvolta mi stanco, resto sfinita per le molte cose che que­sta luce mi fa vedere. Mio Dio, cosa avviene mai nel mondo! Come corre pazzo verso la perdizione! Ma egli è mio, mi sento tanto madre sua! Non posso sopportare che si perda per il suo disordine. La mia anima lo vede in tutte le strade di perdizione. Ah, mio Dio, che devo fare? Ho già dato tutto, e mi pare di avere fatto tutto per salvarlo. Ho dato e fatto tutto senza sentirmi madre ed ora [che mi sento tanto madre] è grande il mio dolore per non avere più nulla da dare a Gesù per il mondo.

Vi sarà qualcuno che comprenda questo dolore? Come lo soffro io, soltanto Gesù lo sa. O cuori, o cuori di tutto il mon­do, se comprendeste quanto vi ama Gesù!... (diario, 13-3-1945).

... Sento che la torre innalzata in me è sempre più alta. L'artista incaricato dell'opera non cessa di lavorare. A quale altezza sono salita, poiché sto salendo in questa torre, o me­glio, sono la torre stessa! La luce sale con me. La fatica per il tanto vedere mi estenua. La luce è del mondo, non è mia; è per illuminarlo e allo stesso tempo perché io lo veda: rimane qui tanto in basso! Valuto la distanza dal cielo alla terra. Ahi, come io vedo il mondo! Questa luce non lascia nulla di occulto; penetra nel più intimo e fa sì che io pure vi penetri. Quale miseria nelle anime, che fango copre i corpi sten­dendosi su tutta l'umanità! Che orrore! O mondo, come ti vedo mai! Quanto più sale la torre più la luce illumina; più il mondo è fango e più il mio cuore soffre... (diario, 15-3-1945).